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UNA PROMESSA: PATRICE LECONTE RACCONTA L'AMORE IN TEMPI DI GUERRA E IN STATO DI LUNGA ATTESA. TRA I PROTAGONISTI REBECCA HALL E ALAN RICKMAN
Dalla 70. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica - Dal 2 OTTOBRE
"'Una Promessa' è un film incalzante, intenso e sensuale. Incalzante, perché più che mai le luci, il set, la fotografia, la sceneggiatura, il ritmo, sono finemente sagomati per rendere al meglio la vertiginosa sensazione della storia. Ho in mente un'opera precisa, rifinita, particolareggiata ma mai arida: il fascino tormentato del film viene dalla sua mise en scène. Intenso, perché il romanzo di Stefan Zweig è un capolavoro di concisione, come se l'autore fosse
determinato a spogliarlo di qualsiasi cosa che non nutrisse direttamente la storia e il sentimento che esprime. L'adattamento, scritto da Jérôme Tonnerre, rispecchia il desiderio di attenersi all'essenziale, in modo che ogni scena risuoni di una vibrazione segreta, sottaciuta ma allo steso tempo affascinante. Sensuale, perché il film parla di questo, del desiderio di chi ama. Amare senza sapere se si sarà ricambiati. Sognare senza poter esprimere il proprio sogno. Tenere un segreto ma vivere di sguardi, di tocchi impercettibili, dello sfiorarsi furtivo della pelle. Filmare il desiderio di accarezzare... Il romanzo di Zweig, infatti, pone una grande domanda: il desiderio può sopravvivere al passare del tempo? Nell'avvicinarmi a questo film, capivo quanto la mia attenzione sarebbe stata in ogni istante diretta a esprimere quelle 'cose insignificanti che ci guidano', alla vicinanza con i personaggi, ai loro tormenti, ai rischi che sono disposti a prendere e che Zweig descrive così bene. Un altro elemento importante è la scelta della lingua inglese. Sarebbe stato stupido girare il film in francese, legato com'è alla realtà tedesca in un momento storico molto specifico (la vigilia della Prima Guerra Mondiale). Per un certo periodo, per rispettare lo spirito di Zweig e della sua opera, ho considerato la possibilità di girare in tedesco, ma in primo luogo non parlo la lingua e in secondo luogo, non sarebbe stato forse assurdo per un regista francese andare in Germania e girare un film in tedesco, tratto da un romanzo di Stefan Zweig? Così, su consiglio dei produttori, ho optato per l'inglese, una lingua la cui qualità internazionale è innegabile, una lingua che consente ad Antonio di dire a Cleopatra 'I love you' e a Freud di salutare Jung con 'How are you?', senza che nessuno rimanga stupito.".
Il regista e co-sceneggiatore Patrice Leconte
Galleria Fotografica:
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