IL CRITICO - CRIMINI TRA LE RIGHE

"Il critico teatrale è temuto e odiato per i giudizi che è chiamato ad esprimere, ma la verità è imperativa. Un critico deve essere freddo e totalmente solo. Unicamente i migliori vengono ricordati".

E' lo stesso protagonista in voice over a raccontarsi, dal profondo di tutto il suo smisurato ego: il Jimmy Erskine di Ian McKellen, critico teatrale del “The Daily Chronicle”, di lì a poco in posa per un ritratto, si direbbe radicato nell’idea fissa di essere ricordato per l’eternità. L’immortalità è dunque ciò a cui mira, ma si direbbe convinto, ritratto a parte, di raggiungere tale apice stroncando, con le sue tanto forbite quanto lapidarie recensioni, la carriera di una giovane attrice in particolare: la Nina Land di Gemma Arterton. E il ‘pontificato’ critico di Jimmy/McKellen sembra resistere anche ai passaggi di mano nella direzione redazionale, di padre in figlio: il David Brooke di Mark Strong ci prova a

mettergli un freno - un po' più gentile e meno sfrontato - alla sua penna avvelenata, ma con scarso risultato.

Ora, trovandoci nella Londra del 1934, quel che oggi appare normale non era tale all’epoca, tanto da essere considerato alla stregua di uno scandalo o di uno scheletro scomodo nell’armadio. E per l’appunto il nostro borioso e supponente critico ne ha uno alquanto imbarazzante, all’epoca bandito persino come crimine: è un omosessuale che convive (in incognito, bene inteso) con il suo giovane segretario di colore Tom Tuner (Alfred Enoch), un po' succube delle sue ricercatezze letterarie, sparate come strali a tutta velocità, ai danni della succitata giovane attrice che, paradossalmente, ha scelto quella professione perché cresciuta con la visione dell’arte teatrale scoperta proprio con le recensioni di Jimmy Erskine. Ed Erskine riesce a dirle “C’è arte in lei ma non riesce a trovarne l’accesso”, come unico incoraggiamento.
Ma anche la scelta meticolosa

delle parole ad effetto non va certo a beneficio dei lettori che egli ritiene non “sappiano leggere”, ma solo di se stesso, e della grancassa di potere che ne deriva: per poter pretendere ogni richiesta, anche la più antidemocratica, pure con arroganza, perché con il suo ‘template’ sociale sa di poterselo permettere e di essere esaudito all’istante. Qualcuno azzarda persino un’ipotesi disperata: “Forse questa volta intingerà la penna nel miele, anziché nel cianuro”. La speranza è l’ultima a morire, certo. Ma questo non vale per il critico Erskine, a meno che non ci sia un secondo fine, mirato a portare vantaggio unicamente a sé stesso.

Come Il critico-Crimini tra le righe pian piano raggiunga le sponde del thriller, fino a sfociare nel noir alla Agatha Christie, senza, d’altra parte, mai sfiorarne pari mordente, è tutto da scoprire, tra un abominevole ricatto e l’altro, tradimento più, tradimento meno, fino alle estreme

conseguenze. Il regista e produttore cinematografico thailandese, naturalizzato inglese, Anand Tucker (Gothica) ne fa un canovaccio di genere molto ‘british’, senza d’altra parte riuscire a schivare una certa tiepidezza, al di là dei vari intrighi che potevano essere elettrizzanti, ma non lo sono. E questo anche a dispetto dell’indubbia presenza scenica, beffardamente sordida e serpentina come da copione, di Ian McKellen. Il vegliardo attore, dal canto suo, sembra divertirsi un mondo a fare quel che fa, alimentando l’insaziabile ego del suo personaggio, all’insegna del ‘costi quel che costi’. Si direbbe ben più spietato - perché sembra provarci davvero molto gusto - dell’emblematico critico culinario Anton Ego (certo che ‘ego’ come cognome la dice lunga!) di Ratatouille, senza però mai trovare alcun punto di commozione o ripensamento, anzi! Fino all’ultimo, Jimmy/McKellen cercherà in ogni modo possibile la notorietà eterna dei suoi scritti, della sua opera di critico spietato. Ma forse il

suo destino lo ripagherà con la stessa moneta, non esattamente a buon mercato!

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