Cast: Robin Wright (Hedda Amerson) William Hurt (Avv. K.D. Dietrickson) Sean Penn (Michael) Joanna Cassidy (Elenore Amerson) Amy Madigan (Brett Amerson) Lucinda Jenney (Kate Amerson) Anthony Luke Lucero (Convenuto) Jennifer Watson-Johnston (Diana Raines) Natsuko Ohama (Harriet) Richard Schiff (Steve Waters) Mark Bryman (Giovane avvocato) Gary Latourette (Giovane avvocato) Catherine Wong (Giudice donna) Jennifer Rubin (Debra Gill) Gregg Artz (Will) Cast completo
Paul Dooley (Leo Amerson) Evelyn Dignam (Labrador Walker) Emma Sophia Johnson (Willa Anderson) Nicky Husky (Nicky Amerson) Michael Husky (Billy Amerson) Kim Delgado (Process Server) Bari K. Willerford (Ufficiale giudiziario) Michael Tomlinson (Giudice Gibson Strickland) LaTanya Richardson Jackson (Avv. Rose Jackson) Betsy Clark (Reporter della Corte) Christina Giffen (Rita Burns) Erin Garnsey (Renee) Phyllis Flax (Mrs. Dietrickson) Cynthia LaPointe (Ex moglie di K.D.) Patrick Tool Jr. (Ian Dietrickson)
Musica: David Baerwald
Costumi: Amy State
Scenografia: Barry Robison
Fotografia: Reynaldo Villalobos
Montaggio: Gillian L. Hutshing e David Rogow
Casting: Cathy Sandrich Gelfond e Amanda Mackey
Scheda film aggiornata al:
22 Settembre 2024
Sinossi:
In breve.
K.D. Deitrickson è un avvocato incaricato di provare la colpevolezza di un uomo accusato di aver abusato di tre donne che hanno tutte cercato di gettarsi sotto una macchina: una è morta, l'altra è su una sedia a rotelle e la terza è terrorizzata. Quando però l'avvocato Deitrickson cerca di dimostrare la colpevolezza dell'uomo una delle donne afferma di non sentirsi abusata e mentre prova a dimostrare che nei suoi confronti c'è stato un plagio psicologico si sviluppa con la donna un rapporto più profondo.
prospettiva tridimensionale, necessaria alla vita e al respiro pieno di ogni personaggio sul grande schermo. La narrazione è di fatto frammentaria e spesso scollegata, o almeno privata del vitale collante tra personaggi primari e secondari, non di rado sfilacciata e lacunosa. D'altra parte, in questo mosaico umano ‘dislessico’, fortemente condizionato e mortificato dal punto di vista affettivo, si insinuano intriganti tessere introspettive.
Solo all’ombra di un’impressione di disagio ‘affettivo’ all’insegna della fame del sentirsi amati, a vario titolo, può trovare una giustificazione logica nella storia, altrimenti scollato da tutto il resto, quella sorta di prologo che inneggia al talento naturale di Sean Penn. Talento già evidente all’altezza del suo stranito ed estraniante personaggio Michael, e della sua bislacca richiesta d’aiuto al procuratore distrettuale K.D. Dietrickson (William Hurt), incontrato per strada, in coda ad un incidente che, come appurato più tardi, vede coinvolta la protagonista Hedda Amerson (Robin Wright/Penn). L’approccio di
attracco con la riflessione sugli umani come magneti che finiscono per respingersi e la richiesta di un abbraccio finale come supporto - pillola di conforto di una patologica mancanza affettiva - è un qualcosa che fa subito presa sullo spettatore generando aspettative di uno sviluppo che non arriverà mai. Eppure, il cameo allargato di Sean Penn, stranito ed astruso come un alieno, con il suo Michael, sa farsi strada fino a depositarsi nella mente dello spettatore. E solo molto più tardi realizzeremo come quell’apertura fungerà da cassa di risonanza per una chiusura, per la quale Michael/Penn non si sentirà in obbligo di tornare fisicamente sul campo. Solo un eccentrico e singolare performer come Sean Penn poteva dare vita ad un personaggio in veste di incognita chiave di lettura sull’amore. Non a caso, quando esce di scena, sentenzia “oltre l’amore non c’è fede. Non c’è fede oltre l’amoreâ€. E solo a
quel punto possono partire i titoli di testa del film.
Dopo quell’incontro imprevisto e alquanto insolito - cui nella realtà non molti altri come lui avrebbero accordato fiducia - il procuratore distrettuale Dietrickson/Hurt dismette la veste di una quotidianità vagamente hippy per indossare i classici abiti da avvocato e si accinge ad affrontare il caso di uno stupratore seriale, o, per meglio dire, manipolatore dei rapporti affettivi che, in mano sua, odorano intensamente di una violenza subdola ed ingannevole, come abbiamo modo di afferrare dai distillati rigurgiti di memoria, ma anche delle sue affermazioni in tribunale, di Hedda/Wright. Da qui in poi, la narrazione, dichiaratamente di marca ‘indipendente’ - da sempre predilezione sia di Sean Penn che di Robin Wright! - sbanda di qua e di là come in stato di ebbrezza: nel ritorno a casa in famiglia di Hedda/Wright regna il caos festante dei bambini di casa, mentre latita la
chiarezza sull'identità dei ruoli. Quel che lega o separa i membri di quella famiglia, in base ai trascorsi del vissuto passato, resta tra le righe: schegge che affioreranno pian piano in modo soffuso, come avvolto nella nebbia. Lo strano rapporto con la sorella, che poi è anche avvocato, ma soprattutto con il procuratore distrettuale Dietrickson/Hurt, in bilico tra il ruolo di difesa legale e di potenziale nuovo amore, sporge spesso sulla sponda di un crinale psicologico, per non dire psichiatrico, a carico di Hedda/Wright. E' lei d'altra parte la prima protagonista in campo, destinata a farsi sempre più strada nella storia e nelle vite dei vari personaggi.
La Hedda di Robin Wright, bellissima ed ipnotica, dagli abissi dei suoi labirinti psicologici, alimentati da confusi sensi di colpa e da una sete d’amore disposta a giustificare persino la violenza, finisce così per dominare una storia che quasi si nega, per far