I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Nel nuovo film di Pupi Avati, tra altri, anche Gabriele Lavia, Edwige Fenech e Massimo Lopez - Dal 4 Maggio
"Siamo tutti falliti rispetto ai nostri sogni"
Il regista e sceneggiatore Pupi Avati
(La quattordicesima domenica del tempo ordinario; ITALIA 2022; drammatico; 98'; Produz.: Duea Film, Minerva Pictures con Vision Distribution in collaborazione con Sky; Distribuz.: Vision Distribution)
Cast: Gabriele Lavia (Marzio Barreca) Edwige Fenech (Sandra Rubin) Massimo Lopez (Samuele Nascetti) Lodo Guenzi (Marzio da giovane) Camilla Ciraolo (Sandra da giovane) Nick Russo (Samuele da giovane) Cesare Bocci (Padre di Marzio) Jacopo Rampini (Giacomo) Cesare Cremonini (Proprietario della TV privata) Manuela Quistelli (Greta) Sydne Rome (Madre di Sandra) Pilar Abella (Proprietaria della boutique) Anna Safroncik (Anna Nascetti) Vincenzo Failla (Medico Negrisoli) Patrizia Pellegrino (Signora Borsari)
Musica: Sergio Cammariere, Lucio Gregoretti
Costumi: Maria Fassari
Scenografia: Marco Dentici
Fotografia: Cesare Bastelli
Montaggio: Ivan Zuccon
Scheda film aggiornata al:
18 Novembre 2023
Sinossi:
Bologna, anni '70. Marzio, Samuele e Sandra sono giovanissimi e ognuno ha un suo sogno da realizzare. La musica, la moda, o forse la carriera. I due ragazzi, amici per la pelle, fondano il gruppo musicale I Leggenda e sognano il successo. Sandra è un fiore di bellezza e aspira a diventare indossatrice. Qualche anno dopo, nella quattordicesima domenica del tempo ordinario, Marzio sposa Sandra mentre Samuele suona l'organo. Quella 'quattordicesima domenica' diventa il titolo di una loro canzone, la sola da loro incisa, la sola ad essere diffusa da qualche radio locale. Poi un giorno di quei meravigliosi anni novanta in cui tutto sembra loro possibile, si appalesa all'improvviso la burrasca, un vento contrario e ostile che tutto spazza via. Li ritroviamo 35 anni dopo. Cosa è stato delle loro vite, dei loro rapporti? Ma soprattutto cosa ne è stato dei loro sogni?
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Tutto nella mia vita comincia in un posto speciale di Bologna, era un posto dove le cose che sognavi, accadevanoâ€
Si direbbe che delle storie ‘vintage’ Pupi Avati abbia fatto il cavallo di battaglia di un’intera carriera: magari proprio in quel di Bologna e dintorni, all’ombra degli anni Quaranta o Cinquanta. L’ottica nostalgica e polverosa, lo sguardo retrò rivolto ad una ‘sconfinata giovinezza’ andata, o a rapporti affettivi, nutriti da sentimenti morbosi, magari amori sconfinati, e ancora: sogni naufragati e pur sempre anelati, magari all’ombra di ‘luoghi-chioccia’, memori del caro vissuto che fu. Insomma, salvo rare eccezioni (Il signor diavolo, Dante) Pupi Avati torna ogni volta a costeggiare queste tematiche con l’occhio e l’anima dell’inguaribile romantico. E se prima uno dei ‘luoghi-chioccia’ era stato il ‘Bar Margherita’, elettivo di un gruppo di amici, adesso è un ‘chiosco di gelati’, presso il quale un ragazzino versa rovinosamente un frappè sulla nivea gonna
di una ragazzina dai natali svizzeri: mai dimenticata, anzi, più tardi sposata ne La quattordicesima domenica del tempo ordinario, così come indicato dal titolo di questo film, debole e tremante come un giungo al vento. Una ricetta con tutti gli ingredienti, eppure povera e dal sapore spento.
“Siamo tutti falliti rispetto ai nostri sogniâ€
Siamo sempre a Bologna, questa volta negli anni Settanta, ma a giudicare dal comportamento di Marzio sembra di essere ancora nei Cinquanta. La sua gelosia è talmente assurda da rovinare per sempre quel rapporto elettivo con la sua adorata Sandra. Aspirante musicista, il personaggio risponde all’equazione di pensiero radicata in questo film: “Siamo tutti falliti rispetto ai nostri sogniâ€. Chi più, chi meno, verrebbe da obiettare. E’ questa una piccola storia di nicchia, grande nell’amore ma anche nell’amicizia: Marzio e Samuele sono difatti inseparabili fin dall’infanzia e in età giovanile fondano il gruppo musicale ‘I Leggenda’, nome emblematico
delle loro stesse aspirazioni di successo, mentre quel fior di bellezza di Sandra, aspira a raggiungere il mondo della moda come indossatrice. Il che non va molto d’accordo con la gelosia di Marzio, il più sognatore di tutti, a dispetto del vento contrario che spira implacabile dalla realtà dei fatti. Ma quella ‘quattordicesima domenica’ del matrimonio tra Marzio e Sandra, in cui Samuele suona l’organo, diventa pure il titolo di una loro canzone, destinata a rimanere la sola incisa, diffusa a malapena da qualche radio locale. Canzone i cui versi iniziali diventano una sorta di mantra, un motivo di ritorno nostalgico nella loro storia, poi approdata su tutt’altri lidi. Quando dopo qualche foto in bianco e nero e scorci di memorie di gioventù li ritroviamo trentacinque anni dopo, Samuele è impiegato in un ruolo di rilievo in banca e ha accantonato da tempo il sogno della musica, Sandra ha lasciato
A reggere la fragile impalcatura, per la quale sono stati scelti attori acerbi e manierati per i personaggi protagonisti in età giovanile - Lodo Guenzi (frontman del gruppo bolognese ‘Lo Stato Sociale’) per Marzio, la debuttante comasca Camilla Ciraolo per Sandra, Nick Russo per Samuele - è il carismatico e poliedrico Gabriele Lavia, qui tradotto nel Marzio più maturo, affiancato nientemeno che da una rediviva Edvige Fenech come buona spalla per la Sandra adulta. Fosse stato dato loro maggior campo, riducendo la nostalgia e il rimpianto di ciò che viene
annodato qualche volta di troppo sullo stesso filo, il film ne avrebbe indubbiamente guadagnato. Nulla a che vedere con il corpo e anima immessi dallo stesso Pupi Avati nel precedente Lei mi parla ancora. Ma in quel caso, adoperandosi per trasfigurare la consuetudine comica in drammatica di un interprete (Renato Pozzetto), ne aveva scelto uno navigato quanto bastava per potergli affidare in sicurezza il campo aperto in cui spaziare, alitando sul personaggio e sul film stesso un respiro a pieni polmoni. Al contrario, ne La quattordicesima domenica del tempo ordinario Avati ha confidato per la maggior parte del tempo sulle nuove leve, offrendo a Gabriele Lavia un protagonismo quasi indiretto e in seconda, fondato sulle sue nostalgiche memorie. Memorie ventilate peraltro da un’invadente e reiterata voce fuori campo, ancorata sul medesimo, crepuscolare, ritornello: “…le cose belle son volate via…â€!
Perle di sceneggiatura
Marzio (Gabriele Lavia): Tutto nella mia vita comincia in un posti speciale di Bologna.
Marzio: È lì, dove abbiamo fondato lo straordinario duo, I Leggenda, ed è lì, dove mi sono innamorato di Sandra, la più bella ragazza di Bologna.
Marzio (Lodo Guenzi): Tu riusciresti a vivere senza di me? Tu sapresti farlo?