Dal 3 Aprile - RECENSIONE - Da Cannes 77. In Concorso - Dopo Crimes of the Future (2022) David Cronenberg ingaggia di nuovo - La promessa dell'assassino, 2007 e A Dangerous Method, 2011) - Vincent Cassel per il suo odierno, eccentrico, thriller horror, con riflessi autobiografici (la dipartita della propria moglie): The Shrouds, ovvero 'i sudari'
(The Shrouds; Francia/Canada 2023; Thriller, Horror, Sci-Fi; 116'; Produz.: SBS Productions, Prospero Pictures e Saint Laurent; Distribuz.: Europictures)
Cast: Vincent Cassel (Karsh) Diane Kruger (Becca/Terry/Hunny) Guy Pearce (Maury) Sandrine Holt (Soo-Min) Elizabeth Saunders (Gray Foner) Jennifer Dale (Myrna Slotnik) Al Sapienza (Luca DiFolco) Ingvar Sigurdsson (Elvar) Matt Willis (Muscle) Jeff Yung (Dr. Rory Zhao) Steve Switzman (Dr. Jerry Eckler) Eric Weinthal (Dr. Hofstra) Paddington (Cane)
Musica: Howard Shore
Costumi: Anne Dixon
Scenografia: Carol Spier
Fotografia: Douglas Koch
Montaggio: Christopher Donaldson
Effetti Speciali: Guillaume Le Gouez (supervisore effetti visivi)
Makeup: Diane Mazur (direzione)
Scheda film aggiornata al:
26 Aprile 2025
Sinossi:
In breve:
La storia vede come protagonista Karsh (Vincent Cassel), un uomo d'affari molto creativo, rimasto da poco vedovo. Non arrendendosi al fatto di non poter aver più alcun legame con la moglie, l'uomo decide di costruire un dispositivo che permettere di connettersi con i defunti all'interno di un sudario funerario.
Quando alcune delle tombe, però, vengono vandalizzate e rovinate, Karsh cerca di indagare su chi sia l'artefice di questo attacco. Questa cosa lo spingerà a rivalutare i suoi affari e la sua vita, compreso il suo matrimonio e la fedeltà alla memoria della sua defunta moglie.
Storyline:
Karsh, 50, is a prominent businessman. Inconsolable since the death of his wife, he invents GraveTech, revolutionary and controversial technology that enables the living to monitor their dear departed in their shrouds. One night, multiple graves, including that of Karsh’s wife, are desecrated. Karsh sets out to track down the perpetrators
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Chiunque conosca anche solo un poco David Cronenberg sa che, in un modo o nell’altro, ama il piatto forte, senza farsi scrupolo di scioccare, o magari disgustare, con scene violente, nette e crude, fino ad abbracciare il body horror: genere di cui La mosca, con la particolare e mirata decomposizione del corpo, è forse regina. Ora, dopo Crime of the Future (2022), in cui si era già fatto strada con i disastrosi effetti dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici tali da far mutare il corpo degli esseri umani, facendo entrare in gioco la chirurgia, addirittura come performance artistica, Cronenberg riprende le fila di tematiche evidentemente a lui care, ma partendo da un presupposto totalmente diverso, anche se, con la tecnologia in primo piano, non rinuncia alla matrice del sospetto e del complotto, per quanto diversamente motivati. Questa volta, con The Shrouds - sudari, veli funerari - sfuma ed ammorbidisce i contorni
del body horror per abbracciare un thriller dell’anima che affonda le radici nel morboso tentativo di dare un senso pieno alla morte di una persona cara. David Cronenberg non ha fatto mistero del fatto che l’ispirazione primaria di questo soggetto gli sia derivata dalla personale esperienza di cercare di metabolizzare la morte di sua moglie. Una motivazione viscerale che diventa un motore emotivo molto forte anche per il film, andando a riscoprire ancora una volta, il valore taumaturgico dell’arte, in questo caso cinematografica. D’altra parte, i suoi ‘shrouds’, sudari tecnologici, secondo cui si può visionare il corpo del proprio caro sepolto in una tomba dotata di telecamera interna - la diretta ripresa cinematografica della morte in una sorta di macabra connessione col defunto - sono, essi stessi, a loro modo, un’opera d’arte. Opera d’arte peraltro non estranea alla simbologia vichinga. Dietro la macabra idea di un cimitero in cui si
filma la morte dall’interno, paradossalmente, per eccesso di amore verso un qualcuno che non si intende lasciare andare, c’è anche un profondo rispetto, che richiede una delicatezza tale da rasentare la bellezza. Non c’è difatti nulla di orripilante o di disgustoso in queste riprese che preservano l’estetica al punto da poter essere classificate persino come Arte.
L’inizio e la fine sui titoli di testa e di coda del film esaltano proprio questo concetto: in sottofondo scorrono immagini di pareti ossee che nella loro variabile di porosità e collocazione, sempre in movimento, in uno sfumato bianco e nero, rasentano tutta la bellezza artistica di una performance in video-arte contemporanea. E non è solo un fatto estetico od estetizzante, bensì la sottile ed elegante sintesi visiva dell’evoluzione di un corpo, del suo scheletro, nel tempo, inesorabile, inevitabile, imperante. Ecco, con questo tocco da grande autore, David Cronenberg ha messo a nudo il suo
cuore, nel suo stile più personale. Personale tanto quanto la scelta dell’interprete protagonista, che nel trucco e parrucco si assimila in maniera impressionante alla fisionomia dello stesso Cronenberg: ancora una volta - dopo La promessa dell’assassino e Dangerous Method - Vincent Cassel. Straordinario alter ego del regista, Cassel esprime un condensato emotivo sofisticato in ogni passaggio del suo complesso personaggio, Karsh, all’apice del suo dolore per la moglie morta di cancro: la Becca di Diane Kruger, che è interprete pure della sorella Terry e dell’avatar di Intelligenza Artificiale Hunny. I.A. creata per Karsh/Cassel dall’ex marito di Terry/Kruger, Maury (Guy Pearce), inconsolabile per la separazione coniugale. La collaborazione tra Karsh/Cassel e Maury/Pearce è piuttosto stretta sul piano tecnologico, anche se allargata ai colossi cinesi per la creazione della specifica e sofisticata applicazione GraveTech. Applicazione che ha per l’appunto consentito la realizzazione del cimitero tecnologico. Con queste premesse, Karsh/Cassel non sembra avere
delle ossa ad ogni anche più lieve movimento: la rottura dell’anca ad un abbraccio tra Karsh/Cassel e Becca/Kruger diventa dolorosa e devastante anche per lo spettatore, ma Cronenberg riesce a vestire anche quella sofferenza di una certa compassione. Il suo è uno sguardo viscerale, emotivamente vibrante, ma, in qualche modo, consolatorio, pur nell’ineluttabile. E, peraltro, sempre ancorato all’Arte: anche ad esempio il grido iniziale a bocca spalancata di Karsh/Cassel - che poi ironicamente lo ritrova nella medesima posa dal dentista - si eleva ad iconica immagine del dolore, alla stregua de L’Urlo di Munch.
E poi quando qualcuno distrugge, almeno in parte, quel cimitero tecnologico, la storia si complica mentre si attiva un thriller investigativo, più di copertina che di fatto: serpeggia piuttosto l’anima ferita di chi cerca la verità dei fatti, le motivazioni, i colpevoli, dando vita alla teoria del complotto, politico, biotecnologico, climatico-ambientale/ambientalista - cimitero tecnologico inquinante - e
medico, seguendo la pista della sperimentazione chirurgica, cui avrebbe preso parte anche la moglie Becca. E’ Terry stessa a rivelare a Karsh “Sapevo soltanto che spingevano Becca a sperimentare cure pericoloseâ€. Una sorta di cavia? Quanta responsabilità ha il chirurgo e oncologo Dr. Jerry Eckler (Steve Switzman), peraltro già ex fidanzato di Becca? Le escrescenze diffuse sullo scheletro di Becca, aprono poi altri scenari di inchiesta, mentre poco più avanti la stessa avatar Hunny/Kruger creerà altri inquietanti risvolti, ideali per mettere il dito nella piaga nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, non certo privo dei suoi rischi. E’ questa la parte centrale in cui Cronenberg rischia di perdere - e farci perdere - il filo, mentre lo stesso Karsh/Cassel sembra sempre più confuso, ficcandosi prima in una relazione con la coreana francese cieca Soo-Min (Sandrine Holt), intenzionata a realizzare un altro cimitero tecnologico, analogo al suo, in Ungheria, e poi con la
non ve ne saranno. Quel che è in sospeso resterà in sospeso, aggrappato ad un mazzo di chiavi, di possibilità , destinato a non aprire alcuna porta. E i segreti sepolti riesumati ne faranno sorgere altre, di domande, a grappolo, e forse, solo allora, il nostro affranto protagonista proverà a voltare pagina, proprio alla luce delle nuove scoperte. O forse no. A giudicare dall’ennesima visione sul finale, nutriamo seri dubbi.