RECENSIONE in ANTEPRIMA - Dal 1° Gennaio - Da Venezia 81. - Angelina Jolie è Maria Callas per Pablo Larrain: terzo biopic al femminile del regista, dopo Jackie (2016) e Spencer (2021)
"Se non sei nato artista, non puoi diventarlo. E qualsiasi cosa accada, l’artista resta sempre tale, anche quando la sua voce non è più un fuoco d’artificio. L’artista c’è sempre" Maria Callas
"Sono cresciuto frequentando sin da giovanissimo con i miei genitori il Teatro dell’Opera di Santiago e la presenza della Callas è stata una costante. Solo dopo ho scoperto molte cose della sua vita e così, dopo aver realizzato 'Jacki' e 'Spencer' mi sembrava fosse giusto dedicare a lei il lavoro che chiuderà questa trilogia e che rappresenta il mio primo film su un’artista... Maria Callas, la più grande cantante lirica di tutti i tempi, ha avuto senza dubbio una vita bella, unica e tormentata. Questa è la storia dei suoi ultimi giorni, una celebrazione raccontata attraverso i ricordi e gli amici, e soprattutto attraverso il suo canto... Molti dei personaggi che interpretava erano tragici e destinati alla morte nell’ultima scena. È stato chiaro sin dall’inizio con lo sceneggiatore, Steven Knight, che questo film avrebbe raccontato una persona destinata a diventare parte della tragedia che interpretava sul palco. E se fate bene attenzione alle arie che abbiamo scelto per il film, vi accorgerete che ciascuna si relaziona perfettamente a un momento particolare della vita della Callas e del film" (Maria Callas e Angelina Jolie) "Entrambe hanno una presenza fisica importante sul palco, di fronte all’obiettivo o semplicemente in una stanza, e insieme al carisma ne percepisci tutta l’umanità . Per Angelina non è stato affatto difficile calarsi nei panni di Maria, anche se la sua scrupolosa preparazione sul canto è durata sette mesi
Il regista Pablo Larrain
"Imparare a cantare si è trasformato per me in una terapia di cui non pensavo nemmeno di aver bisogno. Trovare la mia voce è stata un’esperienza emotiva fortissima più che tecnica, ho scoperto come donare tutta me stessa, il mio corpo, la mia voce, i miei sentimenti. Nel processo di preparazione per restituire una Callas oltre quella che conoscevo, isolata dal resto del mondo, sotto pressione, con gli occhiali grandi e i suoi lunghi capelli greci, ho cominciato a cantare in una stanza per poi finire alla Scala davanti al pubblico. È stata un’esperienza davvero trasformativa per me che non sono mai stata particolarmente coinvolta dalla musica nella mia vita. Da giovane ascoltavo i Clash, poi invecchiando ho scoperto la musica classica e l’opera, che credo sia l’unico suono in grado di esprimere davvero la sofferenza, il dolore, di essere in sintonia con i nostri sentimenti... Con lei condivido la parte più emotiva, fragile e vulnerabile"
L'attrice Angelina Jolie
(Maria; Germania, Usa, Emirati Arabi Uniti, Italia 2022; Biopic drammatico; 124'; Produz.: Apartment Pictures, Fabula Pictures, Fremantle Media Company, Komplizen Film; Distribuz.: 01 Distribution)
Maria Callas è stata una delle maggiori cantanti di opera lirica del 20° secolo. Nata negli Stati Uniti da genitori greci, fra gli anni ’50 e ’60 l’artista ha riscattato le sue umili origini arrivando a esibirsi nei più rinomati palcoscenici internazionali dove ha riscosso un enorme consenso di pubblico e critica. Figura iconica, comunemente nota come “La Callas†o “La Divinaâ€, è stata acclamata per il suo straordinario talento vocale, la sua tecnica e l’incredibile passione che ha trasmesso in ogni ruolo.
Un anno dopo ottiene il ruolo protagonista nella Tosca di Puccini, interpretando la tragica figura della famosa prima donna romana del 1800, vittima delle macchinazioni di un uomo potente. È questo il ruolo a cui verrà associata maggiormente nel corso della sua fulgida carriera.
Grazie al suo straordinario talento, la prestigiosa Metropolitan Opera di New York le offre un contratto per cantare in ruoli secondari; tuttavia, la cantante declina questa proposta, non ritenendola alla sua altezza. Si trasferisce invece in Italia dove, nel 1974, diventa la protagonista de La Gioconda, all’Arena di Verona. È qui che incontra suo marito, il facoltoso industriale Giovanni Meneghini che sposa nel 1949 e a cui affida i suoi affari, facendone il suo manager. Quello stesso anno, debutta al teatro La Fenice di Venezia, nel ruolo che la consacra definitivamente: Elvira, ne I Puritani di Bellini.
La Callas inizia a girare il mondo e ogni sua esibizione accresce la sua fama e la sua reputazione. Nel 1952 esordisce a Londra, al Covent Garden, in Norma, la tragedia di Bellini, in cui incarna la sacerdotessa, una donna dal destino avverso al centro di un triangolo amoroso sullo sfondo dell’occupazione romana della Gallia. Anche questo ruolo diventa un emblema della sua persona. Due anni dopo, nei panni di Norma, calca per la prima volta le scene di un teatro americano, la Lyric Opera di Chicago.
Nel 1955 torna in Europa dove, alla Scala di Milano, regala la sua performance più memorabile nel ruolo della tragica eroina de La Traviata di Verdi. L’anno seguente presenta Norma al Met di New York, sconvolgendo il mondo della musica per aver preteso il medesimo compenso corrisposto ai cantanti uomini e al direttore Von Karajan.
Maria Callas è considerata un’artista senza eguali, una presenza immensa nel mondo dell’opera la cui vita privata spesso si intreccia alle eroine tragiche delle sue amate opere. Si è detto addirittura che sia morta di crepacuore in seguito al matrimonio di Onassis, nel 1968, con l’ex First Lady americana Jacqueline Kennedy… Tuttavia, è stata sempre e solo l’opera il suo unico, vero amore.
Casting: Katalin Baranyi, Sofia Dimopoulou, Maurilio Mangano, Mathilde Snodgrass
Scheda film aggiornata al:
03 Febbraio 2025
Sinossi:
In breve:
Maria racconta la tumultuosa, tragica e bellissima storia della vita della più grande cantante lirica del mondo, Maria Callas (Angelina Jolie), rivisitata e reinterpretata durante i suoi ultimi giorni nella Parigi degli anni Settanta.
Storyline:
Follows the life story of the world's greatest opera singer, Maria Callas, during her final days in 1970s Paris.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
E’ il completamento di una trilogia al femminile: e pur tuttavia il primo del trittico rivolto ad un’artista. Così, dopo Jackie e Spencer, ecco che arriva Maria, decisamente la pellicola migliore. La ‘divina’ Callas, di cui il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico cileno Pablo Larrain si è interessato, dopo averne assorbito fin da piccolo l’eterno riflesso dell’arte lirica al Teatro dell’opera di Santiago, quando ormai Maria Callas non era più in vita. D’altra parte, l’arte sopravvive da sempre alla persona e, come a suo tempo dichiarato dalla stessa Maria Callas - per la cui rievocazione in celluloide Larrain ha scelto Angelina Jolie - "Se non sei nato artista, non puoi diventarlo. E qualsiasi cosa accada, l’artista resta sempre tale, anche quando la sua voce non è più un fuoco d’artificio. L’artista c’è sempre".
entra dentro, si fa largo e si deposita come un germoglio che non può far altro che fiorire. E’ un’eccellenza per regia (Pablo Larrain), script (Steven Knight sceneggiatore pure di Spencer) e interpretazione (Angelina Jolie forse nel miglior ruolo in assoluto dell’intera carriera come attrice).
La Maria di Larrain si spalma su un’impalcatura solida e fervente che non rinuncia alla struttura filmica classica, circolare, per cui si inizia dalla fine (16 Settembre 1977), con la ferma intenzione di risalire ad una settimana prima della morte della protagonista. Nel frattempo, un primo piano in bianco e nero, l’essenza della divina cantante lirica apre il sipario: una Maria Callas entrata letteralmente nelle viscere della sublime interprete Angelina Jolie, di cui qui si fa vibrante e sofisticata portavoce. L’elegante montaggio alterna il volto in primo piano e in bianco e nero, sguardo dritto in macchina, ai palcoscenici dominati nei trascorsi che l’hanno osannata
prima che il declino fisico, mentale e professionale prendesse il sopravvento. La voce è il vitale collante. E come potrebbe essere altrimenti? Ed è questa anche la chiave di lettura di questo intenso percorso, laddove arte e vita sono ormai diventate un’unica dimensione, così come non vi è più distinzione tra realtà e visioni del passato: per Maria Callas l’Opera, la musica, sono l’unica realtà possibile. E per fare entrare lo spettatore dentro la mente di questo personaggio ormai sofferente, regia ed interprete, con la complicità di una ricca e profonda sceneggiatura, fanno perno sugli ultimi scampoli di un quotidiano malconcio, anche sul piano caratteriale che va inevitabilmente a ricadere sui rapporti umani: emblematico l’insofferente e reiterata richiesta del cambio di posizione del pianoforte. Scampoli dominati letteralmente da queste visioni di un passato che affiora in ogni momento come respiro del presente. L’uso e abuso di farmaci contribuisce a questa
ibridazione, mentre l’impegno preso con interviste finalizzate ad un film su di lei, forniscono alla regia l’ideale McGuffin che giustifica il racconto nel racconto, il film nel film.
meâ€: ne danno perfettamente conto le teatrali e suggestive scenografie che si materializzano davanti ai suoi occhi quando attraversa la città , vivificate dai gorgheggi lirici che il montaggio alternato restituisce nelle variabili differenziate, tra la realtà presente e le visioni del glorioso passato.
Per la maggior parte del tempo il film diventa così l’attesa del momento in cui l’artista e la persona arrivano di nuovo a combaciare in un’unica identità . Ed è anche il momento che trova la sua celebrazione in una vibrante sequenza, di grande cinema, che ricollega la giovanissima Maria Callas all’artista matura e decadente. Il momento in cui, in extremis, trova il coraggio di chiudere la porta del doloroso passato di gioventù per ritrovare finalmente se stessa.
Com’è noto nell’universo Callas ci sono stati diversi, controversi, rapporti affettivi, tra cui quello con Aristotele Onassis (Haluk Bilginer), qui trattato attraverso una traiettoria obliqua, ma quello che resta in mente,
oltre alla ferrea, amorevole e costante dedizione dei due domestici - i ruoli vagamente macchiettistici di Bruna (Alba Rorhwacher) e di Ferruccio (Pierfrancesco Favino), con il cameo aggiuntivo della sorella Yakinthi Callas (Valeria Golino) - è lo scorcio di gioventù in cui si annida l’inizio del percorso professionale di Maria. A quanto pare esistono genitori capaci di usare una tale rapacità nei confronti dei propri figli davvero disarmante. Basta ricordarsi della madre di Maggie (Hilary Swank) nell’eastwoodiano Million Dollar Baby. Qui, con Maria Callas, è ancora peggio. E’ il bianco e nero neorealista a richiamare in memoria quando la giovanissima e paffuta Maria (Aggelina Papadopoulou), con la sorella Yakinthi (Erophilie Panagiotarea) cantavano per gerarchi tedeschi chiamati dalla madre. Madre che non si faceva problemi a farle prostituire per denaro. Da qui in poi Maria Callas canterà sempre per qualcuno, e solo alla fine, riuscirà a farlo per se stessa, per
ritrovarsi, anche a costo della vita. Un’altra sequenza in dirittura dell’epilogo immortala il suo emozionante, e fatale, sforzo finale, accompagnato da carrellate di memorie fotografiche e sculture antiche, concedendole tutta la discrezione possibile, dietro il paravento di poltrone e divani di casa. Solo il finale pecca di qualche sbavatura di troppo, con i lamenti dei cani (che sembrano aver assimilato qualche pillola di lirica) e quel melodrammatico andare incontro alla macchina da presa dei due domestici prima che si faccia avanti la carrellata di scatti o video di repertorio della Maria Callas originale.
Abbiamo sentito dire spesso come l’arte si nutra della sofferenza e Maria Callas non fa evidentemente eccezione: “La musica è nata dall’angoscia e dalla povertà , l’ho capito proprio questa notte. E’ lì che tutto è cominciatoâ€. E’ certo che il film nel film di Pablo Larrain, Maria, con l’incarnazione in celluloide di Angelina Jolie della Callas nell’ultimo
suo scampolo di vita e d’arte, ne raccoglie l’essenza.