Soggetto: Il film è tratto da una storia vera, quella di Gordon, noto come "Peter il fustigato", le cui foto della schiena frustata fecero il giro del mondo, fornendo al movimento abolizionista una prova della crudeltà della schiavitù americana.
Cast: Will Smith (Peter) Ben Foster (Fassel) Charmaine Bingwa (Dodienne) David Denman (Generale William Dwight) Steven Ogg (Sergente Howard) Ronnie Gene Blevins (Harrington) Gilbert Owuor (Gordon) Grant Harvey (Leeds) Imani Pullum (Betsy) Mustafa Shakir (Cailloux) Paul Ben-Victor (Maggiore Halstead) Jeremiah Friedlander (Scipion) Jordyn McIntosh (Laurette) Landon Chase Dubois (Little Peter) Dave Davis (J. Oliver) Cast completo
Aaron Moten (Knowls) Walker Babington (William McPherson) Jabbar Lewis (Tomas) Michael Luwoye (John) Kasia Trepagnier (Donna schiavizzata)
Musica: Marcelo Zarvos
Costumi: Francine Jamison-Tanchuck
Scenografia: Naomi Shohan
Fotografia: Robert Richardson
Montaggio: Conrad Buff IV
Effetti Speciali: Matt Kutcher (supervisore)
Makeup: Ken Diaz (direzione makeup); Chana Jones (per Will Smith); Andrea Bowman (direzione acconciature)
Casting: Lindsay Graham e Mary Vernieu
Scheda film aggiornata al:
08 Gennaio 2023
Sinossi:
Il film è ambientato nel 1863 e racconta la storia di uno schiavo di nome Peter (Will Smith) che fugge attraverso le paludi della Louisiana, intraprendendo un viaggio ricco di ostacoli. Sulle sue tracce vi sono, infatti, gli spietati cacciatori, guidati da Fassel (Ben Foster).
L'uomo, per avere salva la vita, è costretto a dirigersi verso il nord, dove riesce ad arruolarsi nell'esercito dell'Unione, impegnato nella guerra di secessione. La sua fuga non è solo dai proprietari delle piantagioni, che lo sfruttavano brutalmente e lo hanno quasi ucciso a colpi di frusta, ma soprattutto è volta a raggiungere la libertà che gli è stata tanto negata.
Short Synopsis:
A runaway slave forges through the swamps of Louisiana on a tortuous journey to escape plantation owners that nearly killed him
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Che cosa aggiunge Emancipation - Oltre la libertà di Antoine Fuqua (Brooklyn's Finest, The Equalizer-Il vendicatore…) alla sequela di pellicole sulla questione razziale? O, per meglio dire, le questioni razziali da cui deriva l’assoluta mancanza di libertà, ma soprattutto, di dignità? Perché è ben noto come libertà e dignità vadano di pari passo. Pellicole a grappolo hanno preceduto Emancipation, tra cui l’Amistad di Steven Spielberg o il 12 Anni schiavo di Steve McQueen. Eppure, la questione abbraccia molto di altro, che poco o nulla ha a che vedere con il colore della pelle e ben di più con la sottomissione di una parte dei propri simili, visti da una lente distorta che trova un pretesto, uno qualsiasi - etnia, religione, razza - per arrogarsi il diritto di soggiogare. Ed ecco che da questo punto di vista si aprirebbe una voragine, capitanata dal fiore all’occhiello della cinematografia - così come della
carriera del suo regista, ancora una volta Steven Spielberg - che è Schlinder’s List. Deportazioni e fustigazioni, prigionia, tutti mezzi infami in e per la sottomissione di un popolo ad un altro. E il soggetto non è dunque nuovo, al contrario, è stato ed è ancora, uno dei più dibattuti e variamente rappresentati. Eppure, non si finisce mai di aprire una finestra sul genere e restarne stupefatti, dall’orrore più che dalla meraviglia dei fatti in sé. Perché, ancora una volta, si tratta di una storia vera.
La storia di Gordon, noto come "Peter il fustigato", le cui foto della schiena frustata hanno fatto il giro del mondo, fornendo al movimento abolizionista una prova del livello di crudeltà perpetrato nel tempo ai danni della schiavitù americana. Una sorta di bandiera, o, per meglio dire, manifesto di carne per la libertà. E in questo Emancipation - l’emancipazione sancita dal presidente degli Stati
Uniti Abraham Lincoln il 1° Gennaio 1863, in un processo graduale che all’inizio lasciva fuori alcuni Stati americani - Antoine Fuqua mette in scena una litanìa del dolore e della crudeltà nell’infliggerlo, vista e sentita tante volte, e su cui fa perno per tutto il film. Film che vede il suo fiore all’occhiello in quella carrellata iniziale appuntata sulla grande palude della Louisiana: spettrale e affascinante inferno in grado di rappresentare la salvezza per chi è dotato di una determinazione senza pari, alimentata dai flashback di una famiglia lasciata appesa, in sospensione, verso un futuro tra i più improbabili. Ma la speranza è un bene prezioso irrinunciabile.
Un film che sceglie il bianco e nero, in una sorta di ‘new neorealismo’, con sprazzi di colore impercettibili per alcuni dettagli simbolici, come il fuoco o il verde della foresta interna alla grande palude della Louisiana. E’ qui che ci troviamo, all’altezza del
1863, appunto, preludio di quella tristemente famosa Guerra di Secessione. Ed è qui che il Peter di Will Smith, viene sradicato dalla propria famiglia, cui promette un ritorno di cui non è affatto certo, con il monito di restare uniti nell’attesa. Una fede incrollabile lo sostiene mentre mastica il veleno di umiliazioni fisiche e psicologiche continue. Fuqua calca la mano sul livello di crudele insania degli aguzzini bianchi ai danni della gente di colore, e il disgusto è assicurato. Come contraltare alla vittima del Peter di Will Smith, in una prova attoriale alquanto stereotipata, c’è un cattivo coi fiocchi: il Fassel di un Ben Foster particolarmente illuminato di tutta l’oscurità umana possibile, che poi, di umanità, non ha proprio più nulla. Dopo lavori pesanti oltre ogni limite, abusi e soprusi di ogni genere, tra cui fustigazioni a sangue, la ribellione sorge spontanea, e alcuni di loro, capitanati da Peter/Smith tentano
la fuga. Ed è qui che il film cambia totalmente registro, focalizzandosi, in una sorta di ‘One Man Show’, sul protagonista dominante di Peter/Smith con la m.d. p. costantemente incollata addosso e sul volto, mentre è pure braccato ed insidiato dai mille pericoli ambientali della palude: la lotta con il coccodrillo non è che l’apice delle varie prove di sopravvivenza a cui si vede costretto. Si innesca così la canonica ‘caccia del gatto al topo’, una sorta di The Fugitive in Dark, registro su cui Fuqua sceglie di restare tanto a lungo da finire per offrire una vera e propria spettacolarizzazione della fuga, tra stenti e forze allo stremo, su cui avrebbe potuto apporre qualche argine in più.
Un percorso che, mentre inizia a perdere mordente, impone un ulteriore cambio di registro, sfociando nel film storico di guerra. Una volta approdato alla meta dove Lincoln aveva sancito la libertà per
gli schiavi neri, Peter/Smith si ritrova difatti obbligato ad arruolarsi e combattere nella Guerra di Secessione in corso: guerra che per lui ed i compagni diventa una sorta di lotta per conquistare la propria libertà e quella della sua famiglia.
“Siamo tutti fuggiti qui, ma da oggi non si fugge più, gli yankees combattono per il potere e per i soldi, noi combattiamo per qualcosa di più, la libertà. Noi non aspetteremo che la libertà ci sia concessa, noi ci prenderemo la libertà”.