I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Il ritorno di Donato Carrisi al cinema passa ancora una volta - dopo La ragazza nella nebbia e L'uomo del labirinto - per l'auto trasposizione di un suo romanzo: ed è subito thriller! - Dal 27 Ottobre
(Io sono l'abisso; ITALIA 2022; Thriller; 126'; Produz.: Palomar, Vision Distribution; in collaborazione con Sky Italia; Distribuz.: Vision Distribution)
Soggetto: Il film è tratto dall'omonimo romanzo del regista - Io Sono l'Abisso di Donato Carrisi, (384 pp), collana La Gaja scienza - edizioni Longanesi, 2020 - un thriller in cui Carrisi ha approfondito la tortuosa psiche umana, soffermandosi sull'origine del male.
Cast: Michela Cescon (La cacciatrice di mosche) Gabriel Montesi (L'uomo che pulisce) Sara Ciocca (La ragazzina col ciuffo viola) Giordana Faggiano (Poliziotta) Sergio Albelli (Il professore) Lidya Liberman Andrea Gherpelli Adalgisa Manfrida Saul Nanni Federico Vanni Diego Martini Romei Leon Mancini Daniele Parri Ettore Scarpa (Uomo nella stanza albergo) Eric Alexander (Avvocato della Famiglia Rottinger)
Musica: Vito Lo Re
Costumi: Chiara Ferrantini
Scenografia: Maurizio Leonardi; Maria Francesca Fogagnolo (Arredamento)
Fotografia: Claudio Cofrancesco
Montaggio: Massimo Quaglia; Francesco Vallocchia (Presa Diretta)
Effetti Speciali: Paolo Galiano (supervisore)
Casting: Valeria Miranda e Stefania Valestro
Scheda film aggiornata al:
12 Marzo 2023
Sinossi:
La storia è ambientata in un paesino di provincia, dove si consuma ogni giorno una violenza contro le donne. Uno dei protagonisti della storia è l'Uomo che pulisce, un netturbino, che grazie al suo lavoro sa come la spazzatura possa rivelare realtà che le persone non ammetterebbero mai. L'immondizia è un ricettacolo di segreti e di verità .
L'Uomo che pulisce rimane abbagliato dall'incontro con la Ragazzina col ciuffo viola, che per la prima volta lo fa sentire come se non fosse invisibile agli occhi del mondo. È da quel momento che il netturbino sente di avere un legame con la Ragazzina, come una missione salvifica nei suoi confronti, ed è per questo che è determinato a invadere la sua vita.
Ma c'è un altro personaggio nel paesino, la Cacciatrice, che è coscia che in giro c'è qualcuno che sta uccidendo donne con un particolare comune a tutte loro: i capelli biondi. Peccato che, nonostante lei sia a conoscenza di questa terribile verità , nessuno le creda. La Cacciatrice ignora, però, cosa ci sia dietro la porta verde, dove si cela qualcosa di profondamente malvagio.
Eppure la verità non è solo nei rifiuti, ma anche in un abisso, che nasconde terribili segreti e allo stesso tempo lascia affiorare brandelli di verità .
In altre parole:
Il suo lavoro è occuparsi della spazzatura. La gente non pensa mai a ciò che getta via. Invece lui sa che proprio tra i rifiuti si nascondono i segreti delle persone. Ed è così che sceglie le sue vittime.
«Le persone dicono bugie, ingannano. La spazzatura no, la spazzatura non mente.»
Ma, nella sua esistenza ordinata e solitaria, un giorno irrompe una ragazzina. Si è gettata nel lago come un rifiuto e lui l’ha salvata. Ma lui non salva le persone. Per questo all’inizio scappa via. Però poi torna indietro e la osserva di nascosto. E capisce ciò che nessuno sa capire. Che la ragazzina ha un segreto e ha urgente bisogno di aiuto. Ma aiutarla metterà a rischio la sua invisibilità .
“Le persone dicono bugie, ingannano, la spazzatura no. La spazzatura non menteâ€
‘Quel braccio del Lago di Como’ sembra aver sempre molto da raccontare, in un modo o nell’altro: certo che da Manzoni a Carrisi il passo è grande, anzi immenso. Ma in comune, ovviamente, c’è solo la location, che qui, in Io sono l’abisso - terza prova cinematografica per Donato Carrisi dopo La ragazza nella nebbia e L’uomo del labirinto - resta in sottofondo, come un testimone oculare silente, e d’altra parte sempre pronto a rigurgitare quel che non gli appartiene: magari il braccio di una vittima femminile, magari bionda, magari sulla sessantina o giù di lì, e magari con un’unghia sbeccata con smalto rosso fiammante. Chi ha letto il libro, ovviamente, potrà condividere con chi va scrivendo, che Donato Carrisi, resta, al momento, uno scrittore noir interessante e persino avvincente, ma non tiene la stessa levatura come regista e,
neppure come sceneggiatore. Costretto a ‘sfrondare’ e adattare per il grande schermo, non sempre sa inventarsi qualcosa di altrettanto funzionale alla narrazione, di cui è d’altra parte egli stesso autore: un conto è dare campo libero alle parole sulla pagina, e un altro orchestrare il soggetto in una resa visiva efficace e potente allo stesso tempo, al cinema.
- “E se qualcuno ti chiede chi è stato, tu cosa dici?â€
- “E’ stato Mickyâ€
Se c’è un climax in Io sono l’abisso - per la verità più letterario che cinematografico - è l’inizio di tutto in quella piscina. L’inquadratura sulle due coppie di piedi,
di madre e bambino, che si avvicinano, è immagine prettamente cinematografica e di grande effetto, ad alto impatto emotivo, d’altra parte diluito subito, di lì a poco, con il seguito. Il romanzo inoltre, mette certamente ben più a fuoco i pensieri del bambino, ansioso di recarsi in piscina, di godere finalmente di qualcosa di buono, così come chi sia Vera, la madre bionda dal look kitsch, per lo più attraverso la soggettiva del bambino stesso, abituato a vederla circondata da spasimanti, ovvero, ‘mosconi’. Donna traumatizzata dal padre Micky, appunto, e in grado di odiare quel figlio indesiderato come una palla al piede o un insetto da eliminare. Quale madre sana di mente può arrivare a fare al proprio figlio quel che ha fatto lei? Beh, una madre abusata, ad esempio! Ma quel che più è orripilante è il tipo di pseudo-educazione, nel segno di un vero e proprio lavaggio del
cervello, mirata ad ottenere la passiva accettazione degli abusi, da lei a sua volta perpetrati, ai danni del bambino. D’altra parte, quale padre farebbe quello che Micky ha fatto a Vera? Di qui l’assunto di Carrisi che “Il male è un cerchioâ€.
La storia è ben nota a tutti e nel film Carrisi non tradisce certo la sostanza del suo romanzo, cui si mantiene fedele, semmai, involontariamente, ne sminuisce portata ed impatto emotivo, che risulta scarnificato e didascalico. Un esempio su tutti, restando sulle sequenze iniziali della piscina: non vi è alcuna cocente delusione da parte del bambino nel trovarsi obbligato a scendere da solo in una piscina, descritta nel romanzo come putrida e piena di detriti marcescenti, in quanto attinente ad un Grand Hotel in disuso da tempo. Figurarsi quando viene abbandonato al suo destino dalla madre che se ne va come se nulla fosse! Terrore e shock restano sulla
pagina scritta ma non raggiungono mai il grande schermo! Un mostro (padre) ha generato un mostro (figlia) che a sua volta ne ha generato un altro (figlio): anche se, proprio quest’ultimo - in un afflato di compassione di Carrisi che lo ha fatto nascere sulla pagina scritta prima di portarlo al cinema - non manca di quella, pur rovinata, scintilla emozionale, che punta alla consapevolezza di quel che è diventato, suo malgrado, a sua volta vittima del male subito in prima persona, nel fisico e nella mente. Per questo si riconosce e ammette: “Io sono l’abissoâ€. Può allora un mostro in cerca di vittime prescelte con gli stessi connotati della madre, arrivare a salvare qualcun altro? Beh, certo che si! Non serve esser laureati in psicologia o criminologia per capirne i motivi!
- “Da piccolo stavo per morire nella piscina, forse era meglioâ€
- “Se tu fossi morto nella piscina io non