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"Essendo cresciuto tra l'America e l'Inghilterra negli anni '80 e '90, ho vissuto in prima persona una netta differenza di atmosfera tra i due luoghi, una differenza che ho portato con me per lungo tempo. Ho sempre pensato che il contrasto avrebbe fornito un avvincente cambiamento dei toni di un film e tutto ciò ha iniziato ad alimentare l'idea di 'The Nest'. Volevo riflettere l'esperienza personale creando un dramma familiare inquietante che esplorasse il modo in cui un trasloco attraverso l'Atlantico potesse far venire a galla le verità dormienti che si fino ad ora si trovavano nascoste dalle dinamiche di famiglia. Nel raccontare questa storia, la mia priorità è stata quella di esaminare in modo veritiero un matrimonio. Rory e Allison sono una coppia complessa, profondamente innamorata e sono veramente attratti l'uno dall'altra, hanno una relazione apparentemente alla pari che inizia lentamente a disgregarsi. Le loro individualità li rendono sia partner perfetti che totalmente opposti. Sono rispettivamente compenetrati dai valori e dalle aspirazioni della società che li circonda e da quelli tramandati dalle proprie famiglie. Ho ambientato il film nel 1986 per descrivere anche il legame tra l'America e il Regno Unito. Crollo prefinanziario, mercato globale emergente e Londra al culmine della deregulation. Volevo collegare a fondo i valori del tempo - come il rischio e l'ambizione - alle questioni al centro dei conflitti familiari. Era un'epoca di opportunismo capitalista che prometteva molto e Rory lo vede come un modo per avere la vita che ha sempre sognato per la propria famiglia. Ma il trasferimento in Inghilterra corrode rapidamente l'uguaglianza che Rory e Allison hanno in America e l'identità di Allison si riassume nell'essere solo e soltanto sua moglie. Si adagiano nei loro singoli ruoli tradizionali, sostenendosi a vicenda in un rapporto di mutua dipendenza. Mentre cerca di fronteggiare e superare il suo passato, lei diventa complice silenziosa, soccombendo alla mitomania del marito, minando il benessere della famiglia.'The Nest - L’inganno' esplora il maschilismo, i ruoli di genere, la struttura familiare ed il sogno americano esaminando una famiglia in un momento e in un luogo molto specifici che è sia un momento unico nella storia che una situazione che viviamo ai nostri giorni".
Il regista e sceneggiatore Sean Durkin
(The Nest; REGNO UNITO/CANADA 2021; dramma romantico; 103'; Produz.: Element Pictures BBC Films Elevation Pictures FilmNation Entertainment; Distribuz.: BIM Distribuzione)
Cast: Jude Law (Rory O’Hara) Carrie Coon (Allison O'Hara) Charlie Shotwell (Benjamin O’Hara) Oone Roche (Samantha O’Hara) Adeel Akhtar (Steve) Michael Culkin (Arthur Davis) Anne Reid (madre di Rory)
Musica: Richard Reed Parry
Costumi: Matthew Price
Scenografia: James Price
Fotografia: Matyas Erdely
Montaggio: Matthew Hannam
Effetti Speciali: John Rafique (supervisore)
Makeup: Emma Scott
Casting: Shaheen Baig, Susan Shopmaker
Scheda film aggiornata al:
24 Maggio 2021
Sinossi:
Nel 1986 a Londra il settore finanziario è pronto a cambiare per sempre grazie agli effetti del Big Bang. Per Rory (Jude Law), ex broker sempre alla ricerca dell'affare e abituato a vivere al di sopra delle proprie possibilità , è un'occasione da non perdere. Rory convince la moglie Allison (Carrie Coon) e i figli Samantha e Benjamin a lasciare New York per trasferirsi a Londra in una sontuosa tenuta in campagna, dove anche Allison potrà finalmente provare a realizzare il suo sogno: costruire e gestire un maneggio. Una situazione apparentemente perfetta ma soggetta a cambiamenti che fanno venire a galla menzogne e scomode verità su Rory, su Allison, sulla loro relazione, su chi siamo davvero e cosa siamo disposti a fare e a sacrificare pur di raggiungere i nostri obiettivi...
Synopsis:
Life for an entrepreneur and his American family begins to take a twisted turn after moving into an English country manor.
Rory is an ambitious entrepreneur who brings his American wife and kids to his native country, England, to explore new business opportunities. After abandoning the sanctuary of their safe American suburban surroundings, the family is plunged into the despair of an archaic '80s Britain and their unaffordable new life in an English manor house threatens to destroy the family.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Il regista Sean Durkin (La fuga di Martha) sembra avere un debole per i piani sequenza. E’ così che avvia il suo The Nest-L’inganno, con la macchina da presa puntata su una rimessa per auto nel verde. La riflessione di qualcuno in soggettiva che non tarderà a manifestarsi.
The Nest, alla lettera ‘il nido’, che il titolo italiano, L’inganno, riflette la tendenza naturale a dire più di quel che serva, ad interpretare, ad esplicitare, magari rischiando pure di non centrare esattamente l’obiettivo o, di appiattirne le reali sfumature. In effetti ‘il nido’ significa tutto: quel che è, quel che appare, quel che si vorrebbe fosse, l’ambizione per eccellenza dell’umana specie e non solo. Ma nell’umana specie le cose tendono a complicarsi molto di più. Soprattutto se a capo famiglia c’è un visionario ambizioso che ama vantare ricchezze e uno status quo che ha, quando lo ha, ma anche quando non ce
l’ha. Un po' come l’andamento delle borse. E guarda caso il Rory O’hara di Jude Law, in un altro suo ritratto da fascinoso e dannato, sguazza per l’appunto nell’ambito finanziario, mai sazio di nuove opportunità . Da Londra a New York City, dove ha all’attivo un milione di dollari, proprio la sfrenata ambizione lo riporta a Londra, con la famiglia che, dal canto suo, lo segue di malavoglia, in particolare la moglie Allison: la Carrie Coon approdata in sordina dal teatro al cinema, ad esempio con L’amore bugiardo-Gone Girl, The Post, Widow-Eredità criminale, qui alla sua prova attoriale di maggior spicco. Beh! Evviva il fiuto delle donne, anche se deficitarie di quella ferrea determinazione che non guasterebbe per contrastare quel qualcosa che a pelle, ‘non quadra’. Soprattutto alla luce del quarto trasloco in dieci anni: ovvio che, come curatrice di un maneggio di cavalli, e una ‘liaison’ speciale con un cavallo
Quel che quadra è invece il duetto Law-Coon, coppia in celluloide affiatata tanto quanto non lo è affatto quella dei rispettivi personaggi. Crepa dopo crepa, i segnali si infittiscono sempre più e non ci vorrà molto per comprendere che le cose si metteranno male: le sinistre avvisaglie, prima sporadiche, poi sempre più fitte, lambiscono a tratti i confini già abbracciati in maniera più irruenta e ben meno diplomatica dai Roses nella loro personale guerra. Menzogna dopo menzogna, pur di andare avanti in un sogno nel sogno che, d’altra parte, non solo non appaga la sete insaziabile del nostro protagonista Rory/Law, ma genera altresì
un’aura di profonda insoddisfazione in chi gli ruota attorno. Sete talmente sconsiderata che, ad un certo punto, non sa neppure trovare risposte da dare a se stesso riguardo a quel che vuole veramente (vedi la sequenza del taxi). Quel che è certo è che invece di attrarre i clienti, e dunque gli affari, li allontana con il proprio modo di fare ridondante ed inappropriato in ogni circostanza. Per non dire, di conseguenza, dei rapporti con la moglie e i figli. Così, passo dopo passo, mentre la scompaginata coppia O’Hara guadagna direzioni sempre più distanti, in un reciproco allontanamento progressivo, il tutto sfocia in una diversa ‘notte brava’, ognuno per i fatti suoi: e dopo che lei ha rotto gli argini proprio ad una cena di lavoro in cui lui perde l’ennesimo affare, sprofondando nella banca rotta, ecco che ci raggiunge un finale ‘agrodolce’ sconcertante, indefinito, proprio quando tutto sembrava invece
più che segnato. Scelte di regia!
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)