Soggetto: Dio salvi la Regina è una commedia lieve e felicemente ironica, che guarda al molto piccolo per parlare del grande: pone sul tavolo un tema profondo e quanto mai attuale, ma lo fa in maniera gentile, ricordandoci che alla fine, un popolo, è soprattutto una grande famiglia.
Cast: Sibilla Barbieri (Diana) Igor Mattei (Marcello) Anna Teresa Eugeni (Anna Teresa) Babak Karimi (L’Apolide) Vittorio Allegra (Orlando) Ella Gorini (Perla) Maria Irma Reyas (Lupe) Francesca Palmas (Sam) Silvia Mazzotta (Elena) Marta Jacopini (Sofia) Paola Migneco (Simonetta) Elena Baroglio (Monica) Ana Brigitte Fernandez (Rosa) Francesco Falabella (Luca) Raffaella D’Avella (Professoressa Muccini) Cast completo
Filippo Gili (Il Professore) Vittorio Ciardo (Lui) Elio Crifò (Il Poliziotto) Mariano Rigillo (L’Avvocato) Jessica Cortini (Fidanzata di Sam) Pietro Condemi (Pietro) Michele Condemi (Michele) Paola Muratore (Sig.ra Braccialetti) Vitalia Ippolito (Martina) Luisa Guercio (Luisa) Shan Yue (Ragazzo cinese) Mohammad Hassan Zadeh (Ram) Graziano Graziani (Presidente dell'assemblea condominiale) Jun Ichikawa (Ragazza cinese) Alberto Caneva (Ing. Braccialetti)
Diana, madre e medico della mutua, è una donna normale con una vita normale, che decide di fare un poetico atto di insubordinazione sociale, dichiarando l’indipendenza della sua casa dallo Stato italiano. La spinge la speranza di salvare il suo “popoloâ€. Tutti i protagonisti – la piccola famiglia e gli amici che ogni giorno si presentano non invitati nella casa – saranno condizionati da questa singolare scelta e proiettati verso un nuovo modo di rapportarsi alla vita quotidiana, agli altri. Dovranno affrontare grandi temi: la scelta della lingua, le basi su cui si fonda il diritto, le norme che creano il tessuto sociale, la filosofia con cui educare i figli e futuri cittadini ma, soprattutto, dovranno confrontarsi con la responsabilità che comporta esercitare un potere.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Il motto non deve trarre in inganno. In questo film non ci sono reali, nel senso monarchico del termine, al contrario, ci sono persone comunissime con comunissimi problemi. Perciò il titolo Dio salvi la regina suona piuttosto come una consapevole provocazione, ribadita dalla sintesi del soggetto del film: “La storia di una donna che dichiara l’indipendenza della sua casa dallo Stato italianoâ€.
mortali, per formulare un’indipendenza diversamente regolamentata. Il raggio di azione si espande, d’altra parte, al resto di una sorta di famiglia allargata, composta da fratello, sorella, padre (avvocato divorzista), le amiche del cuore e la ex del fratello con affari di cuore in sospensione… Insomma, tutto un variopinto parterre umano che confluisce sul campo - la cucina di Diana/Barbieri - si può dire, quotidianamente. Un luogo in cui condividere le problematiche più varie, attraverso un’aria rarefatta e lieve, comicamente surreale, una sorta di lente d’ingrandimento che focalizza, pur non prendendosi troppo sul serio. Un prisma umano di cui la parte più divertente e realistica si pesca proprio all’inizio del film, nello studio di ricevimento dei pazienti di Diana/Barbieri: laddove l’ipocondria, già tanto cara a Carlo Verdone, si fa largo dando corpo a spassose gag, speculari alla frustrazione del loro medico.
Pellicola dal target indipendente, Dio salvi la regina non
intende certo risolvere i veri problemi, non ci pensa nemmeno: l’obiettivo sembra piuttosto quello di voler mettere il dito nella piaga, o, per meglio dire, nelle piaghe del quotidiano vivere, bene o male incastonato nel sociale, senza d’altra parte sentire l’obbligo di affondare la lama in profondità . Le indicazioni ci sono tutte, e la tentazione, surreale, di proclamare l’indipendenza da ‘un Paese molto bello ma assolutamente disfunzionale’ da svariati punti di vista, potrebbe avere un discreto popolo di followers, se solo fosse legalmente possibile. D’altra parte, la ‘regina’ di turno, tra un gigioneggiamento e l’altro, le idee chiare ce l’ha davvero: non ha difatti problemi a dare il ben servito alla professoressa di suo figlio che studia anche molto, ma per conto suo, secondo le sue preferenze e non in funzione del voto. Quel che si dice, una linfa anarchico-familiare che sente la necessità di chiedere conferma dei propri dissensi
personali alle regole istituzionali, muovendo una sorta di inchiesta rivolta agli esercenti del quartiere, in un modo che ancora una volta favorisce la cifra teatrale: con tanto di applauso finale a ‘scena chiusa’, sfumato sui titoli di coda. D’altra parte non si fanno mancare schegge di verismo: esemplari la conversazione tra nonno e nipote, o i monito filosofali del professore del condominio.
Del resto, la vita stessa, non è un grande palcoscenico calcato quotidianamente da ogni essere umano, più o meno disposto ad offrire la sua personale performance, a cavalcioni del compromesso? Persino i reali vanno in scena ogni giorno, come in una ‘fiction’ a puntate, calati in personaggi cangianti e variabili a seconda delle occasioni, e neppure loro, sono veramente padroni del regno che governano. Ma ogni giorno ha la sua alba, come quella nell’ultimo fotogramma del film, in cui ci piace leggere una bella metafora del diritto di scelta.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)