Soggetto: Ispirato ad una storia vera, il film è l’adattamento del libro autobiografico Un re clandestino scritto da Fahim Mohammad, Sophie Le Callennes e Xavier Parmentier, pubblicato nel 2014.
Costretti a fuggire dal Bangladesh, Fahim e suo padre partono alla volta di Parigi. Al loro arrivo, cominciano una vera e propria corsa a ostacoli per ottenere asilo politico, con la minaccia di venire espulsi dalla Francia in qualsiasi momento. Grazie al suo dono per gli scacchi, Fahim incontra Sylvain, uno dei migliori allenatori di scacchi francesi che lo porterà al campionato nazionale dove si giocherà la possibilità di rimanere nel paese che ha accolto lui e suo padre.
The story of Fahim Mohammad, world junior chess champion, born in Bangladesh in 2000, and currently playing in France
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Un film che sa di buono senza scadere nel buonismo. E’ questo il primo grande pregio di Fahim (Qualcosa di meraviglioso) di Pierre-François Martin-Laval. Un racconto autobiografico che il vero protagonista, il Fahim (Mohammed) del titolo, con Sophie Le Callennes e Xavier Parmentier, ha tradotto in parole con il libro Un re clandestino, pubblicato in Italia nel 2014. La storia di Fahim, 11 anni, con il padre Nura immigrato clandestino dal Bangladesh in Francia, potrebbe essere un’autentica favola moderna, ma per una volta, è un drammatico capitolo di vita reale che fortunatamente ha trovato la luce in fondo al tunnel.
Ed è da lì che il film muove i primi passi sul grande schermo: dalla drammatica realtà del Bangladesh, in cui si va consumando una feroce guerriglia a mano armata tra forze dell’ordine e comuni cittadini. Immagini di repertorio raccolte da una pellicola sgranata, l’occhio privilegiato del verismo storico di fatti
di cronaca, prima di entrare nel vivo di un quotidiano ai margini, vissuto da molte famiglie allargate in Bangladesh, mentre ci si concentra su una in particolare. Il tempo di un assaggio per le strade di quartiere dove si pratica l’arte dell’arrangio, con la consapevolezza adulta annidata nel cuore di bambino. La consapevolezza di un dono che vale denaro. E’ per l’appunto il caso di Fahim (Assad Ahmed), bambino vispo e dalla tempra determinata, tendente al collerico quando non risolve le cose a modo suo. Un bambino dalla mente ‘matematica’ e praticamente un genio nel gioco degli scacchi. Dei rischi che d’altra parte vive un bambino di una famiglia povera come la sua in Bangladesh ce ne dà conto il film quando accenna al tentato rapimento. Un motivo tra i motivi della sua partenza insieme al padre, mentre la madre con un fratellino piccolo restano in Bangladesh. Con la ricerca
di una casa, di un lavoro, per poi far trasferire il resto della famiglia a cose fatte, si va qui però ad aggiungere anche il desiderio di andare a conoscere un grande Maestro nel gioco degli scacchi: il burbero dal cuore grande Sylvain Charpentier di Gerard Depardieu. Ed ecco che Fahim e il padre partono per un lungo viaggio alla volta di Parigi passando per la frontiera Bangladesh-India, il primo ostacolo tra mille difficoltà future, come abbiamo modo di vedere strada facendo: tra rischi di espulsione, tranelli ma anche sensibilità e impegno solidale di associazioni umanitarie come la Croce Rossa, che li raccoglie addormentati sulle sponde del fiume, o dell’assistente del maestro di scacchi (la Mathilde di Isabelle Nanty Mathilde). La madre è presente solo nei sogni di Fahim (laddove c’è spazio anche per una danza in pieno stile Bollywood).
Un percorso irto di ostacoli dunque, che punta sul ‘realismo’
senza troppi edulcoranti, non tralasciando un umorismo che distende e rende piacevole il racconto pur senza distogliere l’attenzione dai problemi veri. La simpatia dell’interprete e la bravura dei co-protagonisti adulti traspirano dalle capillari dinamiche di intoppi e incomprensioni anche linguistiche, tra raggiri e burocrazia, regolamenti, colloqui istituzionali e lunghe attese dei documenti di soggiorno. Trasmettono particolare empatia le numerose lezioni di scacchi, simpaticamente turbolente, in cui il piccolo Fahim e il maestro interpretato da Depardieu duettano a meraviglia. Proprio là , nasce e fiorisce un legame forte che sa di autentica integrazione, con i compagni di classe, mentre le tante competizioni di campionato nel gioco degli scacchi tra i ragazzi, aprono interessanti spiragli su rivalità di marca più adulta. Memorabile la sequenza in cui Sylvain/Depardieu incontra notevoli difficoltà a far accettare Fahim al campionato di Francia, in quanto non provvisto di permesso di soggiorno e dunque ancora clandestino. Ripercorrere le origini
del dirigente che pretende di far rispettare il regolamento, traduce l’impossibile nella regola che fa eccezione. Così, dare una possibilità ad un bambino dotato di vero talento, diventa il lieto fine che, per una volta, avvolge in un abbraccio congiunto, finzione e realtà . Realtà cui si torna nell’epilogo con le immagini dei veri protagonisti della vicenda supportati dalle didascalie informative sulle loro condizioni attuali, con lo sguardo verso un futuro reso ora possibile.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)