I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Da Cannes 2021 - In CONCORSO - Dall'11 Novembre
(The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun; USA/GERMANIA 2019; Dramedy romantico; 108'; Produz.: American Empirical Pictures, Indian Paintbrush e Studio Babelsberg; Distribuz.: Searchlight Pictures Italia)
Soggetto: Con il suo decimo film, il regista e sceneggiatore Wes Anderson (che da tempo vive a Parigi) offre una "lettera d'amore al giornalismo e ai giornalisti": seguendo tre distinte linee narrative, racconta vicende e personaggi legati alla redazione parigina di un quotidiano americano nel corso di alcuni decenni del XX secolo.
Preliminaria - Curiosità :
Inizialmente si pensava che il film fosse un musical, ma Wes Anderson lo ha negato prima dell'inizio delle riprese.
Il magazine del film è basato sul "The New Yorker", il settimanale americano di cui Wes Anderson è ed è stato lettore accanito sin da giovanissimo, tanto da collezionare i suoi numeri dagli anni Quaranta ad oggi.
Il personaggio del direttore, interpretato da Bill Murray, è stato delineato da Anderson ispirandosi al fondatore del "New Yorker", Harold Ross, e a una delle più grandi firme del magazine, A. J. Liebling.
Lo scrittore Herbsaint Sazerac di Owen Wilson è ispirato alla figura di Joseph Mitchell, ritrattista attivissimo nel Novecento e appassionato di storie provenienti dalla strada.
Julian Cadazio, che ha il volto di Adrien Brody, è stato scritto da Anderson sulla base di Lord Duveen, un mercante d'arte nato verso la fine dell'Ottocento, a cui "The New Yorker" ha dedicato nel 1951 un approfondimento di 6 pagine.
Il personaggio di Jeffrey Wright, il giornalista gastronomico Roebuck Wright, è stato creato mixando il - già citato - A. J. Liebling e il buongustaio James Baldwin.
Il film racconta vicende e personaggi legati alla redazione parigina del quotidiano "French Dispatch", edizione europea dell'americano "Evening Sun" di Liberty, Kansas. La storia segue tre distinte linee narrative che danno vita a una raccolta di racconti, pubblicata dal magazine, nel corso di alcuni decenni del XX secolo.
A love letter to journalists set in an outpost of an American newspaper in a fictional 20th-century French city that brings to life a collection of stories published in "The French Dispatch" magazine
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Dispiace dirlo, ma The French Dispatch di Wes Anderson (I Tennenbaum, Il treno per Darjeeling, Fantastic Mr. Fox, Monrise Kingdom, Grand Budapest Hotel, L’isola dei cani) è come una torta lievitata troppo e dal gusto stucchevole, di cui non si vorrebbe mai prendere un’indigestione. Ma è proprio questo che accade nel vedere questo film, estremamente farraginoso e pesante: si va in overdose e se ne fa un’indigestione appunto, peraltro non facile da smaltire. Sia nella forma: un’impalcatura architettonica barocca, da meta cinema, in cui confluiscono tutte le lingue iconografiche possibili, inclusa l’animazione; sia la partitura del racconto, o, per meglio dire, dei racconti, mal indicizzata da pagine di giornale illustrate; sia le voci narranti fuoricampo, assolutamente sovraesposte mentre tentano di garantire la tenuta di uno script oltremodo logorroico; sia il continuo alternarsi di colore/bianco e nero ad esaltazione della narrazione di episodi del passato; sia lo stuolo di protagonisti, peraltro