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    LE ASSAGGIATRICI

    I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Dal bestseller omonimo di Rosella Postorino il film di Silvio Soldini (Pane e Tulipani, Emma) - Dal 27 Marzo - Il film reca doppia dedica: "Alla nostra cara amica Antonella Viscardi con cui abbiamo iniziato questo film" e "François Musy"

    "Sono molto curiosa di vedere la mia Rosa Sauer in carne e ossa, è sempre entusiasmante quando una storia prende corpo in una forma diversa. Il progetto di Lumière è ambizioso e non posso che esserne felice"
    L'autrice del romanzo Rosella Postorino

    "Il romanzo tratto da una storia vera, racconta forse per la prima volta di come ogni guerra passi sul corpo delle donne. Rosella Postorino ha scritto il romanzo a partire dalla testimonianza di una donna anziana, che ha rivelato prima di morire una storia sconosciuta a tutti. Sono molto felice di fare il film e onorare il suo coraggio"
    La co-soggettista e co-sceneggiatrice Cristina Comencini

    "L'ho messo in pratica a mio modo, stando molto attento ai particolari, chiudendo il film il più possibile in un microcosmo, facendo sentire la guerra senza farla vedere e concentrandomi su queste donne e sulle loro reazioni, sulle loro emozioni, sui loro sentimenti, su tutto ciò che accade internamente e fra di loro. Questo film deve molto agli attori, il gruppo di giovani donne è stato fondamentale per dare corpo al cuore del film, che è il luogo dell’assaggio e il cortile dove devono aspettare; è lì che escono frammenti di vita da ognuna di loro... Avevo molto timore di fare un film in costume, perché ricreare un mondo che non hai vissuto è più problematico, più dispendioso e poi a volte, da spettatore, quando vedo un film in costume c’è qualcosa che mi suona un po’ falso, può essere la recitazione, qualche dialogo o il trucco che si vede troppo. Sono stato attento da questo punto di vista, volevo che il film fosse recepito come un film molto vero. Da un lato con una recitazione realistica, di modo che si potesse essere con i personaggi e capire le loro motivazioni, e dall’altro con una messa in scena rigorosa e inquadrature molto precise. Volevo far sentire la violenza nell'aria, il fatto di come queste donne fossero tenute quasi prigioniere in questo luogo a fare questo mestiere (perché venivano anche pagate), un mestiere a cui però non potevano dire di no... Questo film parla di bisogni primari e di quelli secondari che sono imposti dalla società, dalla situazione, dalla cultura. In questo è centrale la storia d'amore tra Rosa e il tenente Ziegler, che nell'intimità viene chiamato Albert, come se si spogliasse del suo ruolo e diventasse di nuovo una persona giovane, che ha bisogno di amore tanto quanto lei, un qualcosa che non è previsto all’interno della gerarchia e della società nazista, la sensibilità è rinnegata in questo tipo di dittatura. Mi piaceva che loro due tornassero a essere due giovani che giocano e si rotolano mezzi nudi nel fieno, di nascosto da tutti. Anche il tema dell’amicizia è molto forte, soprattutto nell’ultima parte del film: l’amicizia tra Rosa ed Elfriede, che diventa voglia di proteggere qualcuno, cura dell’altro... Io credo che la cosa importante è che un film ti lasci dentro qualcosa. Già questa è una vittoria, perché alcuni film non ti lasciano veramente niente. Credo che questo film abbia tante emozioni che possono diventare riflessioni sia rispetto a ciò che sta accadendo adesso a livello politico nel mondo, sia anche rispetto agli istinti, a che cosa farei io nelle loro condizioni, al tipo di complessità di cui ognuno di noi è fatto: magari non faresti mai una cosa del genere, poi ti capita che facendola ti senti vivo, come fa Rosa quando accetta di scendere, dopo che Ziegler è andato tre volte davanti alla sua finestra, di notte. Ti chiedi perché lo faccia, ha paura ma è come se avesse bisogno di ascoltare le sue emozioni. Quando lo ha visto, Rosella Postorino mi ha detto che sembra un film distopico, soprattutto la prima parte. In effetti potrebbe essere ambientato in un'epoca non passata ma futura, purtroppo, per come sta andando il mondo. Basta cambiare il colore delle divise, i mezzi di locomozione che vengono utilizzati, il colore dei muri e qualcos’altro. E questo fa pensare: questo tipo di violenza e di oppressione non appartiene al passato, lo stiamo vedendo ogni giorno, fa paura".
    Il regista e co-sceneggiatore Silvio Soldini

    (The Tasters; Italia, Belgio, Svizzera 2023; Drammatico; 123'; Produz.: Lumière and Co., Tarantula, Telfilm in co-produzione con: Vison Distribution; con il sostegno di: Ministero della Cultura (MIC); Regione lazio; IDM Südtirol - Alto Adige Film Fund; Distribuz.: Vision Distribution)

    Locandina italiana Le assaggiatrici

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    Celluloid Portraits:



    Storyline

    Titolo in italiano: Le assaggiatrici

    Titolo in lingua originale: The Tasters

    Anno di produzione: 2023

    Anno di uscita: 2025

    Regia: Silvio Soldini

    Sceneggiatura: Silvio Soldini, Doriana Leondeff, Lucio Ricca, Cristina Comencini, Giulia Calenda, Ilaria Macchia

    Soggetto: Soggetto di: Cristina Comencini; Giulia Calenda; Ilaria Macchia.
    Tratto dal best seller Le assaggiatrici di Rosella Postorino edito da Feltrinelli. Il libro ha ricevuto numerosi Premi tra cui Il Premio Campiello 2018 e il Prix Jean-Monnet.

    Preliminaria - Il soggetto:

    Ispirato alla vicenda di Margot Wölk, che, nel 2012, a 95 anni, prima di morire, ha confessato di essere stata da giovane un’assaggiatrice di Hitler. Nessuno aveva mai saputo dell'esistenza delle assaggiatrici. Margot Wölk è stata l'unica tra loro a sopravvivere alla fine della guerra. La sua vicenda ha ispirato il romanzo e il film.

    Il romanzo racconta la storia di Rosa Sauer, costretta assieme ad altre nove donne a mangiare i pasti destinati al Führer. Ogni giorno, per tre volte al giorno, è obbligata a sfiorare la morte per accertarsi che quel cibo non sia avvelenato. In un clima di coercizione, queste dieci donne diventano amiche e rivali, si alleano e si tradiscono, hanno paura e si innamorano, e nonostante tutto non smettono di desiderare, perché desiderare significa restare umani.

    Preliminaria - Descrizione del libro:

    "Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame." Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere? A cosa affidarsi, a chi, se il boccone che ti nutre potrebbe ucciderti, se colui che ha deciso di sacrificarti ti sta nello stesso tempo salvando?
    La prima volta che entra nella stanza in cui consumerà i prossimi pasti, Rosa Sauer è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,†dice. Con lei ci sono altre nove donne di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. È l’autunno del ’43, Rosa è appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoceri mentre Gregor, suo marito, combatte sul fronte russo. Quando le SS ordinano: “Mangiateâ€, davanti al piatto traboccante è la fame ad avere la meglio; subito dopo, però, prevale la paura: le assaggiatrici devono restare un’ora sotto osservazione, affinché le guardie si accertino che il cibo da servire al Führer non sia avvelenato.

    Nell’ambiente chiuso della mensa forzata, fra le giovani donne s’intrecciano alleanze, amicizie e rivalità sotterranee. Per le altre Rosa è la straniera: le è difficile ottenere benevolenza, eppure si sorprende a cercarla. Specialmente con Elfriede, la ragazza che si mostra più ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva il tenente Ziegler e instaura un clima di terrore. Mentre su tutti – come una sorta di divinità che non compare mai – incombe il Führer, fra Ziegler e Rosa si crea un legame inaudito.

    Rosella Postorino non teme di addentrarsi nell’ambiguità delle pulsioni e delle relazioni umane, per chiedersi che cosa significhi essere, e rimanere, umani. Ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto – spesso antieroico – di sopravvivere. Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi.

    Cast: Elisa Schlott (Rosa)
    Max Riemelt (Ziegler)
    Alma Hasun (Elfriede)
    Esther Gemsch (Herta)
    Jürgen Wink (Joseph)
    Emma Falck (Leni)
    Olga Von Luckwald (Heike)
    Berit Vander (Ulla)
    Kriemhild Hamann (Sabine)
    Thea Rasche (Augustine)
    Boris Aljinović (Krümel, il cuoco)
    Nicolò Pasetti (SS Gunther)
    Peter Schorn (SS Klaus)
    Gabriele Mazzoni (SS Franz)
    Philipp Seppi (Ernst)
    Cast completo

    Musica: Mauro Pagani (Edizioni Lumière & Co. – Macù Edizioni Musicali); suono: Antoine Vandendriessche; montaggio del suono e mix: Daniela Bassani Marzia Cordò, Stefano Grosso, Giancarlo Rutigliano

    Costumi: Marina Roberti

    Scenografia: Paola Bizzarri

    Fotografia: Renato Berta

    Montaggio: Carlotta Cristiani (A.M.C.) e Giorgio Garini

    Makeup: Esmé Sciaroni

    Casting: Laura Muccino (U. I. C. D.), Lisa Stutzky; Casting associato: Greta Baumann

    Scheda film aggiornata al: 28 Settembre 2025

    Sinossi:

    In breve:

    La storia si ispira alla vicenda di Margot Wölk, che alla fine della sua vita ha confessato di essere stata da giovane un’assaggiatrice di Hitler: romanzo e film derivati raccontano la storia di Rosa Sauer, costretta assieme ad altre nove donne a mangiare i pasti destinati al Führer. Ogni giorno, per tre volte al giorno, è obbligata a sfiorare la morte per accertarsi che quel cibo non sia avvelenato. In un clima di coercizione, queste dieci donne diventano amiche e rivali, si alleano e si tradiscono, hanno paura e si innamorano, e nonostante tutto non smettono di desiderare, perché desiderare significa restare umani.

    In altre parole:

    Autunno 1943. Rosa, in fuga da Berlino colpita dai bombardamenti, raggiunge un piccolo paese isolato vicino al confine orientale. Qui è dove vivono i suoceri e dove il marito, impegnato al fronte, le ha scritto di rifugiarsi in attesa della fine della guerra e del suo ritorno. Rosa scoprirà presto che quel villaggio apparentemente tranquillo nasconde un segreto: all'interno della foresta con cui confina, Hitler ha il suo quartier generale, la Tana del Lupo. Il Führer vede nemici dappertutto, essere avvelenato è la sua ossessione. Una mattina all'alba Rosa viene prelevata, assieme ad altre giovani donne del villaggio, per assaggiare i cibi a lui destinati. Divise tra la paura di morire e la fame che le divora, le "assaggiatrici" stringeranno tra loro alleanze, amicizie e patti segreti. La "berlinese" fatica a farsi accettare. Ma quando finalmente vince la diffidenza, succede qualcosa che la farà sentire una traditrice. L'arrivo di un ufficiale delle SS che, contro ogni razionalità e a dispetto di sé stessa, risveglia in lei l'amore. O forse il semplice bisogno di sentirsi viva, nonostante tutto.

    In dettaglio:

    Le assaggiatrici inizia con l’arrivo della protagonista Rosa (Elisa Schlott) a casa dei suoceri nel villaggio della Prussia orientale di Gross-Partsch, l'attuale Parcz, in Polonia. È il novembre del 1943, l’Armata Rossa sovietica avanza, l’aeronautica britannica ha lanciato le prime bombe su Berlino. Rosa è fuggita dalla capitale per un posto più sicuro, mentre il marito Gregor è sul fronte russo. Nel villaggio tutti sanno che a meno di tre chilometri di distanza, nel fitto bosco circondato dal filo spinato, si trova la Wolfsschanze (la Tana del Lupo), il quartier generale del fronte orientale di Hitler. Solo pochi giorni dopo le SS prelevano Rosa per portarla con altre sei giovani tedesche del luogo a Krausendorf (oggi Kruszewiec), dove i cuochi preparano il cibo per la Tana del Lupo. Rosa “la berlinese†è inizialmente guardata con sospetto ma poi accettata grazie ad un destino comune dalle altre ragazze, terrorizzate dal compito che è stato loro assegnato. Pian pianino la protagonista stringe amicizia in particolare con la schiva e distaccata Elfriede (Alma Hasun).

    Motivo di ritorno, le sette donne sedute intorno alla tavola imbandita, controllate dai soldati delle SS e il cuoco (Boris Aljinović) che presenta i piatti e racconta alcuni particolari delle preferenze del Führer (“va matto per il cioccolatoâ€).

    Quando arriva la notizia che Gregor è disperso in Ucraina, Rosa perde ogni interesse per il suo futuro e, come a scacciare l’idea di morte, si abbandona ad una relazione segreta con il tenente delle SS Ziegler (Max Riemelt). La presa di coscienza da parte della protagonista degli orrori di quella guerra arriva dall’ufficiale, preso dai rimorsi per l’efferatezza con cui ha eseguito gli ordini superiori...

    Storyline:

    Autumn 1943. One morning, young Rosa Sauer - whose husband is at the front and who has fled bomb-stricken Berlin to her in-laws' home in the northeastern Polish village Gross-Partsch - is taken to the Nazi headquarters Wolf's Lair, where she is forced along with other women to eat the meals destined for the Führer: every day, three times, she is forced to come close to death to make sure that that food is not poisoned. In this atmosphere of coercion, and torn between the fear of dying and the hunger that devours them, the tasters will form alliances, friendships and secret pacts among themselves, without ceasing to hope.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    Onori e merito alla prima testimone: la novantacinquenne Margot Woelk che solo nel dicembre 2012 si decise a rompere il silenzio su una vicenda terribile, vissuta in prima persona, di cui nessuno aveva mai saputo nulla. Testimonianza raccolta in un’intervista dal quotidiano “Berliner Zeitungâ€. Margot Woelk era stata un’assaggiatrice, una tra le altre, del cibo destinato al Führer. Piccolo dettaglio: non per scelta, ma per obbligo. A quanto pare Adolf Hitler era ossessionato dall’idea di essere avvelenato, così fece in modo di avere a disposizione un’intera squadra, scelta tra giovani donne ariane - le assaggiatrici, appunto - per risolvere il problema. Testimonianza per cui era solo questione di tempo prima che diventasse un romanzo. E Le assaggiatrici (2018) di Rosella Postorino è diventato persino un best seller, tradotto più tardi in celluloide da Silvio Soldini, anche sceneggiatore per uno script straordinariamente collettivo: Doriana Leondeff, Lucio Ricca, Cristina Comencini, Giulia Calenda

    e Ilaria Macchia. Script per cui sarebbe stato più che sufficiente, oltre che auspicabile, la collaborazione dell’autrice del romanzo, stranamente non coinvolta nel progetto per il cinema.

    Comunque, il film di Silvio Soldini Le assaggiatrici prende avvio con l’arrivo della protagonista Rosa (un’ottima Elisa Schlott) a casa dei suoceri nel villaggio della Prussia orientale di Gross-Partsch, l'attuale Parcz, in Polonia. È il novembre del 1943, l’Armata Rossa sovietica avanza, l’aeronautica britannica ha lanciato le prime bombe su Berlino. Rosa/Schlott è fuggita dalla capitale per un posto più sicuro, mentre il marito Gregor è sul fronte russo. Nel villaggio tutti sanno che a meno di tre chilometri di distanza, nel fitto bosco circondato dal filo spinato, si trova la Wolfsschanze (la Tana del Lupo), il quartier generale del fronte orientale di Hitler. Solo pochi giorni dopo le SS prelevano Rosa/Schlott per portarla con altre sei giovani tedesche del luogo a Krausendorf (oggi

    Kruszewiec), dove i cuochi preparano il cibo per la Tana del Lupo. Rosa, detta “la berlineseâ€, inizialmente è guardata con sospetto ma poi accettata, grazie ad un destino comune, dalle altre ragazze, terrorizzate dal compito che è stato loro assegnato. Pian pianino la protagonista stringe amicizia, in particolare con la schiva e distaccata Elfriede (Alma Hasun).

    Motivo di ritorno, le sette donne sedute intorno alla tavola imbandita, controllate dai soldati delle SS, mentre il cuoco (Boris Aljinović) interloquisce con loro, presentando i piatti e raccontando alcuni particolari delle preferenze del Führer (“va matto per il cioccolatoâ€).

    Quando arriva la notizia che Gregor è disperso in Ucraina, Rosa perde ogni interesse per il suo futuro e, come a scacciare l’idea di morte, si abbandona ad una relazione segreta con il tenente delle SS Ziegler (Max Riemelt). La presa di coscienza da parte della protagonista degli orrori di quella guerra arriva dall’ufficiale, preso dai

    rimorsi per l’efferatezza con cui ha eseguito gli ordini superiori.

    Le assaggiatrici di Silvio Soldini è già stato apprezzato per aver aperto l’obiettivo su questo manipolo di donne. Per l’appunto, si é puntato il dito sul loro sacrificio, ma anche sulla straordinaria sorellanza. Sacrificio richiesto, ancora una volta, alle donne, e non agli uomini, eletti aguzzini di turno. Quel che non è stato invece rilevato, o illuminato abbastanza dal punto di vista critico, è semmai la scelta vegetariana di Adolf Hitler e, soprattutto, il motivo di quella scelta, aspetto che il film tratta in maniera fugace, eppure pungente ed efficace quanto basta a restare nelle coscienze e a far riflettere in proposito. Si direbbe davvero ‘ironia della sorte’! Adolf Hitler era capace di sconvolgersi per le calosce che sguazzavano nel sangue di un mattatoio per animali, e poi ne ha diretto uno tentacolare per l’umanità ebraica senza battere ciglio? Perché quel

    sangue non lo ha impressionato ma, anzi, sembrava non averne mai abbastanza? Forse perché tanto non doveva cibarsene! Ed è già terribile solo pensarlo. Un passaggio questo che rimarca il paradosso dell’orrore hitleriano. E non è certo l’unico!

    Torna poi fugace, ma sempre scioccante, il famoso attentato cui sopravvive il Führer e di cui dà conto al mondo lui stesso via radio, episodio storico divenuto il soggetto di un altro film: il Münich di Steven Spielberg. Qui, ne Le assaggiatrici, è poco più di un passaggio, in cui il Führer ha d’altra parte tempo e modo di celebrare il suo delirio di onnipotenza via radio, osservando come l’essere sopravvissuto a simile attentato sia stato, parole sue: “… Il segno del compito divino che mi è stato affidato dalla provvidenzaâ€.

    Di contro, troppo veloce e poco profondo il passaggio dove il tenente Ziegler/Riemelt) confessa, dopo l’incubo notturno, il rimorso e i sensi di

    colpa per l’operato criminale nei campi di concentramento sotto ‘dettatura’ della ‘dittatura’, pena la sua morte. Salvo poi non pensarci due volte a sparare nella schiena ad Elfriede/Edna/Hasun quando smascherata nella sua identità ebraica. E a nulla valgono le implorazioni di Rosa/Schlott, la ‘berlinese’ assaggiatrice diventata sua amante. Persino un cacciatore di replicanti come Deckard (Harrison Ford), all’ombra di un altro genere di sterminio su commissione, nell’immenso Blade Runner di Ridley Scott, ebbe i suoi momenti di rimorso per aver sparato alle spalle di una donna (la replicante Zhora di Joanna Cassidy), ma non Ziegler/Riemelt, altrimenti non avrebbe ripetuto lo stesso genere di crimine, già reiterato nei campi di concentramento, e di cui, sembrava avere orrore lui stesso.

    E’ stato osservato anche, come elemento positivo, il fatto che nel film la guerra resti sullo sfondo del non detto e del non visto, dando priorità assoluta solo al percepito. Percepito nell’attesa di

    qualcuno che non arriverà mai (il Gregor marito di Rosa al fronte in Russia e poi disperso in Ucraina), o nella solitudine di chi è già rimasta sola, avvolta dalla vedovanza o dalla solitudine, e da una paura tale da nascondere la propria vera identità. Sono donne tedesche, giovani ariane di salute comprovata, altrimenti non avrebbero avuto il compito ‘onorario’ di assaggiare i piatti destinati al Führer. E’ su di loro il focus, ed è ben illuminato ed illuminante, anche se non tanto avvolgente quanto la pagina scritta del romanzo d’origine della Postorino. Insomma, un buon ritratto di una vicenda ignorata per decenni che, se non ha certo il fiato corto, per un sinergico gioco di squadra tra regia, interpretazioni, scenografia, fotografia e musiche, si trova indubbiamente distante anni luce dal respiro lungo e agghiacciante del capolavoro di Jonathan Glazer, La zona di interesse. Anche in questo caso la guerra

    resta sullo sfondo, ma in un modo palpabile, oppressivo, respirabile a pieni polmoni e udibile persino dai sordi.

    Ma se c’è un aspetto davvero superlativo ne Le assaggiatrici di Silvio Soldini è il finale, silente, sconvolgente, inesorabile, dove anche una sola parola avrebbe rischiato di inquinare tutta la tragica portata della ultima sequenza: memorabile, come immagine in sé, focalizzata sull’ineluttabile, e pure in quella chiusura dal taglio netto, a schermo vuoto.

    Riproduzione riservata © Copyright CELLULOID PORTRAITS

    Perle di sceneggiatura

    Elfriede (Alma Hasun): "Qui ogni giorno rischiamo la pelle, 'berlinese', e questo non è un collegio, è una caserma. Se ti fai gli affari tuoi è meglio".

    Pressbook:

    PRESSBOOK ITALIANO de LE ASSAGGIATRICI

    Links:

    • Le assaggiatrici (BLU-RAY + DVD)

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    Galleria Video:

    Le assaggiatrici - trailer ufficiale

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