THE BEST OF 'CINEMA SOTTO LE STELLE' (Cinema all'aperto - Estate 2018) - VINCITORE di 4 Premi OSCAR: 'Miglior Film', 'Miglior Regia', 'Miglior Scenografia' e 'Miglior Colonna Sonora' - 13 Nominations agli OSCAR 2018: Miglior film, Miglior regista, Miglior attrice protagonista a Sally Hawkins, Miglior attrice non protagonista a Octavia Spencer, Miglior attore non protagonista a Richard Jenkins, Miglior sceneggiatura originale, Miglior montaggio, Miglior scenografia, Miglior fotografia, Migliori Costumi, Miglior montaggio sonoro, Miglior sonoro e Miglior colonna originale - VINCITORE di 2 GOLDEN GLOBES 2018 (' Miglior regista' a Guillermo Del Toro e 'Migliore Colonna Sonora' ad Alexander Desplat) su 7 nominations - LEONE D'ORO alla 74. Mostra del Cinema di Venezia - RECENSIONE - Dal 14 Febbraio
"'La forma dell'acqua' tratta 'di vari argomenti'. Si balla, si fa sesso e c'è anche una deriva politica, quella dell'amore che vince sulla paura. Certo c'è anche la favola della 'Bella e la bestia', ma qui non nella versione puritana. Elisa fa sesso, si masturba, e tutto questo in modo naturale... Il modo migliore per raccontare le cose, anche quelle serie, è la favola. Verso le favole gli adulti non hanno difese. Appena gli dici 'c'era una volta' tutti si lasciano andare''.
"Water takes the shape of whatever is holding it at the time and although water can be so gentle, it's also the most powerful and malleable force in the universe. That's also love, isn't it? It doesn’t matter what shape we put love into, it becomes that, whether it’s man, woman or creature//(L'acqua prende la forma di qualsiasi cosa la stia tenendo in quel momento e sebbene l'acqua possa essere così delicata, è anche la forza più potente e malleabile dell'universo. Questo è anche l'amore, non è vero? Non importa in quale forma mettiamo l'amore, diventa questo, sia che si tratti di uomo, donna o creatura)"
Il regista e co-sceneggiatore Guillermo Del Toro
(The Shape of Water; USA 2017; Avventura fantasy; 119'; Produz.: Bull Productions/Fox Searchlight Pictures; Distribuz.: 20th Century Fox)
Sceneggiatura:
Guillermo del Toro e Vanessa Taylor
Soggetto: Guillermo Del Toro.
Cast: Sally Hawkins (Elisa) Michael Shannon (Strickland) Octavia Spencer (Zelda) Michael Stuhlbarg (Dr. Robert Hoffstetler) Doug Jones (La creatura) Richard Jenkins (Giles) Lauren Lee Smith (Elaine) John Kapelos (Mr. Arzounian) Nick Searcy (Hoyt) David Hewlett (Fleming) Morgan Kelly (Pie Guy) Cyndy Day (Fidanzata di Pie Guy) Dru Viergever (Poliziotto militare) Nigel Bennett (Mihalkov) Madison Ferguson (Tammy) Cast completo
Amanda Smith (Mrs. Peabody) Deney Forrest (Lou) Allegra Fulton (Yolanda) Martin Roach (Brewster Fuller) Stewart Arnott (Bernard)
Musica: Alexandre Desplat
Costumi: Luis Sequeira
Scenografia: Paul D. Austerberry
Fotografia: Dan Laustsen
Montaggio: Sidney Wolinsky
Effetti Speciali: Melissa K. Nicoll
Makeup: Jordan Samuel (direttore); Kristin Wayne
Casting: Robin D. Cook
Scheda film aggiornata al:
05 Settembre 2018
Sinossi:
fiaba gotica ricca di suggestioni fantasy, ambientata nel pieno della Guerra Fredda americana (siamo nel 1963) e incentrata su una giovane eroina senza voce.
A causa del suo mutismo, l'addetta alle pulizie Elisa (Sally Hawkins) si sente intrappolata in un mondo di silenzio e solitudine, specchiandosi negli sguardi degli altri si vede come un essere incompleto e difettoso, così vive la routine quotidiana senza grosse ambizioni o aspettative.
Incaricate di ripulire un laboratorio segreto, Elisa e la collega Zelda (Octavia Spencer) si imbattono per caso in un pericoloso esperimento governativo: una creatura squamosa dall'aspetto umanoide, tenuta in una vasca sigillata piena d'acqua. Elisa si avvicina sempre di più al "mostro", costruendo con lui una tenera complicità che farà seriamente preoccupare i suoi superiori.
Short Synopsis:
An other-worldly fairy tale, set against the backdrop of Cold War era America circa 1963. In the hidden high-security government laboratory where she works, lonely Elisa (Sally Hawkins) is trapped in a life of silence and isolation. Elisa's life is changed forever when she and co-worker Zelda (Octavia Spencer) discover a secret classified experiment
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
"... Il modo migliore per raccontare le cose, anche quelle serie, è la favola..."
In molti lo fanno e lo hanno fatto. D'accordo. Usare la favola come veicolo per parlare di problematiche reali. Persino l'animazione nasconde linfa morale e/o sociale nella sua girandola di racconti in progress. Ma credo che nessuno lo abbia mai fatto in questo modo: un modo tanto stratificato, affascinante e fluido come l'acqua, appunto, l'autentico MacGuffin di The Shape of Water. Come una sinfonia lirica che si leva fino a raggiungere le note più alte per cantare l'amore, quello più nobile e autentico, quello vero e a più ampio spettro, scoperto abbracciando vette inesplorate del sentimento. Un amore inconsueto quanto la diversità , l'emarginazione, l'arte e il cuore aperto verso la vita di ogni essere vivente. Al di là di forma ed estetica, di colore della pelle, disabilità od orientamento sessuale. Il mito, o per meglio dire la
mitologia, fa da collante in questa favola che possiamo considerare contemporanea in senso lato proprio per i temi che tratta. Anche se ci troviamo a Baltimora negli anni Cinquanta in piena Guerra Fredda. Vale a dire quando la paranoia anticomunista spumeggia ovunque negli Stati Uniti, soprattutto in un laboratorio governativo come quello in cui germoglia questa storia. Ma prima di germogliare deve nascere.
tragga un suo pensiero, una sua idea al riguardo. Uno sguardo retroattivo che si fa scrigno di una memoria da maneggiare con la massima cautela e da tutelare con la massima cura. Per questo la voce fuori campo del narratore si limita ad introdurre e a concludere questa storia autentica, imbarcata sul naviglio fiabesco, lasciando che per la maggior parte del tempo salpi autonomamente fluida e spedita come la stessa acqua che la muove. Un viaggio che olezza della fresca e frizzante brezza di libertà : la libertà di scelta, personale e sociale che combatte la sopraffazione, la violenza, spesso asservita a loschi scopi individuali piuttosto che al bene e al rispetto della collettività .
Così l'acqua diventa la chiave di lettura onirica di questo racconto inconsueto quanto eccentrico. Molto più di una complessa storia d'amore. Piuttosto una grande lezione di vita impartita dal silenzio. Sembrerebbe un paradosso ma di fatto è
proprio così. Come nell'arte stessa, nelle diverse espressioni e tecniche che attraversano le epoche, il regista messicano Guillermo Del Toro, impasta la realtà sociale di un momento storico con i tratti onirici, mitologici - Il labirinto del fauno ambientato nella Spagna franchista docet - conditi con una generosa spolverata di pura poesia. Pura poesia che non significa per forza dolcezza. Lo straordinario tocco delicato di questo racconto non si nutre di zucchero a velo o di vaniglia, piuttosto dell'acidità degli agrumi o delle note asprigne dell'aceto (per l'appunto imposto a Gesù sulla Croce). Lo splendido montaggio, discreto e soffice come il pan di Spagna o come un giro di danza classica, ritrae, per contrasto, la dura quotidianità della protagonista Elisa (una Sally Hawkins da Oscar!), incastrata nella disabilità del mutismo e addetta alle pulizie, con la collega amica di colore Zelda (Octavia Spencer), presso il laboratorio governativo che raggiunge ogni
giorno in autobus. Non se la passa certo meglio il suo amico artista omosessuale Giles (Richard Jenkins), intento a sbarcare il lunario con la vendita di quadretti commerciali, costantemente rifiutati, proprio come lui: la sequenza nella pasticceria locale parla abbastanza chiaro in proposito. E questa è la dura realtà . Realtà che si traduce in indegna tortura, e una sperimentazione in odore di vivisezione che conduce alla morte, per la creatura anfibia, squamosa ma dall'aspetto umanoide: quello di Doug Jones qui alla sua terza collaborazione con Del Toro dopo lo stesso Labirinto del fauno ed Hellboy). Creatura tenuta prigioniera nel laboratorio governativo dove il funzionario Strickland, bieco personaggio dai metodi 'nazisti' (il povero Michael Shannon sembra attirare a calamita i personaggi più truci!), incrocia come contraltare il Dr. Robert Hoffstetler di Michael Stuhlbarg, l'unico veramente interessato alla scienza, ma disgraziatamente incastrato tra i due fuochi antagonisti della Guerra Fredda di allora.
Quando il destino della Creatura sembra segnato, il casuale incontro con la muta Elisa, cambia le cose, anche se non necessariamente in meglio. La straordinaria 'sintonia' che nasce, germoglia e matura tra i due 'esseri' diversamente ai 'margini', ma ugualmente relegati in un affine universo di solitudine, diventa il corpo della storia, basculante tra cruda realtà e magia fiabesca.
Ci si potrà richiamare a La bella e la bestia, o ancora meglio a Il mostro della laguna nera (il vecchio film horror fantascientifico del 1954 diretto da Jack Arnold, girato in bianco e nero in formato stereoscopico, che vede protagonista per l'appunto una figura antropomorfa) ma sono solo 'impronte' registrate nel DNA di The Shape of Water (La forma dell'acqua), una sofisticata danza che si fa largo tra una moltitudine di simboli che nutrono di puro amore il rispetto per la vita. Uno per tutti: prendiamo l'uovo, il simbolo primario della
vita per eccellenza, e guarda caso proprio l'alimento che Elisa (Hawkins) porge alla Creatura (Jones). Dettagli. Come gli innumerevoli inserti di film trasmessi in bianco e nero dai vari televisori d'epoca. Del Toro sembra amare la logica artistica del 'quadro nel quadro' per dotare di nervo la sua spina dorsale narrativa. Dettagli. Come le mutevoli forme delle gocce di pioggia sul vetro del finestrino dell'autobus che prende Elisa ogni giorno, dall'aria sempre più trasognata, innamorata, mentre gioca su questa mappa mutante di micro trasformismi, raccolti dalla rete di montaggio per farli sbocciare in un nuovo fotogramma. Dettagli. Come il sogno ad occhi aperti di Elisa tradotto in una sorta di pseudo scorcio di musical. Dettagli. Come la 'metaforica' scarpa perduta nell'acqua in una delle sequenze più liriche che il cinema conosca e che avvalora tutte le 13 nomination agli Oscar del film, tra i vari altri premi, tra cui lo
stesso Leone d'Oro a Venezia. Dettagli. Come le piccole luci azzurre che si accendono sul corpo squamoso della creatura in particolari circostanze, quasi a parafrasare il cielo stellato, il senso 'cosmico' dell'universo che scavalca le nostre piccole prigionie e barriere fisiche o mentali. L'origine della creatura giustifica d'altra parte il suo potere taumaturgico - il potere dell'amore che guarisce - e il senso del divino. Una straordinaria rete intercomunicante che sfocia in quello scorcio finale in cui è meraviglioso perdersi, cullati in una deriva apparente. E invece, ancora una volta, "l'acqua prende la forma di tutto ciò che la contiene in quel momento e, anche se l'acqua può essere così delicata, resta comunque la forza più potente e malleabile dell'universo...".
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)