Sceneggiatura:
Stephen Gaghan, Patrick Massett e John Zinman
Soggetto: Il film si basa su una storia veramente accaduta nel 1993 e racconta lo scandalo in cui fu coinvolta la Bre-X Minerals Ltd. fondata da David Walsh. Su consiglio del geologo John Felderhof, Walsh comprò un terreno nella giungla del Borneo in Indonesia, vicino al fiume Busang, per estrarre un deposito d'oro. Inizialmente si stimò la presenza di circa 2 milioni d'oro all'oncia. Nel 1995 la stima raggiunse i 30 milioni, 60 nel 1996 e 70 nel 1997. Di conseguenza le azioni della compagnia raggiunsero un prezzo record e una capitalizzazione di mercato di 4,4 miliardi di dollari americani, che oggi al netto dell'inflazione corrisponderebbero a 6,5 miliardi. Quando fu scoperto che i campioni trovati erano in realtà stati coperti con della polvere d'oro e tutti i dati erano una frode, la compagnia andò in bancarotta nel 1997.
Bhavesh Patel (Bobby Owens) Michael Landes (Binkert) Kristen DeVore Rakes (Carissa) Casey Messer (Conduttrice televisiva) Lora Martinez-Cunningham (Investitrice arrabbiata)
Musica: Daniel Pemberton
Costumi: Danny Glicker
Scenografia: Maria Djurkovic
Fotografia: Robert Elswit
Montaggio: Douglas Crise
Makeup: Tomasina Smith (direttrice del Dipartimento UnitĂ di New York); Rachel English, Meredith Greene, Maria Maio, Karla Muenze, Sara Roybal e Raquel Vivve; Felicity Bowring (per Matthew McConaughey); Kyra Panchenko (per Bryce Dallas Howard)
Casting: Jo Edna Boldin e Avy Kaufman
Scheda film aggiornata al:
01 Giugno 2017
Sinossi:
In breve:
Kenny Wells (Matthew McConaughey) è un uomo d'affari alla perenne ricerca del colpo milionario. Grazie al geologo Michael Acosta si imbatte in una vera e propria âmontagna di soldiâ, una delle piĂš grandi e prolifiche miniere d'oro nell'inesplorata giungla indonesiana. Sfacciatamente ricco, senza freni e ancor piĂš avido di denaro, Wells proverĂ a prendere di petto Wall Street imparando presto sulla sua pelle che non è tutto ORO quel che luccica...
Short Synopsis:
An unlikely pair venture to the Indonesian jungle in search of gold
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Matthew McConaughey contagiato dalla febbre dell'oro in cerca delle alte quote di Wall Street, fedele al sogno americano - ancor piĂš grande in tempi di crisi - nel bel mezzo alla giungla indonesiana
Se c'è un aspetto davvero galvanizzante in questo Gold-La grande truffa di Stephen Gaghan (Syriana, già sceneggiatore di Traffic) è il finale. Il problema è arrivarci! PerchÊ a dispetto della storia "fottutamente vera" da cui Il film è stato tratto, e a dispetto dell'indubbio talento trasformista introspettivo di Matthew McConaughey, qui tradotto nel bolso alcolizzato alla deriva Kenny Wells - un'esistenza protesa verso la ricerca dell'oro, l'unica che potesse dare un senso ai suoi ripetuti fallimenti annegati in un mare di frustrazione - a dispetto di tutto, il percorso cinematografico qui tratteggiato è davvero tedioso. La noia e lo sbadiglio ci insidiano punzecchiandoci ad ogni angolo di quella svolta tanto attesa e mai arrivata. Dobbiamo allora tenerci
bene in mente la ragione di tanta perseveranza in quella ricerca fallimentare, per poter apprezzare l'anima buona almeno in fondo al Kenny di McConaughey, in superficie personaggio per lo piÚ rustico e disgustosamente stropicciato. C'è sempre l'ombra lunga di un padre o, comunque di un affetto importante di cui molto spesso non ci si sente degni, dietro ogni personale ambizione o impavida impresa. Quello spirito di rivalsa che vale la vita stessa. E c'è sempre un amore di donna (qui è la Kay di Bryce Dallas Howard) che vale il sacrificio, da rendere partecipe al grande sogno, anche quando le episodiche avventure olezzano solo di guai in vista. Il tipico sogno americano in tempi di crisi.
Dietro il Kenny di McConaughey per finzione, c'è la controversa figura del businessman canadese David Walsh, 'prospettore' della Washoe Company che, verso la fine degli anni Ottanta, si ritrova in 'brache di tela' con la
società ad un passo dal fallimento integrale. Businessman di lÏ a poco coinvolto nello scandalo della società mineriaria Bre-X Minerals Ltd. che, nei primi anni Novanta divenne protagonista dei rotocalchi sull'onda della stratosferica quotazione in borsa stimata sul potenziale giacimento d'oro nel cuore dell'Indonesia. Il Kenny di McConaughey segue le orme di Walsh cavalcandone la vera e propria ossessione per i filoni auriferi del Sud Est Asiatico ancora vergini, entrando e uscendo dalla tana del coniglio con la carota in bocca, non riuscendo ad impedire, d'altra parte, di farla scivolare nelle mani del 'regime' locale. E l'obiettivo diventa allora un miraggio pressochÊ irraggiungibile per il nostro Kenny/ McConaughey. Quasi non sapesse poi, che ... 'non è tutto oro quello che luccica'.
Mappe, escavazioni in territori impervi come quelli dell'inesplorata giungla indonesiana, ricerca di finanziamenti per le complicate manovre di estrazione, l'orgoglio irrinunciabile del proprio nome su obiettivi raggiunti e risultati a
tutela dell'onore di famiglia, momenti d'amore e momenti di odio, schegge di lusso e di ordinaria frustrazione, o persino malattia (malaria docet), in un'altalena continua che porta il nostro protagonista dalle stelle alle stalle. E' questo il diagramma in celluloide dell'eccentrico personaggio in cui McConaughey si è tuffato di punta , con tutta probabilità per provare a se stesso quale sensazione si prova a spingersi verso l'ignoto, ad imbruttirsi e ad abbrutirsi per le esigenze di un inedito copione. Forse Gaghan ha cercato di spalmare il suo Gold sul personaggio come la marmellata sul pane, al punto da farne una cosa unica. Per questo si prova noia, impazienza, mentre il neo Indiana Jones, quando non è attaccato alla bottiglia - quasi sempre a meno che non sia incollato alla sigaretta - si dimena nel vortice degli ossessivi tentativi a piÚ riprese in una ricerca che si fa sempre piÚ frustrante.
Ma c'è sempre, evidentemente, anche un 'Marcus' quale socio operativo nelle ricerche del 'tesoro', qui in 'polpa' grezza invece che in arte (il geologo Michael Acosta di Edgar Ramirez), con cui condividere i profitti 'fifty/fifty'. Sono le stesse sensazioni provate a pelle dal personaggio e dunque ci troviamo, con tutta probabilità , nel cuore di una lunga soggettiva, affiancata dall'incalzante voce fuori campo del racconto in prima persona. Dispiace solo, d'altra parte, di provare tanto sollievo quando arriva il momento di venirne fuori.
Secondo commento critico (a cura di PETER DEBRUGE, www.variety.com)
Matthew McConaughey plunges deeper into the rabbit hole of wacky character transformation, playing a balding, pot-bellied prospector in 'Gold.'
Itâs too bad Matthew McConaughey already made a movie called âFoolâs Gold,â since the title wouldâve been perfect for his latest, a bucking-bronco paydirt saga in which he plays a white-trash desperado with a claim to more of the precious metal than he knows what to do with. Directed with an odd mix of human compassion and giddy abandon by Stephen Gaghan (âSyrianaâ), âGoldâ is a lively portrayal of whatâs often misidentified as the American Dream, but might be more accurately described as the American Fantasy â where men dream of wealth and success without having to put in the work.
Proudly sporting a pot belly, snaggled teeth, and receding combover (though any normal person with either would go out of his way to hide them), McConaughey turns in a gonzo
performance as a gold prospector named Kenny Wells, who improbably strikes it rich after acting on a hunch that takes him deep in the jungles of Indonesia, only to lose track of the claim as smarter men than he try to get in on the deal. Like âAmerican Hustleâ or âThe Wolf of Wall Street,â âGoldâ plays fast and loose with its factual origins, allowing McConaughey to become a one-man acting tornado. And yet, though Gaghan has less directing experience than either David O. Russell or Martin Scorsese, he never lets the movie spiral out of his grasp (although the final scene is a huge miscalculation, featuring an unearned reunion and a twist that should, but doesnât, make us question everything thatâs come before).
âGoldâ is one of those movies that could have gone either way, and some will surely label it a disaster over the tonal risks it takes, tightrope-walking
as it does between sincerity and satire. But for those willing to take the characters at face value, itâs a deliriously entertaining ride, as a man with a dream drops his last quarter in the slot machine and goes home with the entire casino.
After inheriting his fatherâs mining company, Wells realizes he has neither the patience nor the gift for this particular line of work. What he does have is the good sense to realize his limitations, and so Wells turns to a more experienced geologist, Michael Acosta (Ădgar RamĂrez), to help him locate a spot that feeds into a river known for its irregular supply of gold â a point reinforced by the natives, who can be seen sifting as Wells and Acosta make their way upstream. Wells may seem crazy, but Acosta brings a certain confidence to the endeavor. From his heroic introductory shot, in which a drone-mounted
camera floats upward to find him standing godlike over a mine, Acosta gets the sort of flattering treatment most stars only wish they could get. But favoring him subliminally works to make Wells seem relatively unreliable.
Thereâs something off about the way Wells is negotiating this deal, and even though the underwear-clad dreamer nearly dies of malaria right there at the exploration site, everything seems to come a little too easy. Punch-drunk on the prospect of having discovered the richest gold deposit of the century, Wells heads back to America, where everyone treats him differently â except for his girlfriend Kay (Bryce Dallas Howard), who canât resist upgrading her wardrobe (costume designer Danny Glicker goes wild letting Kayâs nouveau riche tastes run wild) but otherwise sees Wells as she always has. Howard serves as the storyâs soul, and itâs heartbreaking to watch her trying to protect him from the vultures whoâve
materialized now that heâs rich.
If this story were as simple as a guy hitting the jackpot and everything in his life suddenly gong swell, it would hardly be worth telling. But Wellsâ good fortune brings considerable complications, and before long, heâs beset by Wall Street sharks. One minute heâs ringing the Stock Exchangeâs opening bell, and the next, heâs so desperate to save his company that heâs staring an Indonesian tiger in the face â this is just the kind of movie that wouldâve been perfect for Tony Scott. Itâs tamer in Gaghanâs hands, but only slightly, as the director relies on DP Robert Elswit (a career-long collaborator of Paul Thomas Anderson) to keep the camera constantly moving as Wellsâ situation advances, feeding into the delirious momentum of success.
During the jungle scenes, itâs âThe Treasure of the Sierra Madreâ meets âThe African Queen,â with McConaugheyâs flop-sweat clown standing in for
the hard-boiled Bogey. The rest recalls movies such as âBoiler Roomâ and âThe Sting,â where we can never be quite sure whoâs getting played, or what the angle even is, other than that none of this can be taken at face value. Perhaps the biggest clue comes from an incredulous young man (Toby Kebbell) with plenty of tough questions for Wells. At first, this interview (or is it an interrogation?) may seem like a handy device for dispensing otherwise-complicated exposition â until the plot catches up with these scenes, revealing just how deep Wellsâ troubles run.
By this point in Patrick Massett and John Zinmanâs script, reality has long since been left in the dust. Gaghan understandably wants to tell the best story, but he doesnât seem to have any answers â or else coyly thinks that ambiguity ought to be more entertaining. Which begs the question: What have we been
watching? Considering how much creative license all involved have taken along the way, is the movie supposed to be a version of âwhat really happenedâ? Or is this merely Wellsâ possibly self-serving version of events? Did any of this actually take place, or is McConaughey merely looking to score more gold to sit alongside his Oscar for âDallas Buyers Clubâ? It works because the actor has made it personal, tapping into the life-or-death stakes he watched his daddy follow as an oil-pipe salesman. Heâs taken Willy Loman and reinvented him as a loud, brash buffoon, trading hard work for dumb luck, and though Gaghanâs ending canât decide whether âGoldâ is a tragedy or not, Kenny Wells is a character we wonât soon forget.
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Eagle Pictures e Manzo Piccirillo Ufficio Stampa