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    DEEPWATER - INFERNO SULL'OCEANO

    RECENSIONE ITALIANA e PREVIEW in ENGLISH by Peter Debruge (www.variety.com) - Dal 6 OTTOBRE

    "Sono attratto dalle storie in cui il coraggio e lo spirito umano cercano di trionfare sulle avversità – e questi elementi sono al cuore di questa storia. Gli uomini e le donne a bordo della Deepwater Horizon erano estremamente intelligenti e capaci e hanno fatto tutto quanto in loro potere per evitare che si verificasse l’esplosione. È importante ricordare che 11 persone hanno perso la vita su quella piattaforma e molte altre sono rimaste ferite. Nel dedicare giustamente l’attenzione allo sversamento di petrolio, è andato quasi perduto quell’eroismo. Questo film ci dà la possibilità di raccontare quella storia... Tutti noi utilizziamo combustibili fossili e petrolio. Anche se guidiamo un’ibrida, usiamo combustibili fossili. Eppure sappiamo molto poco di come si ottengono questi combustibili. Questo film è un’opportunità di mostrare al pubblico come funzionano queste enormi piattaforme, di mostrarne le meraviglie tecnologiche, di raccontare delle grandi competenze e della devozione degli uomini e delle donne che ci lavorano, e di rivelare che sebbene questi uomini e queste donne non siano mai visibili, sono veramente vicinissimi alle nostre vite".
    Il regista Peter Berg

    "Ho cercato di fare del mio meglio per rendere omaggio alle 11 persone che hanno perso la vita quella notte. Non avevo mai lavorato prima a un film che avesse una così forte componente di realtà. Mentre scrivevo, le persone che non ce l’hanno fatta erano costantemente presenti nella mia mente".
    Il co-sceneggiatore Matthew Michael Carnahan

    (Deepwater Horizon; USA 2016; Thriller drammatico d'azione; 97'; Produz.: Di Bonaventura Pictures/Lions Gate Entertainment/Participant Media/Imagenation Abu Dhabi FZ/Summit Entertainment; Distribuz.: Medusa Film)

    Locandina italiana Deepwater - Inferno sull'oceano

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    Celluloid Portraits:



    See SHORT SYNOPSIS

    Titolo in italiano: Deepwater - Inferno sull'oceano

    Titolo in lingua originale: Deepwater Horizon

    Anno di produzione: 2016

    Anno di uscita: 2016

    Regia: Peter Berg

    Sceneggiatura: Matthew Michael Carnahan e Matthew Sand

    Soggetto: Soggetto di Matthew Sand. Basato su fatti realmente accaduti - raccontati nell'articolo Deepwater Horizon’s Final Hours da David Barstow, David Rohde e Stephanie Saul
    pubblicato sul "New York Times" - il film è incentrato sull'esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon e sul successivo disastro ambientale avvenuto nell'aprile 2010, raccontando lo sforzo e il coraggio di alcuni uomini per salvare il maggior numero di vite.

    PRELIMINARIA - I FATTI:

    Il 20 aprile 2010 sulla Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, si è verificato uno dei più gravi disastri mondiali causati dall’uomo. Questo film racconta una storia di vitale importanza che molti non hanno visto: la storia dei 126 lavoratori che si trovavano a
    bordo della Deepwater Horizon quel giorno, sorpresi nelle più strazianti circostanze immaginabili – uomini e donne altamente specializzati che riponevano in un faticoso turno le speranze di tornare dalle loro famiglie ed alle loro vite sulla terraferma. In un attimo, si sono trovati catapultati nel giorno più brutto della loro vita, spinti a trovare il coraggio per combattere contro un inarrestabile inferno di fuoco nel bel mezzo dell’oceano e, quando tutto sembrava perduto, cercare di salvarsi l’un l’altro. La piattaforma trivellatrice semisommergibile situata in acque profondissime al largo della costa della Louisiana – la Deepwater Horizon – ha attratto l’attenzione di tutto il mondo quando una devastante esplosione ha causato un incendio ed un pressoché inarrestabile sversamento di greggio sul fondo dell’oceano. Per 87 giorni milioni di persone sono rimaste incollate agli schermi televisivi, con il cuore in gola, mentre più di 50.000 barili di petrolio si riversavano sul fondo del Golfo del Messico, causando quello che sarebbe diventato il più grave disastro ambientale della storia. L’impatto sull’ecosistema marino e le domande su cosa andò storto e sul perché sono ancora oggetto di discussione.

    Cast: Mark Wahlberg (Mike Williams)
    Kurt Russell (Jimmy Harrell)
    Dylan O'Brien (Caleb Holloway)
    Gina Rodriguez (Andrea Fleytas)
    Kate Hudson (Felicia Williams)
    John Malkovich (Donald Vidrine)
    Jeremy Sande (Adam Weise)
    Douglas M. Griffin (Landry)
    James DuMont (O'Bryan)
    Stella Allen (Sydney)
    Peter Berg (Mr. Skip)
    Joe Chrest (Sims)
    Brad Leland (Kaluza)
    David Maldonado (Kuchta)
    J.D. Evermore (Dewey A. Revette)
    Cast completo

    Musica: Steve Jablonsky

    Costumi: Kasia Walicka-Maimone

    Scenografia: Chris Seagers

    Fotografia: Enrique Chediak

    Montaggio: Colby Parker Jr.

    Effetti Speciali: Burt Dalton (supervisore)

    Makeup: Howard Berger

    Casting: Deborah Aquila e Tricia Wood

    Scheda film aggiornata al: 30 Ottobre 2016

    Sinossi:

    IN BREVE:

    Tratto da una storia vera, il film racconta le azioni di un gruppo di eroi impegnati nello spegnimento di un incendio nella piattaforma Deepwater Horizon.

    SHORT SYNOPSIS:

    A story set on the offshore drilling rig Deepwater Horizon, which exploded during April 2010 and created the worst oil spill in U.S. history.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    Se c'è un grande pregio che si deve riconoscere al Deepewater Horizon di Peter Berg, che fa onore a questo 'disaster movie' - inevitabile! giacché il disastro è protagonista nei fatti reali a cui il film si ispira - è che per un buon ottanta per cento evita il sensazionalismo della catastrofe, lo spettacolo assicurato e l'eroismo a buon mercato di marca hollywoodiana. La macchina da presa di Berg attua una sorta di endoscopia dei fatti, indicizzati a distanza di tempo nel “più grave sversamento di petrolio in mare della storia†e documentati dal fondamentale articolo del "New York Times" Deepwater Horizon’s Final Hours, scritto da David Barstow, David Rohde e Stephanie Saul. Un mix di interviste rivolte a ventuno sopravvissuti e di testimonianze giurate che, con altre dichiarazioni scritte, hanno offerto ad oggi, il diario di bordo minuto per minuto di quel che è realmente accaduto su quella piattaforma,

    considerata un gioiello tecnologico prima della tragedia.

    Ecco, la regia di Peter Berg imbraccia analoghi strumenti formali della fonte di riferimento cui si ispira, muovendosi agevolmente tra inchiesta, documentario e fiction, mentre si inoltra con discrezione e delicatezza nelle vene del circuito che ha fatto 'impazzire' il colossale impianto, innescando tutta una serie di tragiche conseguenze a catena ad effetto domino. E quando si tratta di petrolio, gas e questioni di pressione a quei livelli, sia per dimensioni che per potenza, non occorre essere degli specialisti per immaginare quel che può succedere in caso di anomalie. Non solo. Come c'era da aspettarsi, il concorso di responsabilità sul piano umano è stato grande, immenso, come cadenzato perfettamente nel film, attraverso il rimpallo di interventi da fare poi non effettuati, oltre agli screzi e ai contrasti tra i responsabili delle varie manovre operative.

    Così, non solo il film apre e chiude con la chiave

    dell'intervista e della testimonianza giurata cui partecipa il reale protagonista Mike Williams – il capo tecnico elettronico della Deepwater Horizon al momento del disastro interpretato da Mark Wahlberg, alla sua seconda collaborazione con il regista Peter Berg dopo Lone Survivor - ma con le straordinarie riprese con cui si inoltra nelle profondità oceaniche, ricerca meticolosamente la radice del problema, per far capire allo spettatore il perché e il come del fenomeno. Un fenomeno infestante che a tratti, sull'onda della tracimazione di fango, ricorda il K-19 di Kathryn Bigelow, per quanto qui, trattandosi di materiale radioattivo gli effetti erano tragicamente devastanti in altro modo. Con tutto questo Berg interseca il nervo pilota delle dinamiche decisionali di intervento nelle 'cabine di comando' della piattaforma. I tratti del racconto sono minuziosamente ricostruiti, con i protagonisti presentati all'interno delle rispettive famiglie, la partenza per la piattaforma che li terrà lontani per almeno tre settimane,

    il passo in comando sulle operazioni da fare sul sito una volta arrivati, momento in cui cominciano i problemi e tutto ha inizio, il miraggio del ritorno a casa, i contatti via skype, le singole fasi delle manovre operative, i controlli, le risposte ambigue, i dubbi di alcuni, le certezze di altri, la leggerezza decisionale finale e così via, fino al colossale disastro, gradualmente, inevitabilmente, pirotecnico, tale da giustificare il titolo italiano Deepwater Horizon - Inferno sull'Oceano.

    A rendere tragicamente interessante tutto questo c'è il cast satellitare a dominanza maschile - fatta eccezione per la moglie di Williams Felicia ben calzata da Kate Hudson e la collega Andrea indossata da Gina Rodriguez - che ruota intorno all'austero pianeta Williams/Wahlberg. Un cast satellitare in cui tocca distinguere un Kurt Russell che con il suo Jimmy Harrell buca lo schermo, mentre sull'altro canto della piazza John Malkovich affila il rasoio per limare le

    punte di un altro urticante e insolente personaggio come l'irritante e pretestuoso Donald Vidrine. Ma la regia di Berg fa in modo di ricordare a se stesso e allo spettatore che le diatribe umane interne al lavoro su quella piattaforma, le ricreazioni sceniche per il grande schermo dell'accaduto, devono essere il più possibile strumentali ad una rispettosa e dettagliata informativa sui fatti e al servizio di un omaggio alla memoria di chi non ce l'ha fatta. Undici persone le vittime. Persone che Berg non manca di onorare in un modo familiare eppure con sfumature inedite.

    Così se il film non è certo perfetto, se qualche sbavatura tracima da scene come quella del salto dai piani più alti della piattaforma per evitare di finire nel fuoco, ritrovando Williams/Walhberg esattamente al fianco della collega Andrea/Rodriguez, se altri frammenti odorano di Titanic o comunque di fragranze già sentite, sono gocce mendaci in un

    oceano di verità. L'accenno discrezionale e drammaticissimo di un altro salto nel vuoto, quello di una sola persona, un simbolo per tutti, che ricorda per certi versi similari dinamiche di disperazione alle Torri gemelle in quel funesto 11 settembre, e il respiro comunque contenuto e per lo più attento e accuratissimo dell'insieme, tradiscono gli ottimi intenti di chi si è fatto carico del dovere sostanzialmente responsabile di quel racconto. Per sapere, per conoscere a fondo, per solidarizzare emotivamente e per non lasciare che tragedie simili siano inghiottite dalla smemorata indifferenza. Tragedie che potrebbero ripetersi. Ci auguriamo che il ricordo possa essere d'aiuto affinché non si ripetano gli stessi errori. Mai più!

    Secondo commento critico (a cura di Peter Debruge, www.variety.com)

    The worst ecological disaster in American history becomes a white-knuckle disaster movie, focusing on the men who survived the Transocean oil rig explosion, while ignoring its countless other victims.

    At the end of “Diamonds Are Forever,†audiences cheer when James Bond succeeds in blowing up the giant oil platform the evil Blofeld uses as his base. It’s a spectacular finale, to be sure, though nowhere near as impressive as the real-life destruction wrought in “Deepwater Horizon,†a stunning Hollywood restaging of the explosion that consumed the Transocean deepwater drilling rig on April 20, 2010. Needless to say, no one cheers this time around: We all know that 11 men lost their lives in the accident, and that the ensuing oil spill became the country’s all-time worst ecological disaster. And yet, despite the fact that director Peter Berg presents the action as if everyone in the audience is an engineer,

    the excitement is undeniable. For a movie in which you can’t follow what’s going on for 75% of the time, “Deepwater Horizon†proves remarkably thrilling — and could well become one of the fall’s biggest hits when it opens Sept. 30.

    Reteaming with Mark Wahlberg after what for both was a career-high collaboration on “Lone Survivor†(and drawing from some of the water-based visual-effects experience previously squandered on 2012’s “Battleshipâ€), Berg doesn’t waste much time character-building before sending his blue-collar ensemble off to the Deepwater Horizon oil rig, some 49 miles from land in the Gulf of Mexico. It’s a tough job, not just because this co-ed crew must spend the next 20 days away from their wives, boyfriends, and kids, but also judging by the tedious, ultra-technical work that awaits them once aboard.

    On this particular rotation, they’re accompanied by a few suits from parent company BP (one is politely asked

    to remove his magenta tie, since that’s the color of the most dire warning, and might make the others superstitious), who have come along to present Transocean crew captain Mr. Jimmy (Kurt Russell) with a workplace safety award. BP rep Donald Vidrine (John Malkovich) has also come along to apply pressure and speed things up, since the rig is already 43 days behind schedule delivering oil. But we know something the characters don’t: Pressure is building deep below, and these pipes won’t be able to hold the oil for long. It’s kind of a cheat, not unlike insert shots of the fraying rope before a mountain climber’s plunge, just so audiences aren’t caught by surprise when the rope snaps. We expect effects to be preceded by causes in the movies, even if the Deepwater Horizon crew had no such warning in real life — and millions were later spent trying

    to reverse-engineer what had happened.

    To the extent that the movie has an agenda, it is not to demonize BP (although a total boycott of the brand by all Americans would be perfectly reasonable payback), but rather to acknowledge the men and women stuck on-board the Deepwater Horizon when things went bad and to honor their heroism in saving as many lives as they did. In the tradition of films such as “Apollo 13†and “Titanic,†the human characters remain the focus, even as the surrounding spectacle threatens to overwhelm them. Wahlberg plays chief electronics technician Mike Williams, who puts others’ safety before his own while his wife does the worrying back home (Kate Hudson in a role with more dramatic heft than Laura Linney’s recent, superficially similar turn in “Sullyâ€). By acting the hero, Williams is able to save several of his colleagues — including Jimmy, technician Andrea Fleytas (Gina

    Rodriguez) and a guy pinned between steel railings by his own broken leg bone — and yet there’s nothing unbelievable in the way he behaves. Both Wahlberg’s performance and Berg’s overall approach are fully committed to keeping things plausible, which is important, considering that in all likelihood, there’s more CGI onscreen during the finale than in any of Wahlberg’s “Transformers†movies. And besides, nobody wants to risk believability by making Williams all over-confident and invincible. The fact that we can relate is what makes his actions so inspiring.

    Early on, when we meet Williams, his daughter Sydney (Stella Allen) reads a class paper about what her daddy does for a living. He “tames the dinosaurs,†she says, referring to the fact that fossil fuels derive from the long-extinct creatures, and her dad pours mud down pipes to keep the pressure from overpowering the system. The scene is meant to be foreboding

    (she builds a model using a soda can, which promptly explodes), but her description is presciently apt, considering what lies in store: When the raw crude bursts through those ultra-deepwater pipes, it arrives with all the force and destructive power of an unreasoning T-rex.

    “Deepwater Horizon†has more than a little in common with “Jurassic Park,†both prime examples of our current era of effects-driven blockbusters, where the promise of CG carnage threatens to suffocate the pleasures of good, old-fashioned storytelling. What’s more, they both depict the consequences when nature fights back against greed and a total lack of humility — embodied here by Malkovich, who makes his character easy to hate as Vidrine’s avarice is surpassed only by his cowardice once the meltdown begins. Finally, imagine a movie in which all the dialogue sounds like Jeff Goldblum’s constant stream of chaos-theory mumbo-jumbo. Here, in order to heighten the realism, Matthew

    Michael Carnahan and Matthew Sand’s script is written almost entirely in terse, sciencey-sounding commands: Close that hatch! Flip that switch! Swing that crane out of the way! Run across the burning platform and restart that generator! It’s enough to make one’s eyes glaze over, which they start to do in the film’s first half.

    And then, quite suddenly, all hell breaks loose — so forcefully that we never have time to stop and ask what exactly is going on at any given moment. We practically need a voiceover to explain what we’re looking at most of the time, and though DP Enrique Chediak’s handheld lensing is intuitive enough — eavesdropping rather than anticipating, as a documentary crew might — the editing body-slams us all around the rig with little or no continuity between cuts. Amid such stylistic disarray, it’s hard to decide whether Berg is to be commended for staging such

    a logistically complex event (certainly visual effects supervisor Craig Hammack deserves hosannas) or ridiculed for making it so impossible to follow. And yet, the impact is undeniably visceral.

    These engineers are doing their jobs, which are far too complicated for us to follow anyway. But once things go awry, they shift into self-preservation mode, and that’s a universal enough instinct. If anything, Berg’s seemingly disorganized approach adds to the movie’s effectiveness. While the editing keeps us constantly disoriented, Wylie Stateman’s hyper-real, Dolby Atmos-calibrated sound design often drowns out the dialogue, and yet the explosions physically make the theater shake around us, while the zings of flying shrapnel transform the space into a battlefield of sorts — one with more than just a lone survivor, but also infinitely more casualties. “Deepwater Horizon†doesn’t engage nearly enough with the aftermath, focusing instead on whether these professionals get back to their families. While certainly

    worth the ticket price, the film’s happy ending is one of the unhappiest beginnings in environmental history.

    Perle di sceneggiatura

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    Pressbook:

    PRESSBOOK COMPLETO in ITALIANO di DEEPWATER - INFERNO SULL'OCEANO

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