L'OTTAVA NOTA - BOYCHOIR: STET (GARRETT WAREING), UN RAGAZZO CON DEI PROBLEMI, SI SCONTRA CON UN ESIGENTE DIRETTORE DEL CORO (IL MAESTRO CARVELLE DI DUSTIN HOFFMAN)
I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Dal Toronto International Film Festival 2014 - Disponibile in DVD
Titolo in italiano: L'ottava nota - Boychoir (già Fuori dal coro -Boychoir)
Titolo in lingua originale:
Boychoir
Anno di produzione:
2014
Anno di uscita:
2016
Regia: François Girard
Sceneggiatura:
Ben Ripley
Cast: Dustin Hoffman (Maestro Carvelle) Garrett Wareing (Stet) Kathy Bates (direttrice) Eddie Izzard (Drake) Kevin McHale (Wooly) Josh Lucas (Gerard) River Alexander (Rafael 'Raffi' Abrams) Debra Winger (Ms. Steel) Joe West (Devon) Sam Poon (Frederick) Dante Soriano (Fernando) Erica Piccininni (Debbie) Grant Venable (Andre) Janine DiVita (Sally) Tijuana Ricks (Mrs. Kempner) Cast completo
Fernando Malvar-Ruiz (Maestro Molina) Mackenzie Wareing (Stephanie)
Musica: Brian Byrne
Scenografia: Jane Musky
Fotografia: David Franco
Montaggio: Gaétan Huot
Makeup: Amy L. Forsythe e Kristen Kiyan
Casting: John Papsidera
Scheda film aggiornata al:
12 Febbraio 2021
Sinossi:
IN BREVE:
Stet (Garrett Wareing), un problematico dodicenne di una piccola cittadina del Texas, finisce in una prestigiosa scuola di musica dopo la morte della madre single. Del tutto fuori dal suo contesto, si ritrova a ingaggiare una battaglia impegnativa con il capo del coro, Maestro Carvelle (Dustin Hoffman), che riconosce in lui grandi capacità e talento spingendolo a scoprire il suo lato creativo.
SYNOPSIS:
Stet, a troubled and angry 11-year-old orphan from a small Texas town, ends up at a Boy Choir school back East after the death of his single mom. Completely out of his element, he finds himself in a battle of wills with a demanding Choir Master who recognizes a unique talent in this young boy as he pushes him to discover his creative heart and soul in music.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
La prima protagonista ad entrare in scena è la rabbia. La sua rabbia. E lo sarà per gran parte del film. D’altro canto, come non essere erosi dalla rabbia? Nelle sue condizioni lo sarebbe chiunque. Stet (fantastico il giovane interprete Garrett Wareing) è un ragazzino con seri problemi familiari e, di conseguenza anche personali, e la rabbia è la sua forma di difesa, la sua arma, l’unica a disposizione e a pronta presa, per sopravvivere. Le prime scene sono piuttosto eloquenti in proposito: è lui a doversi occupare della madre single alcolizzata quando torna a casa da scuola, non il contrario. D’altra parte, alla prima opportunità che gli si presenta per provare a riscattarsi, un’audizione, il primo istinto è quello di fuggire. Nel frattempo, la madre è vittima di un incidente mortale, perciò Stet, il cui padre legale si è creato un’altra famiglia, lo vede, suo malgrado, come il fumo
negli occhi, ed accoglie come una sorta di liberazione la scuola di musica che gli propone l’insegnante del ragazzo, a quanto pare, talento in erba promettente per il canto.
Si potrebbe vedere in Boychoir una storia con ben poco di originale, con la congenita tendenza al melodramma, ma non è così. La regia del canadese François Girard (Il violino rosso, Seta) rende l’intera tessitura, imbastita con ogni problematica possibile legata all’adolescenza di un ragazzo, passando per le invidie e gli effetti del bullismo del tutto plausibili e concreti, con la massima leggerezza, quasi fosse una danza. Leggerezza che non significa necessariamente superficialità. E’ come se riproducesse la soggettiva emozionale di questo ragazzo, comprese le ambizioni sopite, che è un talento naturale, per quanto non del tutto consapevole e assolutamente schivo. Non tutti remano contro e, per contraltare ad invidie e bullismo, grazie a Dio, esistono anche la lealtà e l’amicizia di
alcuni coetanei, oltre ad una severità disciplinante che per Stet diventa una vera benedizione. Ed è qui che entra in scena il Maestro Carvelle di Dustin Hoffman, in un mix di intransigenza ed amorevole sguardo rappreso, così come deve essere un buon educatore. Tirar fuori dal ragazzo la volontà di mettersi in gioco, facendo egli stesso da fonte motivazionale, sarà il suo compito. Farà da intermediaria la direttrice della scuola Katy Bates, pacata e razionale, mentre la musica, il ’coro’, le voci, l’assolo della nota impossibile, in una delle massime esibizioni pubbliche a New York, faranno il resto. La regia riesce a catturare magneticamente l’attenzione dello spettatore su questa crescita interiore fino al naturale cambiamento della voce del ragazzo, speculare alla catarsi di un padre preoccupato di rivelare in famiglia una verità inconfessabile. Del resto, come afferma lo stesso Maestro/Hoffman: “Qui offriamo loro una vita, non una carriera”. E la
vera vita di Stet ha inizio proprio là, nel punto in cui la rabbia, sempre più debole, esala finalmente il suo ultimo rantolo.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)