Dalla 72. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia - RECENSIONE - Dal 13 OTTOBRE
"Ritengo che 'Go With Me' sia simile a un western classico. In effetti, ha tutti gli elementi di questo genere. Persone buone e cattive. Un momento che rappresenta un punto di non ritorno per tutti i protagonisti. E non ci sono assolutamente situazioni concilianti. Sono sempre stato un grande ammiratore di Cuore di tenebra di Joseph Conrad. Per come la vedo io, i nostri eroi si trovano vicini all’oscurità più totale. Ed è per questo che ho deciso di fare il film.
Oltre ai quattro protagonisti, considero il territorio e gli ambienti in cui abbiamo girato (in Canada) come il quinto personaggio di 'Go With Me'".
Il regista Daniel Alfredson
Cast: Julia Stiles (Lillian) Alexander Ludwig (Nate) Anthony Hopkins (Lester) Taylor Hickson (Caposcuola Meth) Ray Liotta (Blackway) Lochlyn Munro (Murdoch) Hal Holbrook (Whizzer) Aleks Paunovic (Skell) Chris Gauthier (Chris) Aaron Pearl (Scotty Cavanaugh) Glenn Beck (DB) Audrey Smallman (Heidi)
Musica: Anders Niska e Klas Wahl
Costumi: Jenni Gullett
Scenografia: James Hazell
Fotografia: Rasmus Videbæk
Montaggio: HÃ¥kan Karlsson
Makeup: Kim Collea (per Ray Liotta)
Casting: Candice Elzinga e Julia Kim
Scheda film aggiornata al:
06 Novembre 2016
Sinossi:
IN BREVE:
Lilian (Julia Stiles), una giovane donna, nel momento in cui fa ritorno nella sua casa natale, viene importunata da Blackway (Ray Liotta), un ex poliziotto diventato un violento criminale. Chiede l'aiuto di un ex-taglialegna (Anthony Hopkins) e del suo braccio destro (Alexander Ludwig), un ex taglialegna, gli unici due abitanti della cittadina così coraggiosi - o forse folli - da mettersi contro Blackway.
In altre parole:
Lillian, una giovane donna da poco tornata a vivere nella sua città natale, una comunità di taglialegna ai limiti della foresta, è vittima delle persecuzioni di Blackway, un ex poliziotto diventato un potente criminale, libero di spadroneggiare impunemente in questo luogo ai confini della civiltà . Dopo essere stata abbandonata dagli abitanti, in particolare dallo sceriffo (che le consiglia di lasciare la città ), Lillian decide invece di combattere il pericoloso stalker, grazie all’aiuto di un ex taglialegna e del suo giovane assistente, gli unici due uomini tanto coraggiosi (e folli) da mettersi contro Blackway.
SYNOSPSIS:
An ex-logger comes to the aid of a woman who returns to her hometown in the Pacific Northwest and finds herself harassed and stalked by a former cop turned crime lord.
A modern fable set against the rugged backdrop of a Pacific Northwest logging community, GO WITH ME tells the story of Lillian, a young woman newly returned to her hometown who becomes the subject of harassment by a man named Blackway, an ex-cop turned violent crimelord who operates without impunity in this small community on the edge of the wilderness. Forsaken by the local townspeople, advised by the Sheriff to leave town, Lillian decides instead to take a stand against her sociopathic stalker, and enlists the help of an ex-logger Lester (ANTHONY HOPKINS) and his laconic young sidekick Nate-the only two men in town brave enough, or crazy enough, to go with her, and go up against Blackway.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Il sottotitolo promozionale "quando la legge non può nulla, devi farti giustizia da solo" potrebbe trarre in inganno. A meno che non riflettiamo un momento sul fatto di chi è al timone di Go with Me. E' il regista svedese Daniel Alfredson, al suo primo film americano dopo la doppietta di Millennium (La ragazza che giocava con il fuoco, La regina dei castelli di carta), a dirigere questa pellicola marcatamente nordica, fredda e oscura come ammiccato dal nome del famigerato protagonista Blackway, che è poi anche il titolo originale del film. Blackway: 'Black' (nero) è la prima parola di questo nome, essenziale ma composto. Che poi alla seconda parola, 'way', le si dia il significato di modo, abitudine, via, strada, maniera, percorso, direzione, verso, parte, tragitto, possibilità o passaggio, la sostanza della metafora non cambia. Un nome che emana dunque alla lettera oscurità , onorata in pieno da Ray Liotta calato
fino in fondo nel personaggio. Blackway, per l'appunto. Vale a dire il lato oscuro della forza nel senso più pieno del termine.
vista numerico. Presenze fugaci in poche scene che esprimono un mondo. Un mondo in cui non è affatto facile difendersi, soprattutto se si è donne. Ne basta una, la Lillian di Julia Stiles, il simbolo di un presente che parla anche in nome del passato. E bastano poche mosse, poche parole, una manciata di incontri, per capire chi abusa di un potere paradossalmente legato alla giustizia, per esercitare l'opposto con un'oscura, violenta sopraffazione, tenendo stretta nella morsa della paura la gente del territorio. E con la paura, quella vera, si sa, si tende a collaborare poco con la vera giustizia: persino lo sceriffo nega il proprio aiuto demandando ad altri ogni genere di doverosa responsabilità .
Le strade tra i boschi, una segheria con un manipolo di vegliardi taglialegna, i loro rapidi scambi di vedute e informazioni su certe vicende del luogo, tracciano l'ipotetica mappa di una 'missione impossibile': "l'unica persona
che può parlare con quel maiale è una persona che non può comprare" osserva il Lester di Anthony Hopkins (magnifico come sempre!). E poi l'unione fa la forza, anche per tre persone apparentemente sprovvedute come il vecchio Lester/Hopkins, il suo giovane assistente Nate, un pò tardo ma all'occorrenza forte ed efficiente (Alexander Ludwig) e la vittima di stalking in odore di stupro Lillian/Stiles. Unite dal vincolo degli stessi principi morali e dalla stessa naturale tendenza e determinazione a vederli rispettati, rifiutando l'intimidazione o i continui consigli a lasciar perdere e scegliere un altro posto dove vivere. Niente concessioni alle losche vie del latitante Blackway, invischiato fino al midollo in traffici di droga e prostituzione e avvezzo a mezzi e strumenti da boss mafioso a tutti gli effetti. Personaggio protagonista pur essendo di fatto ben poco in campo, se non per come se ne parla in giro e per quell'alito di
incontro, lasciando nel frattempo tutto lo spazio necessario ai pensieri che oramai pungolano mente e anima di ciascuno dei tre, alimentando in loro, come benzina sul fuoco, il senso dell'urgenza e dell'importanza ad agire. Percorsi nel percorso. Scorci di tracciati introspettivi che valgono esperienze di vita ferite, di cui ci è concesso scoprire sul grande schermo solo le cicatrici più evidenti, rilasciando poche intime gocce. Le classiche gocce che fanno traboccare il vaso e che muovono questo inconsueto trio ad uscire allo scoperto quando nessuno osa farlo.
Uno sguardo obliquo dunque, essenziale quanto profondo su quale giustizia possibile in circostanze come queste. Facile a dirsi, difficile a farsi, a dispetto delle apparenze. E anche se si ha la sensazione che in ogni modo giustizia debba esser fatta, fa riflettere lo sconcertante, insistito, piano sequenza appuntato sullo smarrimento mentale di Lester, trionfalmente celebrato da Anthony Hopkins con lo sguardo sospeso, come perso
nel nulla, eppur orientato verso le trasparenze vitree di quella finestra con cui guadagna l'obiettivo della macchina da presa. Il riflesso di uno smalto traslucido per un'intensa sceneggiatura dell'anima.
Perle di sceneggiatura
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Microcinema e Ornato Comunicazione.