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    BLACKHAT: MICHAEL MANN (HEAT-LA SFIDA, COLLATERAL) PORTA SUL GRANDE SCHERMO IL VOLTO DELLA GUERRA DEL XXI SECOLO. E' LA STORIA DI UN HACKER PREGIUDICATO, ALTRIMENTI DETTO 'BLACKHAT' (CHRIS HEMSWORTH), CHE CERCA DI FAR VOLARE VELOCEMENTE IL SUO PASSATO E RIPRENDERE IL CONTROLLO DEL SUO FUTURO IN UN NUOVO MONDO FATTO DI CYBER INTERCONNESSIONI

    RECENSIONE ITALIANA e PREVIEW in ENGLISH by PETER DEBRUGE (www.variety.com) - Dal 12 MARZO

    "... Mi sono interessato a questo mondo proprio in seguito all'avvento di Stuxnet, il malware che è stato progettato da un team di americani in accordo con un gruppo di israeliani. Il tutto è avvenuto nelle centrifughe iraniane di un impianto nucleare di Natanz, ed ha rappresentato il primo drone invisibile al mondo. Dico 'invisibile', perché malgrado l’attacco, i suoi effetti si sono manifestati solo 18 mesi dopo... La prima rivelazione è stata quanto siamo labili e vulnerabili. La seconda è stata invece che chiunque, stando seduto sul proprio divano, con delle competenze informatiche sufficienti ed abbastanza abile col computer, può far accadere tutto ciò. Sia che viva nel Bronx, nel Lagos o Mumbai. Poi nella la terza parte della ricerca, nonché quella centrale ci si è chiesti: 'Chi è un hacker blackhat? Da cosa è motivato? Da che cosa è esaltato?' Di solito si inizia con la percezione tipica di un sedicenne:' Chi mi dice che non posso entrare in questo sito? Vogliamo scommettere?' Così solitamente alla base del tutto c'è una sfida. E chi è Hathaway? Un gran numero di hacker blackhat inizialmente perseguitato dalla legge, è poi finito a lavorare per la cyber difesa. Dal loro punto di vista, non ci sono necessariamente dei confini. L’idea è molto simile a quella di un giocatore, ma con una differenza sostanziale. La differenza è che per un hacker, è una evasione inversa. La soddisfazione che entrambi ne traggono, al livello dell’assuefazione da oppio, è la stessa; la differenza è che per il giocatore, il risultato è nel mondo virtuale. Per l'hacker, invece è nel mondo reale. La sua manipolazione di un codice ha una reazione vera e cinetica. E questo è il bello... La verità è che si pensa di aver messo al sicuro la propria vita privata, e di avere varie forme di controllo in materia di accesso ed uscita delle proprie informazioni. Non è affatto vero. Viviamo in un esoscheletro invisibile di dati e di interconnessioni. Tutto ciò che facciamo, tutto ciò che tocchiamo, è parte di quella rete. E' come se vivessimo in una casa con tutte le porte e le finestre aperte: ed è una situazione molto pericolosa, ma noi non lo sappiamo".
    Il regista co-soggettista e co-sceneggiatore Michael Mann

    (Blackhat; USA 2014; Cyber-Thriller; 135'; Produz.: Forward Pass/Legendary Pictures; Distribuz.: Universal Pictures International Italy)

    Locandina italiana Blackhat

    Rating by
    Celluloid Portraits:




    Titolo in italiano: Blackhat

    Titolo in lingua originale: Blackhat

    Anno di produzione: 2014

    Anno di uscita: 2015

    Regia: Michael Mann

    Sceneggiatura: Morgan Davis Foehl e Michael Mann

    Soggetto: Morgan Davis Foehl e Michael Mann.

    PRELIMINARIA - LA NUOVA GUERRA DEL XXI SECOLO, la piĂą pericolosa e spesso sfuggente al controllo:

    Diversi anni fa, una scoperta fatta da una manciata di analisti della sicurezza informatica ha messo in gioco tutti i preconcetti, facendo emergere un codice, di una portata mai vista prima. Quando gli analisti sono risaliti alle origini, quello che hanno imparato è che è in grado di cambiare il nostro mondo: avevano individuato un codice non solo accuratamente costruito e complesso, ma che ha il potere di un’arma. In effetti, aveva già furtivamente abbattuto un impianto di arricchimento dell'uranio in Iran.

    Il malware, che è stato soprannominato "Stuxnet", è stato appositamente creato e diffuso dal governo statunitense, allo scopo di sabotare la centrifuga della centrale nucleare iraniana tramite l'esecuzione di specifici comandi da inviarsi all' hardware di controllo industriale responsabile della velocità di rotazione delle turbine, al fine di danneggiarle. Aveva completamente eluso qualsiasi rilevamento da parte dell'uomo all'interno o all'esterno del complesso, e col tempo si pensava, ed alcuni temevano che il codice fosse impazzito da solo. Voci inverosimili avevano iniziato a diffondersi, attribuendo ai programmatori la responsabilità del disastro nucleare di Fukushima. Qualunque sia la verità, stava accadendo qualcosa di nuovo e radicale, e il codice binario progettato per il caos stava ormai infiltrandosi nelle infrastrutture profondamente interconnesse della nostra vita moderna.

    Cast: Chris Hemsworth (Nicholas Hathaway)
    Leehom Wang (Chen Dawai)
    Wei Tang (Lien Chen)
    Viola Davis (Carol Barrett)
    Holt McCallany (Mark Jessup)
    Andy On (Alex Trang)
    Ritchie Coster (Elias Kassar)
    Christian Borle (Jeff Robichaud)
    John Ortiz (Henry Pollack)
    Yorick van Wageningen (Sadak)
    Tyson Chak (Tech)
    Brandon Molale (Guardia)
    William Mapother (Rich Donahue)
    Jason Butler Harner (Frank)
    Sara Finley (Agente dell'FBI)
    Cast completo

    Musica: Harry Gregson-Williams ed Atticus Ross

    Costumi: Colleen Atwood

    Scenografia: Guy Hendrix Dyas

    Fotografia: Stuart Dryburgh

    Montaggio: Leo Trombetta e Joe Walker

    Effetti Speciali: Joe Farrell, Viktor Muller e John Nelson (supervisori effetti visivi)

    Makeup: Jane Galli (capo dipartimento makeup); Kathrine Gordon (capo dipartimento acconciature)

    Casting: Bonnie Timmermann

    Scheda film aggiornata al: 25 Marzo 2015

    Sinossi:

    IN BREVE:

    La violazione di un importante codice informatico innesca una catena di eventi che colpisce i mercati azionari di tutto il mondo. A colui che aveva scritto il codice, detenuto in carcere per crimini informatici, viene concessa la libertà a condizione che faccia parte di una task force dell'Fbi e del governo cinese per risalire all'autore della violazione e alla rete di cyber-terrorismo d'alto livello che vi sta dietro. Inizia così una caccia al topo che da Chicago arriva a Giacarta, passando per Los Angeles, Kuala Lampur e Hong Kong.

    IN DETTAGLIO:

    Blackhat segue la storia di un hacker pregiudicato Nicholas Hathaway (Chris Hemsworth), in licenza dal carcere federale, che insieme ai suoi soci americani e cinesi cerca di identificare e sventare una pericolosissima rete di criminalità informatica che opera a livello mondiale: da Los Angeles a Hong Kong , passando per Perak, Malesia e Giacarta. Però, man mano che Hathaway si avvicina al suo obiettivo, il suo bersaglio diventa consapevole della presenza di Hathaway stesso, e la posta in gioco si sposta sul piano personale. Al fianco di Nicholas Hathaway c'è Carol Barrett (Viola Davis), un’agente speciale dell'FBI incaricata ad assemblare il gruppo di collegamento per rintracciare il cyber criminale. Ci sono inoltre Chen Lien (Tang Wei), una brillante ingegnere di rete, dannatamente schietta, che intreccia una relazione amorosa con Hathaway; e il Capitano Chen Dawai (Wang Leehom), fratello di Lien e caro amico nonché ex collega di stanza di Hathaway al MIT, oltre ad essere il responsabile del suo attuale stato di libertà.

    Ad Hong Kong, la Centrale Nucleare di Chai Wan è stata violata. Un piccolo malware (virus informatico), si è insinuato nell’ accesso remoto (RAT), aprendo una backdoor ad una più grande payload di malware che manomette e distrugge il sistema di raffreddamento della Centrale, causando una violazione che ha fatto saltare in aria un reattore a Chai Wan, provocando un disastro di proporzioni gigantesche. Non sono stati effettuati tentativi di estorsione o rivendicazioni di natura politica al riguardo. Il movente è un mistero. Un gruppo di alti ufficiali dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) ha reclutato un team per la difesa dalle incursioni cibernetiche, capitanato da Chen Dalai, per dare la caccia all'autore dell'attacco. Contemporaneamente a Chicago un altro attacco informatico colpisce il Mercantile Trade Exchange (MTE) in grado di mandare alle stelle le quotazioni della soia entro le 24 ore.

    L’esperta agente speciale dell’FBI, Carol Barrett, propone ai suoi superiori una partnership con un team cinese addetto alla difesa informatica, dal momento che entrambi i paesi hanno subito degli attacchi. Ma la risposta del Capitano Chen non è esattamente quella che la Barrett si aspettava. L’ufficiale cinese, formatosi al MIT, parla perfettamente inglese, ed insiste sulle sue controparti americane, affinché rilascino immediatamente un noto hacker blackhat, detenuto in un penitenziario federale degli Stati Uniti: Nicholas Hathaway.

    Hathaway, sfidando le autorità, considerate le condizioni precarie della vita carceraria si gioca un'ultima possibilità per tornare alla vita reale ... la scoperta dell'autore del malware in cambio della commutazione della pena. Non appena i confini claustrofobici della vita da detenuto lasciano il posto al caos dello spazio aperto della libertà - senza neanche avere il tempo di adattarsi- Hathaway si sente destabilizzato. L'aiuto arriva da una fonte improbabile: la seducente quanto diretta ingegnere informatica - nonché sorella minore del suo migliore amico - Chen Lien.

    Hathaway, Lien e Chen fanno squadra con la Barrett e Mark Jessup (Holt McCallany), un maresciallo statunitense responsabile del ritorno di Hathaway in carcere, per identificare e fermare un’invisibile, repentina e pericolosa organizzazione criminale informatica, che opera da una postazione sconosciuta. Sono come fantasmi, che minacciano con malware i server, pur rimanendo invisibili.
    Il gruppo rileva un filo conduttore di indizi digitali che portano da Chicago a Los Angeles, per poi arrivare a Hong Kong, in Malesia fino a Giacarta, per la caccia al nemico, che avendo scoperto i suoi inseguitori, è lui stesso ora a perseguitarli. Il gruppo di Hathaway muovendosi in tutta l'Asia, intuisce che le motivazioni ed i piani che si celano dietro gli attacchi sono molto più ampi, oscuri ed imprevedibili di quel che immaginavano.
    I conflitti iniziali del gruppo si trasformano in una comune interazione ad azione rapida, mentre il pericolo all’orizzonte va delineandosi sempre più minaccioso.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    E IL CYBER THRILLER ABBRACCIO' L'ACTION MOVIE...!

    Che necessità aveva un regista del calibro di Michael Mann (Heat-La sfida, Collateral, Insider-Dietro la verità) di portare un cyber thriller come questo Blackhat, avviato alla grande, come è del resto nelle sue corde, sulle sponde più commerciali e hollywoodiane dell'action movie? Genere da cui siamo letteralmente inondati da anni e anni e che personalmente mi ha fatto venire il latte alle ginocchia, ma forse è solo un problema mio! La ragione mi è francamente ignota. Fatto sta che anche il Michael Mann dal blasonatissimo curriculum che lo ha visto raccontare le storie più coinvolgenti con personaggi forti, unici, in cammino sul limitare di mondi in fase di un inesorabile e travolgente mutamento (Strade Violente Heat – La Sfida, Insider – Dietro la Verità, Collateral, Nemico Pubblico), è scivolato rovinosamente sulla gradinata più scivolosa che gli potesse mai capitare.
    Vi potrĂ  sembrare un'affermazione forte, persino

    esagerata, ma Blackhat è come un grande palazzo dalle solide fondamenta con le pareti - Ahimè! - di burro. Un compito in classe mal riuscito perché si è andati fuori tema. Un succulento arrosto bruciato, un pane non lievitato. Vedete voi quel che più vi aggrada. Una contraddizione in termini, insomma, un film sbagliato! E dire che il soggetto è incredibilmente accattivante, di grande attualità e verità, che lo stesso Mann mostra di ricercare e dimostrare nel modo più affascinante e coinvolgente per un buono scorcio di pellicola, per una generosa fetta della prima parte: almeno fin quando i problemi restano nei logici e plausibili meandri degli uffici, nei circuiti informatici ad altissimo rischio di sicurezza, che Mann riesce peraltro ad esplorare con spettacolare e metaforica esibizione di effetti. Tutto funziona a meraviglia almeno all'altezza della prima sparatoria, quando si fanno sentire i primi sfrigolii, ammiccanti a sospette esalazioni di

    bruciaticcio. E come quando le prime nubi all'orizzonte minacciano temporale il percorso può preannunciarsi accidentato, così anche Blackhat a questo punto sbanda, imbocca un fuori strada, fino a che svoltato l'angolo non si impantana senza rimedio nel primo acquitrino.

    Eppure trattasi di film ambizioso e sofisticato fin dal titolo! Non tutti sapranno che 'Blackhat' - alla lettera cappello nero - corrisponde al modo con cui viene chiamato in ambito informatico un hacker per così dire immorale: vale a dire un hacker malintenzionato o con intenti criminali. Chi è nel campo della sicurezza informatica conosce bene questo termine, ma non sempre riesce ad individuare le persone che stanno dietro ad un identikit che, spinto da fini illeciti, esige grandi capacità nella programmazione informatica ai più alti livelli. Livelli in grado di raggiungere chiunque e dovunque, magari in modalità silenziosa, come in ambito dello spionaggio governativo. E nel mondo della digitalizzazione globale cui

    si è approdati da tempo ormai - fin dagli anni Ottanta (1983) con il War Games-Giochi di guerra di John Badham, sia pure accidentalmente e per gioco, si cominciava ad averne una prima idea - non è difficile immaginare i danni che possono derivare oggi da intrusioni illecite informatiche a tal livello. E l'attuale film di Mann si incentra per l'appunto sulla storia di un hacker modello 'blackhat', in un nuovo mondo fatto di cyber interconnessioni approdate sul pianeta della criminalità informatica globale.

    In linea di principio, come nel The Jackal (1993) di Michael Caton-Jones - in netto vantaggio sul Blackhat di Mann per carisma del binomio di antagonisti Richard Gere-Bruce Willis e soprattutto per coerenza di stile nel segno del thriller poliziesco d'azione in questo caso del tutto fuori dai ranghi informatici - anche in Blackhat c'è bisogno di pescare negli anfratti di qualche cella carceraria per cavare le

    castagne da un fuoco più che rovente e ad ampio potenziale di una vera e propria esplosione globale. Questa volta, tutto parte da una poderosa intrusione informatica, di cui si vedono gli apocalittici effetti visivi ma si ignorano la chiave informatica nonché l'identità dell'operatore che ci sta dietro, e, come vedremo, con un dedalo di criminali galoppini al seguito. E' qui che entra in scena un detenuto in permesso (un altro analogo esempio di ripescaggio in ambito carcerario per missione speciale lo si contempla persino nel carpenteriano Fuga da New York), il Nicholas Hathaway di Chris Hemsworth (non a caso quello di The Avengers e della serie di Thor) che, insieme a soci americani e cinesi è a caccia di una rete di criminalità informatica di alto livello da Chicago a Los Angeles a Hong Kong a Giacarta. A lui, esperto informatico già ideatore di uno speciale codice segreto, concessagli

    licenza dal carcere federale, non senza la dotazione di catene digitalizzate, l'onore e l'onere di identificare e sventare una pericolosissima rete di criminalità informatica. Al suo fianco, tra gli altri, l'amico ed ex collega cinese, il Capitano Chen Dawai di Wang Leehom (Lussuria-Sedizione e tradimento) con cui aveva collaborato in precedenza, la brillante ingegnere di rete Chen Lien di Tang Wei (Lussuria- Sedizione e tradimento, Dragon), la sorella del Capitano Chen Dawai che si innamorerà, contraccambiata, del nostro Nicholas/Hemsworth, nonché l'agente speciale dell'FBI incaricata ad assemblare il gruppo di collegamento per rintracciare il cyber criminale Carol Barrett, indossata da Viola Davis.

    Cast dignitoso quanto improbabilmente collocato troppo spesso nei posti sbagliati al momento sbagliato. E che dire delle non poche cadute di stile, di quelle che non di rado sfilano sul tappeto rosso della Hollywood più commerciale? La seconda parte del film, scivolata nell'action movie più trito, ne è piena zeppa:

    la solita storia d'amore iniziata troppo presto e nell'unico banale modo che Hollywood conosce tra Nicholas/Hemsworth e Lien/Wei. Tutti i colletti bianchi dello staff dirigenziale che improvvisamente diventano (tutti quanti, nessuno escluso), dei rambo in pista, facendosi largo tra nuvole di pistolettate a raffica. E non solo - udite, udite! - nessuno di loro ha in dosso un qualche sia pure scalcinato giubbotto antiproiettile. Neanche il primo degli sprovveduti! PiĂą tardi se ne inventa uno rudimentale Nicholas/Hemsworth, l'unico, a quanto pare, che sa come cavarsela, quando le acque si fanno davvero torbide. Per non dire poi del guardaroba in continuo ricambio dei nostri due protagonisti, neanche si fosse sulla passerella di qualche sessione di moda! Viaggi repentini decisi sul momento con partenza immediata nel vortice di un'azione frenetica, eppure, non mancheranno mai i soldi per il volo, per acquisti di fortuna in qualche farmacia etc. etc. Beh, va bene che

    gli ingegneri informatici guadagnano indubbiamente bene, ma il tempo per fare la 'valigia vacanze' (non hanno mai un trolley con loro) dove lo hanno trovato? E ancora: davvero basta con questa caccia al gatto e topo nel bel mezzo di processioni festaiole in cui c'è sempre una sfilata in costume e folla sufficiente ideale per imboscarsi e far perdere le tracce dell'ennesimo 'fuggitivo' di turno tallonato dall'irremovibile bulldozer, variante più, variante meno. Non se ne può più! E Mann rispolvera persino la necessità di passare per un limitatissimo tempo di 8 minuti attraverso gli ambiti di un reattore nucleare già esploso e dunque dispenser diffusore di letale tasso di radioattività, richiamando in memoria la celebre sequenza del K-19: The Widowmaker della Bigelow.

    Insomma, come avrete capito, da un certo punto in poi, Blackhat, sembra essersi appostato in qualche angolo remoto a spiare cosa avrebbe potuto fare James Bond in simili

    circostanze: d'ora in poi gli sguardi alle tastiere di qualche computer si faranno sempre più fugaci per farsi sotto nelle più svariate arene di combattimento fisico. E che dire del finale? Direi che il premio partita non fa altro che sottoscrivere la contraddizione fatta persona che ne tira le fila. Perché mai poi un ingegnere informatico, con le telecamere bene in vista, come di norma in qualsiasi aeroporto, alla luce dei burrascosi trascorsi che hanno più che evidenziato come si possa essere osservati da ogni parte del pianeta da un occhio invisibile e silente, debba sentire la necessità di occupare quasi un piano sequenza a guardarsi le spalle con fare esasperatamente circospetto, proprio non si capisce. Va bene che si è appena usciti indenni da una carneficina ma insomma... Bastava guardare il compagno supereroe al suo fianco, il nostro beneamato Chris Hemsworth, ammaccato ma pur sempre disinvolto, tranquillo e sereno

    come nel migliore dei fumetti, di cui del resto si dimostra ben piĂą esperto piuttosto che in materia d'informatica!

    Secondo commento critico (a cura di PETER DEBRUGE, www.variety.com)

    MICHAEL MANN STRAINS TO KEEP UP WITH THE TIMES WITH THIS AU COURANT BUT VISUALLY MUDDLED, DRAMATICALLY CLUMSY CYBERTHRILLER.

    In classic Westerns, the heroes wore white hats, while the villains wore black, making it easy to tell them apart. The world’s gone blurry in Michael Mann’s “Blackhat,” a surprisingly inelegant yet breathlessly up-to-the-minute thriller — as well as a newfangled “Eastern,” strategically set mostly in China, Indonesia and Malaysia — in which the FBI recruits an incarcerated hacker to help thwart an international cyber-terrorist. The weak link in a busy January weekend, Universal’s export-ready offering may not look like much, though powered by criminal stunts that make last month’s Sony breach seem amateur, plus action scenes punchy enough to justify the price of admission, it could hardly be called hackwork.

    At his best, Mann’s work explores the thin line that separates good from bad, acknowledging the moral complexities of

    the modern world. Thematically speaking, the seemingly ripped-from-the-headlines “Blackhat” falls perfectly in line with the ambiguities of “Collateral,” “Heat” and “Miami Vice,” as the film enlists a dangerous mind to work alongside privacy-violating law-enforcement officials. But it lacks both the chemistry and kinetic energy of those earlier films, and what’s more, it looks just plain awful at times, owing to Mann’s proclivity for down-and-dirty digital lensing.

    In the 20 years between “Thief” and “Ali,” the visually oriented helmer set a look that other directors have emulated, but these days, we can feel him struggling to keep up with the times. Aesthetics still matter, which is obvious from the opening sequence: a purely cinematic attempt to dramatize a cyber-attack, starting from the macro and then plunging down to the most microscopic level. The Universal logo yields to a view of the Earth from space, featuring the globe aglow with crisscrossing lines of

    communication; then we zoom in, first to China, then to the Chai Wan Nuclear Power Plant, until the camera passes through a computer terminal to the network of wires, motherboards and pulsing white packets of sinister code.

    This no-system-is-safe mood-setter suggests the modern thriller version of Charles and Ray Eames’ conceptual “Powers of Ten” short, culminating in a dramatic plant-core meltdown. But the story goes instantly clumsy from there, jumping between characters and across continents without giving audiences their bearings.

    Imprisoned American protagonist Nicholas Hathaway (Australian actor Chris Hemsworth) gets a moderately interesting introduction: We see the “Thor” star knocked around his cell and reprimanded for using a cell phone to break into the facility’s meal-credit system. By contrast, everyone else’s first scenes feel clumsy and forgettable, which is too bad considering the impressive multiethnic range of co-stars — from Chinese agent Chen Dawai (Chinese music star Wang Leehom) to FBI hard-ass

    Carol Barrett (Viola Davis) — cast in these supporting parts.

    What you want from a movie like “Blackhat,” in which the authorities must rely on someone who could potentially be far more dangerous than the perp at large, is a “Silence of the Lambs”-style battle-of-wits dynamic. But there’s never a second in which we believe that Hemsworth is anything but a Boy Scout, the world’s hunkiest hacker and an all-around honorable human being — so much so that the otherwise gritty film pretends that there’s nothing odd about giving him a love interest, Chen Lien (“Lust, Caution’s” Tang Wei), who also happens to be the commanding agent’s sister.

    As if to justify Hathaway’s good-guy status, it turns out the reason he’s behind bars has nothing to do with his past computer-related hijinks, but rather some misguided show of chivalry. While that choice serves to make the character more likable, it saps whatever

    suspense might result from his involvement. A more satisfying screenplay would have given Hathaway some sort of hidden second agenda: plotting his escape, proving his innocence, avenging his captivity.

    Apart from a trailer-ready scene in which he pretends not to care that another hacker is using his code to stage nuclear meltdowns and rig commodities markets, Hathaway appears to possess an even greater sense of justice than the agents he’s working for. In other words, he’s not only the whitest actor in a refreshingly diverse cast, but the whitest hat as well. Nothing a dragon tattoo or two wouldn’t fix.

    While the character’s motives aren’t nearly as hazy as the premise promised, Mann makes up for that through his choice of technology. Since as far back as “Ali,” the helmer has been smitten with the look of hi-def video cameras, experimenting with the various effects the format makes possible. To eyes that

    grew up on the rich texture of celluloid — or are accustomed to the relative sharpness of other digital formats — there’s a certain cheapness to the result.

    Despite Mann’s meticulous color-coding of scenes, this isn’t the look we’ve come to expect from studio action pictures, but rather from backyard horror movies. He still goes big in the staging, marshaling sequences that feature helicopters, speedboats and exploding cars, but the spectacle itself is captured in slippery, sometimes low-resolution footage, especially apparent during “Blackhat’s” four well-choreographed but otherwise YouTube-quality standoffs.

    Maybe that was Mann’s intention. The film is a snarl of contradictions, starting with the discrepancy between Mann’s obsessive demand for realism and the consistently implausible screenplay he developed with first-timer Morgan Davis Foehl (whose prior film credits amount to editing work on Adam Sandler movies). For example, Mann insisted that both Hemsworth and the lead villain (Yorick van Wageningen) learn how to

    code, though he hardly ever depicts their characters at computer stations. (Those seeking an edgier treatment of the subject ought to track down the hit German cyberthriller “Who Am I,” which is due for an American remake.)

    For a film about hacking, it’s downright absurd how seldom computers appear onscreen. Instead, Hathaway’s preferred strategy in nearly every situation is to handle business “IRL” — offline and in-person — while a typically Mannian electronic score sets audiences’ pulses racing. Though it’s the entire pretext for the film, there is virtually no evidence to suggest that the FBI actually needed Hathaway’s assistance as a hacker, but at least he seems a lot more comfortable using weapons than any of the agents he’s working for, which comes in handy near the end.

    In time, Hathaway manages to uncover his virtual opponent’s dastardly endgame — a puzzle he and Lien would more logically have figured out

    hunched over a terminal several continents away. Instead, standing at the would-be ground zero, he turns to his sometimes-hysterical Asian counterpart and speaks of the countless “village people and village dogs” whose lives are in danger. (Oh dear, not the village dogs!) Considering these two outsiders can poke around the site uninterrupted, it’s unclear why a terrorist wouldn’t just back a fertilizer truck up to his target — or, if a hacker can make $74 million by manipulating the market just one time, why he’d go through all the trouble of endangering hundreds of lives to achieve the same effect.

    Still, of all the opportunities missed, the most obvious is the notion that we are all vulnerable to this brand of cybercrime today. That’s the tension such a film seems primed to exploit, but the terrorist strikes depicted feel like variations on schemes hatched by yesterday’s Bond villains. It’s a disappointment

    to finally see Hathaway’s adversary unmasked, and though Mann sets up a climactic “IRL” showdown between the two amid a huge parade in Jakarta’s Papua Square, the film might have been more unsettling had its villain turned out to be a capricious kid — or scarier yet, had he remained a ghost in the machine, a force with no face, nor any hat to speak of.

    Bibliografia:

    Nota: Si ringraziano Universal Pictures International Italy e Xister pressplay.

    Pressbook:

    PRESSBOOK COMPLETO in ITALIANO di BLACKHAT
    ENGLISH PRESSBOOK of BLACKHAT

    Links:

    • Michael Mann (Regista)

    • Viola Davis

    • Chris Hemsworth

    • Blackhat (BLU-RAY + DVD)

    Altri Links:

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    Galleria Video:

    Blackhat - trailer 2

    Blackhat - trailer

    Blackhat - trailer (versione originale)

    Blackhat - clip 'Apri gli occhi'

    Blackhat - clip 'Come funziona?'

    Blackhat - clip 'Password'

    Blackhat - clip 'Trasmettitori a corto raggio'

    Blackhat - clip 'Un fuggitivo'

    Blackhat - clip 'Voltati'

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