NEBRASKA: DOPO 'PARADISO AMARO' ALEXANDER PAYNE SI IMBARCA IN UN 'ROAD MOVIE' IN BIANCO E NERO DAL RITMO COMICO. E IL VIAGGIO PER RISCUOTERE UNA VINCITA SI TRASFORMA IN UN'AVANSCOPERTA RECIPROCA NON PROGRAMMATA TRA PADRE (BRUCE DERN) E FIGLIO (WILL FORTE)
RECENSIONE ITALIANA IN ANTEPRIMA e PREVIEW in ENGLISH by SCOTT FOUNDAS (www.variety.com) - 5 CANDIDATURE ai GOLDEN GLOBE 2014: Miglior Film (Musical/Comedy); Miglior Regia (Alexander Payne); Miglior Sceneggiatura (Bob Nelson); Miglior Attore Protagonista (Bruce Dern); Migliore Attrice Non Protagonista (June Squib) - VINCITOREPALMA D'ORO per il 'MIGLIOR ATTORE' (BRUCE DERN) al 66. Festival del Cinema di CANNES - Dal 16 GENNAIO
"Essendo anch'io figlio di due genitori anziani, mi è stato facile identificarmi con David. Ovviamente non ho mai vissuto situazioni come la sua, ma conosco quello che prova. La cosa che mi è piaciuta molto della storia è il desiderio di David di restituire un po' di dignità a suo padre. E' un tema importante che sento molto... Per molti versi questo racconto potrebbe essere ambientato in qualunque posto degli Stati Uniti, ma dato che si svolge in un luogo che conosco bene, mi ha dato modo di tirar fuori molti dettagli. Io sono di Omaha, che è più grande della cittadina da cui vengono i Grant, e così il film mi ha dato l'opportunità di esplorare un Nebraska rurale che ha per me qualcosa di quasi esotico".
Il regista Alexander Payne
"Woody è un uomo che ha smesso di sognare molto tempo fa. Ma è deciso a chiudere a modo suo la sua vita. Forse non ha tutte le rotelle a posto. Ma per quanto lo riguarda riuscirà a mettere le mani su quel milione di dollari. Forse per la prima volta nella sua vita, vuole davvero qualcosa, e si dà il caso che sia proprio questo... Non ho mai avuto un vero rapporto con mio padre, ma alla fine del film, ho sentito di averlo ritrovato grazie ad Alexander (Payne)".
L'attore Bruce Dern
(Nebraska; USA 2013; Drammatico; 121'; Produz.: Bona Fide Productions; Distribuz.: Lucky Red)
Cast: Bruce Dern (Woody Grant) Will Forte (David Grant) June Squibb (Kate Grant) Bob Odenkirk (Ross Grant) Stacy Keach (Ed Pegram) Mary Louise Wilson (Zia Martha) Rance Howard (Zio Ray ) Tim Driscoll (Bart) Devin Ratray (Cole) Angela McEwan (Peg Nagy) Gelndora Stitt (Zia Betty) Elizabeth Moore (Zia Flo) Kevin Kunkel (Cugino Randy) Dennis McCoig (Zio Verne) Ronald Vosta (Zio Albert) Cast completo
Missy Doty (Noel) Melinda Simonsen (Infermiera) Anthony G. Schmidt (Biker)
Musica: Mark Orton
Costumi: Wendy Chuck
Scenografia: J. Dennis Washington
Fotografia: Phedon Papamichael
Montaggio: Kevin Tent
Makeup: Robin Fredriksz
Casting: John Jackson
Scheda film aggiornata al:
03 Febbraio 2014
Sinossi:
IN BREVE:
Un padre alcolizzato (Bruce Dern) pensa di aver ottenuto una fortuna dopo aver ricevuto una lettera in cui gli si annuncia di aver vinto un premio notevole. Così decide di partire per recuperare questa ricchezza, accompagnato da suo figlio David Grant (Will Forte)...
IN ALTRE PAROLE:
Un alcolista di mezza età del Montana che pensa di aver vinto un milione di dollari decide di mettersi in viaggio. La famiglia cerca di distoglierlo dall'idea di recarsi nel lontano Nebraska per ritirare il premio, ma alla fine il figlio ventenne è costretto ad accompagnarlo per fare in modo che non si metta nei guai. Il viaggio si trasformerà in un'opportunità per cementare l'unione tra i due dopo anni di silenzio e incomprensioni.
An aging, booze-addled father makes the trip from Montana to Nebraska with his estranged son in order to claim a million dollar Mega Sweepstakes Marketing prize.
'NEBRASKA' is a father and son road trip, from Billings, Montana to Lincoln, Nebraska that gets waylaid at a small town in central Nebraska, where the father grew up and has scores to settle. Told with deadpan humor and a unique visual style, it's ultimately the story of a son trying to penetrate his impenetrable father.
Commento critico (a cura di ROSS DI GIOIA)
Il vecchio Woody Grant (Bruce Dern) è un alcolizzato. Uno di quelli senza rimedio e che - più di ogni cosa - non ha mai fatto nulla per nasconderlo. Neanche ora che la vecchiaia se l’è quasi fagocitato completamente, lasciandogli un corpo che non risponde più come una volta e una mente che è più spesso annebbiata che non lucida. Un pensiero però lo tormenta più di ogni altro (insieme ad un compressore prestato e mai riavuto negli anni ’70…): riscuotere il milione di dollari che si dice convinto di aver vinto grazie ad un concorso della Mega Sweepstakes Marketing. Ostinato a ritirare la vincita, Woody si avvia quindi a piedi dalle strade del Montana verso un fantomatico ufficio di Lincoln, nel Nebraska. Fermato dalla polizia, l’uomo viene infine “recuperato†da David (Will Forte), figlio minore occupato in un negozio di elettrodomestici che si convince ad assecondare lo strampalato desiderio
paterno, dopo aver capito che non sarebbe riuscito a dissuaderlo in alcun modo. Contro il parere della madre Kate (June Squibb) e del fratello Ross (Bob Odenkirk), David decide così di accompagnare il genitore. Padre e figlio iniziano quindi un viaggio che si tramuta presto in un piccolo grande periplo attorno alla vita di Woody Grant, tra stop and go e sogni spezzati, troppa birra e ricordi appannati, ma soprattutto la sensazione che quella è l’ultima chance per Woody e Will di guadagnarsi il titolo - di padre e figlio, per l’appunto - a cui nessuno dei due ha mai veramente voluto rinunciare.
Alexander Payne torna in sala con Nebraska. E per chi ha finora amato il curriculum del regista statunitense (A proposito di Schmidt, Sideways - In viaggio con Jack, Paris, je t'aime episodio 14 e arrondissement e Paradiso amaro) c’è di che essere appagati. Girato in un bianco
e nero annacquato, volutamente minimal, Nebraska aveva già raccolto consensi al suo passaggio in concorso all’ultimo festival di Cannes 2013, facendo vincere il premio allo straordinario Bruce Dern per la migliore interpretazione maschile. Al recentissimo Golden Globe, invece, è stato ignorato dalla giuria della stampa estera: cinque nomination (tutte le categorie principali) e nessun premio. Il viaggio on the road di David (l’efficace Will Forte) con genitore rincoglionito è una piccola cavalcata attraverso l’America più profonda e più “normalâ€, quella che nessun Sex and the City farà mai vedere. Un’occasione per un viaggio anche attraverso i sentimenti (repressi) di un uomo che non ha più nulla da chiedere alla vita e che, a conti fatti, ha vissuto un’esistenza di cui in pochi si sono accorti. Assecondando i colpi di testa (e pre-Alzheimer) di Woody e tuffandosi nel passato di quest’ultimo, complice una tappa nella sua cittadina d’origine, David diventa così
scalatore ed esploratore: scopre, osserva e rielabora, finendo per mettere in scena quasi una operazione verità che Payne orchestra con grande senso della misura. Abile nel cucire i film addosso ai suoi protagonisti con una leggerezza davvero impalpabile, il regista rimane una delle mani più colte ed eleganti di Hollywood, capace di raccontare appieno l’intimo dei propri personaggi, anche delle figure che a prima occhiata possono apparire solo parte dello sfondo, ma nella realtà non lo sono quasi mai. Un equilibrio che Payne ha conquistato negli anni e con film che migliorano via via di intensità ed efficacia. Un difetto (se un difetto è…)? Beh, diciamo così: prendete un extraterrestre e fategli vedere un film di Alexander Payne e poi uno dei fratelli Coen. Scommettiamo che non distinguerà la differenza? La “normalità †delle situazioni raccontate dal primo sembra infatti una sfumatura poco notata del bizzarro mondo dei secondi. Uno stile
che viene confermato anche in Nebraska appunto, in perenne bilico tra dramma e commedia, nel quale è comunque evidente la capacità di coinvolgere diventando poesia scevra di qualunque pietismo o melassa. Un totem all’empatia che è possibile instaurare con lo spettatore grazie a persone vere, immerse in situazioni comuni, ma che finiscono per riflettere la vita in modo sorprendente.
Secondo commento critico (a cura di SCOTT FOUNDAS, www.variety.com)
After making side trips to California’s Central Coast and Hawaii (for “Sideways†and “The Descendants,†respectively), Alexander Payne returns to his home state of Nebraska for his sixth directorial feature, a wistful ode to small-town Midwestern life and the quixotic dreams of stubborn old men. Sporting a career-crowning performance by Bruce Dern and a thoroughly impressive dramatic turn by “SNLâ€/“30 Rock†alum Will Forte, Payne’s first film based on another writer’s original screenplay (by debut feature scribe Bob Nelson) nevertheless fits nicely alongside his other low-concept, finely etched studies of flawed characters stuck in life’s well-worn grooves. Black-and-white lensing and lack of a Clooney-sized star portend less than “Descendantsâ€-sized business, but critical hosannas and awards buzz should mean solid prestige success for this November Paramount release.
Just as “The Last Picture Show†was a movie made in the 1970s about the end of ’50s-era innocence, “Nebraska†feels, despite its present-day setting,
like a eulogy for a bygone America (and American cinema), from the casting of New Hollywood fixtures Dern and Stacy Keach to its many windswept vistas of a vital agro-industrial heartland outsourced into irrelevance. First seen trudging alone along a busy stretch of Montana highway, Dern’s Woody Grant is a man who, like his surroundings, seems to have outlived his usefulness, an ornery alcoholic whose bouts of confusion have put a strain on his marriage to Kate (“About Schmidt’s†June Squibb) and caused sons David (Forte) and Ross (Bob Odenkirk) to worry that he might be losing his mind. Offering further evidence to support this claim, Woody has become convinced he’s won $1 million in a Publisher’s Clearing House-like sweepstakes — a prize he insists on collecting in person at the company’s HQ in Lincoln, Neb.
Though more levelheaded parties insist that the money is bogus, Woody cannot be deterred.
Asked what he’ll do with his “winnings,†he announces his intention to buy a new truck — even though he can no longer drive — and a new air compressor (to replace one he loaned to a friend 40 years ago). But like the children’s playground commissioned by the dying bureaucrat in Kurosawa’s “Ikiru,†or the interstate tractor journey undertaken by the Iowa farmer of David Lynch’s “The Straight Story,†Woody’s quest is really a last, valedictory gesture designed to give meaning to a life. So David reluctantly agrees to take Dad on the road, as much out of pity as to escape his own broken-down situation, working a dead-end retail job and recently dumped by his live-in girlfriend.
What follows is, like many of Payne’s films, a road movie of sorts, winding its way through Wyoming and South Dakota, slate-colored skies hanging over pastureland and lonely blacktop, last-stop diners
standing on the edge of nowhere. The widescreen monochrome imagery, shot by Payne’s longtime d.p. Phedon Papamichael, is at once ravishing and melancholy, evoking both Robert Surtees’ “Picture Show†lensing and a host of iconic American still photography (Walker Evans, Dorothea Lange, et al.) without calling undue attention to itself.
Eventually, father and son make a pit stop in Woody’s hometown of Hawthorn (actually, Norfolk, Neb.), where it doesn’t take long for the incipient millionaire to become headline news, like the ersatz war hero (also named Woody) at the center of Preston Sturges’ “Hail the Conquering Hero.†Nor does Woody seem to mind the attention, even as it brings all manner of moocher out of the woodwork, including more than a few family members and a former business partner (the coy, flinty Keach) with an old score to settle. Everyone, it seems, wants — or perhaps needs — to believe
in Woody’s dream as much as he does.
Throughout, Payne gently infuses the film’s comic tone with strains of longing and regret, always careful to avoid the maudlin or cheaply sentimental. (A couple of nincompoop nephews, played by Tim Driscoll and Devin Ratray, rep the pic’s only real concession to slapstick.) In a series of lovely, understated scenes, David finds himself learning secondhand about the taciturn father he has never really known, meeting an ex-flame (Angela McEwan) who competed with his mother for Woody’s affections, hearing rumors of a possible extramarital affair, gleaning details about Woody’s service in the Korean War. Finally, rejoined by Kate and Ross for the final leg of the journey, the entire family visits the farmhouse where Woody grew up, now a decrepit mausoleum of farm-belt prosperity. The closer the characters get to Lincoln, the more they appear to be receding into the past, culminating in
one magnificent sequence that equates a drive down a small main street with the span of an entire life lived.
Dern is simply marvelous in a role the director reportedly first offered to Gene Hackman, but which is all the richer for being played by someone who was never as big of a star. Looking suitably disheveled and sometimes dazed, he conveys the full measure of a man who has fallen short of his own expectations, resisting the temptation to overplay, letting his wonderfully weathered face course with subtle shades of sorrow, self-loathing and indignation. Given the less innately attention-getting role (a la Tom Cruise in “Rain Manâ€), Forte does similarly nuanced work, his scenes with Dern resonating with the major and minor grievances that lie unresolved between parents and children. Had Payne not already used it, “The Descendants†would have been an equally apt title here, so acute is
the film’s sense of the virtues and vices passed down from one generation to the next.
Keach and Squibb (bumped off early in “About Schmidt,†getting to go the full distance here) also stand out in a resolutely un-starry cast, full of convincingly ordinary, plainspoken Midwesterners. In addition to Papamichael’s camerawork, the plaintive guitar-and-fiddle score by Mark Orton is another craft standout.
Commenti del regista
"You make a film at a given moment in time. I got the screenplay 9 years ago. It's a story that's both funny and sad, a bit like life. The writer had really lived what happens in the story, so he's describing his personal experience. It's a film from the Depression era, which is why I wanted to make it in black and whtie... The father wants to offer his elderly father a moment of dignity. My parents are getting on and it's a question that affects me because I'd also lilke them to grow old with complete dignity. Old age can diminish us, and make us lose our dignity. We have to hold on to it".
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Lucky Red e Maria Rosaria Giampaglia (QuattroZeroQuattro)