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    OLTRE LE COLLINE

    RECENSIONE - VINCITORE del PREMIO per la 'MIGLIOR SCENEGGIATURA' e per le 'MIGLIORI ATTRICI' al 65. Festival del Cinema di CANNES - Dal 31 OTTOBRE

    "Questo è un film che offre un ritratto di una nazione che tenta di sopravvivere, giorno per giorno, di fronte ad una implacabile dittatura, rivelando, attraverso diversi passaggi comici, gli aspetti di un sistema politico che si è sempre preso troppo sul serio".
    Il regista Cristian Mungiu

    (Dupa dealuri; ROMANIA/FRANCIA/BELGIO 2012; Drammatico; 150'; Produz.: Fonds Eurimages du Conseil de l'Europe/Les Films du Fleuve/Mandragora Movies; Distribuz.: BIM)

    Locandina italiana Oltre le colline

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    See SYNOPSIS

    Titolo in italiano: Oltre le colline

    Titolo in lingua originale: Dupa dealuri

    Anno di produzione: 2012

    Anno di uscita: 2012

    Regia: Cristian Mungiu

    Sceneggiatura: Cristian Mungiu

    Cast: Cosmina Stratan (Voichita)
    Cristina Flutur (Alina)
    Valeriu Andriuta (Prete)
    Dana Tapalaga (madre superiora)
    Catalina Harabagiu (Antonia)
    Gina Tandura (sorella Iustina)
    Vica Agache (suor Elisabetta)
    Nora Covali (suor Pahomia)
    Dionisie Vitcu (Mr. Valerica)
    Ionut Ghinea (Ionut)

    Costumi: Dana Paparuz

    Scenografia: Calin Papura e Mihaela Poenaru

    Fotografia: Oleg Mutu

    Montaggio: Mircea Olteanu

    Casting: Catalin Dordea

    Scheda film aggiornata al: 25 Novembre 2012

    Sinossi:

    Voichita ed Alina sono diventate grandi crescendo in un orfanotrofio della Romania. Poi la prima ha trovato conforto nella fede venendo accolta in un isolato monastero ortodosso e la seconda è stata affidata ad una famiglia adottiva, dalla quale è scappata per andare in Germania. Alina, che ama Voichita sin da quando erano bambine, torna dalla Germania per convincere l’amica a lasciare la Romania. Ma Voichita considera ormai le suore e il sacerdote, loro padre spirituale, come una famiglia. Nel tentativo di riconquistare Voichita, Alina entra allora in competizione con il sacerdote ma, dopo essere finita in ospedale, viene ritenuta da tutti posseduta dal demonio.

    SYNOPSIS:

    A drama centered on the friendship between two young women who grew up in the same orphanage; one has found refuge at a convent in Romania and refuses to leave with her friend, who now lives in Germany.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    IL CINEMA VERITE' DEL RUMENO CRISTIAN MUNGIU COLPISCE ANCORA CON UNA NUOVA 'DENUNCIA' DI 'UMANITA' NEGATA E TRAGICAMENTE FRANTUMATA

    Dall'alto della nobile dignità di un film di denuncia, nello stile pacato e composto di un cinema 'veritè' patinato dal fascino contestuale, Oltre le colline del regista rumeno Cristian Mungiu (già Palma d'Oro a Cannes nel 2007 per 3 mesi, 4 settimane, 2 giorni), si tradisce sotto il peso di qualche 'genuflessione' di troppo là dove si poteva 'comprimere', e spendere magari qualche spicciolo in più in favore del background delle protagoniste su cui ruota il perno di questa storia di umanità negata. Umanità negata dalla propria madre, in orfanotrofio, in seno a sedicenti famiglie di adozione, sul luogo di lavoro in terra straniera, in ospedale e persino in un piccolo monastero di fede ortodossa. Una storia che prende spunto da uno tra i tanti spicchi di tragiche realtà

    - il film si ispira ad una storia vera trasmessa dalle pagine di Tatiana Bran - che raccontano e saggiano il grado di 'desolazione' che avvolge uno dei più 'sofferenti' paesi europei: la Romania. D'altra parte uno tra i tanti Paesi nel mondo in cui, a vario titolo, si consumano atrocità e disgrazie, quelle che, consapevole di questo ma guardando al suo Paese, Mungiu sente l'impulso improrogabile di raccontare per sottoporle alla sensibilità collettiva, nell'ardente speranza di poterle riesumare dalla pesante coltre di indifferenza o di oblio cui quotidianamente sembrano destinate. Così, mentre nel precedente 3 mesi, 4 settimane, 2 giorni aveva tenuto a 'denunciare' storie di aborti clandestini sotto il regime comunista, ora, con Oltre le colline, offre il suo disperato e solidale abbraccio a nuove 'vittime' di incuria civile, sociale, religiosa e culturale. Voichita e Alina (Premio alle 'Migliori Attrici' Cosmina Stratan e Cristina Flutur al 65.

    Festival del Cinema di Cannes) sono dunque le tragiche icone di un disagio ad ampio spettro attraverso cui Mungiu dipinge quel che più lo spaventa: l'incapacità di reagire "per istinto di sopravvivenza".

    Mungiu sceglie così di concentrarsi solo su quel che accade dal momento in cui Alina va alla ricerca dell'amica Voichita, rifugiatasi in uno sperduto e piccolo monastero ortodosso che, come abbiamo modo di leggere tra le righe, finisce per rappresentare per molte donne, 'disagiate' a vario titolo, una sorta di ancora di salvezza da una realtà laica ben peggiore. Ma come ci sarà dato modo di vedere, l'isolamento e una certa ottusità intellettiva votata alla sottomissione incondizionata che preferisce non pensare e non sentire autonomamente, affogata in un oceano di ignoranza, saranno fattori non privi di gravi conseguenze. Il legame tra le due giovani donne Alina e Voichita si intuisce forte sull'onda della condivisione di passate sofferenze

    quanto ambiguo sul filo della rabbia repressa e di una vera e propria ossessione da parte di Alina nei confronti di Voichita, unico riferimento ed affetto rimastole al mondo. Figura gravemente disturbata, Alina brucia interiormente sui carboni ardenti dell'ossessione e di quella insostenibile solitudine che avvalora il suo desiderio di portar via dal monastero Voichita, di tutt'altro avviso. Lo scorrere dei giorni, delle ore, tra preghiere e compiti vari, parte integrante di una routine votata ad una ruralità essenziale come unico mezzo di sussistenza, guadagna il cuore della pellicola, scossa qua e là dai violenti 'terremoti' psichici di Alina, destinata a non trovare pace alcuna, né tanto meno accoglienza capace di risolvere i suoi gravi problemi, fraintesi in possessione demoniaca: un capo cui tutti negano un guanciale o, ancora peggio, si mostrano assolutamente incapaci di trovargliene uno, adeguato al suo grado di disagio e sofferenza. Ma per quanto Mungiu abbia

    circoscritto il suo campo alla sfera elettiva di quel piccolo monastero - diretto da quelle strane figure spiritual-genitoriali di sacerdote e madre superiora altrimenti chiamate papà e mamma - arroccato in una terra da lupi di cui la fotografia 'verista' sa far emergere l'incanto innevato, le prime gravi colpe e responsabilità si scoprono, di fatto, germinate fuori dalle sponde su cui poi si sviluppano, fino a consumarsi nel drammatico epilogo, lasciato in sospensione sull'onda di un altro tragico fatto di cronaca nera. La 'denuncia' non è certo sterile e arriva a destinazione ma se lo sguardo non si fa attento sulle impalpabili sfumature che danno avvio al mutamento interiore di Voichita, proprio sull'onda dell'ineluttabile destino di Alina, si rischia di non cogliere quel barlume di luce che Mungiu spera che si possa intravedere alla fine del tunnel.

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    Galleria Video:

    Oltre le colline - trailer

    Oltre le colline - trailer (versione originale) - Dupa dealuri

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