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SHAME: IL VIDEO ARTISTA E REGISTA STEVE RODNEY MCQUEEN AFFRESCA UN'OSSESSIONE RITRATTA ANIMA E CORPO DA MICHAEL FASSBENDER E CAREY MULLIGAN
Dalla 68. Mostra del Cinema di Venezia (31 Agosto-10 Settembre 2011) - RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dal 13 GENNAIO
(Shame; REGNO UNITO 2011; drammatico; 99'; Produz.: See-Saw Films/See Saw Films/Film4; Distribuz.: BIM Distribution)
See SHORT SYNOPSIS
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Titolo in italiano: Shame
Titolo in lingua originale:
Shame
Anno di produzione:
2011
Anno di uscita:
2012
Regia: Steve McQueen
Sceneggiatura:
Steve Rodney McQueen e Abi Morgan
Cast: Michael Fassbender (Brandon) Carey Mulligan (Sissy) James Badge Dale (David) Nicole Beharie (Marianne) Hannah Ware (Samantha) Elizabeth Masucci (Ragazza conquistata) Anna Rose Hopkins (Ragazza del flirt)
Musica: Harry Escott
Costumi: David C. Robinson
Scenografia: Judy Becker
Fotografia: Sean Bobbitt
Montaggio: Joe Walker
Casting: Avy Kaufman
Scheda film aggiornata al:
25 Novembre 2012
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Sinossi:
IN BREVE:
La storia racconta di Brandon (Michael Fassbender), un trentenne impenitente seduttore che vive a New York e non riesce a gestire la sua vita sessuale. Sempre diviso tra innumerevoli scappatelle, Brandon si trova però a dover trovare un equilibrio e un'organizzazione alla sua vita quando la sua più giovane sorella decide di trasferirsi da lui.
SHORT SYNOPSIS:
Brandon is a 30-something man living in New York who is unable to manage his sex life. After his wayward younger sister moves into his apartment, Brandon's world spirals out of control. From director Steve McQueen (Hunger), Shame is a compelling and timely examination of the nature of need, how we live our lives and the experiences that shape us.
IN DETTAGLIO:
Se il primo film di Steve McQueen, Hunger, parlava di un uomo privato della libertà , Shame è la storia di un uomo che ha tutte le libertà del mondo occidentale ma ha fatto del proprio corpo la sua prigione.
Brandon (Michael Fassbender) è un trentenne di successo che vive in un confortevole appartamento di New York. Per evadere dalla monotonia della vita d‟ufficio seduce le donne, dividendosi tra una serie di storie senza futuro e incontri di una notte.
Il ritmo metodico e ordinato della vita di Brandon, però, entra in crisi con l‟arrivo imprevisto di sua sorella Sissy (Carey Mulligan), ragazza ribelle e problematica. La sua presenza dirompente spingerà Brandon a inoltrarsi nelle pieghe più oscure dei bassifondi di New York, per sfuggire al difficile rapporto con la sorella e ai ricordi che risveglia in lui.
Shame indaga la natura profonda dei nostri bisogni, il modo in cui affrontiamo la nostra vita e le esperienze che ci segnano.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
OSSESSIONE DA PSICANALISI PER UN INTENSISSIMO MICHAEL FASSBENDER. MA IL VIDEO ARTISTA STEVE MC QUEEN NON E' CERTO STANLEY KUBRICK
Il video artista Steve Rodney McQueen, qui con Shame alla sua seconda prova di regia dopo Hunger (Camera d'Or per la 'Migliore Opera Prima' a Cannes, 2008) affresca un'ossessione che sembra decisamente in linea con i disturbi psichici analizzati da Freud e Jung nel cronenberghiano A Dangerous Method. La natura del problema sembra la stessa, ancorata alla sfera 'psiche-sesso-morte' e consumata tra autodistruzione e nichilismo, mentre l'atmosfera in Shame è quella decisamente contemporanea di una New York che potrebbe sprofondare da un momento all'altro per la cornucopia di 'vergogne', o, per meglio dire, 'gravi disagi', di questo ed altro genere, di cui si trova inevitabilmente ad essere testimone.
Si tratta di uno sguardo 'artistico' che a poco a poco sa farsi esasperatamente insistito quanto l'ossessione incarnata, è proprio il |
caso di dirlo, dagli interpreti Michael Fassbender (Brandon) in primo luogo - già diretto da McQueen nel precedente Hunger - e un pò più tra le righe da Carey Mulligan (Sissy), protagonista per inciso di una delle più struggenti interpretazione canore e attoriali - qui non vi è distinzione alcuna - del classico New York, New York, speculare a quel tragico background personale che sapremo in qualche modo condiviso con il fratello Brandon. Ci dovrà bastare una frase del tipo "non siamo brutte persone, è solo che veniamo da un brutto posto" per capire che dietro al loro 'disordine' e compulsione ossessiva nei confronti del sesso, prima ancora che dell'amore, ci sono traumi e ferite evidentemente di entità sufficiente ad aver loro fatto intraprendere ognuno il proprio doloroso viaggio su binari paralleli, fatta eccezione per qualche comune sosta accidentale, di sola andata. Non c'è posto nelle vite di entrambi per |
un amore vero, fatto di sintonia e comunicazione, di concreti progetti in comune con un'altra persona. Il disagio è totale e corre sull'unico binario dell'ossessione: l'ipotetico lavoro occhieggia appena dallo sfondo di entrambi ed è ben lontano dall'avere una qualche continuità . Il che francamente ci suona piuttosto aereo, considerata la competitività , per di più ora alimentata dalla piena crisi, che da sempre ha contraddistinto l'America al motto di 'se non produci, e tanto, sei fuori e rimpiazzato all'istante da un altro'.
Ma è evidente che a McQueen interessava uno scavo, non poi così profondo, anzi, decisamente 'epidermico', intorno a questa ossessione, vera e incontrastata protagonista. E se nella prima parte McQueen si affida ad una visione artistica, per così dire, di questa ossessione, man mano che procede scade in un (volontario o involontario?) voyeurismo, per quanto, con una certa intermittenza, cerchi di mantenersi vicino e distante ad un tempo. L'inquadratura |
artistica la si coglie fin dal primissimo fotogramma, destinato a trasformarsi in un intenso piano sequenza, puntato su un Brendon/Fassbender visceralmente introspettivo, quanto di lì a poco, in un crescendo sfiancante, fisicamente carnale, così come dettato dalla sconcertante ossessione del suo personaggio. Così, a poco a poco l'estetica dei nudi integrali e di scorci di rapporti sessuali da cui McQueen ritrae pudicamente l'obiettivo per scoprire per gradi la natura distorta del nostro protagonista, si accrescono di segno tanto quanto la sua stessa ossessione, sia mentale che carnale. Ma è anche evidente che, per quanto si possa sforzare - vedi la sequenza a carattere 'orgiastico' - Steve Rodney McQueen non è Stanley Kubrick (Eyes Wide Shut): ciò che appare piuttosto chiaramente anche dallo sguardo dilavato alla mordi e fuggi che rivolge su amletici interrogativi come i rapporti coppia, amore, sesso e matrimonio, lambiti in seno alle argomentazioni sul tema intraprese da |
Brandon con una delle svariate partner di turno.
E se forse, ma è solo un'ipotesi screziata su un orizzonte già abbastanza offuscato su cui non sarà data opportunità alcuna di far luce e chiarezza, gli effetti collaterali di un forte e più che evidente disagio psichico, di natura maniacale depressivo compulsiva, non finiranno per strangolare del tutto il protagonista di Shame, sarà per quel fraterno filo di seta, intricatissimo e pieno di nodi quanto si vuole ma reale e incontrovertibile, con cui si vedrà a un certo punto costretto a scontrarsi drammaticamente prima di rinunciare all'irrefrenabile impulso di annientarlo e di annientarsi. |
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Pressbook:
PRESSBOOK ITALIANO di SHAME
Links:
Galleria Fotografica:
Galleria Video:
Shame - trailer
Shame - clip 'New York New York'
Shame - clip 'Seduzione'
Shame - clip 'Dovresti venire a sentirmi'
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