VITA DI PI: LA PRIMA INCURSIONE NEL CINEMA IN 3D DEL REGISTA ANG LEE (I SEGRETI DI BROKEBACK MOUNTAIN) PER UN SINGOLARE VIAGGIO EPICO ALL'INSEGNA DELL'AVVENTURA E DELLA SCOPERTA
VINCITOREOSCAR 2013: 'MIGLIOR REGIA (ANG LEE), 'MIGLIORE FOTOGRAFIA' (Claudio Miranda), 'MIGLIORI EFFETTI SPECIALI' (Westenhofer, Rocheron, De Boer e Elliott), 'MIGLIOR COLONNA SONORA' (Mychael Danna) - GOLDEN GLOBES 2013: 'MIGLIOR COLONNA SONORA' (MYCHAEL DANNA) - 11 NOMINATIONOSCAR 2013 - RECENSIONE ITALIANA IN ANTEPRIMA e PREVIEW in ENGLISH by JUSTIN CHANG (www.variety.com) - Dal 20 DICEMBRE
"Volevo che lâesperienza cinematografica fosse unica come il libro di Yann Martel e questo significava realizzare il film in unâaltra dimensione. Il 3D è un nuovo linguaggio cinematografico che, in VITA DI PI, contribuisce a immergere gli spettatori nel mondo emotivo del personaggio e approfondisce la scala epica dellâavventura."
Il regista Ang Lee
(Life of Pi; USA 2012; avventura drammatica; 125'; Produz.: Rhythm and Hues/Fox 2000 Pictures; Distribuz.: 20th Century Fox)
Cast: Suraj Sharma (Pi Patel) Irrfan Khan (Pi in etĂ adulta) Gerard Depardieu (Cuoco) Tabu (La madre di Pi) Adil Hussain (Il padre di Pi) Ayush Tandon (Il giovane Pi)
Musica: Mychael Danna
Costumi: Arjun Bhasin
Scenografia: David Gropman
Fotografia: Claudio Miranda
Montaggio: Tim Squyres
Effetti Speciali: Andrew Miller (supervisore)
Casting: Avy Kaufman
Scheda film aggiornata al:
05 Marzo 2013
Sinossi:
E' la vicenda di un ragazzo che sopravvive ad un naufragio ed affronta un viaggio epico allâinsegna dellâavventura e della scoperta. Durante il suo viaggio in balia del mare, il giovane stringe un legame sorprendente e imprevisto con un altro sopravvissuto⌠una temibile tigre del Bengala.
VITA DI PI inizia e finisce a Montreal con lâautore che, in cerca dellâispirazione, sâimbatte nella storia incredibile di Piscine Molitor Patel (Pi a 17 anni di età è interpretato da Suraj Sharma, mentre il personaggio contemporaneo è interpretato da Irrfan Khan e lâadolescente delle scene iniziali del film da Ayush Tandon). Piscine, che tutti conoscono come Pi, cresce a Pondicherry, in India, durante gli anni â70, e conduce una vita serena. Suo padre (Adil Hussain) possiede uno zoo e Pi trascorre le giornate tra tigri, zebre, ippopotami e altre creature esotiche. Il ragazzo ha le sue teorie riguardo alla fede e alla natura umana (e animale) ma, dopo avere tentato di fare amicizia con una tigre del Bengala di nome Richard Parker, impara dal padre una dura lezione sui rapporti tra uomini e animali. âLa tigre non è tua amica!â tuona il Signor Patel. âGli animali non pensano come noi e chi trascura questo fatto viene ucciso!â. Pi non dimenticherĂ mai questa lezione, che ha un impatto profondo sulla sua insaziabile curiositĂ nei confronti del mondo e, poi, sul viaggio in cui si troverĂ coinvolto.
Il mondo di Pi viene scosso dai cambiamenti di vasta portata che accadono nel suo paese e, quando il ragazzo ha diciassette anni, il padre e la madre (interpretata da Tabu) decidono di emigrare in cerca di una vita migliore. Il trasferimento promette nuove avventure in un mondo nuovo, ma comporta per Pi anche lâabbandono del suo primo amore.
Avendo deciso di trasferirsi in Canada, i genitori di Pi chiudono lo zoo, preparano i bagagli (che comprendono alcuni animali dello zoo) e sâimbarcano su una nave giapponese, dove incontrano un perfido chef francese (GĂŠrard Depardieu). Durante la notte, quando la nave è al largo, lâimpetuositĂ della natura che tanto piace a Pi si trasforma allâimprovviso in una tragedia. La nave affonda, ma Pi miracolosamente sopravvive e si trova alla deriva in pieno oceano Pacifico su una barca con un inaspettato compagno di viaggio: Richard Parker.
Quando inizia la loro avventura, la feroce tigre, la cui vera natura è chiaramente impressa nella memoria di Pi fin dai tempi dello zoo di famiglia, è per il ragazzo un nemico mortale. Poi, man mano che va avanti la convivenza, Richard Parker diventa la migliore speranza di Pi nella ricerca di un modo per tornare a casa. Il loro legame è rafforzato da unâaltra esperienza in comune: entrambi conoscono poco il mondo reale ed entrambi sono stati allevati dallo stesso maestro: il padre di Pi. Ora, ad entrambi non resta nulla di quel passato, se non loro stessi.
I due naufraghi affrontano difficoltĂ inimmaginabili, tra cui la furia grandiosa e la maestositĂ della natura, che sferzano la piccola scialuppa. Una tempesta particolarmente violenta diventa per Pi unâesperienza spirituale che lo porta a domandarsi quale destino Dio abbia in serbo per lui. âHo perso tutto! Mi arrendo! Cosa vuoi di piĂš?â, Pi inveisce contro il cielo. Ma, nonostante tutto, il ragazzo non perde mai la speranza e prova gioia per le cose semplici, come un vecchio manuale di sopravvivenza o il conforto che deriva dalla bellezza dellâoceano: la bioluminescenza dalle sfumature cangianti degli incredibili banchi di pesci volanti, i blu scintillanti delle onde e una megattera lucente che emerge dalle profonditĂ oceaniche.
SHORT SYNOPSIS:
Based on the best-selling novel by Yann Martel, is a magical adventure story centering on Pi Patel, the precocious son of a zookeeper. Dwellers in Pondicherry, India, the family decides to move to Canada, hitching a ride on a huge freighter. After a shipwreck, Pi is found adrift in the Pacific Ocean on a 26-foot lifeboat with a zebra, a hyena, an orangutan and a 450-pound Bengal tiger named Richard Parker, all fighting for survival.
Commento critico (a cura di ERMINIO FISCHETTI)
Una storia dâazione e dâavventura che si rivela alla fine unâanalisi della struttura stessa del racconto. Pi Patel è un ragazzino che crede in Dio, tanto da voler professare contemporaneamente tre religioni, e ama le scienze e la matematica. Ma nel viaggio che dovrebbe condurlo dallâIndia al Canada insieme alla sua famiglia, un evento inaspettato lo porterĂ ad essere solo su una scialuppa di salvataggio insieme prima ad una tigre, una zebra ferita, un orango e una iena, poi solo con la prima, che per ovvie ragioni provvederĂ a fare piazza pulita degli altri. Ma è davvero questa la veritĂ ? Ă davvero questa la storia che il nostro protagonista, ormai adulto, racconta in flashback ad uno scrittore o vuole essere unâaltra? VeritĂ , finzione o semplicemente metafora? In realtĂ non è questa la risposta assoluta che vuole dare Ang Lee, a servizio di una sceneggiatura di David Magee su romanzo omonimo
(edito in Italia da Piemme) del premiato Yann Martel. Lee, infatti dirige con mano ferma - come suo solito - e dimostra ancora una volta di essere autore di grande versatilitĂ e capace di affrontare sempre con competenza qualsiasi genere di narrazione. Lâavventura era uno di quelli da lui poco bazzicato (se si escludono La tigre e il dragone, che non può essere considerato tale, e Hulk), ma con questo film non solo ne affronta gli schemi con grande cura filmologica e letteraria, dove non mancano riferimenti a Il vecchio e il mare di Hemingway, o a tutta la carriera di Kipling, o al Robinson Crusoe di Defoe, ma prende in esame anche i vecchi film di Tarzan e la complessitĂ di Prigionieri dellâoceano di Alfred Hitchcock, con unâestetica che sembra mettere in ballo anche quei vecchi film degli anni Sessanta della Disney in 'live action', come quello tratto da
Jules Verne, I figli del capitano Grant del regista Robert Stevenson. Lee, infatti, mescola clichĂŠ estetici e sociologici, patina esotica, sottotesti e citazioni filmiche per costruire un discorso complesso sul mistero e la magia dellâidentitĂ narrativa, sulla consapevolezza di essa, sulla sua necessaria fruizione per rendere accettabili realtĂ che altrimenti non potrebbero esserlo, sia perchĂŠ talmente dolorose da non poter essere accettate sia perchĂŠ talmente assurde da sembrare piĂš finte della finzione: Vita di Pi, cosĂŹ, per quanto strutturato in maniera molto diversa, si avvicina nel suo discorso di fondo ad opere quali Vero come la finzione di Marc Forster e il recentissimo Ruby Sparks di Jonathan Dayton e Valerie Faris. La materia filmica è cosĂŹ assicurata, ma non è da meno neppure la consapevolezza dellâuso dei mezzi notevoli di computer grafica, dove gli effetti speciali in digitale si dimostrano perfettamente fruibili e funzionali ad unâestetica fantastica e al tempo
stesso mistica, che rende i numerosi 'tableau vivant' vere e proprie opere dâarte, fra animali protagonisti della scena (straordinaria la resa della veridicitĂ ârecitativaâ della tigre dal nome altisonante Richard Parker, che pur non essendo vera probabilmente si muove meglio e ha piĂš emozione persino di un attore in carne ed ossa), e un uso del 3D fatto per conferire quel senso di profonditĂ necessario alla dimensione stessa del racconto, dove lâessere umano, piccolo piccolo, si scontra con lâimperiositĂ di una natura forte e maligna, ma anche in grado di riservare molte sorprese positive. Lâoceano tempestoso, che sembra aizzarsi contro il nostro Pi, apre lâimmaginazione a nuove realtĂ narrative, filmiche e non. Non per questo avulso da difetti â un inizio troppo convenzionale, un eccesso a tratti di epica e retorica - Vita di Pi resta però, proprio come i film piĂš malinconici del regista taiwanese, quali Il banchetto di
nozze, Mangiare bere uomo donna, Ragione e sentimento, Tempesta di ghiaccio, I segreti di Brokeback Mountain, unâopera che affronta lâinterioritĂ dellâio, le complessitĂ dellâessere umano fra giochi filosofici e spirituali. Con la consapevolezza, sempre acquisita, che il cinema è fonte di un racconto universale e popolare, che deve essere al contempo fruibile per tutti, ricco di sfumature e al tempo stesso autoriale. Ed è forse per questo che Ang Lee, fra tutti i registi stranieri trapiantati alla corte di Hollywood, è quello che piĂš di tutti è riuscito a fare sua la lezione del cinema americano.
Secondo commento critico (a cura di JUSTIN CHANG, www.variety.com)
A literal crouching tiger is merely one of many visual wonders in Ang Lee's "Life of Pi," a gently transporting work of all-ages entertainment that melds a harrowing high-seas adventure with a dreamy meditation on the very nature of storytelling. Summoning the most advanced digital-filmmaking technology to deliver the most old-fashioned kind of audience satisfaction, this exquisitely beautiful adaptation of Yann Martel's castaway saga has a sui generis quality that's never less than beguiling, even if its fable-like construction and impeccable artistry come up a bit short in terms of truly gripping, elemental drama.
Following its opening-night world premiere at the New York Film Festival, the Nov. 21-slated Fox release should find itself in exceedingly friendly B.O. waters at home and abroad. That the film was lensed in 3D should further boost its prospects, and discerning viewers will be pleased to note that the format has been used here to artistically
as well as commercially productive ends.
Published in 2001, Martel's Booker Prize-winning bestseller was widely deemed unfilmable due to its allegorical thrust and, more crucially, its prolonged focus on a teenage boy and a tiger spending 227 days adrift in the Pacific. Fortunately, Lee and scribe David Magee ("Finding Neverland") have extracted the book's inherently cinematic qualities, turning Martel's vivid wildlife descriptions into a feast for the eyes; the film's sheer beauty is so overwhelming, so vibrant in its use of color, as to become almost cloying at times.
The visual lushness is apparent from the opening shots of Pondicherry, India, a former French colony where Santosh Patel (Adil Hussain) and his wife (Tabu) operate a zoo. The younger of their two sons is Piscine (played by Gautam Belur and Ayush Tandon at ages 5 and 11, respectively), a bright, curious child whose sense of mischief is tempered by his
unusual reverence for God.
The humorous highlights of the boy's upbringing -- how he wisely shortens his name to Pi and becomes a devout Hindu, Christian and Muslim -- are recounted by his middle-aged, modern-day counterpart (Irrfan Khan). Dreamlike dissolves help ease the script's shifts between past and present, which feel clunky and prosaic even as they lay the groundwork for the slippery metaphysical questions that will arise later.
Fortunately, the framing device disappears almost entirely at the 40-minute mark, as the story proper starts and the picture truly begins to cast a spell. Having decided to sell the zoo and move to Canada, the Patels find themselves, along with a few remaining animals, aboard a Japanese freighter that swiftly capsizes in a thunderstorm, leaving 17-year-old Pi (Suraj Sharma) the sole human survivor as he manages to climb into a lifeboat.
It's an astonishing sequence, rendered all the more so
by the lucidity of the direction; rather than resorting to herky-jerky lensing and editing, Lee uses relatively long takes, smooth cuts and seamlessly integrated f/x to navigate the viewer through the action. Even as the waves heave and roll (to especially fearsome effect in 3D), the film finds room for isolated moments of haunting poetry, such as the sight of the ship's ghostly white lights descending into the abyss.
Once the storm retreats, Pi realizes a few zoo denizens have made it onto the lifeboat, although the food chain soon dictates that the only remaining animal onboard is a ferocious 450-pound Bengal tiger, incongruously named Richard Parker. Pi realizes he's going to have to tame the tiger, a thinly veiled metaphor for his own inner beast, and as the days stretch into weeks and months, the relationship between these two unlikely companions shifts movingly, and almost imperceptibly, from mutual wariness
into something as close to love as the laws of interspecies friendship can allow.
Despite such severe dramatic limitations, there's no shortage of incident and surprise, even when Lee isn't rattling the audience with shots of the tiger lunging at the camera. The film's engrossing, often amusing midsection amounts to a practical illustration of survival-at-sea strategies, as Pi constructs a raft that provides some physical distance and protection from Richard Parker and finds ways to supplement his dwindling store of water and rations. Sharma, a non-pro making a terrifically engaging screen debut, underwent considerable weight fluctuations for the role, and he compellingly manifests Pi's physical sufferings while maintaining a persuasive rapport with his four-legged co-star (achieved almost entirely through CGI and modeled after four actual Bengal tigers).
Lee and d.p. Claudio Miranda approach the technical challenges with similarly intense commitment. Shooting in the world's largest self-generating wave tank (with a
capacity of 1.7 million gallons), they turn their visual restrictions into virtues. The nimbly circling camera is forever finding compelling angles on the action, sometimes bobbing gently above and below the water's surface, conveying a sense of perpetual motion that might test some of the more sensitive stomachs in the audience. Yet the images just as often have a classical stillness and grandeur, as in a scene of bioluminescent fish illuminating the water at night, or an otherworldly shot of the boat gliding atop the ocean's smooth, glassy surface.
In these moments, "Life of Pi" embodies its protagonist's spiritual devotion, infusing a tale of peril, isolation and loss with a genuine sense of grace and awe at the majesty of creation. The overall effect of such exalted yet artificially achieved visuals is to loose the boundaries of conventional realism and steer the picture into a magically heightened realm, immersing the
viewer in the story without losing sight of the fact that a story, in fact, is all it is.
For all the splendor of the craftsmanship on display, from David Gropman's eye-popping production design to Mychael Danna's Indian-inflected score, what's missing is a certain in-the-moment urgency. Compressing nearly eight months into roughly 75 minutes of screentime is a tricky task, and one never gets a sense of the agonizing duration of Pi's experience, especially since the film tastefully sidesteps most of the raw, physically extreme details that made the novel so visceral. As much as it teems with color and creativity, "Life of Pi" could have used a bit more grit, substance and a touch of the grotesque. Even its warm-hearted plea for religious faith feels, in the end, like so much pantheistic fairy dust.
The film was reviewed from an unfinished print (identical to the version that will play
NYFF) with complete end credits and excellent sound and picture quality, apart from some infrequent aspect-ratio disparities that will likely be finessed before release.