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    LA VERSIONE DI BARNEY: NEL FILM, COME NEL LIBRO, SI RIDE E SI PIANGE, CAVALCANDO L'ONDA DEL 'POLITICAMENTE SCORRETTO'

    Dalla 67. Mostra del Cinema di Venezia (1-11 Settembre 2010) - VINCITORE LEONCINO D'ORO AGISCUOLA - PREMIO DEL PUBBLICO al 58° San Sebastian Film Festival - RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dal 14 GENNAIO

    "Il personaggio di Barney mi parla. E' la storia di una vita pienamente vissuta, di un uomo con tanti difetti e vizi, ma con un buon cuore. E' rimasto con me, non ha voluto lasciarmi. E' un romanzo scritto da uno dei miei autori preferiti e uno dei migliori libri che lui abbia mai scritto... in un periodo in cui il mondo occidentale, specialmente quella parte del mondo da cui provengo, pascola docilmente nella dittatura del politicamente corretto, fare un film basato su un libro magnificamente e ampiamente irriverente, mi è sembrata quasi una necessità".
    Il produttore Ari Lantos

    "(Barney)... cade, in qualche modo, preda di un mostro. E questo mostro è se stesso. Penso che tutti lo abbiamo dentro quel mostro latente, intenzionato a sabotare la nostra felicità".
    Il regista Richard J. Lewis

    (Barney's Version CANADA/ITALIA 2010; drammatico; 132'; Produz.: Serendipity Point Films/in co-produz. con Fandango/The Harold Greenberg Fund; Distribuz.: Fandango)

    Locandina italiana La versione di Barney

    Rating by
    Celluloid Portraits:




    Titolo in italiano: La versione di Barney

    Titolo in lingua originale: Barney's Version

    Anno di produzione: 2010

    Anno di uscita: 2011

    Regia: Richard J. Lewis

    Sceneggiatura: Michael Konyves

    Soggetto: Basato sull'omonimo romanzo cult dello scrittore canadese Mordecai Richler, grandissimo successo letterario internazionale di critica e pubblico, con più di 100.000 copie vendute solo in Italia.

    Cast: Paul Giamatti (Barney Panofsky)
    Dustin Hoffman (Izzy)
    Scott Speedman (Boogie )
    Rachelle Lefevre (Clara )
    Bruce Greenwood (Blair )
    Rosamund Pike (Miriam )
    Minnie Driver (Mrs. P )
    Macha Grenon (Solange )
    Anna Hopkins (Kate )
    Jake Hoffman (Michael)
    Mark Addy (Detective O'Hearne)
    Saul Rubinek (Charnofsky)
    Thomas Trabacchi (Leo Fasoli)
    Clè Bennett (Cedric)
    Harvey Atkin (suocero di Barney)
    Cast completo

    Musica: Pasquale Catalano

    Costumi: Nicoletta Massone

    Scenografia: Claude Paré

    Fotografia: Guy Dufaux

    Montaggio: Susan Shipton

    Effetti Speciali: Ryal Cosgrove (supervisore) e Marc Reichel

    Makeup: Adrien Morot (supervisore); (Valli O'Reilly) per Dustin Hoffman

    Casting: Deirdre Bowen, Pam Dixon, Nina Gold, Andrea Kenyon e Randi Wells

    Scheda film aggiornata al: 25 Novembre 2012

    Sinossi:

    IN BREVE:

    La storia si incentra sulla vita folle e picaresca di Barney Panofsky (Paul Giamatti), l'ebreo canadese irascibile, impulsivo e sfacciato dalle rocambolesche avventure che ormai, rabbioso settantenne, decide di scrivere la sua versione dei fatti sulla morte del caro amico Boogie (Scott Speedman).

    IN DETTAGLIO:

    LA VERSIONE DI BARNEY è la toccante, saggia e arguta storia di Barney Panofsky (Paul Giamatti), un uomo ordinario alle prese con una vita straordinaria. Una confessione candida, raccontata (come è implicito dal titolo), interamente dal punto di vista di Barney. Il fi lm attraversa quattro decadi e due continenti, trasportandoci tra i tanti e altrettanto bassi della lunga e variegata vita del nostro eroe.

    La ragione per cui Barney decide di raccontare ora la sua storia - la sua versione - è che il suo peggior nemico ha appena pubblicato un libro rivelazione che svela i capitoli più compromettenti del passato di Barney: le tante e spesso oscure ragioni dietro al suo successo; i tre matrimoni, tutti e tre finiti e il mistero tuttora irrisolto della scomparsa del migliore amico di Barney, Boogie, un presunto omicidio del quale Barney rimane il primo sospettato. Dato che la memoria alle volte lo abbandona, e poiché ha la sfortunata abitudine di ubriacarsi in momenti cruciali, Barney ci porta in un percorso instabile nei meandri della memoria, non solo per raccontare la sua vita agli altri, ma
    anche per ricordarla a se stesso. Soprattutto, veniamo a scoprire Barney attraverso i suoi tre matrimoni, ognuno dei quali rappresenta, come gli atti di uno spettacolo circense, un “atto†della sua vita. C’è la prima moglie, Clara (Rachelle Lefevre), una rossa abbagliante, uno spirito libero e infedele con la quale Barney vive una breve 'la vie de Boheme' a Roma. Poi, dopo essere tornato a Montreal, Barney sposa la 'Seconda Mrs.P.' (Minnie Driver), una 'principessa ebrea' che compra e parla in continuazione, non accorgendosi di non essere ascoltata da Barney. Ed è proprio durante il loro sfarzoso matrimonio che Barney incontra, e comincia a corteggiare, Miriam (Rosamund Pike), la donna che diventerà la sua terza moglie, la madre dei suoi due figli, l’amore della sua vita. Durante la loro vita assieme Barney è riconosciuto da molti - a volte perfino da se stesso - come l’autore dell’omicidio di Boogie (Scott Speedman), l’amico che ha sempre al contempo amato e odiato, scomparso un giorno insieme con la giovinezza di Barney.

    Nel raccontarci, come dice lui, “la vera storia della mia vita sprecataâ€, Barney è estremamente franco, confessando ognuno dei suoi difetti e fallimenti con uno spirito così masochista da renderlo quasi antipatico. Nonostante questo però è impossibile non riuscire a perdonare un personaggio così intelligente, spiritoso, e cosciente di se stesso come Barney. Non solo si scopre un inguaribile romantico, come prova la sua devozione verso Miriam, ma è anche capace di qualsiasi tipo di atto di galanteria, generosità e bontà, quando noi ­‐ e lui - meno ce lo aspeaamo. Molto lontana dall’essere 'sprecata', la sua è una vita gloriosa, giocata su grande scala. E, al centro della sua storia c’è un improbabile, ma indimenticabile, eroe: Barney Panofsky.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    SINDROME DA ‘BEST SELLER’ SUPERATA. PAUL GIAMATTI RIESCE A PORGERE IN MANIERA CONVINCENTE IL RITRATTO DEL ‘POLITICALLY INCORRECT’ DI BARNEY PANOFSKY. MA IL SUO IMPECCABILE ‘SERVIZIO’ ALLA STORIA E AL PERSONAGGIO BRILLA ANCHE DELLA LUCE RIFLESSA DI SUO PADRE: UN DUSTIN HOFFMAN VIBRANTE E UMORISTICAMENTE IRRIVERENTE - TALE PADRE TALE FIGLIO - DA IRRADIARE DELLA SUA STESSA ESSENZA, PERSINO SULL’ONDA DI UNA SOLA BATTUTA. COSI’, TRA LE RIGHE, DI FATTO SI IMPONE ALL’ATTENZIONE VISIBILMENTE PADRONE DELLE CENTELLINATE DINAMICHE INTERATTIVE A LUI RISERVATE CHE INCONTRANO IL CLIMAX IN ALCUNE TRAGI-COMICHE SEQUENZE.

    Così come è stato per La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano portato poi sul grande schermo da Saverio Costanzo, anche nel caso di Barney’s Version di Mordecai Richler, La versione di Barney tradotta per la celluloide da Richard J. Lewis (CSI: Scena del Crimine), si porta dietro la sindrome da besteller. E sul superamento di questa sindrome, a tutto

    merito di una responsabilità che ha visto produzione e regia covare il progetto per un decennio, ha vegliato l’ombra lunga dello stesso autore, il compianto Mordecai Richler, cui si deve la prima stesura della sceneggiatura, la base attraverso cui è poi di fatto passato tutto il processo evolutivo del progetto filmico. Le note aspre ed ironiche appuntate da Mordecai su certi ‘topoi ebraici’ e su certe dinamiche più marcatamente politiche che hanno interessato la vita stessa dell’autore, sfumano sulla celluloide in un qualcosa di più condenzato sulla complessità fatta di contrapposti emotivi e comportamentali del protagonista. Così ne La versione di Barney di Lewis domina la parabola umana di questo ‘romantico-frustrato’ e ‘brutto bastardo’ che risponde al nome di Barney.

    La versione di Barney era dunque un film doppiamente atteso alla Mostra di Venezia, sia per il fenomeno ‘da best-seller’ che per il cast, a dir poco entusiasmante: sarebbe stato sufficiente

    anche solo uno dei tre protagonisti-chiave - Paul Giamatti, Dustin Hoffman e Rosemund Pike - che già nessuno se lo sarebbe perso per nulla al mondo. Ed è tuttavia - ma non ci sorprende - proprio uno di quei tre ad eccellere sul grande schermo. Colui che con grande delusione generale - la stima per l’invidiabile talento artistico si intreccia all’immutato affetto - ha dato forfait alla mostra lasciando onore e oneri alla regia e agli altri due protagonisti. Stiamo parlando di Dustin Hoffman, paradossalmente un personaggio quasi tra le righe che scarta dal protagonismo assoluto qui riservato a Giamatti. Ne La versione di Barney Hoffman veste per l’appunto i panni di Izzy, il padre di Barney (Giamatti), un ex poliziotto in pensione che, d’altra parte, malgrado il centellinato tempo che lo vede sulle scene, lascia trapelare un’impronta caratteriale di quelle lasciano il segno. Pochi cenni di sceneggiatura e la

    stessa sua presenza bastano e avanzano a farci percorrere con la mente immaginari flashback di trascorsi di gioventù plausibilmente non troppo dissimili, nello spirito, da quelli del figlio. Tra le sequenze degne di memoria per quella diffusa vena tragicomica che imperla sceneggiatura e tessitura del film, intrisa di umorismo e autoironia yiddish ma non solo, ci piace segnalare la cena con i consuoceri, il parere paterno sul divorzio e sul nuovo, imprevisto, vero amore del figlio (da manuale per le sofisticate sfumature qui apportate dallo stesso Hoffman) e lo scambio di battute al cimitero, sulla solitudine. Dinamica e circostanze della morte del padre di Barney poi, con la scioccante e pur ben comprensibile, solo apparentemente contraddittoria reazione del figlio, la dicono lunga sulla natura dell’individuo e sul suo modo di ‘esorcizzare’ la solitudine. Si tratta ad ogni modo di un respiro che aleggia per tutto il film volto a mantenere

    la rotta sul filo di una doppia anima: drammatico-umoristica.

    Del resto la regia Lewis, evidentemente preoccupata di non tradire la visione Mordecai, sembra accordare fiducia piena, entro una griglia analogica estremamente lineare, al calibro degli interpreti intervenuti sul campo. Visione che scorre quasi sul binario di un unico flasback - appena frammentato qua e là da inserti di ritorno alla realtà - sul filo di quella stessa memoria che di lì a poco tradirà il nostro personaggio protagonista Barney/Giamatti, per sopraggiunta malattia. L’unico vezzo che si concede la regia si appunta sul, focale, terzo matrimonio di Barney con Miriam (Rosamund Pike), quando blocca la ripresa sul fermo immagine di un più che entusiasta salto da parte di Barney sul letto, là dove si trova, in topless di pizzo, la sua sexy mogliettina. Fermo immagine su cui Lewis apre finestre multiple, solo fotografiche, mirate a riassumere incisivamente quell’arco di vita di

    coppia che ha prodotto una famiglia con due figli, un maschio e una femmina, ed un’intesa coniugale niente male prima che la routine e un certo ‘aplomb’ caratteriale di Barney non iniziassero ad incrinare l’armonia.

    Dal canto suo, Giamatti con Barney tiene le redini di questo ‘bizzarro’ e variegato personaggio che la sua ‘versione di fatti’ tenderebbe a far propendere verso l’ancora di salvezza della ‘vittima di circostanze e persone’ non propriamente sincere e leali (come ad esempio lo spregiudicato amico Boogie-Scott Speedman). E’ certo che l’inesorabilità della sua malattia con la riapertura per altri versi delle dinamiche di rapporti già conclusi, ci fanno capitolare, non lasciandoci altra scelta se non quella di accordargli incondizionata fiducia e comprensione.

    Pressbook:

    PRESSBOOK COMPLETO in ITALIANO

    Links:

    • Dustin Hoffman

    • Paul Giamatti

    • Rosamund Pike

    • Bruce Greenwood

    • Minnie Driver

    • DOPO L’ANTEPRIMA ALLA 67. MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA, ‘LA VERSIONE DI BARNEY’ CON PAUL GIAMATTI E DUSTIN HOFFMAN APRE LE CORTINE DI CELLULOIDE DEL 2011: AL CINEMA DAL 14 GENNAIO (Anteprime)

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