IL CIGNO NERO: DARREN ARONOFSKY QUESTA VOLTA APRE LE CORTINE DEL MONDO DEL TEATRO E DELLA DANZA. IN UN'ATMOSFERA CONFLITTUALE E DENSA DI CHIAROSCURI LO SEGUONO NATALIE PORTMAN, WINONA RYDER, MILA KUNIS E VINCENT CASSEL PER L'INCARNAZIONE DI UN DRAMMATICO DUELLO INTERIORE TRA INNOCENZA E MALVAGITA'
Seconde visioni d'Autore - Cinema sotto le stelle - Dalla 67. Mostra del Cinema di Venezia (1-11 Settembre 2010) - RECENSIONE IN ANTEPRIMA e RECENSIONE n. 2 - Dal 18 FEBBRAIO
- 4 NOMINATION all'OSCAR 2011 ('Miglior Film', 'Miglior Regia' - DARREN ARONOFSKY, 'Miglior Attrice' - NATALIE PORTMAN, 'Miglior Fotografia' e 'Miglior Montaggio'); 1 GOLDEN GLOBE per la 'Miglior Attrice in un Film Drammatico' - NATALIE PORTMAN tra 4 NOMINATION; 1 BAFTA come 'Miglior Attrice' - NATALIE PORTMAN tra 12 NOMINATION; Premio Marcello Mastroianni alla 67. Mostra del Cinema di Venezia - MILA KUNIS -
"E' un onore e un privilegio essere selezionati come film d'apertura. Non potevamo pensare a un lancio migliore di quello della Mostra di Venezia per Darren e Black Swan".
I presidenti della Fox Searchlight Stephen Gilula e Nancy Utley
(Black Swan USA 2010; Thriller drammatico soprannaturale; 103'; Produz.: Cross Creek Pictures/Phoenix Pictures/Protozoa Pictures; Distribuz.: 20th Century Fox)
Sceneggiatura:
Andres Heinz, Mark Heyman e John McLaughlin
Soggetto: Storia di Andres Heinz: un viaggio emozionante che sfiora il terrore psicologico, seguendo una giovane ballerina, il cui ruolo come doppia regina dei cigni (il 'Cigno Bianco' e il 'Cigno nero') diventa alla fine per lei paurosamente perfetto.
Cast: Natalie Portman (Nina) Mila Kunis (Lily) Winona Ryder (Beth MacIntyre, insegnante di ballo) Vincent Cassel (Thomas Leroy, produttore teatrale) Barbara Hershey (Erica) Ksenia Solo (Veronica) Toby Hemingway (Tom) Janet Montgomery (Madeline) Kristina Anapau (Galina)
Il thriller drammatico BLACK SWAN racconta la storia di una ballerina professionista, Nina, (NATALIE PORTMAN), che si trova a duellare per un ruolo da protagonista - la regina dei cigni Odette nella produzione teatrale del Lago dei cigni - con un'altra danzatrice, Lilly (MILA KUNIS), che potrebbe però essere solo un fantasma o un'allucinazione di Nina. In questa storia sono in qualche modo coinvolti l'insegnante di ballo (WYNONA RYDER) e un produttore teatrale dal passato oscuro (VINCENT CASSEL).
IN ALTRE PAROLE:
Nina (Portman) è una ballerina di una compagnia di New York la cui vita, come per tutti quelli della sua professione, è completamente assorbita dalla danza. La ragazza vive con sua madre Erica (Hershey), ex ballerina ossessionata dalla danza che esercita un controllo soffocante su di lei. Quando il direttore artistico Thomas Leroy (Cassel) decide di rimpiazzare la prima ballerina Beth MacIntyre (Winona Ryder) per
il balletto d’aperura della nuova stagione Il lago dei cigni, Nina è la sua prima scelta.
Ma Nina ha una rivale: una nuova ballerina Lily (Mila Kunis), che lui apprezza in egual misura. Il lago dei cigni richiede una ballerina che possa interpretare sia il cigno bianco, con la sua innocenza e grazia, che il cigno nero, con la sua sensualità e astuzia. Nina è adattissima al ruolo del cigno bianco, ma Lily è la personificazione del cigno nero. Mentre tra le due ballerine cresce la rivalità e insieme un rapporto di
amicizia, Nina inizia a entrare in contatto con il suo lato oscuro, un’irrequietudine che rischia di distruggerla.
IN DETTAGLIO:
CIGNO NERO - BLACK SWAN segue la storia di Nina (Portman), una ballerina in una compagnia di balletto a New York, la cui esistenza, come avviene per tutte le ragazze impegnate in questa professione, è completamente assorbita dal ballo. Lei vive assieme alla madre, la ballerina in pensione Erica (Barbara Hershey), che sostiene fortemente l'ambizione professionale della figlia. Quando il direttore artistico Thomas Leroy (Vincent Cassel) decide di rimpiazzare la prima ballerina Beth Macintyre (Winona Ryder) per la produzione che apre la nuova stagione, Il lago dei cigni, Nina è la sua prima scelta. Ma Nina ha una concorrente: la nuova ballerina Lily (Kunis), anche lei in grado di impressionare Leroy. Per Il lago dei cigni c'è bisogno di una ballerina che possa interpretare il Cigno bianco con grazia e innocenza, ma anche il Cigno nero, ingannevole e sensuale. Nina si cala perfettamente nei panni del Cigno bianco, ma Lily è la personificazione del Cigno nero. Mentre le due giovani ballerine trasformano la loro rivalità in un'amicizia contorta, Nina comincia a conoscere meglio il suo lato oscuro e lo fa in maniera tale da rischiare di essere distrutta.
Perno di questo thriller psicologico è dunque la storia sensuale e gelida di una prima ballerina, Nina (Natalie Portman), intrappolata in una battaglia ossessiva, con degli impulsi oscuri che lentamente prendono il controllo di lei. E l'ambiziosa giovane ballerina di New York Nina è a caccia del doppio ruolo che tutti sognano: il Cigno Bianco, delicato e innocente, e il Cigno Nero, che emana una malvagità seducente, nel classico Il lago dei cigni, in grado di trasformare una sconosciuta in una star. Lei ottiene il ruolo, ma non è sicura di poter incarnare la parte oscura della Regina dei cigni. Mentre raggiunge nuove vette con il suo corpo, gli incubi, le fantasie e le gelosie che nasconde iniziano a farsi strada in maniera profonda, causando uno scontro pericoloso con la provocante nuova arrivata, Lily (Mila Kunis), che rappresenta la sua maggiore rivale. Ma Nina riuscirà in breve tempo a calarsi fin troppo bene nel ruolo del malvagio e mortale Cigno nero...
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
DUALITA’ ED ESTREMI: LA’ DOVE OSANO I CIGNI - IL BIANCO E IL NERO DI NINA CON CUI NATALIE PORTMAN TOCCA IL SUO APICE INTERPRETATIVO - E LA REGIA DI DARREN ARONOFSKY, CHE ONORA IL CLASSICO E UN’ARTE PARTICOLARE COME IL BALLETTO PASSANDO PER LA SPERIMENTALE CONTAMINAZIONE DI GENERI. OGNI ASPETTO DELLA SUA OPERA IN CELLULOIDE E’ COINVOLTO ALLA PARI: GUIDA ALL’INTERPRETAZIONE, MONTAGGIO, FOTOGRAFIA E MUSICA, QUI PARTORISCONO LETTERALMENTE L’IMMAGINE IN UNA VISCERALE E POTENTE RISOLUZIONE UNICA. COSI’ L’ESTETICA SERVE AL SUO MEGLIO LA METAFORA, CITAZIONI E SIMBOLI DI CUI ‘BLACK SWAN’ SI ALIMENTA CON DISCREZIONE ED ELEGANZA, E ‘TOPOI’ TANTO FAMILIARI QUANTO AD UN TEMPO INNOVATIVI SUL FILO DI UNA VISONARIETA’ ONIRICO-PSICHEDELICA, DANZANO ALL’UNISONO PER GUIDARCI NEL VORTICE ESISTENZIALE DELLA PROTAGONISTA, AVVILUPPATO INTORNO AD UNA VOCAZIONE VIRATA IN CRESCENTE, INESORABILE, OSSESSIONE
Le inconfondibili note di Čajkovskij accompagnano già i titoli di testa, e Il lago dei Cigni di per
che diventino una sola cosa, richiamando in causa il classico per sposarlo con il registro sperimentale. Per questo Čajkovskij è una costante di familiarità quanto di innovazione, così come la fotografia assume intriganti dominanti cromatiche, simbolo elettivo delle trasformazioni in progress della protagonista: dal rosa iniziale ammiccante alla dimensione artistica del balletto e all’implicita innocenza della ballerina, al graduale incupimento passando per il verde, a tornire un’inquietante evoluzione interiore, inclusi ambienti o persone a questa afferenti (ad esempio la madre di Nina).
Così l’intera pellicola di Black Swan non tradisce quanto promesso fin dalla sequenza iniziale, di una bellezza da manuale, là dove chiaroscuri e luci angolati in un certo modo, sortiscono in un elegantissimo pseudo-bianco e nero, che fa strada a immediati e successivi, ricercatissimi e lenticolari, primissimi piani, a schegge di ralenti fino allo stop integrale (scartando dal consueto schermo nero o bianco) all’altezza di una sequenza
in particolare.
Se dunque Black Swan celebra l’eccellente interpretazione di Natalie Portman, che di meglio non poteva proprio fare - non avevamo alcun dubbio che l’ovazione per la danza del cigno incontrasse il suo doppio in sala press-conference - conferma altresì la raffinatezza di una superba regia, capace di far respirare ogni molecola della sua celluloide alla stregua di quei fremiti fruscianti di un battito d’ali congiunto agli estenuanti fremiti, nel soffertissimo anelito, del viatico della protagonista, talmente forte da trasformare il cigno bianco in cigno nero. E la metafora funziona a meraviglia così come i simboli ben noti della vasca da bagno ricolma d’acqua (vedi il capostipite Hitchcock e i numerosi fideles), dello specchio e persino di ogni superficie con trasparenze sufficienti alla rifrazione della propria immagine (Blade Runner docet). Dietro a tutti questi elementi, Aronofsky nasconde il complesso universo interiore di Nina, pedinata da tergo in modo
E nella resa di questo prisma di visualizzazioni interiori che si fanno materia e carne non si riesce a trovare una sbavatura, non una concessione di troppo, non un cenno a un fuori tempo, non un virtuosismo scivolato sul vacuo, tutto è sotto controllo in maniera del tutto naturale: c’è padronanza e senso della misura nelle citazioni chiamate in causa per la sfera del trasformismo (ad esempio La mosca e The Arrival) - quasi si volessero apostrofare aspetti e concetti su cui altri in precedenza hanno fatto perno per un’intera storia - così come nelle digressioni appuntate sul binario della trasgressione, necessarie a tratteggiare l’ossessivo percorso della ballerina Nina, per nulla
sminuito o reso stridente dalle centellinate schegge umoristiche che fanno capo al camaleontico Vincent Cassel (decisamente più suo agio nelle vesti del produttore del balletto Thomas Leroy che non a tu per tu con i giornalisti in conferenza stampa). Ingredienti che esaltano straordinariamente il sapore intensamente acidulo del dramma pilota della protagonista cui se ne legano altri, come dire, satellitari, figli di quell’anelito che ben risponde ad un mondo realmente ‘capsulare’, estremamente isolato, là dove il ritmo spietato della serrata competizione chiude i battenti ad una prima donna costretta a lasciare le scene - la personificazione della disfatta interiore ed esteriore mal accettata con le inevitabili conseguenze è ritratta in una sorta di cameo allargato da Winona Ryder con Beth - per aprirli ad un’altra nuova stella, Nina (Portman). Atmosfera che dimostra strette affinità con l’ambito della moda, così come per altri versi illustrato da Il diavolo veste Prada).
Ma tutto questo alla fine ci appare quasi solo un pretesto per visualizzare quale indecifrabile, in un certo senso macabra, matrioska può rivelarsi l’animo umano, soprattutto nel momento in cui, il perseverare ossessivamente su un obiettivo, i confini tra giusto e sbagliato, tra bene e male, tra misura e trasgressione, tra amore vero e il sesso per il sesso, si offuscano a tal punto da non saper più riconoscere quale è il verso e quale è il recto del proprio essere. Ma non sembra possibile vivere a lungo sul versante della dualità , prima o poi si è costretti a fare la propria scelta.
Secondo commento critico (a cura di ERMINIO FISCHETTI)
Un incipit che toglie il fiato quello de Il cigno nero. Per quanto è cupo, sinistro, perverso. Il mondo della danza sembra imbrigliato nella potenza del male e del bene come un microcosmo filosofico di tutto ciò che è passione e possessione dell’animo umano. Ritornano i corpi martoriati nel cinema di Darren Aronofsky. Carne e sangue piagati e “tagliati†dal peso della sofferenza. L’intimità della mente diviene un labirinto di terrore e sopportazione. Stavolta, a differenza di The Wrestler, lo sfondo è quello elegante del mondo della danza che nasconde crudeltà ancora più dure e violente. Un cosmo fatto di competizione sanguinolenta, che si nasconde dietro voluttuosi movimenti fisici e musica sublime, come quella immortale de Il lago dei cigni di Čajkovskij, da cui, in fondo, tutto trae origine e si dipana in questa pellicola, che ripropone l’eterno dualismo del bianco e del nero, dell’amore e della morte, del successo
e della sconfitta. Il regista sembra ossessionato da una narrazione in cui si mescolano le sofferenze fisiche con quelle psicologiche, sottolineando un aspetto poco affrontato al cinema come quello dell’autolesionismo. Già in opere di sublime delirio come The Wrestler e soprattutto Requiem for a Dream si costruisce un’opera che punta al mescolamento narrativo di forme e generi instillando nello spettatore un malessere “di pancia†che implica una sofferenza che dovrebbe giocare con quella psichica, in questo caso di una protagonista – ballerina tormentata e bloccata nel suo corpo che diviene la sua potenza e il suo tormento, che sfocia in una sessualità “contrattaâ€, morbosa in quanto inesplorata. In questo mescolamento narrativo, che va da venature horror al vero e proprio melodramma da grand guignol - con tanto di rapporto patologico tra madre e figlia (che sembra più quello fra le due sorelle Bette Davis – Joan Crawford in Che fine
ha fatto Baby Jane? di Robert Aldrich) - gli effetti e le trovate puntano, in realtà , a nascondere una forma di mancanza di scrittura. Il voler strafare nella sfera visiva conduce Aronofsky a confezionare una pellicola affascinante quanto incompleta, compatta nel suo discorso generale quanto piena di increspature nei suoi dettagli, eccessiva in alcune trovate, in particolare quelle horror restano superficiali quanto grezze. Una rielaborazione del melodramma psicologico con venature horror che appaiono spesso facilone e di grana grossa. Quei corridoi soffocanti, quegli angoli bui e stretti che si inquadrano nei percorsi della protagonista, seguita dalla macchina da presa che la pedina, o meglio che le sta addosso, la tallona di spalle “ricercando†la sua nuca, la sua crocchia di capelli, a tratti ricordano un noir alla Jacques Tourneur, citando quel sotterraneo capolavoro, appartenente a quel cinema di serie b degli anni Quaranta in puro stile RKO, che è
averne visto in quantità e di saperlo rielaborare, sempre con quei toni di post-modernismo a lui cari. Ma, a volte, pecca di voler strafare e di non saper bilanciare, modellare, ricucire come ha saputo fare egregiamente nel suo precedente e meraviglioso The Wrestler. Forse quando si tratta di un mondo meno ovattato e patinato, più rude che intellettuale, anche se il balletto e il wrestling hanno non pochi elementi in comune, anche se è il contesto che cambia, il regista si trova più a suo agio quando fa un cinema diretto, violento e crudo raccontando la sua storia con compatta semplicità estetica e narrativa. La fragilità di Nina non è dissimile da quella di Randy. Cambia la prospettiva. Il cinema anche questa volta non manca, ma aspirando a salire più in alto delle proprie possibilità è anche più facile cadere. Anche Aronofsky non è immune dalle leggi della fisica. Anche
se ha fatto capolavori come Requiem for a Dream e The Wrestler. Ma tutto è proporzionato, dopo la potenza di Ellen Burstyn e Mickey Rourke deve accontentarsi della “lagnosa/legnosaâ€, per quanto buona, prova di Natalie Portman. Ma la classe recitativa di Barbara Hershey e Winona Ryder (e la freschezza veritiera di Mila Kunis) è un’altra cosa!