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'I PADRONI DELLA NOTTE': UN'ESPLORAZIONE OLTRE IL DRAMMA POLIZIESCO
"Si tratta di un film chiaramente radicato in un genere specifico e familiare: il poliziesco. Ma normalmente il poliziesco si concentra sulla procedura, riuscendo a trovare il cattivo. Io volevo fare qualcosa di molto più concentrato sul personaggio e sulle emozioni. Il genere stesso è essenzialmente un punto di partenza per raccontare la storia di un uomo intrappolato dal suo destino, il suo fato inevitabile e le emozioni complesse e fonte di conflitti interiori che sono causate dall’amore, dalla perdita e dal tradimento... La capacità di un uomo di cambiare il proprio destino è molto più limitata di quanto ci piace credere. Altri fattori svolgono un ruolo importante nella vita – il flusso della storia, la cultura, gli eventi esterni, l’istinto e l’amore. Questo è ciò che volevo esplorare".
Lo sceneggiatore e regista James Gray
(We Own the Hight USA 2007; Thriller drammatico; 117'; Produz.: 2929 Productions/Industry Entertainment; Distribuz.: BIM)
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Titolo in italiano: I padroni della notte
Titolo in lingua originale:
We Own the Hight
Anno di produzione:
2007
Anno di uscita:
2007
Regia: James Gray
Sceneggiatura:
James Gray
Cast: Joaquin Phoenix (Bobby Green) Mark Wahlberg (Joseph Grusinsky) Eva Mendes (Amada Juarez) Robert Duvall (Bert Grusinsky) Alex Veadov (Vadim Nezhinski) Tony Musante (Cap. Jack Shapiro)
Musica: Wojciech Kilar
Costumi: Michael Clancy
Scenografia: Ford Wheeler
Fotografia: Joaquin Baca-Asay
Scheda film aggiornata al:
25 Novembre 2012
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Sinossi:
"Bobby Green ha deciso di non seguire le orme paterne. Gestisce El Caribe, un leggendario locale di Brooklyn. Si è cambiato il cognome e tiene nascosto il suo legame con una lunga serie di affermati poliziotti di New York. Per Bobby ogni sera è una festa, sia che parli con i suoi amici o i suoi clienti, sia che balli con la sua bellissima ragazza portoricana Amada, in una nuvola di fumo e disco-music.
Ma siamo nel 1988 e a New York il mercato della droga è in forte crescita. Bobby cerca di mantenere le distanze dal gangster russo che vende droga fuori dal suo locale – un gangster a cui stanno dando la caccia Joseph, il fratello di Bobby e suo padre, leggendario capo della polizia".
Dal >Press-Book< di I padroni della notte.
Commento critico (a cura di ENRICA MANES)
Le luci e le atmosfere della città anni ’80 irrompono con una sensazione estremamente tattile, palpabile, e sembra quasi di toccare, di sfiorare la stoffa del divano dorato su cui è sdraiata Amada (Eva Mendes), icona della spigliata ragazza sexy perfettamente ‘Eighties’, mentre Heart of Glass dei Blondie riempie le orecchie, poi la sala sottostante del lussuoso night club alla moda, popolato, avvolto dal fumo e dai colori.
Immagini di retate, un bianco e nero da istantanea che ricorda il Noir, e insieme prove di una lotta che si sussegue da tempo immemorabile, fra “padroni della notteâ€, giustizia e malavita insieme, poi le luci e le atmosfere della città anni ’80 irrompono con una sensazione estremamente tattile, palpabile, e sembra quasi di toccare, di sfiorare la stoffa del divano dorato su cui è sdraiata Amada (Eva Mendes), icona della spigliata ragazza sexy perfettamente ‘Eighties’, mentre Heart of Glass dei |
Blondie riempie le orecchie, poi la sala sottostante del lussuoso night club alla moda, popolato, avvolto dal fumo e dai colori.
Quei luoghi dove tutto pare possibile, a portata di mano e dove i sogni sono soldi sonanti, affari, gioielli patacca, pellicce e capi raffinati.
James Gray, riesce, con dettaglio archetipico, a immergere lo spettatore dentro le notti psichedeliche e ovattate anni ’80 ricreandone abiti, oggetti Cult, ambienti, con la capacità di presentare, in maniera assolutamente efficace attraverso il contrasto dei loro macrocosmi, ciascun protagonista (Bobby, Joaquin Phoenix; il fratello Joseph, MarkWahleberg e il padre, Robert Duvall) e, nell’incontro, mostrarne lo scontro tra moralità e potere e generare un concetto di “padrone della notte†che diviene scambievole ed ambiguo nelle notti brave della New York borderline.
A metà fra noir e saga familiare, la vicenda si costruisce attorno alle figure dei due fratelli Bobby e Joseph Grusinsky, l’uno manager di |
night club, l’altro poliziotto graduato e alle prese con una fresca promozione ed il padre, anch’esso poliziotto come da tradizione di famiglia.
Si gioca sottilmente su due temi portanti che vedono da una parte mafia russa e caccia all’uomo e dall’altra il concetto di famiglia e di padre.
Mentore di Bobby è infatti un facoltoso boss della mafia russa, padre putativo del ragazzo nel pieno della sua carriera; punto di riferimento di Joseph è il padre poliziotto che vede come disonore la presenza del figlio che sta “dall’altra parte†della legge.
Uno scontro che però è destinato ad attenuarsi fino a scomparire in un intreccio di rapporti familiari e di pacificazioni, ricostruiti mano a mano che la successione degli eventi tende a stringere le maglie della vita e della morte verso la risoluzione finale, in un recupero di temi cari al regista fin dai suoi esordi (Little Odessa, 1994).
Si attinge dal noir e |
dalla saga familiare de Il Padrino, in una trama fitta e giocata in sordina in cui le scene di azione pura sono poche, le ambientazioni alla luce del sole altrettanto rare, (il funerale del Capo Bert Grusinsky), e sempre ovattate da un grigiore incombente.
Si versa poco sangue per lasciare spazio alla psicologia dei singoli che si uniscono per portare a compimento la loro missione personale; da contrasto personale, confidenziale, riservato, la storia passa a lotta contro il nemico comune e riconosciuto, in una riscoperta dei valori familiari che è il punto di contatto ed orgoglio rinnovato di appartenenza.
Ottime le premesse di contenuto e la capacità di mantenere un livello alto di attenzione nello spettatore, unendo una vicenda densa alla qualità di ambientazioni ed interpretazioni; tuttavia da un punto di vista tecnico si sarebbe potuto forse osare di più, giocando con angolazioni e piani sequenza ed attingendo proprio da |
quelle cifre conoscitive di scelta di inquadrature, punti di vista e movimenti di macchina che dal noir attingono le radici.
Al regista il merito di unire generi compositi e di creare, con una convincente amalgama di indagine e suspense psicologica, una trama avvincente e ben congegnata, capace soprattutto di penetrare la personalità dei protagonisti, di tirare fuori il meglio dai tre attori giovani e promettenti (Phoenix, Whalberg, Mendes) e riconfermare gli “anziani†(Duvall).
Buona la regia e le riprese, che tuttavia solo nella prima parte del film sono capaci di ricreare al meglio l’atmosfera e catturare i particolare che hanno fatto un’epoca, mentre verso la fine si perdono alcuni colpi di ritmo e di montaggio.
Resta un po’ amaro l’epilogo, e non solo per la trama che attinge dal destino dell’ineluttabile e per nulla catartico-liberatorio, ma anche per aver voluto mettere un po’ di ordine al caos di schieramenti opposti criminal-familiari |
attraverso la scena tanto archetipica quanto scontata dell’auditorium con spettatori e commozione generale.
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Links:
• C'ERA UNA VOLTA A NEW YORK - INTERVISTA all'attrice protagonista MARION COTILLARD (Interviste)
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