CLOSER : QUATTRO PERSONAGGI IN CERCA D’AMORE SU UNA GIOSTRA DI ‘RELAZIONI PERICOLOSE’
“Closer parla del fatto che delle storie d’amore tendiamo a ricordare l’inizio e la fine eliminando il durante; ci fa riflettere sul meccanismo del ricordo e sul nostro modo di vedere la vitaâ€.
Il regista Mike Nichols
(Closer, USA 2004; commedia drammatica; 100’; Produz.: Mike Nichols, John Calley, Cary Brokaw; Distribuz.: Columbia Tristar)
Soggetto: Tratto dalla produzione teatrale di Patrick Marber
(presentata a Londra per la prima volta nel 1997,
prima di fare il giro di un centinaio di cittÃ
ed essere tradotta in trenta lingue)
MIKE NICHOLS SI ISPIRA ALL’ANALISI DISSACRANTE, ACUTA E DENSA DI UMORISMO APPUNTATA DAL COMMEDIOGRAFO MARBER SU STORIE D’AMORE DELLA CONTEMPORANEITA’, PER CONFERMARE IL SUO CINEMA DI SOGGETTIVE
Chi meglio di Mike Nichols, raffinato cineasta altrettanto versato per il teatro (Chi ha paura di Virginia Woolf ?, Il laureato, Conoscenza carnale, Una donna in carriera, A proposito di Henry), poteva dar vita alla trasposizione in celluloide di Closer? Se questa caustica commedia, scritta da Patrick Marber per il teatro, con successo immediato (tradotta in trenta lingue e approdata in oltre cento città ), ha concretizzato la chance di migrare dal palcoscenico al grande schermo, si deve proprio ad un regista come Nichols, capace di indagare e svelare, con l’invidiabile stile di un grande ‘detective’, spesso intriso di sottile ironia, gli spazi più intimi delle persone, in particolare del rapporto uomo-donna, con cui finisce per offrire sempre allo spettatore ottimi spunti di riflessione. Ma
a Cold Mountain, Sky Captain and the World of Tomorrow) nei panni di Dan, squattrinato e fallito scrittore ridotto a redigere necrologi, sciatto quanto attraente e sensuale, personaggio motore, chiave introduttiva degli altri e dunque della storia, Natalie Portman (Leòn, Star Wars, The Garden State), al primo ruolo sexy veramente adulto con cui veste Alice, giovane e disinibita cameriera spogliarellista, misteriosa e allo stesso tempo sincera e diretta, Julia Roberts che ha arricchito la cinica, agguerrita, ma anche fragile fotografa Anna, di un caleidoscopio di inedite e intense sfumature, infine Clive Owen (Gosford Park), il bel focoso dermatologo Larry, estremamente determinato a varcare i confini del proprio territorio, quanto a riprendersi, con ogni espediente, buono o cattivo, quanto ritiene di sua proprietà .
Schegge che si intersecano in un incrocio di possibilità per diventare un tracciato anagrammatico di riflessione profonda sull’amore, le trasgressive passioni scaturite con l’immediatezza e la prorompenza del colpo
di fulmine, le contraddizioni profonde di un individuo che pur tradendo non riesce a controllare la furia della gelosia, rivendicando l’impropria idea di possesso della persona che ama o crede di amare, da cui pensa insanamente di potersi comunque prendere una vacanza con legittima licenza e con l’illusione di non scottarsi, di non cambiare nulla nella sostanza delle cose, per l’altra persona e per se stessi. Storie antiche e moderne di desideri repressi o appagati, di tradimenti andata e ritorno, di inevitabili e dolorose conseguenze, di ritorsioni ad effetto boomerang, di tale peso da rimanerne plausibilmente schiacciati. Una giostra che diverte e distrugge. La fatidica arma a doppio taglio con il miraggio di una libertà e di un sogno che strozzano con la forza, delicata e feroce, di una calza di seta quando è stretta alla gola.
Non sono certo frequenti, e neppure facili da realizzare, i soggetti cinematografici come
Closer, capaci di coniugare in termini straordinariamente fluidi e plausibilmente corrispondenti al vero, in modo da non creare sbavature o discrasie nell’amalgama, due generi apparentemente contrapposti tra loro, come la commedia e il dramma. In questo senso, volendo citare due esempi usciti vincenti da una tale sfida, sebbene in contesti totalmente estranei al film di Nichols, mi vengono in mente Charlie Chaplin, sul piano attoriale, mentre in tempi più recenti, anche a livello di regia, il Roberto Benigni di La vita è bella. Parlare di problematiche scottanti, drammatiche, e riuscire a inserirvi schegge di humour, battute a ritmo incalzante, per quanto per lo più sul filo del sarcasmo, senza cadere nel banale, nel ridicolo o comunque in qualcosa di stridente, ma anzi, riuscire a caricare di spessore il significato del messaggio che si intende comunicare, beh, questo è solo appannaggio delle grandi menti, per lo più forti di un notevole
da un certo genere di contestualizzazione e dall’anima di questi personaggi, come dire, un po’ sopra le righe, non certo specchio di quotidiana e quieta normalità , piuttosto icone anche spiccate di una contemporaneità fortunatamente da non assolutizzare o generalizzare, ma indubbiamente frutto plausibile portato a maturazione con gli eccessi del caso, in una metropoli della contemporaneità quale la Londra del film, non propriamente quella turistica, da cartolina, bensì reale, vissuta da gente vera.
La cifra stilistica che ne sortisce, tra le più raffinate in un contesto tutt’altro che idilliaco, ci richiama alla memoria un altro grande cineasta che per tutt’altri versi, ma con molte schegge tematiche e spunti di riflessione comuni, aveva stimolato lo spettatore sul piano della trasgressione sessuale, del tradimento di fatto o solo desiderato, della crisi di coppia, approdando ad un qualcosa di altrettanto elegante pur nella crudità e spietatezza di certi ingredienti: è quanto realizza Stanley
Kubrick con Eyes Wide Shut. Certe ossessive fantasie sessuali, il desiderio mentale e ‘fattivo’ di varcare la ‘soglia limite’, il confine del proprio territorio, con la voglia di esplorare ‘sconosciute frontiere’, i luoghi ‘proibiti’ (i club privè), il pesante silenzio prima del plateale e doloroso momento in cui ci si toglie la maschera di fronte all’altro, con i conseguenti e devastanti sensi di colpa, e con un unico premio corsa, un gran senso di vuoto e di smarrimento, difficilmente colmabili, sembrano tutti motivi comuni al Kubrick di Eyes Wide Shut così come al Closer di Nichols.
E se con Closer, come dichiarato dallo stesso sceneggiatore Marber, non si è contemplata l’intenzione di esprimere un giudizio morale, l’effetto d’insieme che ne sortisce, e forse non solo per l’insistenza sui primi piani, è quello di una poliedrica soggettiva di vacuità individuale. In fondo la morale sembra venire di conseguenza: non puoi
fare nulla a te stesso e agli altri, soprattutto in materia sentimentale, come nel caso specifico, senza poi dover fare i conti con inevitabili conseguenze, di solito, tutt’altro che piacevoli e gratificanti. L’appagamento di pochi momenti di piacere, a maggior ragione se avallati dal tradimento e dalla menzogna, raschia l’anima, accrescendone irreparabilmente il senso di vuoto.
Perle di sceneggiatura
Anna (Julia Roberts): “Non smettere di amarmi. Lo vedo che ti stai allontanando. Non ha significato niente per me. Se mi ami devi perdonarmiâ€.
Dan (Jude Law): “Che c’è di bello nella verità ? Prova a mentire, invece. Le bugie sono il pane quotidiano del mondoâ€.
Alice (Natalie Portman): “Ma dov’è questo ‘amore’? Non riesco a vederlo, non riesco a toccarlo. Riesco a sentirlo, però: sento le tue parole facili, ma non so che farmeneâ€.
“Quello che rende Closer naturalmente adatta al grande schermo è il fatto che è raccontata per immagini condensate, ovvero nel modo in cui organizziamo il ricordo. Inoltre, l’elemento di intimità che caratterizza la commedia di Marber si presta più ad essere rappresentato al cinema che in teatro. Al cinema lo spettatore è a l buio, solo con i personaggi, e prova meno imbarazzo di fronte all’intimità , al sesso e all’amoreâ€.
Commenti dei protagonisti:
Julia Roberts (Anna): “Ho fatto molta fatica a identificarmi fino in fondo con questa donna complessa e piena di difetti. Neppure nei momenti più bui della mia vita ho avuto comportamenti contorti come i suoi – in confronto ad Anna mi sento un’educanda! E’ estremamente subdola, ma non credo che il suo sia un atteggiamento premeditatoâ€.
Natalie Portman (Alice): “Il ruolo che interpreto in questo film è del tutto nuovo per me. Alice è una donna dalle molteplici sfaccettature. Quando arriva a Londra non ha nessuno su cui contare ed è costretta a crearsi una nuova vita. E’ una persona sincera, che esprime i suoi sentimenti in modo diretto, e questo la rende molto diversa dagli altri protagonisti. Anche se di tanto in tanto si racconta delle bugie, è la figura più autentica del film… Il film analizza i rapporti di coppia e dimostra come a volte le persone siano così prese da se stesse da diventare totalmente indifferenti ai sentimenti dell’altro. E’ come se dicessero: ‘Sicome sono innamorato posso comportarmi in modo irrazionale; non importa se faccio del male a chi mi sta accanto’. L’amore, insomma, diventa un assurdo pretesto per trattare gli altri in modo insensibileâ€.
Il commediografo e sceneggiatore Patrick Marber: Una storia d’amore senza giudizi morali
“Ovviamente non parla solo di sentimenti, ma anche della gelosia sessuale, degli sguardi maschili, delle bugie che raccontiamo a noi stessi e a coloro che ci sono più vicini, di come le persone affermano la propria identità usando gli altri. Tutto considerato, comunque, resta una semplice e bella storia d’amore. E come la maggior parte delle storie d’amore ha le sue gatte da pelare… Ho volutamente scelto un titolo ambiguo, che fosse in grado di evocare una certa atmosfera senza circoscrivere in maniera troppo rigida i possibili significati della storia… Nichols voleva che fossi fedele al testo originale. Una volta stabilita la regola che avremmo raccontato la storia in modo molto simile a quello usato a teatro, ovvero attraverso sequenze temporali abbastanza lunghe, si è trattato solo di tagliare, riscrivere e ristrutturare leggermente le varie scene… Non mi interessano le categorie del bene e del male, e neppure voglio esprimere valutazioni di merito sui protagonisti del film. Io mi limito a farli parlare e agire. Saranno gli spettatori a valutarli come credono; forse avranno opinioni discordi, ma nessuno disconoscerà la loro autenticità . E magari rideranno ad alcune battuteâ€.
Il produttore John Calley riguardo alla commedia di Patrick Marber:
“E’ un’incredibile testimonianza dei nostri tempi. E’ un testo arguto, romantico e per certi versi pericoloso, credo offra diversi, interessanti spunti di riflessione… La commedia pone l’accento sulla complessità delle relazioni attuali, in cui gli inizi sono talmente belli, carichi di emozioni e aspettative che la gente sviluppa una sorta di ‘dipendenza’ dalla fase dell’innamoramento. E’ come se ci si innamorasse dell’idea di innamorarsi e si finisse con lo scoprire che non è facile perdere quest’abitudine. I dialoghi sono pieni di commenti acuti ma anche molto ironici. L’umorismo non è mai fine a se stesso e a volte arriva a toccare corde profondeâ€.
Il produttore esecutivo Celia Costas:
“La commedia esprime un messaggio di speranza, nel senso che i personaggi fanno i conti con loro stessi, subiscono cambiamenti profondi e imparano a conoscersi meglio – che è poi ciò che conta di più, sia nella vita che al cinemaâ€.
“…’Closer’, un film che potrebbe candidarsi a molti Oscar e che a sua volta dimostra la perspicacia dell’autore nell’analisi dei rapporti d’amore (e di forza, violenza, auto e altrui distruzione) e il suo magnifico controllo sugli attoriâ€. Emanuela Martini (Chi ha paura di Mike Nichols ? in “Film TVâ€, 19-25 dicembre 2004, anno 12, n. 51, p. 4).
“Mike Nichols (è tra i pochi in grado di rappresentare il corpo dei sostantivi, degli aggettivi e dei verbi delle emozioni amorose al di fuori delle convenzioni, vecchie e nuove, dei melodrammi), stringe e inchioda, con la macchina da presa, i suoi quattro attori in quella che è una successione sincopata di climax narrativiâ€. Enrico Magrelli (Closer, in “Film TVâ€, 19-25 dicembre 2004, anno 12, n. 51, p. 10).
“…esattamente come la commedia di Patrick Marber su cui si basa, il film diretto da Mike Nichols è tutto meno che sentimentale: si può definirlo ironico, intrigante, aggressivo, ma non certo amabile e romantico. Funziona un po’ come una vivisezione del carattere umano in una situazione amorosa. Quello che viene fuori è un contraddittorio, aggrovigliato miscuglio di pulsioni per lo più negative: al desiderio erotico e alla voglia di tenerezza si associano il tradimento, la menzogna, l’egoismo, l’incapacità di comprendere, la gelosia, la frustrazione…â€. Alessandra Levantesi (La Stampa, 10 dicembre 2004).
“…Closer è più che affilato: è duro e scabroso, ma anche cattivo, brillante, feroce, come la commedia di Patrick Marber da cui è tratto… un testo perfetto come un orologio, per raccontare, più che una ‘semplice e bella storia d’amore’, la nascita e la fine di un massacro amoroso. A due, a tre, a quattro….â€. Laura Maragnani (in “Panoramaâ€, 26 novembre 2004)