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    64A MOSTRA DI VENEZIA: LEONE D'ORO ALLA CARRIERA A BERNARDO BERTOLUCCI

    Segue dalla 'Flash News' del 18 giugno 2007

    18/06/2007 - "... Nell'ambito del Leone d’Oro del 75° a Bertolucci, saranno inoltre proposti, durante la 64. Mostra, il pressoché invisibile grande documentario LA VIA DEL PETROLIO (1966), nella versione restaurata dalla Cineteca Nazionale e dall’ENI, e il capolavoro che Bertolucci presentò nel 1970 alla Mostra, STRATEGIA DEL RAGNO, nella nuova versione ora restaurata dalla Cineteca Nazionale.

    "Bernardo Bertolucci ha iniziato proprio a Venezia la sua eccezionale carriera oltre 40 anni fa – ha dichiarato il Presidente della Biennale Davide Croff – e siamo orgogliosi che abbia accettato questo riconoscimento unico, legato alla storia della Mostra. Bertolucci è un grande autore italiano, che ha avuto il coraggio di dare alla sua ispirazione personale una dimensione cosmopolita, coniugando le esigenze dell'industria con uno sconfinato amore per il cinema. Per questo egli incarna in modo emblematico aspetti e caratteri dell'identità stessa della Mostra di Venezia, e ne rappresenta pertanto l'ideale Leone d’Oro del 75°".

    Presentando al Cda la proposta di un Leone d’Oro del 75°, il Direttore della Mostra Marco Müller l’ha così motivata: "Creatore di mondi e di verità (non semplice riproduttore), Bernardo Bertolucci si è ostinato a farci ritrovare un cinema che fosse di nuovo qualcosa di essenziale per la vita, un bisogno vitale quanto tetto, cibo e vestiti. La sua sfrenata cinefilia non gli ha impedito di affrancarsi presto dai maestri (tra i due poli di Pasolini e Ophuls, riconosciamo molti “amici americani”), trovando una cifra estetica personalissima. Nell’autonomia del “sistema Bertolucci”, eleganza e perfezione stilistica sono al servizio di complessità e intensità espressiva assolutamente straordinarie. Spesso, il suo cinema ci ha raccontato di personaggi in cammino, in movimento (come lui) dentro e fuori di sé. Ha riletto il passato prossimo dell’Italia come chiave per capire il presente, non ha smesso di cercare l’Altro, spingendosi verso esperienze (e culture) lontane dalla nostra. In lui si incarna prepotentemente (quante altre volte in Italia?) la concezione di un cinema che è “resistente” in quanto pensiero utopico popolare in continua ridefinizione. I suoi film sono al tempo stesso dichiarazione d’amore per il cinema e manifesto di utopie future che sappiano rinascere da quelle passate. Nel suo 75° Anniversario, la Mostra aveva dunque bisogno di Bernardo Bertolucci per poter rileggere la propria storia e pensare il proprio futuro".

    La filmografia di Bernardo Bertolucci si è subito intrecciata alla Mostra di Venezia. Il regista era al Lido già con il suo esordio, La commare secca (1962), ma l'anno precedente era stato presentato alla Mostra anche Accattone (1961) dell'esordiente Pier Paolo Pasolini, di cui Bertolucci era aiuto regista. In seguito, altre sue importanti opere sono state presentate in anteprima mondiale alla Mostra di Venezia: Partner (1968), Strategia del ragno (1970), La luna (1979) e The Dreamers (2003). Nel 2000 Gianni Amelio ha presentato alla 57. Mostra di Venezia la versione restaurata del documentario dedicato al regista parmigiano, Bertolucci secondo il cinema, girato in 16mm nel 1976, che racconta una giornata lavorativa durante le riprese di Novecento. Nel 1983 Bertolucci è stato presidente della giuria internazionale del concorso della 40. Mostra, che ha assegnato il Leone d’Oro a Prénom Carmen di Jean-Luc Godard.

    Bernardo Bertolucci può essere considerato il regista italiano in attività più celebre al mondo, e uno dei più importanti e influenti di tutta la storia del cinema. Con la sua prestigiosa filmografia ha ottenuto premi e consensi nei principali festival e in tutti i paesi. Ha stabilito un primato assoluto per un film europeo aggiudicandosi 9 Oscar con L’Ultimo imperatore (1987), primo ed unico film italiano a riceverlo per la miglior regia. La sua fama internazionale e il suo carisma di indiscusso "Maestro di cinema", punto di riferimento per ogni autore o nouvelle vague, vanno attribuiti allo straordinario percorso creativo libero e personalissimo, che ha maturato in 40 anni di carriera artistica sempre intensa, caratterizzato in maniera inscindibile dalla profonda passione per i contenuti sociali, e dal grande fascino della forma cinematografica, con cui ha dato corpo a indimenticabili viaggi nella memoria di uomini e luoghi. Bertolucci, ha saputo coniugare, più di chiunque altro, lo sperimentalismo degli anni ’60 con i modi di produzione della grande industria cinematografica, e ha saputo, come pochi, narrare eventi di epoche diverse, associando la poesia con la macchina da presa, e assorbire autonomamente l’influenza della psicanalisi, calando nel linguaggio cinematografico il proprio vissuto, attraverso la mediazioni anche di altre forme espressive come la letteratura. Bertolucci è stato capace di scegliersi dei maestri e, insieme, di elaborare un proprio stile, giocando sull’invenzione e sulla ricerca espressiva; e se la presenza della figura paterna è certamente un tema a lui caro, si può dire, con altrettanta sicurezza, che, film dopo film, egli vada continuamente alla ricerca di nuovi padri e maestri, cercando di rappresentare la realtà attraverso il filtro dello sguardo e della lezione dei grandi registi che hanno contribuito alla formazione della sua cultura visiva. Pasolini e Godard, Visconti e Rossellini, costituiscono, a seconda delle tappe e delle trasformazioni delle sua personalità, i punti di riferimento della struttura del suo racconto in termini visivi e narrativi. Non c’è dunque un unico Bertolucci, ma più facce di uno stesso autore, che tenta di rappresentare la propria identità attraverso lo specchio offertogli da opere guida. La sua cinematografia è caratterizzata quindi dalla mutevolezza degli stili e dei modelli narrativi, che permettono di considerare la sua carriera come un viaggio analitico alla ricerca della propria identità, e, allo stesso tempo, un viaggio attraverso il quale egli è riuscito a svolgere, nei suoi singoli film e nell’insieme della sua filmografia, una personale riflessione sul tempo e sulla Storia.

    Nell'ambito del Leone d’Oro del 75° a Bernardo Bertolucci, durante la 64. Mostra sarà proposto, oltre all’indimenticabile Strategia del ragno, nella nuova versione ora restaurata dalla Cineteca Nazionale, il documentario meno conosciuto La via del petrolio, nella versione restaurata dalla Cineteca Nazionale e dall’ENI, che il regista realizzò su commissione da parte dell'Eni e in collaborazione con la Rai tra il 1965 e 1966, durante i quattro anni di inattività tra Prima delle rivoluzione (1964) e Partner (1968). Il documentario, diviso in tre episodi (il primo spettacolare, ricco, nettamente documentario; il secondo avventuroso, con citazioni letterarie e rimandi alla storia del cinema; il terzo fantasioso), traccia la storia dell'oro nero, dal lavoro d'estrazione in Persia, al viaggio di una petroliera dal Golfo Persico a Genova, fino al percorso in oleodotto da Genova in Germania. Il primo episodio (Le origini) si concentra sulla terra di origine del petrolio e sulla presenza magica del fuoco. A questi elementi poetici si unisce la riflessione sul cinema come mezzo di riproduzione della realtà. Il secondo episodio (Il viaggio) sorprende specialmente nella parte in cui si fa il parallelo tra il viaggio della petroliera e i film fantastici di George Méliès. Il terzo episodio (Attraverso l'Europa) è il diario di un giornalista, la cronaca di un viaggio anche storico e letterario, esperimento in cui sfumano continuamente l'una nell'altra oggettività - il documentario - e soggettività - il giornalista protagonista-narratore. A proposito de La via del petrolio Bertolucci spiega: “Era un documentario su commissione, ma lo feci cercando di allontanarmi, ogni volta che mi fu possibile, dalle tentazioni e dalle regole del film documentaristico. Ripresi i trivellatori come pionieri di un western arcaico e i piloti degli elicotteri come eroi anarchici e individualisti, come i personaggi solitari di Godard o di Avventurieri dell’aria”. Durante le riprese della seconda parte del film Bertolucci realizzò un cortometraggio in 35mm di 12 minuti dedicato al Canale di Suez, intitolato Il canale. Da notare infine che il regista non ha mai lavorato davvero nel settore documentaristico; dopo La via del petrolio e Il canale ha girato soltanto altri tre film cosiddetti “documentari” – tra cui l’opera corale dedicata alla morte di Pasolini, Il silenzio è complicità (1976).

    Venezia, 18 giugno 2007

    Nota: Estratto dal Comunicato Stampa: Ufficio Stampa della 'Fondazione La Biennale di Venezia'

    LA REDAZIONE


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