61. Festival del Cinema di Berlino (10-20 Febbraio 2011) - ALLA 61. BERLINALE SBANCA IL CINEMA IRANIANO CON ORSO D'ORO E DUE D'ARGENTO
Il film 'NADER AND SIMIN, A SEPARATION' del regista ASGHAR FARHADI ha conquistato l'ORSO D'ORO per il 'Miglior Film' e due ORSI D'ARGENTO andati in blocco agli interpreti maschili e femminili.
20/02/2011
- (AGI) - Berlino, 19, febbraio. - Il cinema iraniano ha letteralmente sbancato alla 61.esima Berlinale, con il film NADER AND SIMIN, A SEPARATION del regista ASGHAR FARHADI che ha conquistato l'ORSO D'ORO per la 'Migliore Pellicola' e due ORSI D'ARGENTO, andati in blocco agli interpreti maschili e femminili. In nessun festival del cinema un film era riuscito a fare man bassa in maniera cosi' massiccia di tanti prestigiosi riconoscimenti, con una premiazione corale che non esclude di fatto nessuno dei suoi protagonisti di primo e di secondo piano, compreso naturalmente il regista. L'ORSO D'ARGENTO DELLA GIURIA e' andato al film ungherese IL CAVALLO DI TORINO del regista BELA TARR, mentre quello sempre ORSO D'ARGENTO PER LA MIGLIORE REGIA se lo e' aggiudicato il tedesco ULRICH KOEHLER per il suo MALATTIA DEL SONNO, girato in Kamerun. Il premio per la 'Migliore Prestazione Artistica' e' andato all'argentino EL PREMIO, un'opera prima di PAULA MARKOVITCH, mentre quello per la 'Migliore Sceneggiatura' lo hanno conquistato a pari merito l'americano JOSHUA MARSTON, che del film e' anche il regista, e l'altro sceneggiatore albanese A. MURATAJ per THE FORGIVENESS OF BLOOD, il perdono del sangue.
Prima della consegna dei premi sul palco del Berlinale-Palast era stata posta dal direttore del festival, Dieter Kosslick, una sedia vuota con sopra un cartello con il nome del regista iraniano JAFAR PANAHI, che non e' potuto venire a Berlino in quanto colpito da una condanna ad 8 anni di reclusione ed a 20 anni di divieto di esercitare la professione da parte del regime di Teheran. Il presidente della giuria, ISABELLA ROSSELLINI ha spiegato che sull'assegnazione dei premi "la giuria e' stata quasi sempre d'accordo, con molti riconoscimenti attribuiti all'unanimita'". Sulla vittoria del film iraniano avevano scommesso quasi tutti, poiche' nelle proiezioni e' stato lungamente applaudito sia dai critici che dal pubblico.
Al centro della vicenda c'e' una storia di separazione, con la madre che vuole andare all'estero per offrire un futuro migliore alla figlia adolescente, mentre il marito non intende abbandonare il padre colpito dal morbo di Alzheimer, di cui si occupa una giovane donna incinta di estrazione popolare e molto religiosa.
FARHADI mette bene in evidenza i contrasti tra una coppia del ceto medio, moderna e lontana dal fondamentalismo religioso, ed una coppia di estrazione proletaria con convinzioni e tradizioni cultural-religiose molto radicate. Due sorprese sono invece arrivate con l'attribuzione dell'orso d'argento per la regia al tedesco Koehler, che tratta la storia di una coppia che vive da 20 anni in Africa, con il marito che soffre della malattia del sonno. Quando la moglie Vera decide di tornare in Germania per occuparsi della figlia adolescente rimasta in patria, il marito Ebbo si trova davanti all'alternativa di perdere tutto cio' che ha costruito in Kamerun o perdere la moglie.
Francamente incomprensibile, invece, il Gran Premio della giuria andato con l'orso d'argento al regista ungherese Bela Tarr, che per due ore e mezza ha presentato una vicenda ispirata solo nel titolo ad un episodio storico riguardante il filosofo Friedrich Nietzsche, che il 3 gennaio 1889 a Torino avrebbe abbracciato il cavallo di una carrozzella maltrattato dal cocchiere, prima di cadere due giorni dopo nella pazzia, a cui pose fine la morte dieci anni dopo la morte. Dal punto di vista tecnico la realizzazione eccezionale del film e' costituita da un lungo piano sequenza di ben 10 minuti, mentre tutta la vicenda non ha nulla a che vedere con Nietzsche, ma pone al centro la triste e monotona storia di un vecchio contadino con un braccio paralizzato, che vive con la figlia in una casa di campagna in condizioni quasi primitive, mentre la macchina da presa inquadra le stesse operazioni della vita quotidiana che si ripetono per sette giorni.
Il cinema italiano e' stato del tutto assente dalla categoria in concorso in questa 61esima Berlinale, mentre un'altra grande cinematografia come quella francese e' tornata in patria a mani vuote. Il cinema americano ha salvato l'onore con l'orso d'argento per la migliore sceneggiatura al regista Joshua Marston, che ha portato sullo schermo una vicenda ambientata in Albania, incentrata sulla legge del sangue, una prassi che ancora oggi negli ambienti rurali detta le regole della convivenza civile con interminabili faide.
LA REDAZIONE
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