III. edizione 'I'VE SEEN FILMS’ - INTERNATIONAL FILM FESTIVAL (Milano, 30 settembre-9 ottobre 2010) - TORNANO DI SCENA LA CREATIVITA' E LA FANTASIA TECNOLOGICA DELL'ARTE DEL CORTOMETRAGGIO. IL PROGRAMMA DELLE PROIEZIONI
I’VE SEEN FILMS, fondato dall’artista internazionale RUTGER HAUER, e diretto da PIERPAOLO DE FINA presentera’ 250 lavori in Concorso da ben 72 nazioni.
26/09/2010
- Di prossima apertura, la terza edizione del Festival Internazionale 'I'VE SEEN FILMS’, che si svolgerà a Milano dal 30 settembre al 9 ottobre 2010.
'I'VE SEEN FILMS’, fondato dall’artista internazionale RUTGER HAUER, e diretto da PIERPAOLO DE FINA presentera’ 250 lavori in Concorso da ben 72 nazioni.
Quattro le location del Festival: il cinema Gnomo, lo Spazio Oberdan, il Centro Culturale Francese, ed il prestigioso Palazzo Reale di Milano presso il quale avrà luogo, venerdì 8 ottobre alle ore 21:00 la Serata di Gala di Premiazione.
'I'VE SEEN FILMS’ - INTERNATIONAL FILM FESTIVAL si svolge grazie alla collaborazione con Comune di Milano - Cultura e con Provincia di Milano - Cultura con il Patrocinio di Regione Lombardia - Cultura, Lombardia Film Commission e il Consolato Generale del Regno dei Paesi Bassi.
IL PROGRAMMA DELLE PROIEZIONI:
‘I’ve Seen Films’ eccelle anche nel ‘salto in lungo’!
Oltre ad una ricchissima offerta di cortometraggi di autori da tutto il mondo e di eventi speciali, la terza edizione di ‘I’ve Seen Films’ si arricchisce quest’anno di una nuova sezione denominata ‘Salto in lungo’, dedicata ai lungometraggi. Una sezione di larghissimo respiro, con tanti generi differenti, da tutte le parti del mondo. Il ricchissimo programma di proiezioni accontenta tutti i gusti, anche quelli dei più esigenti cinefili.
Scopriamo assieme l’interessantissimo calendario di eventi speciali e di proiezioni di lungometraggi:
Giovedì 30 settembre
Gnomo Milano Cinema - Via Lanzone 30/A
Ore 20:30
‘Ebbe The Movie’ di Karin Af Klintberg e Jane Magnusson (Svezia, 2009, 91', Anteprima)
Ebbe Clarsson è l’enigmatico protagonista di questo documentario che racconta la sua breve parabola terrena, ma abbastanza intensa da farne un bel film. Carlsson (1947-1992) fu un editore/giornalista/investigatore privato che ebbe una lunga carriera come braccio destro ed amico di molti politici importanti del partito Social-Demostratico svedese, incluso il Primo Ministro Olof Palme, assassinato nei primi mesi dell’ 86 da mano ignota. Per anni Ebbe visse nell’ombra ricoprendo vari ruoli, ma dopo l’assassinio cominciò ad avventurarsi alla ricerca della verità dietro quell’omicidio. Molte critiche, molte perplessità, per un’opinione pubblica ancora poco avvezza ad avere a che fare con uomini pubblici dichiaratamente omosessuali. Una sorta di Rashomon dei giorni nostri. Un puzzle intricato, la biografia di Ebbe, un puzzle che ancora oggi si fatica a ricomporre in tutti i suoi pezzi, dandone uno sguardo definitivo.
Venerdì 1 ottobre
Gnomo Milano Cinema - Via Lanzone 30/A
Ore 20:30
‘One Eye Wide Open’ di Aner Preminger e Ami Drozd (Israele/Paesi Bassi, 2009, 52', Anteprima)
La storia dell’artista di culto Zvi Lachman, scultore e pittore israeliano di enorme talento e sensibilità nel decennio che va dal 1998 al 2008. Nei suoi lavori, nelle sue mostre e nel suo pensare esplorativo dell’arte, Lachman sfida in continuazione le molte ortodossie che regnano nell’arte contemporanea israeliana. La scelta stilistica di documentario di Preminger e Drodz è di raccontare le fasi del lavoro di questo abilissimo plasmatore della materia. Ed è proprio il materiale della scultura, in tutte le fasi della sua lavorazione, che vediamo scorrerci davanti agli occhi. E’ proprio la mano di Lachman che crea delle linee sulla carta, e quelle linee poi le vediamo assumere una forma finale. Una panoramica a 360 gradi sull’artista Lachman, e sull’universo umano che lo circonda. Oltre ai collaboratori, che contribuiscono con gioia a dare una forma alle idee di Lachman, c’è anche suo padre, che posa per lui. Ed è proprio il padre a domandargli come mai tiene gli occhi in quel modo mentre dipinge. La risposta del figlio dà un po’ il senso complessivo della sua arte. E probabilmente, anche della sua vita.
Sabato 2 ottobre
Centro Culturale Francese - Palazzo delle Stelline, Corso Magenta 63
Ore 15:30
Ramata di Léandre-Alain Baker (Senegal/Congo/Repubblica Centrafricana/Francia, 2009, 84’)
Ramata è la moglie di un alto funzionario senegalese, e come tale, in un ambiente borghese, dovrebbe sottostare a una certa morigeratezza di costumi. Ramata invece disubbidisce, e trascorre i suoi 30 anni di matrimonio cornificandolo allegramente: una contemporanea Madame Bovary africana, quasi. Ma dal classico di Flaubert si discosta per le motivazioni dell’amante di lei, ragioni che scopriremo essere forse condivisibili, ma che Ramata scoprirà troppo tardi. Ramata è una film di grande poesia; il regista Léandre-Alain Baker descrive con una finezza psicologica encomiabile la storia di una ribellione. La protagonista è un’emancipata donna europea in un corpo di donna africana. Vive senza alcuna sofferenza le restrizioni che le son dovute, per il semplice fatto che di queste restrizioni ha il coraggio di infischiarsene senza troppe difficoltà. C’è solo un momento in cui la sua emancipazione cozza con le regole, con la ‘tradizione’, ed è il nerbo del film, il punto da cui si dirama il dramma personale della protagonista. Questa è una storia europea, e la protagonista poteva essere una creatura di Antonioni o di Antonio Pietrangeli. E’ una storia africana, ma solo nel senso che la cornice è il Senegal. Lo sviluppo della trama, il tratteggio dei personaggi, anche le scelte registiche, sono tutti elementi che rendono questo film godibile a tutte le latitudini. Proprio perché è una storia che poteva svolgersi a tutte le latitudini.
L’unica peculiarità africana che si rintraccia è il tema della natura. Emerge con prepotenza, soprattutto verso la fine, la forza della natura, del mare che tutto inghiotte e tutto restituisce. E’ la forza della filosofia animista, che porta in primo piano il potere degli elementi naturali, ridimensionando le ambizioni, talvolta pericolose, dell’uomo.
Gnomo Milano Cinema - Via Lanzone 30/A
Ore 21:00
‘Gloss - Cambiare si può’ di Valentina Brandolini (Italia, 2009, 90', Anteprima)
Alex vive nell’apparente serenità la sua quotidiana routine in un negozio di profumi. Apparentemente, vive con serenità il suo status di transgender, con una clientela che la coccola, e la tratta con riguardo. Tutta apparenza, perché in realtà deve ancora trovare il coraggio di fare i conti con Alessandro, ovvero la sua identità maschile, che ha deciso di rimuovere violentemente dopo i 12 anni. Il percorso di Alex ci viene svelato man mano che il suo analista riesce a ricavarlo tramite sedute tradizionali e la pratica dell’ipnosi. E’ un film delicato e allo stesso tempo diretto su un tema attuale di cui si parla spesso, ma di cui si conoscono poco i risvolti interiori nonché pratici, il tutto frutto di una lunga riflessione e preparazione da parte della regista. Un mondo sommerso, quello dei transgender, che viene descritto senza alcun concessione al patetico e al ridicolo, ma semplicemente per quello che è: un mondo di persone alla ricerca di una propria identità.
Domenica 3 ottobre
Gnomo Milano Cinema - Via Lanzone 30/A
Ore 20:00
‘Totem Blue’ di Massimo Fersini (Italia, 2009, 92')
Questa è una ‘Sud Side Story’, ma di un sud che non ti aspetti. Ben lungi dallo stereotipo meridionale, piagnone e strappalacrime, qui siamo di fronte a un sud che è un ‘work in progress’, un sud che ha il volto di due vitelloni che cercano il grande affare della vita, ma tutto sommato con qualche ambizione di troppo… Massimo e Willy sono infatti due giovanotti che per uscire dal tedio della provincia pugliese, vogliono fare il botto con un videogame da loro creato. Al momento della presentazione, vengono presi per i fondelli dal ‘boss’, una inquietante figura androgina, trapiantata nel futuro. Per sfogarsi dopo la frustrazione, si buttano ‘on the road’ e trovano due belle ragazzette in vena di nuove avventure. Il vero brivido per il quartetto avviene quando trovano un morto nella spiaggia, che ha una caratteristica: possiede nella schiena un tatuaggio che è anche il simbolo del videogame… Girato tra il 2007 e 2008 nella zona del Salento, il regista Massimo Fersini ha tratto ispirazione da ‘una terra ricca di suggestioni e piena di contrasti’. Questo è ‘Totem Blue’. Un sud che si mette ‘on the road’ alla ricerca del brivido della novità. Ma come diceva Troisi in un classico del meridione, ‘Ricomincio da tre’: “Chi parte, sa da che cosa fugge, ma non sa cosa lo aspetta…”
Lunedi’ 4 ottobre
Spazio Oberdan – Viale Vittorio Veneto 2
Ore 21:00
Evento speciale con Francesco Baccini - Music & Film
Il cantautore e attore Francesco Baccini incontrerà il pubblico presentando il suo cortometraggio in concorso, e ricevera’ il premio “Music & Film” nel giorno del suo compleanno dalle mani di Rutger Hauer. A seguire, proiezione del cortometraggio di cui è il protagonista ‘Nerofuori’ di Davide Bini e Emanuela Mascherini (Italia, 2009, 19'), che parla di un incontro conflittuale di due solitudini; un cinquantenne rassegnato e una venticinquenne in cerca di certezze entrano in contatto grazie ad un fatale equivoco. La loro conoscenza sarà favorita e estremizzata da un viaggio in macchina che li vede costretti a condividere una giornata insieme del tutto inaspettata. Tutto accade in un giorno, in poche ore...troppo in fretta per capire chi hanno incontrato davvero...ma non troppo in fretta per non rimanerne colpiti.
Ore 22:00
‘Vous êtes servis’ di Jorge Leon (Belgio/Indonesia, 2010, 60', Anteprima)
Un documentario che mette i brividi. Mette i brividi perché il regista ed autore, Jorge Leon, scelto di raccontare il dramma della ‘schiavitù’delle giovani cameriere asiatiche. Ma mette ancora più inquietudine addosso perché il tono della narrazione è volutamente spoglio, senza esagerazioni retoriche. I volti delle protagoniste, costrette per la fame ad accettare lavori usuranti in Indonesia, sono volti che nonostante tutto esprimono una grande dignità, e anche un grande desiderio di vivere. La disperazione, che si legge nei volti tirati e nei corpi dimagriti, si esplicita anche nelle dolenti dichiarazioni che fanno davanti alla cinepresa. Senza nemmeno un commento musicale, che possa attutire l’insopportabile dolore che dà a noi spettatori nel vederle sullo schermo, figuriamoci a loro che vivono quotidianamente questa battaglia.
Oltre ai ritmi di lavoro disumani, l’umiliazione dei boss che vedono una domestica alla stregua di un animale da soma. Ricrediamoci sulla rassicurante idea che ci eravamo fatti alla scuola dell’obbligo, ovvero che la schiavitù è finita da un pezzo. La schiavitù purtroppo esiste e, fortunatamente, quantomeno ci sono dei cineasti che si prendono la briga di raccontarci questo orrore.
Martedi’ 5 ottobre
Spazio Oberdan – Viale Vittorio Veneto 2
Ore 20:00
‘In tempo, ma rubato’ di Giuseppe Baresi (Italia, 2009, 52')
Un documentario sul violoncellista Mario Brunello e sulla sua concezione della musica. È il musicista stesso che ci spiega il titolo: “In tempo ma rubato è l’indicazione che ho trovato su una partitura che meglio non potrebbe descrivere la libertà che un artista deve avere nel suo lavoro e nella vita”. E come esprime questa libertà Mario Brunello? Nel documentario diretto da Giuseppe Baresi, strutturato come una partitura musicale, vediamo i diversi momenti della carriera musicale del violoncellista, concerti ed esibizioni importanti sotto la direzione di Gustavo Dudamel, Claudio Abbado, Gidon Kremer o accanto a musicisti come Vinicio Capossela e Danilo Rossi, le appassionate lezioni agli allievi, le prove in solitudine alternati a momenti di contatto con la natura. Baresi ci spiega che ‘L’idea di questo documentario è nata dopo aver ascoltato le suite di Bach tra le dune del deserto durante un viaggio nel Sahara con Mario Brunello. Da allora lo abbiamo seguito nel corso di due anni in situazioni e luoghi diversi. Da una parte la macchina da presa raccoglieva pezzi di un diario, dall'altra prendevano forma domande sulla musica e un modo originale di interpretarla. Mario Brunello è prima di tutto un interprete. Non è un autore, parla per voce altrui. Eppure senza di lui quelle note rimarrebbero morte, non riuscirebbero a parlare a nessuno. Cosa significa essere un interprete? Che legame c’è tra un suono e il racconto? Come mantenere viva la musica classica?’
Ore 22:00
‘Upstream’ di Danyael Sugawara (Paesi Bassi, 2009, 100', Anteprima)
Siamo abituati, come spettatori, ad avere a che fare con film che raccontano conflitti insanabili fra genitori e figli, che spesso sfociano anche nel dramma. Per questo accogliamo con piacere Upstream, film olandese che invece sceglie una via più light, a tinte più leggere, nel raccontare la storia di un momento di crisi fra una madre e un figlio. Lui, il figlio, è un giovane che desidera rendersi autonomo nel lavoro. Lei, la madre, sta provando a rifarsi una vita con un lupo di mare, che cerca di trasferirle la passione per le barche. Madre e figlio si separano e si ritrovano periodicamente. Fanno le loro esperienze separatamente, ma c’è un affetto forte che li lega, e che li spinge a ritrovarsi di tanto in tanto. Un affetto che si solidifica col tempo, imparando a metter da parte le incomprensioni, le spigolature relazionali. E’ proprio questa la forza di Upstream: il rito costante e la sua attualità, nonché la possibilità di identificazione per lo spettatore. Winger Windhorst che interpreta il figlio è al suo primo ruolo importante, mentre Anneke Blok, la madre, è famosa nei Paesi Bassi al pubblico televisivo e cinematografico. Lo stesso regista, Danyael Sugawara, spiega che partendo dalla scelta dell’attrice, hanno scelto insieme il figlio, poiché al provino dimostravano un’ottima intesa reciproca. E in effetti ritroviamo anche in ‘Upstream’ questa naturalezza. L’autore ha scelto infatti le tinte leggere, non solo nei toni ma anche nella fotografia, e il risultato finale è la verosimiglianza, la credibilità di una storia che si porge agli spettatori con garbo e gradevolezza.
Mercoledì 6 ottobre
Gnomo Milano Cinema - Via Lanzone 30/A
Ore 21:00
‘Di mestiere faccio il paesologo’ di Andrea D'Ambrosio (Italia, 2010, 59')
La storia di Franco Armino è talmente singolare che sembra finta. E’ la storia di un uomo, un cinquantenne nato nella generazione dei baby boomers, che decide di staccare dai ritmi serrati della metropoli, per vivere e raccontare la calma della provincia irpina. Di mestiere fa il ‘paesologo’. Sembra una celia, invece è un mestiere serissimo, che permette di avere a che fare con realtà umane fuori dal tempo. Il film ci offre, attraverso le capacità narrative di Armino, di scoprire un pezzo d’Italia di cui abbiam sentito parlare l’ultima volta trent’anni fa, in occasione del terremoto. E cosa è accaduto da allora a oggi? E’ accaduto che i paesi dell’Irpinia sono diventati un angolo di mondo a parte, in cui i ‘superstiti’ vivono la loro fatale solitudine con una calma quasi zen. Nei volti di questa povera gente si legge la consapevolezza di un destino ineluttabile, al quale si sottopongono senza nemmeno scrollare le spalle. Parafrasando il capolavoro dei Cohen, l’Irpinia è un paese per vecchi. E la maestria e poesia con cui Franco Arminio riesce a far sì che gli abitanti si raccontino unita alla regia di Andrea D'Ambrosio che immortala quei paesaggi, costruiscono un documentario dai toni semplici, pacati, dal ritmo calmo che affascinano lo spettatore e lo interessano a luoghi rimasti ai margini e dimenticati, seppur pieni di storia e di vita. Uno spunto di riflessione pieno di interesse. Un piccolo saggio di antropologia che si segue con passione. E anche con un po’ di ammirazione, verso chi ha scelto, con coraggio, di fare il ‘paesologo’.
Giovedì 7 ottobre
Gnomo Milano Cinema - Via Lanzone 30/A
Ore 20:00
‘H.O.T. Human Organ Traffic’ di Roberto Orazi (Italia, 2009, 61')
Questo è un’agghiacciante documentario che racconta il sottobosco, pressochè misconosciuto, del traffico illegale di organi con un approccio strutturato nonché sensibile. Il tutto tramite l’esposizione di diversi punti di vista: da coloro che cercano persone disposte a vendere organi, ai chirurghi che effettuano i trapianti, a coloro che hanno deciso di vendere i propri organi per risanare la propria situazione familiare disperata, ai parenti delle vittime uccise per trafugarne gli organi. Ci passano davanti, durante i 60 minuti del documentario ideato da Riccardo Neri e diretto da Roberto Orazi, uomini che esibiscono una faccia pulita, addirittura rispettabile! Uomini uniti da una inquietante spregiudicatezza morale, che li spinge a giocare con le vite umane senza battere ciglio. E ciò avviene a tutte le latitudini: il documentario comincia in Brasile e termina in Nepal. La cupidigia, è l’aspetto più disgustoso di quei ‘rispettabili’ signori di cui parlavamo prima: la sfacciataggine con cui si dichiarano innocenti di fronte alla telecamera fa venire in mente la ‘banalità del male’di cui parlava Hanna Arendt a proposito del candore innocente che i gerarchi nazisti esibivano in tribunale. L’antropologa Nancy Scheper-Hughes, che nel 1999 ha co-fondato con Lawrence Cohen, l’Organs Watch Project allo scopo di analizzare e denunciare il traffico d’organi, oltre a collaborare alla realizzazione di questo documentario, fornisce la sua prima testimonianza in video. Le sue ricerche l’hannno portata nei posti e sulle scene del traffico di trapianti in vari paesi dell’America Latina, dell’Europa dell’Est, del Medio Oriente, del Nord America e dell’Asia, nel tentativo di identificare le reti criminali che mettono in contatto acquirenti disperati, ed altrettanto disperati venditori d’organi, con chirurghi e mediatori locali.
Questo film è una riflessione sulla disumanità dell’uomo e sulle grandi differenze di condizioni di vita in tutto il mondo, con la completezza e profondità del reportage e dell’inchiesta giornalistica.
Ore 21:20
Evento speciale Garofalo Firma il Cinema con la proiezione del cortometraggio
‘Armandino e il Madre’ di Valeria Golino (Italia, 2010, 15') che ci fa entrare nel cuore di Napoli: tra vicoli stretti, antichi palazzi e qualche abuso edilizio c’è ilMADRE, Museo d’Arte contemporanea, ospitato nello storico Palazzo Donnaregina. Da una parte le opere ed il silenzio delMuseo, dall’altra i panni stesi ad asciugare ed i suoni di una città sempre in movimento. Il contrasto è forte, gli opposti convivono l’uno accanto all’altro. Armandino è un vero scugnizzo napoletano, anche se la sua famiglia ha origini Rom. Per lui il Museo è un po’ casa un po’ luna-park, è abituato a scorrazzare in quelle grandi sale fin da quando era piccolissimo. Anche suo fratello maggiore Roberto ha una certa fama tra le ragazze che lavorano al Madre. E’ furbo, sveglio e bello come il sole. Sara, appassionata di arte contemporanea, da qualche mese lavora al MADRE. Sara e Roberto si piacciono ma non mancano le incomprensioni. In una girandola di luoghi, resi ancora più suggestivi dalle installazioni di artisti contemporanei del museo, si svolge il gioco amoroso tra Sara e Roberto. Al ritmo di un minuetto il piccolo Armandino, come un moderno Puck, dirige i due innamorati, li incanta con la sua lingua inventata e con la sua simpatia, determinandone liti e riappacificazioni, ben sapendo come alimentare l’amore di Sara e Roberto e come riempire il suo portafoglio.
Ore 22:00
‘Tangled Up in Blue’ di Haider Rashid (UK/Iraq/Italia/Emirati Arabi Uniti, 85')
In una Londra austera, caotica e ricca di umanità di varia specie, il protagonista vive un rapporto conflittuale con la memoria del padre, un famoso scrittore iracheno morto tragicamente, come tanti altri intellettuali, durante la guerra. Conflittuale perché da un lato lo considera un guru, e ascolta le sue parole piene di saggezza e di speranza tramite un registratore; dall’altro però, è tentato dall’ utilizzare la fama letteraria del padre per realizzare le sue ambizioni letterarie. Intanto, per allargare il quadro della sua inquietudine, si aggiungono anche le pene d’amore respinto… ‘Tangled Up in Blue’ è un film notturno. Quei grovigli che annidano nell’anima del protagonista, trovano la propria cornice ideale nel blu della notte. Un ragazzo figlio di un esule, e per chi ha vissuto quella situazione, la patria viene idealizzata, diventa un luogo dell’anima irraggiungibile. Ma il protagonista vive anche un altro tipo di esilio, sicuramente più profondo: un esilio da se stesso, cioè una lacerazione nel proprio animo, in una città, Londra, che ha il merito di ospitare tutti, ma allo stesso tempo di inghiottire tutti dentro un grumo indistinto. Questa è la prima produzione cinematografica italo-irachena, ed il titolo si ispira al singolo di Bob Dylan del 1975 ‘Tangled Up in Blue’ , tratto dall’album ‘Blood on the Tracks’. Una canzone che parla di un amore non corrisposto. Il regista, Haider Rashid, afferma che il film ‘sotto molti punti di vista, ci illustra anche la malinconia ed il perdono. Non vuole giudicare la vecchia generazione irachena. E’ semplicemente il punto di vista di una giovane, seconda generazione ‘in esilio’, che sogna il proprio Paese perduto. Haider Rashid è giovanissimo: a 25 anni ha già al suo attivo una notevole esperienza. E c’è da scommettere che in futuro saprà ripetersi ai livelli di questa struggente, bellissima ‘rapsodia’ in blu.
Venerdì 8 ottobre
Gnomo Milano Cinema - Via Lanzone 30/A
Ore 15:00
‘La maglietta rossa’ di Mimmo Calopresti (Italia, 2009, 53', Anteprima)
La finale di Coppa Davis in Cile, del 1976, la ricordiamo ancora oggi come un evento passato alla Storia, quella con la ‘s’ maiuscola. A distanza di oltre 30 anni, il famoso tennista Adriano Panatta è il protagonista di un bellissimo documentario che ha lo scopo di esaltare l’etica dello sport, il punto di incontro fra impegno civile e passione sportiva. Storicamente, l’Italia non ha mai prodotto molti film di argomento sportivo. E allora salutiamo con molto entusiasmo questo bel lavoro di Mimmo Calopresti, un documentario che non solo riesce ad essere edificante, ma allo stesso tempo anche molto coinvolgente.
Calopresti è bravissimo nel raccontare, attraverso le immagini, l’epica di uno sportivo, e più in generale l’epica di uno sport pulito, uno sport fatto di valori morali molto forti. Un’etica molto forte, quella che animava e anima Panatta, un percorso di coerenza morale che Calopresti ha voluto omaggiare. Regalando a chi già c’era lacrime di nostalgia. E a chi come i giovanissimi non c’era, un esempio di ribellione non comune: il carisma di uno sportivo messo al servizio, addirittura, di una sfida al regime fascista di Pinochet. Panatta, nella tranquilla saggezza dei suoi 60 anni, mostra tutte le sue doti di narratore, e ricorda con visibile orgoglio quel momento lì in cui con Bertolucci fecero la Storia, sfidando il regime di Pinochet solo con una maglietta. Ma quella maglietta, aveva un valore simbolico enorme.
Ci pensa l’amico Paolo Villaggio a sminuire il rischio della retorica. Raccontando, sì, episodi reali della loro amicizia, ma rivisti nella chiave paradossale tipica del comico genovese. Un film da vedere e rivedere. Un omaggio commosso a un’Italia che non c’è più. Ma di cui comunque rimarrà questa splendida testimonianza filmata.
Ore 20:30
Replica di ‘Tangled Up in Blue’ di Haider Rashid (UK/Iraq/Italia/Emirati Arabi Uniti, 85')
Palazzo Reale - Sala delle Otto Colonne - Piazza Duomo 12
Ore 21:00
Serata di Gala di Premiazione, un vero tributo agli autori dei film in concorso. Rutger Hauer premierà personalmente i vincitori assieme agli ospiti internazionali del festival. Presenterà Bill Bristow accompagnato dal trio vocale delle Blue Dolls. Special guest sara’ Francesco Baccini che festeggia quest’anno i 20 anni di carriera e si esibira’ sul palcoscenico di Palazzo Reale.
Con un programma di 250 lavori, tra cortometraggi e lungometraggi, da 72 Paesi e più di 100 anteprime italiane ed europee, ‘I’ve Seen Films’ è stato il primo festival che, sin dalla sua prima edizione nel 2008, ha permesso anche agli autori di cortometraggi di vedere proiettati i propri lavori in alta definizione digitale, segnando un chiaro punto di svolta e di innovazione nel mondo dei festival cinematografici.
L’ingresso è gratuito per tutte le proiezioni ed eventi speciali del Festival, in tutte le location e fino ad esaurimento dei posti disponibili.
ULTERIORI DETTAGLI nella rubrica 'EVENTI' di 'CELLULOIDPORTRAITS':
LA REDAZIONE
Nota: Si ringraziano il Presidente Rutger Hauer, il direttore PierPaolo De Fina e Alessandra Izzo (Ufficio Stampa)
|