31° Torino Film Festival (22-30 novembre 2013) - IL PROGRAMMA
Dal film di apertura LAST VEGAS di JON TURTELTAUB al film di Chiusura GRAND PIANO di EUGENIO MIRA, tutti i film in programma nelle varie sezioni: da 'TORINO 31' a 'FESTA MOBILE', da 'FESTA MOBILE EUROPOP' ad 'AFTER HOURS', da 'IG BANG TV' a 'TFFDOC'.
19/11/2013
- 31° TORINO FILM FESTIVAL - IL PROGRAMMA dei Film in tutte le SEZIONI:
VIDEO SPOT
FILM D’APERTURA (22 novembre, Auditorium “Giovanni Agnelli”, Torino)
LAST VEGAS (USA, 2013, DCP, 106’) di JON TURTELTAUB
con ROBERT DE NIRO, MICHAEL DOUGLAS, MORGAN FREEMAN e KEVIN KLINE
Conduttrice d’eccezione: LUCIANA LITTIZZETTO
I quattro amici Billy (il premio Oscar Michael Douglas), Paddy (il premio Oscar Robert De Niro), Archie (il premio Oscar Morgan Freeman) e Sam (il premio Oscar Kevin Kline) si conoscono da sempre; in occasione dell’addio al celibato di Billy, lo scapolo incallito del gruppo, decidono di partire per Las Vegas con il proposito di rivivere i loro giorni di gloria dimenticandosi della loro vera età. Billy finalmente si è deciso a sposare la sua compagna (ovviamente molto più giovane di lui). Ben presto però i quattro si rendono conto che la Città del Peccato è molto cambiata da come la ricordavano e la loro amicizia viene messa a dura prova. I Rat Pack possono aver calcato il palcoscenico del “Sands” e il Cirque du Soleil può adesso dominare la “Strip”, ma i nostri protagonisti la faranno ancora da padroni a Las Vegas. L’uscita italiana del film, distribuito da Universal Pictures International Italia, è prevista per il 23 gennaio 2014.
FILM DI CHIUSURA (30 novembre, Multisala Reposi, Torino)
GRAND PIANO (Spagna, 2013, DCP, 90’) di EUGENIO MIRA
con ELIJAH WOOD e JOHN CUSACK
"Suona una nota sbagliata e morirai": è il messaggio che un giovane e talentuoso pianista, ritiratosi dalle scene da anni a causa di un attacco di fobia da palcoscenico, trova scritto sul suo spartito nel momento in cui sta per iniziare il concerto del suo grande ritorno. Definito uno "Speed al pianoforte”, con le mani di Elijah Wood (esercitatosi per mesi) che effettivamente corrono sui tasti mentre cerca di smascherare il cattivo John Cusack, che gli parla da un auricolare. Alta tensione orchestrata dal regista di Agnosia, in un aperto omaggio a maestri come Spielberg, Zemeckis, De Palma e Hitchcock. L’uscita italiana del film, distribuito da M2 Pictures, è prevista per l’inizio del 2014.
TORINO 31
Riservata ad autori alla prima, seconda o terza opera, la principale sezione competitiva del festival presenta quattordici film realizzati nel 2013, inediti in Italia; i paesi rappresentati sono Canada, Corea del Sud, Francia, Giappone, Italia, Messico, Spagna, Stati Uniti, Thailandia e Venezuela. Come sempre incentrato sul cinema “giovane”, il concorso si rivolge principalmente alla ricerca e alla scoperta di talenti innovativi, che esprimano le migliori tendenze del cinema indipendente internazionale. Nel corso degli anni sono stati premiati ai loro inizi autori come Tsai Ming-liang, David Gordon Green, Chen Kaige, Lisandro Alonso, Pietro Marcello, Debra Granik. Un cinema “del futuro”, rappresentativo di generi, linguaggi e tendenze. Nel 2012, Shell di Scott Graham (Uk) ha vinto come Miglior film; Noi non siamo come James Bond di Mario Balsamo (Italia) e Pavillion di Tim Sutton (Usa) hanno ottenuto ex æquo il Premio speciale della giuria; Aylin Tezel per Am Himmel der Tag di Pola Beck (Germania) ha vinto il Premio per la migliore attrice, e Huntun Batu il Premio per il miglior attore per il film Tabun Mahabuda di Emyr ap Richard e Darhad Erdenibulag (Mongolia).
2 AUTOMNES 3 HIVERS di Sébastien Betbeder (Francia, 2013, DCP, 93’)
Il primo incontro tra un uomo e una donna è in realtà uno scontro. Il secondo una pugnalata al cuore. Così due trentenni, Arman e Amélie (Vincent Macaigne e Maud Wyler), si inseguono, si innamorano e vanno in crisi. E le stagioni si susseguono. Con tono scanzonato e malinconico, Betbeder, al Tff 2012 con Les nuits avec Théodore, omaggia la Nouvelle Vague stilando un manuale di istruzioni per la vita amorosa (e non solo).
LA BATAILLE DE SOLFÉRINO di Justine Triet (Francia, 2013, DCP, 94’)
6 maggio 2012, secondo turno delle elezioni presidenziali in Francia. Una cronista copre la diretta tv dai quartieri generali di Hollande. Ma la vita irrompe a complicare la situazione: l’ex marito disturbato si presenta all’improvviso per stare con le figlie. La Storia e le storie, il pubblico e il privato, la folla, le bambine, i risultati elettorali, tutto si mescola e si contamina. Con coraggio e intelligenza. Ancora con Vincent Macaigne.
BLUE RUIN di Jeremy Saulnier (USA, 2013, DCP, 92’)
Dwight Evans è un senzatetto che vive di espedienti nel Maryland. Dorme nella sua vecchia Pontiac blu, si lava nei bagni delle case vuote, rovista nei cassonetti della spazzatura in cerca di cibo. Nel momento in cui scopre che l’assassino dei suoi genitori sta per tornare in libertà, decide di mettere in atto un’irrazionale vendetta. Un revenge movie asciutto e serrato, opera seconda del direttore della fotografia Jeremy Saulnier.
BULG-EUN GAJOG (RED FAMILY) di Ju-Hyoung Lee (Corea del Sud, 2013, DCP, 99’)
Prodotta da Kim Ki-duk, una commedia “politica” via via sempre più cupa e tragica, sullo strappo insanabile fra Corea del Nord e Corea del Sud. Due famiglie vicine di casa (una vera e a pezzi, l’altra finta e apparentemente felice) lottano per la supremazia e, quando s’intravede la luce di un’amicizia, è troppo tardi. Realtà e sua messa in scena si mescolano in un amaro gioco delle parti. Una speranza, forse, solo per i più giovani.
CLUB SANDWICH di Fernando Eimbcke (Messico, 2013, DCP, 82’)
Hector e Paloma, un ragazzino di quindici anni e la sua mamma single, passano le vacanze in un albergo vicino al mare. Giocano, scherzano, si spalmano la crema solare, sono complici. E un bel giorno arriva Jazmin, una coetanea cicciottella più sveglia di lui, con la quale scatta subito l’attrazione. Primi, maldestri tentativi sessuali e una mamma terzo incomodo, raccontati con humor laconico dal regista di Lake Tahoe.
C.O.G. di Kyle Patrick Alvarez (USA, 2013, DCP, 88’)
David, rigido studente di Yale, decide di esplorare la vita e di passare l’estate raccogliendo mele in Oregon. La fidanzata lo molla per uno sconosciuto, il datore di lavoro è bizzarro, un collega vuole sedurlo. Tragicomiche avventure nel primo film tratto da un racconto di David Sedaris: ritratto esilarante, profondo e spietato di un personaggio alla scoperta del mondo, della sessualità, della spiritualità (C.O.G. sta per “Children of God”).
LE DÉMANTÈLEMENT di Sébastien Pilote (Canada, 2013, HDCam, 111’)
Gaby manda avanti la sua fattoria da una vita. Il suo matrimonio è andato a rotoli, le due figlie vivono da tempo a Montréal e hanno pochi contatti con lui. Quando la maggiore gli chiede un aiuto economico, lui è pronto a mettere in discussione la sua vita. Echi di Balzac (Papà Goriot) e Shakespeare (Re Lear) nella toccante opera seconda di Pilote, a due anni da Le vendeur (Tff 2011). Con Gabriel Arcand, fratello di Denys.
LA MAFIA UCCIDE SOLO D’ESTATE di Pif (Italia, 2013, DCP, 90’)
I momenti cruciali della sua vita, dal suo concepimento all’innamoramento per la bella Flora, coincidevano sempre con drammatiche stragi mafiose. Ma il palermitano Arturo ha un solo mito: Giulio Andreotti. Crescendo, apre gli occhi e matura. Esordio cinematografico di Pif, che mescola lo stile di (auto)analisi civile de Il testimone con la voglia di parlare di mafia con toni nuovi, sarcastici, ma non per questo meno dolorosi e commoventi.
PELO MALO di Mariana Rondón (Venezuela, 2013, 35mm, 95’)
Junior ha nove anni ed è ossessionato dalla sua lussureggiante chioma etnica, che tenta di lisciare con i metodi più ingegnosi. Vuole apparire cool come un cantante pop, almeno nell’annuario della scuola, ma si scontra con le ansie della madre, dura, brusca, provata dalla fatica e dalla solitudine. L’intima scoperta di sé nella Caracas scalcinata dei condomini popolari, dell’intolleranza, dell’isolamento.
LA PLAGA di Neus Ballús (Spagna, 2013, DCP, 82’)
Vite intrecciate nell’arsura di un’estate senza pioggia: un wrestler moldavo che lavora come bracciante, un agricoltore che coltiva cibo organico, una prostituta che attende nel nulla della campagna barcellonese, un’infermiera filippina e l’anziana Maria, deforme, con gravi difficoltà respiratorie ma attaccata alla vita e alla natura. Documento della marginalità, ma anche commedia lieve e quasi visionaria, con i veri protagonisti delle storie.
SAO KARAOKE (KARAOKE GIRL) di Visra Vichit Vadakan (Thailandia/Usa, 2013, DCP, 77’)
A Bangkok, la ventitreenne Sa lavora come escort in un locale di karaoke, per mantenersi e mandare soldi alla famiglia, poverissima, che vive in un villaggio. E si innamora di un coetaneo... Esordio che mescola sapientemente il documentario e la finzione per dare vita al ritratto sincero e appassionato di “una ragazza nella notte che non ha possibilità di scelta”, ma va ostinatamente avanti. Sa Sitjin interpreta se stessa.
SENSÔ TO HITORI NO ONNA (A WOMAN AND WAR) di Junichi Inoue (Giappone, 2013, HDCam,
98’)
Nel Giappone dilaniato dalla Seconda guerra mondiale, uno scrittore fallito, una prostituta frigida e un soldato monco cercano di sopravvivere: facendo i conti con la povertà, la disperazione e il Male. Eros e thanatos per un’opera prima shock, attonita e nichilista, che ha la ruvidezza del tardo Wakamatsu e il dolore di Oshima. Il ritratto di un paese sull’orlo dell’abisso, senza coordinate di riferimento; e un pugno nello stomaco che mette in gioco.
IL TRENO VA A MOSCA di Federico Ferrone e Michele Manzolini (Italia, 2013, DCP, 70’)
Nell’estate del 1957 si svolse a Mosca il 6° Festival mondiale della gioventù. Da 131 Paesi arrivarono circa 34.000 partecipanti. C’erano anche alcuni giovani, entusiasti cineamatori, delegati di Alfonsine, cittadina romagnola. La storia di un’illusione e della sua fine, raccontata con lucidità e commozione da uno dei protagonisti, Sauro, attraverso il montaggio dei tanti home movies girati da lui e dai suoi amici, a Mosca e altrove.
VANDAL di Hélier Cisterne (Francia, 2013, DCP, 90’)
Adolescente inquieto e ribelle, di padre nordafricano e madre francese, viene affidato agli zii di Strasburgo, per essere avviato al mestiere di manovale. Scopre invece il mondo notturno e misterioso dei graffiti urbani, con tutto il loro fascino tattile e materico. Dramma sociale che aderisce come una pelle alla realtà e ne trattiene tutta l’energia vitale, girato con un’ampiezza di sguardo che ricorda Michael Mann.
FESTA MOBILE
Santo protettore: Federico Fellini, al quale rendiamo omaggio, insieme alla Cineteca Nazionale di Roma, Medusa Film e Cinecittà – Deluxe, con l’anteprima del primo restauro digitale di 8 !.
Apertura: la commedia “matura” Last Vegas di Jon Turteltaub, dove i quattro amici Robert De Niro, Michael Douglas, Morgan Freeman e Kevin Kline vanno nella città del gioco per un addio al celibato (e relativo hangover) e fanno i conti con i difficili equilibri di un’amicizia che dura da una vita.
Chiusura: il thriller Grand Piano di Eugenio Mira, dove Elijah Wood deve suonare per la propria vita, minacciato da John Cusack, in una sorta di “Speed al pianoforte”.
Tra questi tre momenti, Festa mobile 2013 presenta come sempre (fuori concorso) il “bottino” di film che ci sono piaciuti, raccolti in giro per il mondo e ancora inediti in Italia: dal caotico viaggio di formazione della maldestra Greta Gerwig in Frances Ha di Noah Baumbach alla rincorsa surreale del cantautore protagonista di Inside Llewyn Davis dei fratelli Coen (due spaccati tipicamente newyorkesi); dall’inedito, romantico, impacciato James Gandolfini di Enough Said di Nicole Holofcener (omaggio postumo allo straordinario interprete di Tony Soprano) ai vampiri colti, girovaghi e riservati Tilda Swinton e Tom Hiddleston di Only Lovers Left Alive di Jim Jarmusch; dalla strana, laconica coppia di operai addetti alla segnaletica di una strada texana di Prince Avalanche di David Gordon Green (remake del film islandese vincitore del Tff 2011) alla solitaria lotta contro gli elementi di Robert Redford in All Is Lost di J. C. Chandor, tutti questi personaggi hanno parlato alla nostra intelligenza, al nostro gusto, alla nostra sensibilità.
In mezzo, una quantità di giovani autori: Nat Faxon e Jim Rash, gli sceneggiatori di Paradiso amaro di Alexander Payne che esordiscono nella regia con il “coming of age” The Way Way Back; l’algerina Narimane Mari, che in Loubia Hamra racconta la storia del suo paese attraverso un travolgente gioco di ragazzi; il polacco Pawel Pawlikowski che mette in scena con rigore doloroso la storia di Ida, giovane suora; gli americani Joe Swanberg e Chad Hartigan, che nel logorroico Drinking Buddies e nel doloroso This Is Martin Bonner tratteggiano, con toni molto diversi, storie di solitudini profonde, amicizie complicate, rapporti umani faticosi ma indispensabili; il canadese Sean Garrity con l’inquietante Blood Pressure, l’indiano Anurag Kashyap con il durissimo noir Ugly, la francese Katell Quilléveré con Suzanne, il piemontese Paolo Mitton con The Repairman. Tra gli italiani, Piera Degli Esposti che si racconta (e “viene raccontata”) in Tutte le storie di Piera di Peter Marcias, Alessandro Gassmann che, con Giancarlo Scarchilli, presenta la sua riflessione su Riccardo III (Essere Riccardo… e gli altri), Franco Battiato che, con Giuseppe Pollicelli e Mario Tani, ripercorre la sua ricerca creativa ed esistenziale in Temporary Road.
Ritornano autori che amano (ricambiati) il Tff, come i canadesi Don McKellar e Bruce McDonald, rispettivamente con una commedia “stile Ealing” ambientata in un villaggio di pescatori di Terranova (The Grand Seduction) e con l’umanissimo, nevrotico dramma di un marito tradito dalla moglie con un ragazzo minorenne (The Husband). E, last but not least, ritorna un autore che amiamo molto, Carlo Mazzacurati, che ci fa un gran regalo presentando proprio al Tff il suo nuovo film, La regina della neve, ancora un viaggio tra i dropout stralunati del Nordest, una caccia a un bottino, un repertorio tenero e amarognolo di bizzarra umanità nostrana. Grazie, Carlo.
ALL IS LOST di J.C. CHANDOR (USA, 2013, DCP, 106’)
Il regista del sottovalutato Margin Call si affida alla Natura e a ROBERT REDFORD, per un’avventura appassionante dove la sopravvivenza è dettata dalle difficoltà estreme di acqua e cielo. Oneman-show umanista, quasi un Corvo rosso non avrai il mio scalpo sull’oceano, un film hollywoodiano senza dialoghi come non se ne vedeva da tempo. Sfida contro il mercato e scommessa su un cinema a cui non siamo più abituati: vinte entrambe.
BLOOD PRESSURE di Sean Garrity (Canada, 2012, DCP, 95’)
Nicole ha 41 anni, un marito, due figli, un lavoro come farmacista. È il momento dei grandi bilanci esistenziali, dei dubbi, dei desideri inespressi. La lettera di un misterioso Osservatore che sembra conoscere bene il suo animo, oltre che le sue abitudini, fa precipitare la situazione. Thriller innestato su una vena di melodramma, lucido e sinistro, con una grande interpretazione di Michelle Giroux.
DRINKING BUDDIES di Joe Swanberg (USA, 2013, DCP, 90’)
Avrebbe potuto intitolarsi Talking, Flirting and Drinking: la storia di Kate e Luke, che lavorano in una fabbrica di birra e forse sono più che amici, dei loro attuali compagni, Chris e Jill, e di un weekend a quattro nel Michigan. Commedia ad alto tasso di chiacchiere e di alcol, diretta dall’eclettico Joe Swanberg (noto ai fan dell’horror) e quasi improvvisata da Olivia Wilde, Jake Johnson, Anna Kendrick e Ron Livingston.
ENOUGH SAID (NON DICO ALTRO) di Nicole Holofcener (USA, 2013, DCP, 91’)
L’altra faccia di Tony Soprano: ovvero, James Gandolfini impacciato, innamorato e tenero in una romantic comedy tra divorziati delusi, cauti e un po’ “orsi”. Al suo fianco, la razziatrice di Emmy Awards Julia Louis-Dreyfus e Catherine Keener. Sentimenti maturi, emozioni vere, ritrosie naturali e inevitabili equivoci, ben orchestrati dalla regista di Parlando e sparlando e di episodi di Sex and the City e di Six Feet Under.
FRANCES HA di Noah Baumbach (USA, 2012, DCP, 86’)
Un’aspirante ballerina affronta con malinconico stupore e incrollabile ottimismo le difficoltà di una vita ancora priva di direzione. Sullo sfondo di una New York in sfavillante bianco e nero, tra Woody Allen e Nouvelle Vague, Noah Baumbach (Il calamaro e la balena, Greenberg) tratteggia un personaggio femminile dalla contagiosa vitalità (Greta Gerwig, anche co-autrice) con vertiginosa libertà espressiva.
GRAND PIANO di Eugenio Mira (Spagna, 2013, DCP, 90’)
“Suona una nota sbagliata e morirai”: è il messaggio che un giovane pianista affetto da stage fright trova scritto sul suo spartito nel momento in cui sta per iniziare un concerto. Qualcuno l’ha definito “Speed al pianoforte”, e le mani di Elijah Wood (che si è esercitato per mesi) effettivamente volano, mentre ascolta la voce del cattivo John Cusack che gli parla dall’auricolare. Alta tensione orchestrata dal regista di Agnosia.
THE GRAND SEDUCTION di Don McKellar (Canada, 2013, DCP, 115’)
L’industria ittica è crollata e una comunità di pescatori di Terranova si sta spopolando. Quando un fabbricante di oggetti in plastica mostra interesse a impiantarsi là, il villaggio si scatena per trovare un medico che prenda la residenza (come richiede il contratto). Bizzarro, esilarante remake di un successo québecois del 2003, diretto dall’autore di Last Night e interpretato dal travolgente irlandese Brendan Gleeson.
THE HUSBAND di Bruce McDonald (Canada, 2013, DCP, 80’)
Alyssa, giovane insegnante, è finita in galera perché ha fatto l’amore con uno studente minorenne; il marito Henry si è destreggiato tra il loro bambino e il lavoro, ma adesso lei sta per tornare a casa. E Henry, con gelosia retrospettiva, decide che vuole incontrare il ragazzino suo “rivale”. Bruce McDonald dirige un dramma comico (o una commedia rabbiosa) sulla difficoltà a domare gli istinti, sulla furia, sulla compassione.
IDA di Pawel Pawlikowski (Polonia, 2013, DCP, 80’)
Polonia, anni ‘60. Ida è un’orfana della Seconda guerra mondiale cresciuta in un convento di suore. Prima di prendere i voti viene mandata dalla zia, con la quale è costretta a rileggere il proprio passato e l’identità dei genitori. Il nuovo film di Pawlikowski (My Summer of Love) è un’esplorazione elegiaca della storia patria raccontata con uno stile composto ma non pomposo e un uso rigoroso del bianco e nero.
INSIDE LLEWYN DAVIS di ETHAN e JOEL COEN (USA/Francia, 2013, DCP, 105’)
Nella New York del 1961, Llewyn è uno squattrinato cantautore folk che insegue il successo, un gatto, una nuova vita; ma non riesce a raggiungerli. (Il) logico seguito di A Serious Man, dove i Coen proseguono un discorso nato con L’uomo che non c’era: Llewyn è l’ennesimo personaggio in perenne affanno contro la vita e il suo irrimediabile caos. Struggente malinconia, tagliente sarcasmo esistenziale, umorismo e filosofia yiddish.
LAST VEGAS di JON TURTELTAUB (USA, 2013, DCP, 106’)
Quando Billy, scapolo incallito, decide di sposarsi, chiama i suoi tre amici di una vita e decidono di passare un weekend scatenato a Last Vegas. La città del gioco è cambiata e loro non sono più esattamente ragazzi: MICHAEL DOUGLAS, ROBERT DE NIRO, MORGAN FREEMAN e KEVIN KLINE, in una commedia che parte come una specie di Hangover senior e si trasforma poi in una riflessione sulla fatica e i segreti necessari per conservare una lunga amicizia.
LOUBIA HAMRA (RED BEANS) di Narimane Mari (Algeria/Francia, 2013, DCP, 77’)
Un gruppo di bambini sulle spiagge algerine, la magia dei momenti vuoti, l’ozio, le litanie, i sonnecchiamenti. E, all’improvviso, una spedizione di guerra, un gioco che rispecchia brutti “giochi” dei grandi: è la storia dell’Algeria raccontata attraverso la libertà e l'irriverenza dell’infanzia, in una coreografia di ombre e labirinti musicali technopop. Oltre La guerra dei bottoni e Il signore delle mosche: happening, prima che allegoria.
ONLY LOVERS LEFT ALIVE di JIM JARMUSCH (USA, 2013, DCP, 123’)
Adam (TOM HIDDLESTON) e Eve (TILDA SWINTON), due vampiri che si sono amati per secoli, si ritrovano nella Detroit odierna: e si riamano ancora, lottando per sopravvivere alla bruttura contemporanea. Jarmusch non ha perso un grammo del suo spirito battagliero e ironico: cast da applauso (c’è anche John Hurt nei panni del drammaturgo Christopher Marlowe, e poi MIA WASIKOWSKA, Anton Yelchin, Jeffrey Wright) per un inno all’indipendenza e alla libertà. Fra i migliori di Cannes 2013.
PRINCE AVALANCHE di David Gordon Green (USA, 2013, DCP, 94’)
Due amici stranamente assortiti (Paul Rudd ed Emile Hirsch) lavorano in solitudine per ridipingere la segnaletica orizzontale di una strada texana, nel mezzo di una foresta devastata da un incendio. Remake di Á annan veg, vincitore del Tff 2011, la nuova commedia esistenziale di David Gordon Green mescola lo stile rarefatto, amaro e malinconico dei suoi esordi con la comicità stoner di Pineapple Express o The Sitter.
LA SEDIA DELLA FELICITÁ di CARLO MAZZACURATI (Italia, 2013, DCP, 94’)
Un tatuatore separato e un’estetista affogata dai debiti. Un’assassina che vive in carcere e nasconde un segreto. Una misteriosa sedia che contiene dei gioielli. Un prete corpulento che insegue il bottino. Una caccia al tesoro stralunata che attraversa un Nordest abitato da una bizzarra umanità. Il nuovo film di Carlo Mazzacurati, con Valerio Mastandrea e Isabella Ragonese: “un impasto tra commedia pazzesca e film sentimentale”, con titolo alla Hans Christian Andersen.
SUZANNE di Katell Quillévéré (Francia, 2013, DCP, 94’)
Suzanne e Maria sono state cresciute dal padre dopo la morte della madre. Le due sorelle sono inseparabili, ma mentre la minore ha la testa sulle spalle, la più grande riesce sempre a mettersi nei guai. E la situazione si complica quando si innamora di uno scapestrato. Un film d’amore a tutto tondo con un personaggio femminile ispirato all’omonima canzone di Leonard Cohen (adattata anche da Fabrizio De André).
TEMPORARY ROAD – (UNA) VITA DI FRANCO BATTIATO di Giuseppe Pollicelli e Mario Tani
(Italia, 2013, Blu-Ray, 70’)
Franco Battiato si racconta: la sua ricerca creativa ed esistenziale, la meditazione, la trascendenza, lo scavo interiore. Una lunga intervista al musicista realizzata dal giornalista Giuseppe Pollicelli e dal regista Mario Tani, inframmezzata ai dietro le quinte dei concerti recenti, alla registrazione del nuovo album e ai momenti salienti dell’Apriti Sesamo Tour.
THIS IS MARTIN BONNER di Chad Hartigan (USA, 2013, HDCam, 83’)
Martin Bonner lavora in una organizzazione cristiana del Nevada che aiuta gli ex detenuti a reinserirsi nella vita quotidiana. Travis è appena uscito di galera e vuole riallacciare i rapporti con una figlia di cui ha perso le tracce. Due personaggi dolenti che trovano in una pudica solidarietà umana il senso di un nuovo attaccamento alla realtà. Dal Sundance un film controllato, consapevole, ricco di calorosa umanità.
UGLY di Anurag Kashyap (India, 2013, DCP, 128’)
Dal regista del capolavoro Gangs of Wasseypur (2012), un noir cupo e senza speranza. Il sequestro di una bambina mette in moto una giostra di umanità disgustosa: mentre il padre la cerca, circondato da polizia inetta, amici infidi e famigliari avidi, emerge una società collassata, marcia, cinica. La Bollywood senza canzoni e disperata, brutta sporca e cattiva, dipinge un Paese dove la vita si compra per una valigia di carta straccia.
THE WAY WAY BACK (C’ERA UNA VOLTA UN’ESTATE) di Nat Faxon e Jim Rash (USA, 2013, DCP, 103’)
Un’estate fondamentale per il nerd quattordicenne Duncan (Liam James): fra un patrigno sgradevole (Steve Carell) e una madre succube (Toni Collette), trova conforto nel solare Owen (Sam Rockwell) e nel suo parco acquatico Water Wizz. E l’ingresso nella maturità sarà meno tormentato. Un coming of age affettuoso per l’esordio alla regia degli sceneggiatori di Paradiso Amaro di Alexander Payne (Tff 2011). Con un grande cast (anche Amanda Peet e, irresistibile, Allison Janney, la vicina logorroica).
8 ! di Federico Fellini (Italia/Francia, 1963, DCP, 138’)
Che dire? La sintesi del genio felliniano, in bilico tra sogno e ossessione, delirio e femminilità, memoria e malinconia. Con l’alter ego Marcello Mastroianni e le icone Anouk Aimée, Claudia Cardinale, Sandra Milo, Barbara Steele, ecc. ecc. Il film, a vent’anni dalla morte dell’autore e a cinquanta dalla sua uscita, viene proiettato in anteprima nel nuovo restauro digitale realizzato da CSC-Cineteca Nazionale, RTI-Gruppo Mediaset e Deluxe. (Festa Mobile / Federico Fellini)
ESSERE RICCARDO… E GLI ALTRI di Giancarlo Scarchilli (Italia, 2013, DCP, 61’)
Looking for Richard in compagnia di Alessandro Gassman, che rivisita in chiave burtoniana la celebre tragedia di Shakespeare. Dalla “Genesi dello spettacolo” alla “Sera della prima”, passando per le “Prove”, “La messa in scena”, “L’attesa per il debutto”, entriamo nel cuore pulsante di RIII - Riccardo III, di cui Gassman è regista e protagonista. Un documentario propedeutico allo spettacolo, da recuperare a teatro. (Festa Mobile / Nel nome di Riccardo III)
TUTTE LE STORIE DI PIERA di Peter Marcias (Italia, 2013, DCP, 80’)
Tutto (o quasi) su Piera Degli Esposti. L’infanzia, il rapporto con la madre, la relazione con Marco Ferreri, le testimonianze di Dacia Maraini, Marco Bellocchio, i Taviani, Giuseppe Tornatore... Le immagini di repertorio si alternano alle interviste per comporre un affettuoso omaggio a una delle più grandi attrici italiane. A Piera Degli Esposti viene conferito il Premio Maria Adriana Prolo 2013 alla carriera. (Festa Mobile / Premio Maria Adriana Prolo)
THE REPAIRMAN di Paolo Mitton (Italia, 2013, DCP, 89’)
Scanio è un ingegnere fallito che si guadagna da vivere riparando macchine da caffè. La sua vita ondeggia tra amici che sottolineano la sua mancata carriera, parenti che lo incitano, un contesto che ogni giorno gli appare più estraneo. Fino all’arrivo di una ragazza inglese appena giunta in Italia. Esordio del piemontese Paolo Mitton, una commedia sulla realizzazione personale ambientata nella campagna cuneese. (Festa Mobile / Proiezione Speciale)
FESTA MOBILE - EUROPOP
Quali sono i film che in Europa attraggono gli spettatori tanto da diventare fenomeni di consumo popolare e che dunque in qualche modo ci dicono ciascuno qualcosa di profondo dello spirito del loro Paese? Su cosa ridono gli spettatori cinematografici francesi, cos'è che fa venire i brividi a quelli della Polonia, cos'è che fa emozionare e commuovere gli spettatori cinematografici svedesi? Ecco a voi Europop, una sezione nuova nuova, nella quale potrebbe capitare di imbattersi in film di grande intrattenimento che a volte vengono colpevolmente ignorati dai festival, o che magari son destinati ad essere celebrati culturalmente solo in forma postuma, nelle retrospettive dove si rimpiangono i bei film di una volta che facevano ridere, o piangere o morire di paura. Credo che questa passeggiata tra le vette del box office europeo possa essere molto istruttiva, una specie di vivace reportage sui divertimenti di massa degli abitanti dei Paesi del nostro stesso continente, per tanti versi destinati ad influenzarsi reciprocamente, ma il cui prodotto nazionale, sebbene di straordinario impatto sul proprio pubblico, per misteriosi motivi legati ai meccanismi distributivi a volte fatica a superare i patrii confini. Si tratterà comunque di un’esperienza che non può per definizione risultare noiosa, anzi, viene da garantire: sarà un successo. Aggiungo che è con piacere che abbiamo chiesto ad un eroe del cinema popolare italiano come Claudio Amendola, al suo debutto come regista con un film ovviamente ancora inedito nelle sale, di chiudere in gloria la breve ma significativa selezione di quest’anno.
ALCESTE À BICYCLETTE (MOLIÈRE IN BICICLETTA) di Philippe La Guay (Francia, 2013, DCP,
104’)
Serge (Fabrice Luchini) ha dato l’addio alle scene e vive da eremita sull’Île de Ré. Gauthier (Lambert Wilson), star della tv, gli propone di recitare Il misantropo di Molière. Così i due iniziano a provare scambiandosi i ruoli. Una sfida continua e un affilato duello verbale che porta alla luce insicurezze professionali e, complice anche una bella italiana (Sansa), mette alla prova la loro amicizia. Ha incassato circa 10 milioni in patria.
DROGÓWKA (TRAFFIC DEPARTMENT) di Wojciech Smarzowski (Polonia, 2013, DCP, 117’)
Un reparto della polizia stradale di Varsavia, tra multe e autisti ubriachi, corruzione, sesso, testosterone. Un agente viene accusato, dopo una notte brava, di aver ucciso un collega, amante della moglie. Un film polacco che mescola le atmosfere del poliziesco all’americana con gli affreschi noir di Olivier Marchal. È stato il maggior incasso dell’anno in patria, superando Iron Man 3 e il sequel dei Puffi.
MONICA Z (WALTZ FOR MONICA) di Per Fly (Svezia, 2013, DCP, 111’)
La vita e la carriera di Monica Zetterlund, icona del jazz scandinavo tra gli anni ’60 e ’70. La fuga dalla piccola città natale, l’arrivo a New York, le cocenti delusioni, l’alcol, lo straordinario successo in patria. Pura biopic, diretta da Per Fly (L’eredità, Gli innocenti) e interpretata dall’esordiente Edda Magnason. È appena uscito nelle sale svedesi diventando subito uno dei maggiori successi della stagione.
LA MOSSA DEL PINGUINO di Claudio Amendola (Italia, 2013, DCP, 94’)
Nel 2005, a Roma, un giovane spiantato e sognatore convince alcuni amici a metter su una squadra di curling per partecipare alle Olimpiadi invernali di Torino. Usando i soldi destinati alla nuova casa, all’insaputa della moglie. Claudio Amendola esordisce nella regia con una commedia che strizza l’occhio a Febbre da cavallo e a Full Monty, senza dimenticare la retorica sportiva. Con Edoardo Leo, Ricky Memphis, Antonello Fassari, Francesca Inaudi e un inedito Ennio Fantastichini.
THE STAG di John Butler (Irlanda, 2013, DCP, 94’)
Come passano l’addio al celibato gli irlandesi? Non tra sbronze e ragazze, ma mettendosi in marcia nei boschi per ritrovare una vita naturale, tra soli maschi. È quello che capita a cinque amici molto urbani e poco sportivi, che si ritrovano però in compagnia di “The Machine”, il fratello della sposa, un energumeno grande, grosso, incolto e allenatissimo. Commedia scatenata non ancora uscita in patria (ma a Toronto il pubblico rideva ogni due minuti).
AFTER HOURS
Dal vocabolario on line Treccani: after hours - agg. e s. m. –
1.
a. Fuori orario, dopo la chiusura, e sim.: un bar, un locale after hours.
b. s. m. Festa in ore notturne; locale aperto nelle stesse ore: frequentare gli after hours.
2. Nel linguaggio del jazz, in varie locuzioni riferite all’abitudine dei musicisti di recarsi a suonare, dopo il lavoro e quasi sempre gratuitamente, in locali notturni: un circolo, un incontro, una riunione jazzistica after-hours.
3. Nel linguaggio finanziario, con riferimento alle contrattazioni che avvengono, per via telematica, dopo l’orario ufficiale di chiusura del mercato di borsa.
Il richiamo della Treccani al linguaggio del jazz è interessante, perché uno dei tanti titoli che avevamo immaginato per questa sezione era stato ‘Round Midnight, cioè proiezioni che si svolgono “intorno a mezzanotte”, ma anche il titolo di un celeberrimo brano jazz di Thelonious Monk e del bel film che al jazz dedicò Bertrand Tavernier nel 1986. Nonostante abbiamo rinunciato a questo titolo (perché i film non passano davvero a mezzanotte, ma intorno alle 22), si tratta comunque di un curioso cortocircuito di idee, sensazioni e analogie. After Hours è fatta per quei film che, per atmosfera, impianto narrativo e produttivo, eccentricità o provocazione, un tempo, quando nelle sale esisteva il doppio programma, venivano programmati nell’ultima fascia notturna (o nei drive in o a mezzanotte nei festival). Spesso in odore di cult, oppure semplicemente bizzarrie per spettatori fanatici. Naturalmente, c’erano alcuni generi privilegiati: horror, fantascienza, thriller, noir, ma anche campioni del surrealismo, autori “notturni” e produzioni tra la serie B e la Z. Un universo che, per alcuni decenni, si è intrecciato con quello della cinefilia più libera e spericolata. Ecco dunque un horror “ecologico” ambientato in cima alle Alpi, Blutgletscher, diretto da Marvin Kren, il regista di Rammbock (il primo zombie movie tedesco), e un angosciante esercizio orrifico sulla cospirazione, The Conspiracy di Christopher MacBride; una distopica escursione “asimoviana” nella fantascienza da camera, LFO di Antonio Tublén, e un’invasione aliena stile Ultracorpi in quello che a prima vista pare un college movie, Plus One di Denis Iliadis; una compilation di
horror found footage, V/H/S/2, sequel del film presentato al Tff lo scorso anno, e l’omaggio a un autore italiano che si cimentò nel genere negli anni ’70, L’etrusco uccide ancora di Armando Crispino. Ci sono due vendicatrici: la protagonista di un durissimo thriller belga sui preti pedofili, Au nom du fils di Vincent Lannoo (in concorso nel 2011 con Vampires), e la farmer ex prostituta che si scatena nel western di Logan Miller Sweetwater. Ci sono poliziotti deviati e tarati, come quelli turpi e imbroglioni di Wrong Cops di Quentin Dupieux e quelli inquietanti e violenti di Big Bad Wolves, il film israeliano di Aharon Keshales e Navot Papushado che ha entusiasmato Quentin Tarantino; ci sono assassini per caso, come il nervoso protagonista del cupo noir canadese Whitewash di Emanuel Hoss-Desmarais, o per scelta, come il lucido serial killer di Caníbal, agghiacciante percorso nella follia dello spagnolo Martín Cuenca. Poi, ci sono due bizzarri mockumentary, popolati di personaggi svitati e imprevedibili, come Männer zeigen Filme & Frauen ihre Brüste di Isabell Suba, che nel 2012 mandò a Cannes al suo posto un’attrice per riprenderla durante la corvè, o come Computer Chess di Andrew Bujalski, dove si racconta una sfida tra campioni di scacchi e computer, in uno sperduto motel all’inizio degli anni ’80. Infine, due nomi eccellenti: il re dei folli Alejandro Jodorowsky, che in La danza de la realidad racconta (alla sua maniera) la propria vita; e l’imprevedibile Shane Meadows, fanatico ammiratore della band degli Stone Roses, che in The Stone Roses: Made of Stone si è messo alle loro costole con la macchina da presa per documentare la loro riunione e l’entusiasmo dei fan.
AU NOM DU FILS di Vincent Lannoo (Belgio, 2012, DCP, 82’)
Dopo il suicidio del figlio adolescente, una fervente cattolica scopre scomode verità: un prete molestava il ragazzo, mentre il marito morto, nei suoi "ritiri spirituali", si preparava alla guerra santa contro l’Islam. Diventa una vendicatrice sanguinaria. Parassitismo, pedofilia, integralismo: dall’autore di Vampires (in concorso al Tff 2011), una commedia scomoda e ultra-caustica, che tratta temi pesantissimi con irriverenza disinvolta.
BIG BAD WOLVES di Aharon Keshales e Navot Papushado (Israele, 2013, DCP, 110’)
Una bambina scompare e dopo pochi giorni viene ritrovata violentata e uccisa in un bosco. Un poliziotto ruvido e spiccio è convinto che il responsabile sia un solitario insegnante: quando viene sospeso, cerca la sua vendetta privata con il padre della vittima. Dagli autori di Rabies, un thriller israeliano venato di cinico humor nero, su sospetto, violenza, colpa e i lati oscuri della natura umana. Molto amato da Quentin Tarantino.
BLUTGLETSCHER (THE STATION) di Marvin Kren (Austria, 2013, DCP, 93’)
In un’isolata stazione metereologica delle Alpi tedesche, un gruppo di ricercatori studia le conseguenze dei mutamenti climatici. Alla vigilia di una visita ministeriale, da un ghiacciaio che si sta sciogliendo comincia a colare un misterioso liquido rosso. Con effetti genetici devastanti sugli organismi circostanti. Suspense a mille per l’horror d’assedio diretto dal regista di Rammbock, primo zombie movie tedesco.
CANÍBAL di Manuel Martín Cuenca (Spagna/Romania/Russia/Francia, 2013, DCP, 116’)
Notte, una coppia in auto, un incidente provocato da un'auto che arriva dalla direzione opposta. Il conducente scende e porta via il corpo della donna. Entriamo così nella storia di Carlos, un bravo, solitario sarto di Granada che, in privato, nella notte, è un serial killer. Thriller tesissimo e quasi senza sangue e vertiginosa discesa nelle emozioni e negli agguati di un predatore (magnifica la scena sulla spiaggia), diretto dall'autore di La mitad de Óscar.
COMPUTER CHESS di Andrew Bujalski (USA, 2013, HDCam, 91’)
In un motel americano, all’inizio degli anni ’80, si svolge un torneo di scacchi tra veri giocatori e computer. Girato con una videocamera d’epoca, percorso da geniali e goffi ricercatori informatici che, in una sorta di rivincita sociale, studiano programmi capaci di battere gli umani, e dalle coppie di una convention di autocoscienza sessuale, un mockumentary surreale, pieno di gusto vintage e di strambo intimismo nerd.
THE CONSPIRACY di Christopher MacBride (Canada, 2012, DCP, 84’)
Due amici filmmaker decidono di girare un documentario su un uomo che, per strada, urla ai passanti le sue teorie cospirazionistiche. Quando costui scompare, i due si mettono sulle sue tracce: ritrovandosi imprigionati dentro qualcosa più grande di loro. Tra mockumentary e found footage, un horror politico e satanista, che scava dietro i paraventi della menzogna e del potere. Grande suspense, e un’ultima mezz’ora al cardiopalma.
LA DANZA DE LA REALIDAD di Alejandro Jodorowsky (Cile, 2013, DCP, 130’)
Una pioggia di sardine sulla spiaggia, un padre macho con il mito di Stalin, e teschi, storpi, folli: l’autobiografia surreale di Alejandro Jodorowksy, nato nel 1929 a Tocopilla, fra costa e deserto cileni. Una catena di memorie e fantasie grottesca e straniata, che segna il ritorno alla regia, dopo 23 anni, di un grande visionario, che fa anche i conti con la propria vita.
L’ETRUSCO UCCIDE ANCORA di Armando Crispino (Italia/Germania/Jugoslavia, 1972, 35mm,
105’)
Un misterioso assassino massacra a bastonate giovani coppie che si sono appartate vicino a una necropoli etrusca. Una tomba svela degli affreschi del dio Tuchulcha che uccide due amanti. E poi, il Requiem di Verdi al registratore, scarpe rosse infilate ai piedi di tutte le vittime, un inseguimento in auto tra le stradine di Spoleto, un oscuro trauma infantile: un cult del giallo italiano anni ’70, diretto da un autore che non aveva paura del genere.
LFO di Antonio Tublén (Svezia/Danimarca, 2013, DCP, 95’)
Un tecnico del suono depresso, svalvolato e maltrattato dalla moglie scopre una frequenza grazie alla quale può ipnotizzare e piegare al suo volere chi l’ascolta. Dapprima la utilizza per portarsi a letto la bella vicina, poi si fa prendere la mano dall’egoismo e dall’altruismo. I toni bruni e laconici del cinema scandinavo trovano nuova vitalità in questa black comedy dai risvolti drammatici e distopici, che inquieta e fa sorridere.
MÄNNER ZEIGEN FILME & FRAUEN IHRE BRÜSTE (MEN SHOW MOVIES AND WOMEN THEIR
BREASTS) di Isabell Suba (Germania, 2013, DCP, 83’)
Nel 2012, una giovane regista tedesca fu invitata al Festival di Cannes con un suo cortometraggio. Al suo posto mandò un’attrice, seguendola di nascosto per documentare il dietro le quinte: mondanità, lustrini, tappeti rossi, infiltrarsi ai party, corteggiare le ragazze, stiparsi in quattro in un monolocale, battibecchi e incomprensioni con l’amico produttore. Quasi un mockumentary per un affresco inedito sul cinema e i suoi rituali.
PLUS ONE di Dennis Iliadis (USA, 2013, DCP, 97’)
Un gruppo di liceali alle prese con la preparazione di una festa. Le situazioni e le atmosfere da college movie, tra John Hughes e Project X, vengono ribaltate quando un meteorite colpisce la terra e letteralmente “sdoppia” i personaggi del film. Un mix di commedia adolescenziale e fantascienza, ricco di ironia cinefila e originalità di scrittura, diretto da Dennis Iliadis, autore del remake di L’ultima casa a sinistra.
THE STONE ROSES: MADE OF STONE di Shane Meadows (UK, 2013, DCP, 96’)
Il 18 ottobre del 2011, gli Stone Roses, leggendaria band britannica nata nel 1984 e sciolta nel 1996, annunciano la loro riunione, per tre concerti a Heaton Park, Manchester. 220.000 biglietti venduti in 68 minuti. Tra i fan sfegatati, Shane Meadows, che si appiccica al gruppo per filmare l’evento, le prove, i tentativi, il concerto a sorpresa in un pub di Manchester, con ingresso libero per i primi 1.500 capaci di esibire memorabilia d’epoca.
SWEETWATER di Logan Miller (USA, 2013, DCP, 95’)
Un proprietario terriero fanatico religioso, una bella ex prostituta che ha sposato un agricoltore messicano e uno sceriffo rinnegato si danno la caccia nel New Mexico di fine ‘800. Un western che mescola violenza e comicità (soprattutto nel personaggio folle e sbrigativo dello sceriffo Ed Harris). Tra Harris, Jason Isaacs ed Eduardo Noriega, spicca la vendicatrice January Jones (Mad Men), seguace della Sposa di Tarantino.
V/H/S/2 di Simon Barrett, Jason Eisener, Gareth Evans, Gregg Hale, Eduardo Sànchez, Timo
Tjahjanto e Adam Wingard (USA, 2013, 35mm, 96’)
Il sequel di V/H/S (Tff 2012): ancora una volta una collezione di episodi e frammenti horror in stile found footage, diretta a più mani. E fra fantasmi, zombi e alieni, è un pugno nello stomaco Safe Heaven, diretto da Gareth Evans (The Raid, in concorso a Torino 2011) e Timo Tjahjanto, un tour de force satanico senza esclusione di colpi. Splatter e gore vanno a braccetto, con una leggera dose d’ironia. Forse superiore all’originale.
WHITEWASH di Emanuel Hoss-Desmarais (Canada, 2013, HDCam, 90’)
Notte, una strada deserta: un uomo su uno spazzaneve, il cadavere di un altro che viene nascosto sotto la coltre bianca. Mentre il primo vaga confuso nelle foreste canadesi, i flashback rivelano il suo legame con il secondo. Una black comedy disperata, cinica, onirica e allucinata, che ricorda Fargo per toni e ambientazione, con un bravissimo Thomas Haden Church protagonista pressoché unico, delirante e borbottante.
WRONG COPS di Quentin Dupieux (Francia/USA, 2013, DCP, 82’)
Un mucchio selvaggio di poliziotti della stradale: brutti sporchi e cattivi. Spacciano erba, sono negligenti, erotomani, stupidi. La nuova commedia di Quentin Dupieux (alias Mr. Oizo, al Tff lo scorso anno con Wrong) gioca con i generi mischiando il consueto cinismo surreale con un tocco di demenziale comicità. Irriverente, esilarante, inclassificabile. Una versione di Scuola di polizia virata in acido. Con una botta finale.
IG BANG TV
Jane Campion, Holly Hunter, Peter Mullan, David Fincher, Kevin Spacey, Robin Wright, Sean Durkin, Eddie Marsan. Fino a qualche anno fa, un simile elenco di nomi poteva solo essere associato al mondo del cinema tradizionalmente inteso; oggi è la lista delle personalità che animano la prima edizione di Big Bang Tv, neonata sezione con la quale il Torino Film Festival ufficializza il suo attento e non recente interesse per quello che accade nel mondo delle serie televisive. La tv non è soltanto “la nuova letteratura”, come titolava in settembre IL, supplemento mensile de “Il Sole 24 Ore”, ma un nuovo modo di intendere il cinema e la narrazione audiovisiva. È il luogo dove gli spazi di messa in onda e la struttura seriale si sono fatti catalizzatori capaci di esaltare la libertà artistica e creativa, permettendo agli autori di andare “fuori formato” rispetto ai canoni tradizionali, di osare tematicamente e stilisticamente come certo cinema hollywoodiano non può e non vuole più fare. Non stupisce quindi che, nelle recenti stagioni, donne e uomini di cinema abbiano deciso di approfittare di questa libertà cimentandosi in prodotti televisivi che, proprio grazie al loro contributo, hanno ulteriormente arricchito un linguaggio, uno stile e di una modalità di narrazione sempre più trasversali tra piccolo e grande schermo. Le serie selezionate dal Tff sono esempio di questo dinamismo linguistico capace di elevatissimi risultati artistici. Dopo la pionieristica esperienza del 1990 di Un angelo alla mia tavola, Jane Campion torna in tv con una miniserie in sei puntate acclamata internazionalmente. Top of the Lake, girata e ambientata nelle conturbanti location della Nuova Zelanda, parte da uno spunto “giallo” (l’investigazione di un’agente di polizia sulla sparizione di una dodicenne incinta) per esplorare con stile magico e misterioso un mondo fatto di comuni neofemministe, famiglie criminali, violenze quotidiane, passati che riaffiorano, legami familiari complessi e commoventi. E la Campion trova in Elizabeth Moss (già nel cast di serie come The West Wing e Mad Men), Peter Mullan, Holly Hunter e David Wenham gli interpreti capaci di dare ulteriore spessore ai suoi personaggi sfumati e mitologici.
Sono invece Kevin Spacey e Robin Wright i protagonisti della serie tv House of Cards, tratta dai romanzi di Michael Dobbs, già adattati in precedenza della BBC. Spacey e Wright sono gli Underwood, coppia ambiziosa e affamata di potere: lui è il leader del Partito Democratico al Congresso degli Stati Uniti, impegnato in una complessa vendetta contro il neoeletto Presidente che gli ha negato la nomina a Segretario di Stato promessagli; lei una moglie che lo supporta e lo pungola ma non si nega di sfamare la sua privata bramosia. Prima produzione di Netflix, House of Cards esalta i suoi chiaroscuri morali, il suo cinismo e la sua epica shakespeariana grazie al talento di David Fincher, che della serie è produttore esecutivo e regista dei primi due episodi, premiato anche con un Emmy per questa sua prima esperienza televisiva.
Alla sua prima esperienza in tv è anche il più giovane Sean Durkin, regista di quel La fuga di Martha, presentato al Sundance, a Cannes, a Toronto. Dalla natìa America, Durkin è volato in Inghilterra dove, per Channel 4, ha diretto una miniserie in quattro episodi scritta dal Tony Grisoni di tanti film di Terry Gilliam e della trilogia televisiva di Red Riding. Interpretata da Sean Harris, Rory Kinnear, Eddie Marsan e Kaya Scodelarion, Southcliffe ricostruisce in maniera narrativamente frammentata e non lineare la storia e le conseguenze di tre sparatorie in una piccola e immaginaria cittadina costiera del Kent, con uno stile asciutto, autunnale e raggelante nella sua analisi minuziosa di tragedie, dolori, colpe e redenzioni.
HOUSE OF CARDS di David Fincher (USA, 2013, HDCam, 109’)
SOUTHCLIFFE di Sean Durkin (UK, 2013, HDCam, 190’)
TOP OF THE LAKE di Jane Campion e Garth Davis (Australia/Nuova Zelanda/UK, 2013, HDCam, 360’)
TFFdoc
"Si può filmare solo la realtà, ma la si può anche creare." Béla Tarr
Dopo l'inatteso Leone d'Oro a Sacro GRA di Gianfranco Rosi si è scatenato un acceso dibattito su documentario e finzione, realtà e messa in scena della realtà. Al Torino Film Festival da sempre cerchiamo di mettere in tensione i due estremi e in particolare in TFFdoc ci piace far saltare i confini tra i generi. Ci siamo anche chiesti quale possa essere il senso di uno spazio dedicato esplicitamente al cinema documentario, nel momento in cui anche i grandi festival cominciano ad abbattere gli steccati. E abbiamo deciso di rispondere con una programmazione varia, nei temi e nelle forme, che sia capace di disegnare sugli schermi delle sale del festival la vitalità esplosiva che il documentario ha e che può aprire nuove strade per il cinema contemporaneo. Insomma, abbiamo messo dei paletti, ma solo per il piacere di farli saltare. Sia nella competizione internazionale - internazionale.doc che in quella italiana italiana.doc troverete un ventaglio di storie e di temi raccontati nei modi più diversi, spesso con un coinvolgimento diretto del/la regista nel proprio film, a dimostrazione di come la Storia e la Politica non siano solo accadimenti estranei a chi li narra, ma ne informino concretamente la vita. Un altro dato interessante è la presenza in italiana.doc di un numero altissimo di primi/secondi lungometraggi, tra l'altro di autori che arrivano al Torino Film Festival per la prima volta: una sorta di incoraggiante ricambio generazionale! Nello spazio fuori concorso - documenti - abbiamo cercato di individuare/creare alcuni percorsi tematici e formali. Un posto speciale trova il focus dedicato alle tematiche coloniali e postcoloniali. Siamo stati convinti a dedicare alcuni spazi al rimosso coloniale della storia, soprattutto europea, perchè pensiamo sia un modo per dotarsi di strumenti fondamentali per capire molti aspetti della contemporaneità (dalla costruzione delle identità nazionali e non, alle questioni legate alle migrazioni). Il film che ci ha convinti a percorrere questo percorso è The Stuart Hall Project del co-fondatore del Black Audio Film Collective e gigante del cinema documentario, John Akomfrah, dedicato alla figura di Stuart Hall - creatore dei Cultural Studies e uno dei teorici più acuti del nostro tempo insieme a Chomsky, Foucault, Sontag. Nel focus, insieme a Pays Barbare, il grido lancinante che Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi levano per squarciare il silenzio sul passato coloniale e sul presente barbarico italiano, trovano posto la folgorante opera prima di un giovane regista filippino, Anak Araw (Albino) di Gym Lumbera, due lavori della videoartista portoghese Filipa César, The Embassy e Cacheu, e Mille Soleils di Mati Diop, film alla ricerca, 40 anni dopo, dei protagonisti del film culto Touki Bouki di Djibril Diop Mabeti.
Due maestri del cinema, Claude Lanzmann e Rithy Panh, attraverso i loro ultimi film, Le Dernier des injustes e L'Image manquante, ci pongono di fronte all'impossibilità di narrare per immagini l'indicibilità dello sterminio e alla necessità di doverlo fare. Infine abbiamo creato un corto circuito tra due registi tra loro apparentemente lontanissimi, ma che speriamo possa dar vita a un gioco di sguardi e di immagini sulla possibilità del cinema di confrontarsi con la realtà: da un lato Béla Tarr, il grande regista ungherese che ha annunciato il suo ritiro dal cinema con The Turin Horse il film Orso d'Argento a Berlino a cui è dedicato il documentario in programma al festival, Tarr Béla, I Used to Be a Filmmaker di Jean-Marc Lamoure; dall'altro lato Alberto Grifi, la cui riflessione sul cinema e sul documentario continua a essere di stimolo per i cineasti italiani e non solo, come ha dimostrato il rinnovato interesse suscitato dalla versione restaurata di Anna il film girato tra il 1973 e il 1975 da Grifi insieme a Massimo Sarchielli. In collaborazione con la Cineteca Nazionale e con la Galleria Alberto Peola di Torino, mostreremo le 13 ore circa che raccolgono tutti i materiali, sia pellicola che video, che Grifi e Sarchielli utilizzarono per produrre Anna. I due registi si incroceranno virtualmente, ma concretamente in sala attraverso le interviste che due giovani critici e cineasti italiani, Alberto Momo e Donatello Fumarola, hanno realizzato con loro e che sono parte di un ambizioso progetto di creazione di un Atlante sentimentale del cinema per il XXI secolo.
internazionale.doc
BELLEVILLE BABY di Mia Engberg (Svezia, 2013, DCP, 75’)
Una telefonata da un tempo lontano fa riaffiorare ricordi ed emozioni: un caleidoscopio in cui il presente e il passato, la realtà e l’immaginazione si mescolano e si confondono. Mia Engberg ci suggerisce che noi siamo il risultato di scelte e accadimenti, ne portiamo le tracce, non si può prescindere dal passato, le cicatrici non si possono eliminare. Cos’è la finzione? Cos’è la memoria? Cos’è la realtà? Ma alla fine, importa davvero?
OS CAMINHOS DE JORGE (JORGE’S PATHS) di Miguel Moraes Cabral (Portogallo/Belgio/Francia,
2013, DCP, 63’)
Jorge è un anziano arrotino che solca le strade del Nord del Portogallo in sella alla sua moto. Come un cavaliere errante sembra non fermarsi mai. Ma i ricordi non gli danno pace e il mondo intorno a lui sta cambiando irreversibilmente. Un'opera prima dalla bellezza visiva mozzafiato che conferma la straordinaria vitalità del cinema portoghese contemporaneo.
CHRONIQUES EQUIVOQUES di Lamine Ammar-Khodja (Algeria/Francia, 2013, Blu-Ray, 61’)
Diario di un'estate particolare ad Algeri, l’anno delle celebrazioni dei 50 anni dell'indipendenza del paese dal colonizzatore francese. Un racconto “equivoco”, necessariamente frammentato, di una città al confine tra Africa ed Europa, una riflessione acuta e ironica sull'identità postcoloniale e le sue infinite possibilità di essere (o non essere).
E AGORA? - LEMBRA-ME (WHAT NOW? – REMIND ME) di Joaquim Pinto (Portogallo, 2013, DCP, 164’)
Il taccuino di un anno di cure sperimentali contro la VHC e l'HIV diventa un viaggio dentro il tempo e la memoria, attraverso la crisi e la globalizzazione; un viaggio nell'amore e nel conflitto, e anche un viaggio dentro il cinema europeo (De Oliveira, Monteiro, Techiné, Schroeter) che ha attraversato tutto il lavoro di Pinto, non solo regista, ma anche produttore e direttore del suono.
PORTRAIT OF A LONE FARMER di Jide Tom Akinleminu (Danimarca/Nigeria/Germania, 2013,
DCP, 75’)
Il regista torna in Nigeria, la terra che gli ha dato i natali e dalla quale partì ancora bambino con i genitori per raggiungere la Danimarca, paese d'origine della madre. In Europa la famiglia si spaccò. Di fronte a lui oggi c'è un uomo, un contadino nigeriano silenzioso e solitario: quell’uomo è suo padre. Insieme proveranno a far pace con il passato e con le proprie radici.
A SPELL TO WARD OFF THE DARKNESS di Ben Rivers e Ben Russell (Francia/Estonia, 2013, DCP,
95’)
Nel primo film realizzato a quattro mani da due dei registi più significativi del cinema contemporaneo, seguiamo un personaggio senza nome in tre momenti della sua vita: in una comune su un'isola estone, solo di fronte alla maestosità della natura finlandese ed infine in Norvegia sul palco dove si esibisce con una band Black Metal. Un viaggio estatico al confine fra fiction e documentario in cerca dell'utopia.
STOP THE POUNDING HEART di Roberto Minervini (USA/Belgio/Italia, 2013, DCP, 100’)
Dopo The Passage e Low Tide (Venezia 2012), questo è il terzo capitolo della trilogia texana di Minervini. Sara è un’adolescente cresciuta in una famiglia di allevatori che hanno educato i figli secondo i precetti della Bibbia. Ma quando Sara incontra Colby tutto il suo universo va in pezzi. Il film è un’esplorazione dell’adolescenza, dei valori sociali e familiari, dei ruoli di genere e della religione nell’America rurale del Sud.
TRÊVE di Carmit Harash (Francia/Israele, 2013, Video, 88’)
In Israele la guerra è ovvia, quotidiana e necessaria, e i momenti di tregua sono vissuti nell’attesa del prossimo conflitto, volontà di un immutabile destino. Terza parte, dopo Film de Guerre e A demain (Tff 2010), di una trilogia che si interroga sul rapporto tra gli israeliani e la guerra, attraverso una storia di famiglia.
THE UPRISING di Peter Snowdon (Belgio/UK, 2013, DCP, 78’)
Composto interamente di filmati realizzati dai cittadini di Tunisia, Egitto, Bahrain, Libia, Siria e Yemen, The Uprising ci mostra la Primavera araba dall'interno in un unico grande racconto di straordinaria potenza cinematografica, che immerge lo spettatore in quel momento irripetibile in cui la vita cessa di essere una prigione e tutto sembra diventare nuovamente possibile.
YUMEN di J.P. Sniadecki, Huang Xiang, Xu Ruotao (Cina/USA, 2012, HDCam, 65’)
Sospeso fra Ghost Story e Ruin Porn, Yumen è una combinazione caleidoscopica di documentario, arti performative e realismo socialista: alcuni personaggi solitari ridanno vita ad una grande storia collettiva, ormai perduta fra le rovine di quello che un tempo era uno dei principali centri dell'estrazione del petrolio nell'arido nord ovest della Cina.
italiana.doc
EMMAUS di Claudia Marelli (Italia, 2013, Blu-Ray, 85’)
Sardegna. Campagna nella provincia di Iglesias. Tre uomini: Antonello, Angelo e Fausto, le loro vite e loro storie dentro e fuori una “comunità terapeutica per le dipendenze patologiche”. Ciascuno, davanti e dietro la videocamera, sembra riappropriarsi del proprio spazio e del proprio tempo, in un cinema che restituisce istanti di amore e libertà.
I FANTASMI DI SAN BERILLO di Edoardo Morabito (Italia, 2013, DCP, 74’)
Goliarda Sapienza ci prende per mano e ci conduce fra i vicoli e le rovine di quello che rimane dell’antico quartiere San Berillo di Catania, distrutto nell’abbaglio del boom economico: un buco nero al centro della città, dove il tempo è sospeso, popolato da fantasmi di ieri e di oggi, crocevia delle storie che l’hanno attraversato, tra mito, cultura popolare e case chiuse.
FUORISCENA di Massimo Donati e Alessandro Leone (Italia, 2013, HDCam, 82’)
Fuoriscena è un racconto corale che abbraccia un anno nella vita dei giovani allievi dell'Accademia Teatro alla Scala, unica al mondo a formare tutte le figure professionali del Teatro d’Arte. Un'immersione nell’intimità, nella spettacolarità, nel rigore. Perché percorrere la strada verso il tempio della Scala è un privilegio che in cambio chiede tutto.
HABITAT [PIAVOLI] di Claudio Casazza e Luca Ferri (Italia, 2013, Blu-Ray, 60’)
“La casa, gli oggetti, le stampe e la natura di Franco Piavoli. A loro abbiamo chiesto di parlare.” Piavoli è uno dei più discreti e meno prolifici fra i grandi registi del cinema italiano. Questo ritratto, realizzato da due giovani autori, diventa luogo di condivisione di parole e immagini, dialogo fra due generazioni di artisti fuori dagli schemi alla ricerca del cinema del futuro.
IL LAGO di Yukai Ebisuno e Raffaella Mantegazza (Italia, 2013, HDCam, 65’)
Sulle rive di un lago un uomo e una donna affrontano insieme l'autunno della loro vita. Due culture che si incontrano e un amore che ha resistito alle intemperie degli anni, alla ricerca di un senso profondo della vita e della morte, tra le note di un canto e i versi di una poesia. Esordio nel lungometraggio dei vincitori di italiana.corti 2012.
EL LUGAR DE LAS FRESAS di Maite Vitoria Daneris (Italia/Spagna, 2013, HDCam, 90’)
Un’anziana contadina piemontese dedita al lavoro, un immigrato marocchino, una giovane regista spagnola: il loro incontro in uno dei mercati più grandi d’Europa, Porta Palazzo, si trasforma in uno spiraglio verso un mondo più bello. Con la stessa levità del film i confini e le differenze si affievoliscono e l’incontro è possibile.
LA PASSIONE DI ERTO di Penelope Bortoluzzi (Francia/Italia, 2013, DCP, 78’)
Erto è uno dei paesi che furono colpiti dall'ondata che nel 1963, tracimando dalla diga del Vajont, si abbatté nella vallata sottostante. Da secoli gli ertani, la sera del Venerdì Santo mettono in scena la Passione di Cristo: la tragedia della Storia e il Rito senza tempo si attraversano senza soluzione di continuità.
ROSARNO di Greta De Lazzaris (Italia, 2013, DCP, 70’)
L’osservazione silenziosa della vita di una piccola città della Piana di Gioia Tauro, dove la miseria di chi vi abita si incontra con quella di chi viene in cerca di un lavoro, e produce altra miseria. Uno sguardo doloroso sull’Italia che non era un paese povero, segno della crisi senza uscita dell’attuale sistema economico globale.
SANPERÈ! VENISSE IL FULMINE di Francesca Frigo (Italia, 2013, Blu-Ray, 70’)
In un centro d’accoglienza nel cuneese va in scena una tragicommedia dal titolo “Emergenza Nordafrica”. Qui, per quasi due anni, Diarra e i suoi compagni riempiono le loro giornate confrontandosi sulle proprie disavventure e sulle assurdità del mondo in cui sono capitati. Presto calerà il sipario e sarà ora di ripartire, ognuno per la propria strada.
IL SEGRETO di cyop&kaf (Italia, 2013, DCP, 89’)
A metà gennaio in molti quartieri di Napoli si celebra ancora il rito del cippo di Sant’Antonio. Passato il Capodanno i ragazzi vanno in cerca degli alberi di Natale abbandonati. Nei Quartieri Spagnoli la banda di Checco Lecco accumula abeti in uno luogo segreto, uno spazio creato dal crollo di un palazzo nel terremoto dell'80. E cerca di difendere così il proprio tesoro.
STRIPLIFE di Nicola Grignani, Alberto Mussolini, Luca Scaffidi, Valeria Testagrossa e Andrea
Zambelli (Italia, 2013, DCP, 64’)
Gaza City. Centinaia di mante aggirano gli insormontabili controlli israeliani e sembrano immolarsi sulla spiaggia della causa palestinese. Mentre alcuni ragazzi si esercitano a superare qualunque ostacolo, altri denunciano, a proprio modo, l’insostenibile situazione nella striscia, e la terra continua, ostinatamente, a dare i suoi frutti.
WOLF di Claudio Giovannesi (Italia/Repubblica Ceca, 2013, DCP, 58’)
Wolf Murmelstein è il figlio di Benjamin, Le Dernier des injustes intervistato nell'ultimo film di Claude Lanzmann. Un padre ingombrante, il rabbino Murmelstein fu l'ultimo capo del ghetto di Theresienstadt, ghetto modello voluto da Hitler stesso per scopi propangadistici. Trasferitisi a Roma dopo la guerra, i Murmelstein restano emarginati dalla Comunità ebraica. Wolf ancora lotta con la figura del padre e cerca di trovarle un posto accettabile nella sua vita e nella Storia.
documenti
LE DERNIER DES INJUSTES di Claude Lanzmann (Austria/Francia, 2013, DCP, 220’)
Roma, 1975: Lanzmann filma una serie di interviste con Benjamin Murmelstein, unico sopravvissuto del Consiglio degli Anziani chiamati da Eichmann a governare su Theresienestadt, la città “donata” agli ebrei da Hitler. 2012: Il regista di Shoah riprende quei materiali e torna fra gli edifici del famigerato ghetto modello. Fra passato e presente prende corpo uno sguardo senza precedenti sulla genesi della Soluzione Finale.
L'IMAGE MANQUANTE di Rithy Panh (Francia/Cambogia, 2013, DCP, 90’)
Con S-21 la macchina di morte dei Khmer rossi (Tff 2003), Rithy Panh aveva raccontato le atrocità del regime di Pol Pot. Dieci anni dopo il maestro decide di narrare come quel genocidio segnò indelebilmente la sua vita. Piccoli pupazzi d'argilla sostituiscono quell'immagine che manca nella memoria e nella Storia. Un film che toglie il respiro.
ANAK ARAW (ALBINO) di Gym Lumbera (Filippine/USA, 2012, DCP, 70’)
Un albino filippino in cerca della sua identità in un passato immaginario crede di essere figlio di un americano e studia l’inglese sul dizionario. Ma i significati non corrispondono, sfuggono, come i suoi concittadini di fronte al susseguirsi di imprevedibili eventi. Una tragica storia d’amore coloniale nella quale nulla è più al suo posto.
CACHEU di Filipa César (Portogallo/Guinea-Bissau, 2012, Video, 10’)
La fortezza portoghese di Cacheu, costruita nel 1588 per servire alla tratta degli schiavi, oggi conserva le rovine di quattro statue. La performance di Joana Barrios delinea le diverse forme e i contesti in cui sono comparse nella storia, rivelandone le contraddizioni simboliche, come tante epifanie di una profonda verità storica.
THE EMBASSY di Filipa César (Portogallo, 2011, Video, 27’)
Un album fotografico documenta con perizia burocratica paesaggi, persone, architetture e monumenti della Guinea-Bissau degli anni ‘40 e ‘50. L’archivista guineano Armando Lona svela, pagina dopo pagina, l’ideologia dei modelli di rappresentazione del colonialista portoghese e le modalità di produzione della memoria di chi detta la scrittura della storia.
MILLE SOLEILS di Mati Diop (Francia, 2013, DCP, 45’)
Touki Bouki, il capolavoro di Djibril Diop Mambety, racconta la storia d’amore di Mory e Anta che sognano di lasciare Dakar e imbarcarsi insieme per l’esotica Parigi. All'ultimo Mory decide di restare e Anta parte da sola. Era il 1973. Cosa è successo da allora? Cosa resta di quel sogno d’amore e libertà 40 anni dopo?
PAYS BARBARE di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi (Francia, 2013, Blu-Ray, 65’)
“Dopo essere stato all’origine di tanti massacri senza immagini, le sue ultime immagini sono quelle del suo massacro”. Mussolini a piazzale Loreto, immagini invisibili, rimosso storico, come la violenta vicenda coloniale italiana raccontata dall’acutissima “camera analitica” di Gianikian e Ricci Lucchi. In quell'inconscio collettivo affonda le radici l’oscurità presente.
THE STUART HALL PROJECT di John Akomfrah (UK, 2013, DCP, 98’)
Stuart Hall è l’intellettuale più influente della new left inglese, fondatore dei moderni Cultural Studies. Il suo pensiero rivoluzionario ha attraversato le turbolenze di mezzo secolo per arrivare oggi, all’apice della globalizzazione, come un vento fresco, che Akomfrah ci restituisce ricamandolo con le altrettanto “fresche” note di Miles Davis.
TARR BÉLA, I USED TO BE A FILMMAKER di Jean-Marc Lamoure (Francia, 2013, DCP, 88’)
Un ritratto dell’immenso regista ungherese Béla Tarr sul set di The Turin Horse, a suo dire l’ultimo film. Tre attori e un cavallo in un paesaggio desolato. L’occasione per riflettere sul tempo e sul cinema: nonostante trucchi e segreti vengano svelati, quello di Béla Tarr continua ad apparirci un solido pezzo di mondo.
PAROLE E UTOPIA #6 Alberto Grifi di Donatello Fumarola e Alberto Momo (Italia, 2013, DVD, 30’)
PAROLE E UTOPIA #10 Béla Tarr di Donatello Fumarola e Alberto Momo (Italia, 2013, DVD, 30’)
Parole e Utopia è un progetto che i due autori perseguono da diversi anni: costruire una mappa del cinema attraverso conversazioni con cineasti da tutto il mondo. Iniziato nel 2001, sta per trovare una prima forma di fruizione attraverso un libro edito da Derive/Approdi, Atlante sentimentale del cinema per il XXI secolo, ma il progetto si propone anche di diventare una sorta di archivio vivente di tutti i materiali filmati.
ANNA (MATERIALI ESPANSI) di Alberto Grifi e Massimo Sarchielli (Italia, 1972-1975, Video, 780’)
Le poche sequenze in pellicola rimaste prima che Grifi e Sarchielli abbandonassero la cinepresa per il videotape e le 34 bobine che hanno conservato, già in parte selezionato, il materiale registrato dal 1972 al 1975 sono custodite in queste 13 ore circa, restaurate e digitalizzate. In sala si vedranno nell’ordine di lavorazione che ci è pervenuto: il racconto non lineare dell'esperienza alla base di Anna, il primo lungometraggio video italiano. In galleria 5 percorsi attraversano e suddividono questo corpus: Parlando di Anna, Incontri a casa di Massimo, La Roma di Anna, Finzioni, Anna se ne va.
cirko vertigo
GRAZING THE SKY di Horacio Alcalá (Canada/Spagna/Olanda, 2013, DCP, 85’)
Sfiorando il cielo entriamo nel mondo del circo. Volteggiando con i trapezisti capiamo che il circo è un'arte millenaria, che ha bisogno di istituzioni che la proteggano e di scuole che ne tramandino il sapere, dal Cirque du Soleil al Cirko Vertigo di Torino. proiezione speciale
LA CORONA VERDE di Matteo Greco (Italia, 2013, Blu-Ray, 40’)
Il documentarista e conduttore televisivo Davide De Michelis presenta il patrimonio naturale, ambientale, faunistico e culturale di Corona Verde, il progetto coordinato da Regione Piemonte che integra la corona delle Residenze Reali con la cintura verde torinese, attraverso un breve viaggio tra parchi, canali, riserve naturali e residenze reali.
LA REDAZIONE
Nota: Per ulteriori dettagli su altre sezioni minori si rimanda al SITO UFFICIALE del 31.Torino Film Festival: http://www.torinofilmfest.org
Si ringrazia Chicca Ungaro (Ufficio Stampa)
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