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    KRAVEN - IL CACCIATORE di J. C. Chandor - Sulle tracce di un ‘villain’ sottotraccia: il russo Nikolai Kravinoff di RUSSELL CROWE (A cura di PATRIZIA FERRETTI)

    09/02/2025 - La rollata di comics Marvel nel segno di Spider Man la dice lunga sul rango di appartenenza di Kraven - Il cacciatore di J. C. Chandor (Margin CallAll is Lost-Tutto è perduto1981: Indagine a New YorkTriple Frontier). Il trasporto di detenuti in camion, nel cuore di una landa innevata e solitaria, la ricerca del numero 864 che compare in disparte sotto gli occhi degli agenti di massima sicurezza, tradisce l’identità del primo protagonista di contro ai comprimari, ancor prima dell’acrobatica e spettacolare fuga dalla Colonia Penale Russa dove è appena arrivato: è il Sergei Kravinoff di Aaron Taylor Johnson, qui particolarmente a suo agio nel dominare le scene. Prima il figlio del padre? Certamente si, perché questa volta il russo Nikolai Kravinoff di Russell Crowe è un villain che si muove sottotraccia, ma riusciamo a sentirne il peso anche quando non si trova direttamente sul campo. E quello che è stato, ed è ancora al momento, lo si riconosce non tanto in azioni memorabili esibite in prima persona, ma negli effetti collaterali della sua infausta influenza esercitata sui suoi due figli: Sergey/TaylorJohnson e Dimitri (Fred Hechinger), apparentemente diversi anche per impronta caratteriale, ma che in realtà ognuno, dal canto suo, custodisce i propri assi nella manica. E’ solo una questione di tempistica per la differente rivelazione.

    Il primo confronto con il direttore del carcere e la successiva fuga rocambolesca, la dicono già lunga sulle speciali prestazioni, più da animale feroce che da umano, di Sergey/Taylor Johnson. Una tra le prime controbattute tra numerose altre, mirate a definire la sua identità su richiesta è: “sono un cacciatore”; “Che cosa cacci?”; “La gente come te”. Perla di uno script ben tornito anche sul registro umorale, a ribadire l’anima fumettistica del soggetto. Ovvio che non ci sia sorpresa sull’epilogo di quell’incontro. Ma è ancora tutto da scoprire riguardo all’origine di un’evidente trasformazione in Sergey/Taylor Johnson. Trasformazione che paga pegno non solo all’ombra lunga di un padre a dir poco ingombrante e autoritario, determinato ad istruire i suoi figli secondo le sue leggi, lapidarie, senza morale, degne del più temuto primate criminale sulla piazza che cerca di domare la paura e ogni forma di debolezza, impedendone ogni forma embrionale sul nascere, anche e soprattutto riguardo ai propri figli. Nikolai/Crowe è la figura paterna da cui fuggire, semmai, avendone la possibilità, o la volontà, e, la trasformazione di Sergey/Taylor Johnson ha a che vedere più da vicino con la linfa animista e fantastica del racconto, per l’esattezza, il sesto della serie Spider-Man. E se Spider-Man deve le sue doti speciali al morso di un ragno, Sergey/Taylor Johnson potrà permettersi di incarnare l’identità del Kraven, il cacciatore di uomini malvagi, in virtù di una contaminazione sanguinolenta con un leone che lo aggredisce a morte. Non si potrà mai farsi forti del detto ‘tale padre tale figlio’, almeno per la maggior parte di questo straordinario ‘viaggio’ di caccia all’uomo, perché più che il destino dettato dall’albero genealogico qui andrà ad innestarsi l’elemento mistico, declinato sulla lettura astrologica: se ne fa tramite Calypso (Adriana DeBose), indottrinata dalla nonna, che le affida una potente pozione in grado di guarire qualsiasi cosa. Resuscitato dalla pozione di Calypso/DeBose dunque, per Sergey/Taylor Johnson avranno particolare rispetto altri animali del bosco come il lupo, o la mandria di bisonti da cui poteva restare travolto senza l’intervento del capo branco, che gli si para a lungo davanti, preservandolo da pericolo certo. La linfa animista è dunque molto marcata ed anche il fiore all’occhiello di questa nuova avventura dell’Universo Spider Man, seppur estranea a quello Marvel Cinematic. Nel caso di altri villain, snocciolati strada facendo, sarà invece la biochimica a dar loro man forte, anche se gli effetti collaterali avranno sempre l’ultima parola e anche l’ennesimo Hulk, qui in versione grigia e cartoonesca, sarà costretto a prenderne atto, suo malgrado.

    L’intermittenza temporale del racconto che risale a sedici anni prima, all’altezza dell’episodio in cui il padre Nikolai/Crowe si reca a prendere i figli a scuola per annunciare loro la morte della madre, coglie i ragazzi di sorpresa, ma se pensavano di doversi recare al funerale, saranno ben resto disillusi, quando viene loro annunciato che andranno a caccia, quale prima esperienza di fortificazione. E’ per l’appunto in Tanzania che, per la debolezza di Dimitri/Hechinger, incapace di premere velocemente sul grilletto, si consuma l’incidente mortale del fratello Sergey, all’epoca ancora adolescente (Levi Miller).
    L’incontro con quel leone cambia per sempre le carte in tavola: e quello sguardo penetrante e profondo che avrebbe ammaliato chiunque, non fa invece presa sul padre Nikolai/Crowe, che cerca di riparare al danno sparando più colpi, senza poter d’altra parte evitare che la belva si porti via la preda umana di suo figlio. Le riprese di questa sequenza sono di una bellezza paralizzante, tanto quanto la forza ostentata da un padre irriducibile, che non si concede di mostrare mai alcuna debolezza, nemica giurata di un potere costruito negli anni con fatica e determinazione ferree. Per questo Nikolai/Crowe, il villain dei villain, il padre di tutti i mali, prima ancora che dei suoi stessi figli, già piuttosto latitante in campo, agisce sottotraccia, senza mai manifestarsi apertamente, tramando piani custoditi gelosamente, così come le sue trappole. Il resto è azione a go-go, a tutto il beneficio richiesto da un soggetto di puro intrattenimento che, d’altra parte, mostra una certa eleganza formale, oltre ad un’ottima scrittura che sa istillare leggerezza umorale. A difettare è qui semmai la nebulosità identitaria di certi comprimari, dalle doti ‘camaleontiche’, acquisite peraltro molto più avanti dallo stesso Dimitri/Hechinger.

    Poteva il villain dei villain Nikolai/Crowe avere un futuro? Strano solo a concepirsi, ma a togliere i proiettili per la sua difesa contro l’aggressione di un orso - alla resa dei conti con quel padre ben poco genitoriale - è proprio il figlio Sergey/Taylor Johnson, mentre il fratello Dimitri/Hechinger è ora a tutti gli effetti tanto Camaleonte da prendere agevolmente persino le sue sembianze. Dunque in questo viaggio sembra esserci anche una sorta di competizione tra i miracoli della biochimica e quelli dei rimedi naturali intrecciati a magia e misticismo, mentre le briciole sparse sul finale potrebbero in teoria dar vita ad un sequel. In teoria! Al momento si vocifera, al contrario che non sia nelle intenzioni. Ma, se per ipotesi, così fosse, chi potrebbe mai raccogliere, al di là delle apparenze, l’eredità dell’irriducibile, sotterraneo Nikolai Kravinoff di Russell Crowe? Il potente villain dei villain con la sua imperante filosofia? Vero è che: “Un uomo che uccide leggenda, diventa leggenda!”.

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