A PROPOSITO DI MALEFICENT! POSTILLA CRITICA IN 'POST IT' ALLA SECONDA RECENSIONE (A cura di ENRICA MANES)
Maleficent, mito, fiaba e romanzo di formazione
04/06/2014
- Fuori dalla vena di rivisitazione dark delle più note fiabe, a metà tra il neo fantasy e la new age spicciola, ben oltre l'inflazionata moda per il filone di vampiri e mutanti, esiste un genere capace di mantenere saldi e veri tutti i valori di partenza, senza scadere nel già visto e nel banale. La nuova generazione Disney non sta cavalcando infatti un'onda ma inventando qualcosa che prima non c'era. Più a fondo del canonico sequel e prequel, MALEFICENT è un simbolo di questa intuizione, dopo il fortunato impulso dato dalla versione cinematografica, tra film e animazione, de IL MAGO DI OZ e ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE, MALEFICENT racchiude ancora più segreti e citazioni, fino a superare anche nell'evoluzione grafica i noti esempi che a quest'opera hanno aperto la fortunata strada.
Ma la fama non è tanto legata al filone, quanto al senso e alla profondità di temi messi in campo. Una sintesi che STROMBERG traduce in epica cavalleresca e mitologica, operando un sapiente sincretismo filologico soprattutto nella citazione disneyana del classico, perché il celebre dialogo in cui Malefica si presenta e fa calare le tenebre sul castello e sulla corte di re Stefano, il giorno del battesimo della piccola Aurora è riportato uguale all'originale e magistralmente interpretato da una Angelina Jolie capace di infondere pathos, terrore e sarcasmo insieme.
Non manca il tema rivisitato e colto della metamorfosi, per dare corpo al celebre corvo, fedele servitore di Malefica qui eroina tragica a metà tra arpia e valchiria. Come nel mito l'eroina è ferita, nel corpo e nel cuore e il suo destino viene legato indissolubilmente al regno di re Stefano, tratteggiato qui come bramoso di potere, soggiogato dalla fama e irretito dal successo tanto da essere disposto a soffocare tutti i sentimenti. Ed ecco che i rovi prendono corpo, avviluppando il castello e assumendo una dimensione dell'anima; un intreccio introspettivo che mette questa volta alla prova Malefica quale protagonista di una folle e disperata battaglia contro il male di cui lei stessa era depositaria. E mentre re Stefano mantiene la sua corazza di astio e bramosia, è Malefica, la cattiva per eccellenza, a fare forza su se stessa e partire alla ricerca della giovane Aurora e poter così, anche a costo della vita, porre fine al sortilegio messo in atto. Non è un principe a liberare la fanciulla, e, seppure nella sua variante, Stromberg presenta un fanciullo timido, di nome Filippo, che appare in modo fugace come il suo predecessore illustre del '59 e assume i tratti realistici e un poco ironici del giovane impacciato e incredulo. D'altra parte anche alle tre fate madrine è riservato un ruolo alquanto pasticcione e confusionario per lasciare posto alla "variante Malefica" che va oltre la fiaba e cavalca le molte leggende correlate, in un sapiente insieme di intuizioni orchestrate con piacevole armonia nel movimento di Stromberg, grazie a una sceneggiatura del tutto priva di stonature, ricca di contenuti e a un impianto scenografico che rasenta il tocco fotografico e realistico ben oltre lo standard che il genere fantasy fino ad ora era stato capace di mostrare.
ENRICA MANES
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