'STEVE JOBS' di DANNY BOYLE. Dal 21 GENNAIO al cinema
09/12/2015
- Ancora STEVE JOBS. Un personaggio talmente eccentrico da poter essere 'fotografato' da angolazioni e sotto luci sempre diverse, per scoprirne ogni volta inedite sfumature. Questa è la volta (dopo l'infelice Jobs rivestito da Ashton Kutcher per Joshua Michael Stern nel 2013) del ritratto in celluloide che DANNY BOYLE (Sunshine, The Millionaire, 127 ore, In Trance) ha dipinto muovendo dal libro di Walter Isaacson, per poi prenderne anche rapidamente le distanze. E questo perché, come da lui stesso precisato, "volevamo che il film fosse un viaggio diverso". Quale viaggio? E per quale ritratto? Lo sceneggiatore Aaron Sorkin lo ha descritto come un viaggio nell'astrazione per un "ritratto impressionista" che spicca il volo dal nido di quello che è stato nella vita reale.
Ed è ancora Sorkin a tracciare le linee guida del film: diviso in tre parti che narrano i tre eventi più importanti della Apple: il lancio di Apple Macintosh nel 1984, la società NeXT nel 1988 e l'iMac nel 1998. Eventi che vanno ad intrecciarsi con alcuni flashback della vita di Jobs. Una vita di relazioni, tra incontri e scontri, da cui il film estrapola sette personaggi in particolare, per puntarvi sopra i riflettori. E' così che abbiamo questo STEVE JOBS "in tre atti come un re Shakespeariano", della cui corona, in cui non mancano spine, si fa straordinariamente carico MICHAEL FASSBENDER (Shame, The Counselor-Il procuratore, Macbeth), con al suo seguito, un entourage satellitare intensamente chiaroscurato: con Jobs, il pionieristico fondatore della Apple, Kate Winslet nella parte di Joanna Hoffman, l’ex direttrice marketing della Macintosh; Steve Wozniak, co-fondatore della Apple, interpretato da Seth Rogen, Jeff Daniels nei panni dell’ex CEO della Apple, John Sculley; Katherine Waterston nel ruolo di Chrisann Brennan, l’ex fidanzata di Jobs, e Michael Stuhlbarg nei panni di Andy Hertzfeld, uno dei membri della squadra di sviluppo della Apple Macintosh originaria.
Personaggio, Steve Jobs, il cui nome e cognome bastano e avanzano per dare anche titolo al film di BOYLE. Un titolo minimalista dunque, privato di ogni orpello, essenziale nell'essenza di un protagonista che, al contrario, per sua stessa natura, è ricco di sfaccettature, fondi e sottofondi, non di rado in contrasto tra loro, per una delle personalità più complesse che il genere umano conosca. Ma proprio per questo, anche una delle più interessanti da ritrarre.
"Lui ha cambiato una delle cose più preziose e vitali delle nostre vite, che è il modo in cui comunichiamo, in cui interagiamo gli uni con gli altri – eppure molti dei suoi rapporti erano profondamente disfunzionali", osserva il regista DANNY BOYLE a proposito del reale Steve Jobs.
Ed è sotto una luce quasi pirandelliana che BOYLE ordisce il suo arazzo su Jobs. Un arazzo che nelle sua triplice cucitura, ricama sei personaggi in cerca di comprensione che, quaranta minuti prima del lancio di un prodotto, si confrontano parlando tra loro: "Questa non è vita vera; è una versione amplificata della vita vera". Per l'appunto quella raccontata da DANNY BOYLE nel suo STEVE JOBS, dal 21 Gennaio al cinema, distribuito da Universal.
(A cura di PATRIZIA FERRETTI)
|