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    Home Page > Movies & DVD > Apocalypto

    MEL GIBSON DIRIGE 'APOCALYPTO' ESPLORANDO, CON LE CONSUETE TINTE 'FORTI', GLI ALBORI DELLA FINE DI UNA DELLE PIU' ANTICHE, POTENTI E MISTERIOSE CIVILTA': IL REGNO MAYA

    "Una grande civiltà viene conquistata dall'esterno solo quando si è distrutta dall'interno".
    W. Durant

    "Penso che la gente voglia assistere alla messa in scena di storie grandi, che raccontano qualcosa di interessante e che li tocchino spiritualmente... Volevo un film di azione e avventura dai ritmi molto veloci, in cui accade continuamente qualcosa di nuovo. Ero affascinato dall'idea che la maggior parte della storia sarebbe stata narrata a livello visivo, e che avrebbe colpito il pubblico nella sfera più viscerale ed emotiva".
    Il regista Mel Gibson.

    (Apocalypto USA 2006; drammatico tra azione e avventura; 138'; Produz.: Icon Production/Icon; Distribuz.: Eagle Pictures)

    Locandina italiana Apocalypto

    Rating by
    Celluloid Portraits:



    (Comment by PATRIZIA FERRETTI) - The only colossal thing in this film, the comeback to the silver screen as Director for Mel Gibson, is disappointment. We can start from the illusion of beautiful panoramic scenes into the breathtaking Amazon forest that we saw in the trailers, but that are not in the movie and we can finish talk about the pointless use of blood and cruelty shown by Gibson with the “hit and run†technique; only in few scenes he takes longer with a certain dose of pleasure. Then, against what was the majority opinion, this is not the worst about the movie. For the remain film “Apocalypto†is just a long run that stops in the wrong place, exactly where there’s a need for speed, or rather at the end where it has “Hollywood†written all over. The only thing about the Maya civilization there’s only a frantic and barbarian man hunt in the middle of the forest, where the only awesome matter is the photography and the camera that rests and plays with the aesthetic of the photogram, that is moved with the intention to catch, from the inside, the soul of this atavistic escape with a more prehistoric taste than from the 16th century. In somehow this movie is a self-referential between “Braveheart†and “The Passion of The Christâ€, this “Apocalypto†doesn’t hit the target (too mild and feeble the messages inside the movie for example the narration of the sadness of man) and falls for the insubstantial soul of pure marketing. - (Translation by MARTA SBRANA, Canada)

    Titolo in italiano: Apocalypto

    Titolo in lingua originale: Apocalypto

    Anno di produzione: 2006

    Anno di uscita: 2006

    Regia: Mel Gibson

    Sceneggiatura: Mel Gibson & Farhad Safinia

    Cast: Rudy Youngblood (Zampa di giaguaro)
    Dalia Hernandez (Sette)
    Jonathan Brewer (Spuntato)
    Morris Birdyellowhead (Cielo di Selce)
    Carlos Emilio Báez (Corsa di tartarughe)
    Amilcar Ramirez (Naso Arricciato)
    Israel Contreras Vasquez (Rana di fumo)
    Israel Rios (Foglia di Cacao)
    Maria Isabel Diaz (Suocera)
    Espiridion Acosta Cache (Vecchio cantastorie)
    Mayra Serbulo Cortes (Donna giovane)
    Iazua Larios Ruiz (Fiore di Cielo)
    Hiram Soto (Cacciatore di pesci)
    Raoul Trujillo (Lupo Zero)
    Gerardo Taracena (Occhio di Mezzo)
    Cast completo

    Musica: James Horner

    Costumi: Mayes C. Rubeo

    Scenografia: Thomas E. Sanders (Tom Sanders)

    Fotografia: Dean Semler (ASC, ACS)

    Scheda film aggiornata al: 10 Febbraio 2013

    Sinossi:

    IN BREVE:

    Il Regno Maya volge al suo declino ma chi detiene il potere di governo ricerca la chiave per un ritorno alla prosperità. E' loro assurda convinzione che una rinascita del Regno sia ancora possibile tramite la costruzione di nuovi templi e l'offerta di nuovi sacrifici umani. Sarà proprio uno dei prescelti per il sacrificio, il giovane Zampa di Giaguaro (Rudy Youngblood), a interrompere l'ingranaggio di questa follia omicida...

    IN ALTRE PAROLE:

    "... durante la fase finale e più turbolenta della grande civiltà Maya, un uomo, la cui idialliaca esistenza è stata brutalmente sconvolta dalla ferocia degli invasori, intraprende un viaggio irto di pericoli in un mondo dominato da paura e oppressione, dove lo attende una fine straziante. Quando gli eventi precipitano, quest'uomo, spinto dall'amore che nutre per la sua donna e la sua famiglia, tenterà di tornare a casa per riuscire a salvare il suo mondo e la sua vita..."

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    PRELIMINARIA:

    Girato in Messico, a Catemaco e Veracruz, in uno dei pochi tratti residui di foresta tropicale, il film presenta un cast interamente composto dalle popolazioni indigene americane.


    L’UNICO TRATTO COLOSSALE, PER QUESTA NUOVA FATICA IN CELLULOIDE DI MEL GIBSON REGISTA, E’ LA DELUSIONE. A COMINCIARE DALLA MANCATA CORRISPONDENZA TRA LE PROMESSE DEL TRAILER (AD ESEMPIO LE STUPENDE PANORAMICHE CATTURATE IN SCORCI LUMINISTICI INCANTEVOLI) E IL FILM, PRESSOCHE’ INUTILE: FINE A SE STESSA TUTTA LA SANGUINOLENTA VIOLENZA SULLA QUALE, D’ALTRA PARTE, PER LA MAGGIOR PARTE GIBSON USA LA TECNICA DEL MORDI E FUGGI, SOLO IN POCHI TRATTI VI SI FERMA CON UNA CERTA DOSE DI COMPIACIMENTO. DUNQUE, DI CONTRO A QUELLA CHE E’ STATA LA VOCE DOMINANTE, NON E’ QUI IL NOCCIOLO NEGATIVO DEL FILM. PER IL RESTO, ‘APOCALYPTO’ E’ PIUTTOSTO UNA GRANDE CORSA CHE TRA L’ALTRO SI ARRESTA PROPRIO LA’ DOVE INVECE ERA DAVVERO IL CASO DI DARSI UNA MOSSA, OVVERO

    VERSO IL FINALE CHE PIU’ HOLLYWOODIANO NON SI PUO’. TANTO E’ CHE DI MAYA QUI C’E’ DAVVERO POCO: C’E’ SOLO UNA FORSENNATA E BARBARA CACCIA ALL’UOMO NEL BEL MEZZO DI UNA FORESTA DOVE COME UNICO FIORE ALL’OCCHIELLO SPICCANO LA FOTOGRAFIA E LA MACCHINA DA PRESA CHE INSISTE E GIOCA SULL’ESTETICA DEL FOTOGRAMMA MOSSO, NELL’EVIDENTE INTENTO DI COGLIERE DALL’INTERNO L’ANIMA VISCERALE DI QUESTA FUGA ATAVICA, DAL SAPORE PIU’ PRIMORDIAL-PREISTORICO CHE NON ADERENTE AL XVI SECOLO. IN QUALCHE MODO AUTOREFERENZIALE A CAVALLO TRA ‘BRAVEHEART’ E ‘LA PASSIONE DI CRISTO’, QUESTO ‘APOCALYPTO’ NON CENTRA IL BERSAGLIO (TROPPO FUGACI E DEBOLI I MESSAGGI DI CONTENUTO COME AD ESEMPIO IL RACCONTO SULLE RAGIONI DELLA TRISTEZZA DELL’UOMO) E SI RIPIEGA SULLA SUA STESSA INCONSISTENTE ANIMA DI PURO MARKETING

    Un Roast Beef che si rispetti, gli anglosassoni soprattutto, lo preferiscono al sangue. Ma questo Apocalypto assomiglia di più ad un polpettone dal sapore ‘globalizzato’, tutto meno che Maya.

    Certo, non tutto è negativo. Non si può dire che non vi sia una accurata ricerca nell’impronta d’immagine, valorizzata da una fotografia particolarmente debitrice al digitale. E qua e là, un po’ troppo diluiti, occhieggiano alcuni contenuti-messaggio di cui se ne coglie un esempio con la favola moraleggiante sulla tristezza dell’uomo e sulle sue motivazioni, quella che l’anziano indios racconta agli altri riuniti intorno al fuoco serale. Come dire, un ago nel pagliaio di un film letteralmente ‘in corsa’ e di marca per certi versi anche autoreferenziale: quando ad esempio il padre di Zampa di Giaguaro viene giustiziato, accade allo stesso modo della sposa del nostro protagonista Mel Gibson in Braveheart, ossia con l’analogo taglio alla gola. A questo va ad aggiungersi l’indomito coraggio del protagonista in Braveheart, qui in Apocalypto portato all’eccesso di verosimiglianza, sull’onda di una smisurata resistenza fisica da parte del giovane ‘indigeno’, capace di

    cose impensabili malgrado le ripetute, gravi ferite, sia pure, evidentemente, ‘protetto’ dalle Alte Sfere. Questo aspetto del destino e della predestinazione di una persona, nello specifico, di Zampa di Giaguaro, viene messo in luce in diversi passaggi del film Apocalypto. E, autoreferenziale, perché Apocalypto ribatte anche, sostanzialmente, la strada sanguinolenta e violenta già sperimentata con La Passione di Cristo - oltre che parafrasarne il calvario della passione qui applicato sugli indios catturati e torturati nel corso di un viatico di sofferenze - tanto da farci pensare, con timore, ad una sorta di malaugurato motivo-firma. Si può parlare di certe cose in molti modi, ma da quel che se ne può dedurre, al momento, è che Mel Gibson sembra deliberatamente prediligere le tinte ‘forti’ ed affondare il dito nella piaga fino, e questo gli fa particolarmente difetto, alla noia. Quando in un film certi elementi dilagano fino a diventarne l’epicentro,

    paradossalmente finiscono per svilire di intensità il soggetto, qualunque esso sia. E’ una questione di stile ma, soprattutto di logica: se non si varia o non si modula abbastanza, sfumando con note intermedie, si finisce per annoiare e far perdere di interesse e di intensità emotiva la storia. Il film dunque non pecca tanto per l’insistita e sanguinolenta violenza, e non vi è dubbio che ve ne sia, anche perché nella maggior parte dei casi, le riprese con i movimenti di macchina tesi a giocare con l’estetica dei fotogrammi mossi e con un montaggio estremamente accellerato, sfumano, in qualche modo, la visione diretta ed esageratamente insistita di certi macabri rituali o di usi e costumi ‘barbarici’. Ed è questo l’unico tratto evidenziato perché, altro grande difetto del film, neppure ci si accorge che si tratta di Indios Maya, se non per qualche raro passaggio tradito dall’architettura dei templi e dalle

    maschere di rito. Per tutto il resto, avrebbe potuto trattarsi di una qualsiasi tribu’ indigena in una qualsiasi foresta vergine del mondo.
    Tornando alle questioni di metodo, per illustrare contenuti dall’impronta marcatamente violenta, vi è un tratto come quello dell’evisceramento delle vittime sacrificali, per così dire ‘primordiale’, di antichissime origini, e variamente praticato in seno a diverse culture in diverse epoche che, non solo non è affatto nuovo, ma compare ad esempio, come episodio isolato - e forse per questo anche più incisivo - nel II° capitolo della trilogia (ora in odore di quaterna) di Indiana Jones: in Indiana Jones e il Tempio maledetto (1984) si consuma infatti un sacrificio analogo offerto alla dea Calì, con la differenza che lì si evita di ripetere più volte, variando di poco, la stessa sequenza. Di solito, infatti, il cinema è più incisivo se opera per sintesi, se malauguratamente si scade nel

    prolisso, si perde automaticamente in mordente, interesse e significato, dando l’impressione del ristagno. Questo è stato semmai il grande errore di Mel Gibson, ripetuto peraltro scegliendo come soggetto-perno di questa storia - di cui malgrado gli sforzi non si percepiscono utilità e fine precipuo - una corsa forsennata che si ferma proprio quando davvero le circostanze avrebbero imposto un’accellerata. Ci si riferisce alla sequenza in cui la moglie e il bambino di Zampa di Giuaguaro, da lui stesso riparati dal nemico in una sorta di spelonca-pozzo naturale (che quasi ci farebbe venire in mente il pozzo delle anime ancora in Indiana Jones), sono a un pelo dall’annegamento, quasi completamente sommersi dall’acqua, là dove, nel frattempo, si è pure aggiunto il nuovo nato. La cosa più logica, dal momento che Zampa di Giaguaro ha dimostrato una resistenza più soprannaturale che umana, era che accellerasse i tempi sul da farsi, invece,

    che fa? Si mette in posa per la foto ricordo. Guarda estasiato i congiunti in pericolo e poi ce li ritroviamo tutti fuori come per incanto il fotogramma successivo. Ecco, quando Hollywood prende queste scorciatoie risibili, farebbe veramente venir voglia di destinare tutti quei milioni di dollari a cause più serie.

    Perle di sceneggiatura

    Donna oracolo: "Attento all'oscurità del giorno. Attento all'uomo che porta il giaguaro... perché lui ti condurrà alla tua fine".

    L'anziano Maya Contemporaneo Chan Kin: "Quando un albero cade, anche una stella cade. Quando la foresta sarà scomparsa, anche noi saremo scomparsi".

    Commenti del regista

    Il commento sui siti Maya dopo una visita diretta:

    "Ero in cima al tempio di El Mirador in Guatemala, nell’unica foresta pluviale sopravvissuta nel paese, e riuscivo a distinguere i contorni di 26 città, tutte intorno a noi, disposte come un orologio. Si vedevano le piramidi che spuntavano dalla giungla in lontananza. Era pazzesco. Si percepiva ancora benissimo quanto sia stata potente, un tempo, questa civiltà".

    Affinità tra la civiltà Maya e il mondo contemporaneo:

    "Nel corso della storia, i motivi della caduta di una civiltà sono sempre stati gli stessi e una delle cose che continuano a emergere mentre scrivevamo è che molti degli eventi che hanno preceduto la fine della civiltà Maya, sono gli stessi che si verificano nella nostra società oggi. Era importante per me tracciare questo parallelo affinché si comprenda che questi cicli si ripetono continuamente. La gente pensa che l’uomo moderno sia totalmente illuminato, quando in realtà siamo vittime degli stessi problemi ma anche capaci dello stesso eroismo e trascendenza".

    Riguardo al protagonista Rudy Youngblood ('Zampa di Giaguaro'):

    "E’ facile immedesimarsi nella vicenda di Zampa di Giaguaro. Durante il suo viaggio, deve mettere da parte se stesso, per qualcosa di molto più grande".

    E, quanto a ciò che deve combattere il protagonista:

    "L’essere malvagio del film non è una persona, in realtà. E’ un’idea e precisamente l’idea della paura. L’eroe deve superare la sua paura, ed essere attanagliati dalla paura è un’esperienza che tutti i popoli hanno condiviso, storicamente, quindi è un concetto al quale tutti si relazionano".

    Una storia dal carattere spiccatamente cinetico:

    "La prima cosa che colpisce della storia è la sua grande avventura e l’incredibile impatto cinetico, ma al di sotto ci sono tutte le motivazioni che hanno messo in moto il viaggio di Zampa di Giaguaro... Dal momento in cui ha inizio la storia, quasi tutto ciò che si vede sullo schermo è movimento. In ogni inquadratura la cinepresa è in movimento e c’è sempre qualcosa che si muove anche all’interno della sequenza in movimento".

    La scelta di mantenere nel film la lingua originale dei Maya 'Yucateco' (il principale dialetto Maya ancora parlato nella penisola dello Yucatan):

    "Penso che l’ascolto di una lingua diversa consenta al pubblico una totale astrazione dalla propria realtà, e una totale penetrazione del mondo del film. E, cosa più importante, il linguaggio esalta gli effetti visivi che sono una specie di lingua universale del cuore".


    Altre voci dal set:

    Lo sceneggiatore FARHAD SAFINIA circa le affinità tra la civiltà Maya e il nostro mondo contemporaneo:

    "Volevamo conoscere le ragioni dei cicli Maya di nascita e morte. Abbiamo scoperto che ciò in cui credono archeologi e antropologi è che i problemi che assillavano i Maya sono straordinariamente simili a quelli che la nostra civiltà affronta oggigiorno, in particolare per quanto riguarda il degrado ambientale, l’eccessivo consumo e la corruzione politica".

    Links:

    • Mel Gibson (Regista)

    • MEL GIBSON PREDILIGE IL KOLOSSAL FORMAT: E 'APOCALYPTO' SIA! (Anteprime)

    1

    Galleria Video:

    Apocalypto trailer 1.mov

    Apocalypto trailer 1 (versione originale).mov

    Apocalypto trailer 2.mov

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