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    Il cinema di Paolo Virzì

    The Paolo Virzì Touch

    SCHEGGE DI STILE IN CELLULOIDE

    Primo film in costume per il regista PAOLO VIRZI', con N, una sorta di innominato innominabile per non dire 'Napoleone Bonaparte', personaggio che, come è da tempo nello 'stile Virzì', coltiva in un terreno irrorato costantemente di una vena tragicomica fatta ad hoc per riflettere su questioni serie passando per irresistibili battute, e non già in dialetto toscano di marca fiorentina alla Benigni, quanto in gergo livornese di quartiere. Eppure, anche Paolo Virzì, come Benigni, riesce ad elevare il 'dialetto' a lingua universale. Forse è anche per questo che Paolo Virzì è oggi considerato uno dei più talentuosi registi italiani della nuova generazione. E se lo merita. (P. Ferretti, "www.celluloidportraits.com")
    PAOLO VIRZI' - LA PAZZA GIOIA:

    "... una passeggiata fuori da una struttura clinica che si occupa di donne con problemi in quel manicomio a cielo aperto che è l’Italia... E' un discorso ciclico. Il cinema nasce con Chaplin, Buster Keaton, Stanlio e Ollio, suscita insieme emozioni dolenti e risate. Siamo artisti di questo circo con il compito di provocare nello spettatore la risata liberatoria, catartica. E' il miglior riscatto possibile al dolore della vita. Avendo perduto gli slanci idealistici di gioventù, il mio motto politico ora è limitare i danni. E il mio film lo fa"
    Paolo Virzì
    "... Nel film osserviamo una coppia che nonostante si conosca benissimo, sta ancora attraversando una fase di scoperta. Sono una coppia normalissima. Guardandoci intorno, ne vediamo milioni di persone come loro. Gente comune. L’America è un paese immenso, pieno di famiglie, di individui che non hanno nulla di speciale, ma che lo diventano se ci fermiamo a osservarli. Penso che sia questa la grande forza del cinema di Paolo. Lui fa film sulla gente comune con cui possiamo identificarci. I suoi film traboccano di umanità"
    (Helen Mirren, Ella & John - The Leisure Seeker, 2017)
    Paolo Virzi' - Ella & John: The Leisure Seeker:

    "Ho questo viziaccio di prendere argomenti tristi e penosi e provare a trasformarli in avventure avvincenti. Il segreto è mescolare commedia e tragedia, sempre... Non è che avessi in mente di trasformarmi in un regista americano, o di fare il verso ad un film americano. Stavo cercando di fare un mio film, ambientato in America, portandomi dietro oltre ai principali collaboratori della troupe, anche il nostro modo 'italiano' di osservare le cose. In che cosa consista esattamente non è facile spiegarlo, direi innanzi tutto un senso di verità e di spudoratezza verso la natura umana: non avere paura di esplorare l’aspetto ridicolo della vita, che è qualcosa di esaltante e di spaventoso al tempo stesso, ed è proprio questa sua duplicità che cerco di far emergere in un film... Girare negli ambienti grandiosi del deserto dell’Arizona o della Monument Valley, scenario iconico di tanti film mitologici, mi
    sembrava un modo di finire incastrato in un cliché, come capita a volte a certi registi americani quando, ambientando un film in Italia, si lasciano ammaliare dagli sfondi pittoreschi e turistici. Abbiamo esplorato ambienti meno vistosi, con qualcosa di ordinario, cercando visivamente l’atmosfera dolce, delicata e malinconica che caratterizza la nostra storia. Pensavo inoltre di non potermi permettere, così come fa molto bene Zadoorian nel suo libro, un tono ironico verso l’America più pacchiana, col suo culmine a Disneyland: avrei rischiato una presa in giro superficiale, da outsider. Inoltre, cambiando il background socioculturale dei due personaggi del libro, abbiamo provato in qualche modo ad
    avvicinarli a noi, per stabilire il massimo dell’empatia possibile. A questo proposito rivelo
    un gioco che ci divertiva, nel lavorare all’adattamento del libro: immaginare una specie di
    me stesso con mia moglie Micaela, tra trent’anni. Lui prolisso e brontolone, ossessionato dalle pagine dei romanzi che ha studiato ed insegnato ai suoi studenti per tutta la vita, lei più leggera e sempre di buon umore, con qualcosa di apparentemente frivolo, legati da una passione che ha generato due figli ed una vita insieme. La vecchia Route 1, sulla East Coast, è meno sfruttata dal cinema, e per la nostra storia ha un significato essenziale, dato che termina a Key West, proprio davanti alla casa di Hemingway, l’autore verso il quale il professor Spencer sembra nutrire un sentimento di identificazione... Mi piace riempire l’inquadratura con elementi realistici, con volti autentici, che trasmettano un senso di verità. Ma soprattutto, ed è una consuetudine che credo di aver ereditato dal cinema italiano classico, cerco sempre di collegare le vicende personali dei personaggi con lo spirito della società in quel momento specifico. Durante i sopralluoghi, ho cercato di assorbire l’atmosfera di quell’estate americana e un pezzo inevitabile è stata
    la campagna presidenziale. Ovunque c’erano poster e cartelloni che pubblicizzavano entrambi i candidati ed era inevitabile presagire che l’estate del 2016 sarebbe stata 'storica'. Non sono mica un chiaroveggente, non potevamo immaginare come sarebbe andata a finire a novembre, ma quel che stava accadendo mi sembrava fosse molto significativo e che avesse a che fare con la storia dei nostri due personaggi, che per l’appunto attraversano un’America che non riconoscono più e dalla quale sembrano voler scappare per sempre... Nel copione non abbiamo mai menzionato la parola Alzheimer, anche lì temevamo di andare a cacciarci in un cliché. I figli dicono che 'Papà ha i suoi momenti', Ella dice che ha problemi di memoria. Tra di noi chiamavamo la condizione mentale di John la 'Spencer Syndrome', confortato dai pareri dei neurologi, che testimoniano come ogni individuo manifesti a modo suo un’eventuale degenerazione mentale
    "
    Paolo Virzì

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