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Ultimo aggiornamento: 27 Novembre 2019
Roman Polanski - L'ufficiale e la spia:
"Da grandi storie spesso nascono grandi film. La storia di un uomo accusato ingiustamente è sempre affascinante e attuale, visti i rigurgiti di antisemitismo. (...) Un caso simile potrebbe ripetersi. Ci sono tutte le circostanze: accuse false, superficialità giudiziarie, magistrati corrotti e soprattutto i social media che ti condannano senza un giusto processo né il diritto di appello"
"Un film come questo mi aiuta molto, ho ritrovato esperienze personali, la stessa determinazione a negare i fatti e a condannarmi per reati che non ho commesso. La maggior parte delle persone che mi molestano non mi conoscono e non sanno niente del caso".
(ricorda poi come gli attacchi siano iniziati nel 1969 con l'uccisione di sua moglie Sharon Tate):
"Stavo già attraversando un periodo tremendo, la stampa si impadronì della tragedia e la gestì nel modo più deplorevole possibile, sottintendendo che ero uno dei responsabili del suo omicidio, in un contesto di satanismo. Per loro, il mio film 'Rosemary's Baby' era la prova che fossi in combutta con il diavolo. Durò per mesi, finché la polizia non trovò i veri assassini, Charles Manson e la sua 'family'. Tutto questo ancora mi perseguita. È come una valanga, si aggiunge sempre uno strato. Storie assurde di donne che non ho mai visto che mi accusano di cose che sarebbero accadute più di mezzo secolo fa".
(Perché non reagire?)
"Perché non reagisco? Perché sarebbe come combattere contro i mulini a vento".
Roman Polanski
Così Roman Polanski che parla per la prima volta del suo film in gara alla Mostra di Venezia, L'ufficiale e la spia (J'accuse), che i produttori hanno minacciato di ritirare dal concorso dopo le critiche da parte della presidente di giuria Lucrecia Martel ("Non separo l'uomo dall'opera: non lo applaudirò").
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