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    L'INTERVISTA

    IN AMORE NIENTE REGOLE: INTERVISTA a GEORGE CLOONEY e RENÉE ZELLWEGER (A cura di PATRIZIA FERRETTI)

    11/04/2008 - Roma, 9.04.2008 - L’Hotel St. Regis ha ospitato GEORGE CLOONEY e RENEE ZELLWEGER in tour promozionale della ‘sophisticated comedy’ LEATHERHEADS (IN AMORE NIENTE REGOLE).

    Dominati entrambi dalla nuance in black, Clooney ha preferito il look casual con tanto di jeans, mentre Zelleweger non ha rinunciato ad un tocco sobriamente più sofisticato ed elegante, radiosa e solare in tutti i suoi colpi di sole platino.
    La conferenza stampa ha mantenuto i toni leggeri della stessa commedia, un omaggio voluto al glamour della celluloide Anni Venti a stelle e strisce, usando - quasi a pretesto, di fatto scenario elettivo per una competizione amorosa - il ‘football’, con la squadra ‘Leatherheads’- Teste di cuoio (in riferimento agli elmetti protettivi per i giocatori).
    Così, lambendo solo in superficie i contenuti del film, che nella traduzione italiana, privilegiando decisamente il registro romantico, suona IN AMORE NIENTE REGOLE, GEORGE CLOONEY che l’ha diretto, sceneggiato e prodotto, oltre che interpretato, cavalca volentieri la burla. Ma scherzando scherzando il nuovo Arlecchino si confessa. E dunque affiorano debolezze e predilezioni: la voglia di scherzare sull’età per esorcizzare la vecchiaia, l’attrazione per la commedia e il glamour della celluloide anni Venti, l’impegno personale per campagne a sfondo umanitario e il suo rapporto con le politiche e/o politici sul piano internazionale, nonché il suo riconfermato amore per l’Italia (sta persino seguendo regolarmente lezioni di lingua italiana). In più, ci dà un avvertimento: un caloroso invito a non far confusione tra le scelte dei personaggi da lui interpretati sul grande schermo e quelle della sua vita privata, là dove si professa aspirante trasgressore delle regole istituzionali, fatta eccezione per l’Italia, naturalmente.

    In ‘Good Night and Good Luck’ era co-protagonista, in questo caso è invece regista e protagonista. E’ stato difficile portare avanti in prima persona entrambi i versanti? E riguardo alla sua campagna a sostegno del Darfur?

    G. CLOONEY: “Si, certo, è piuttosto difficile essere regista di noi stessi. Si lavora ancora di più. Io ho avuto la fortuna di avere dei colleghi molto bravi, di grande talento, quindi non mi sono dovuto preoccupare degli altri attori, mi sono preoccupato forse di più della mia performance. Ho dei cari amici che sono anche dei grandi attori che rendono la mia vita più semplice.
    Per quanto riguarda il Darfur (*) ieri mi sono incontrato con il Premier Mr. Brown e stiamo forse riuscendo a riunire tutti i leaders ribelli, anche due di quelli che non si sono presentati all’ultima conferenza di Pace. E se così fosse, chiaramente avremmo effettivamente la possibilità di rimetterli tutti al tavolo del negoziato. Alcuni elicotteri sono stati finanziati per l’ONU e, dopodichè, passeremo alla parte di protezione che porgeremo alle persone”.

    Lei nei suoi film scherza molto sulla sua età: in questo film viene chiamato ‘nonnetto’ più volte. La diverte scrivere queste battute per se stesso? La seconda domanda è: i fratelli Cohen hanno visto il suo film? E se si, che cosa hanno detto?

    G. CLOONEY: “Mi hanno detto che sono molto vecchio (scherza). Io scherzo sempre perché cerco di allontanare l’inevitabile: il fatto che uno invecchi. Io ho 46 anni … per esempio 4 sere fa ero a New York e mi è stato detto che Brad (Pitt) e io stiamo facendo delle belle battaglie (contro l’età che avanza) e pensano che siamo gli uomini più stupidi della terra, però voglio davvero vedere che cosa mi diranno”.

    Lei viene spesso paragonato, in questo tipo di film, a Clark Gable. Era un attore che le piaceva? C’è un film dove lui fa il giornalista e incontra una ragazza che è un’ereditiera e c’è una commedia spumeggiante che ricorda molto questa

    G. CLOONEY: “Clark Gable forse avrebbe qualcosa da obiettare riguardo a questo confronto con me. Ma certamente è sempre un complimento quando mi si rivolge un’affermazione di questo genere. Io l’accetto come un grande complimento e mi scuso per le famiglie di Clark Gable e Cary Grant. (La seconda parte?) … Non abbiamo preso molto spunto da questa commedia, abbiamo visto tanti altri film… per esempio A Country Hero, Philadelphia Story o Prima pagina, questi sono stati i film che abbiamo visto. Io sono un grande fan dei film di quell’epoca. Certamente non si può arrivare a quel livello di perfezione ma noi cerchiamo di fare del nostro meglio, di riportare quindi il senso di questa commedia”.

    (Una breve interruzione preannuncia l’arrivo, in ritardo, di Renée Zellweger)

    Per G. Clooney: questa è la tua terza esperienza nella regia, però è la tua prima nel genere della commedia sofisticata - ‘sophisticated comedy’. Come ti sei trovato? Hai trovato delle difficoltà o ti piace addirittura più questo genere rispetto agli altri?
    E, per Renèe: è stato più difficile lavorare con George Clooney attore o con George Clooney regista? E il personaggio di Lexie si può ritenere realistico e attuale per l’epoca in cui viene considerato?


    G. CLOONEY: “Il genere della commedia era un qualcosa che volevo assolutamente fare. Negli ultimi anni avevo fatto film molto seri e tutte le cose che mi venivano offerte erano ancora serie. Volevo assolutamente usare la commedia e divertirmi. In effetti ci siamo divertiti tantissimo, anche perché le persone con cui abbiamo lavorato non erano molto intelligenti ma sicuramente divertentissime”.

    R. ZELLWEGER: “E’ stato difficile con George Clooney sia come attore che come regista (scherza) però sono riuscita a farcela. Ho sofferto un po’. Lexie: in effetti mi sarebbe piaciuto essere così, in grado di avere sempre la cosa giusta da dire, avere accesso a tutte le mie facoltà e soprattutto al mio senso dell’umorismo”.

    Ci è arrivata notizia che ti stai occupando anche di moda. Ci puoi dare qualche dettaglio? In che cosa consiste questa nuova esperienza.

    G. CLOONEY: “A proposito. Visto che sono in Italia ne posso parlare. Ci sono dei folli, anzi uno in particolare, che fa finta di essere me, fa finta di essere il mio pubblicitario, usa il mio nome e ha affittato interi hotel per dodicimila euro. Ha acquistato vestiti e li ha firmati come se fossero la mia personale linea di moda. Ma è assolutamente falso. Ogni volta che mi viene chiesto mi premuro di smentire… Non comprate assolutamente né i vestiti né gli orologi…”.

    Questo suo sguardo a ritroso nel cinema americano è per una memoria storica o è una specie di fascinazione per il glamour di quel periodo? E, dato che lei vive per una parte dell’anno in Italia, ha consuetudine con il cinema italiano e che cosa le piace? Imparare la lingua italiana è nelle sue priorità?

    G. CLOONEY: “Si, faccio lezione tre volte alla settimana, e lo capisco, però non mi sento tanto sicuro da parlarlo, almeno qui, sto facendo del mio meglio. Per quanto riguarda la prima domanda: forse il glamour, il fascino dei film di Hollywood degli anni Venti, anche se vivere negli anni Venti forse non era così interessante come noi lo vediamo nei film, perché probabilmente saremmo anche morti di poliomelite. Sicuramente nel cinema italiano è successo quello che è successo anche in quello americano: va avanti per generazioni e generazioni. Infatti voi avete avuto gli anni più belli del cinema. Si, lo conosco bene e, anzi, quando è possibile, cerco di prendere, ‘rubacchiare’ qualcosa da ogni grande regista italiano”.

    Vorremmo sapere qual è la reazione per quanto riguarda la situazione con le olimpiadi, il Tibet e la Cina

    G. CLOONEY: “Vorrei rispondere molto rapidamente a questa sua domanda. La maggior parte dell’attenzione rivolta ai giochi olimpici è collegata al Tibet. Certo questo è molto diverso da quello che era soltanto qualche mese fa, là dove l’accento era posto sul Darfur. Ebbene, io ho portato due atleti olimpici più di sei mesi fa in Cina e pensammo che potesse essere molto difficle da un punto di vista di relazioni pubbliche, e anche per quanto riguarda i diritti umani relativi al Darfur, che è la cosa che mi ha interessato di più. Questo potrebbe sicuramente essere un problema. Noi non vogliamo minacciare nessuno. Non vogliamo minacciare di boicottare i giochi, ma certamente è un’affermazione da essere resa esplicita e chi protesta in questo modo, oggi giorno sostiene i diritti umani e credo che sia giusto. Naturalmente sempre che ciò non porti ad alcun atto di violenza”.

    Il 13 in tutto il mondo si celebra la giornata mondiale per il Darfur. E in Italia è stata spostata al 12 per la concomitanza con le elezioni politiche. Cosa pensi di questo tipo di azioni e cosa ti aspetti dall’Europa che sta dando un contributo importante, vedi Francia, Gran Bretagna e, in particolare, dal nuovo governo italiano

    G. CLOONEY: “Sarà interessante sapere quale sarà il risultato perché anche noi come voi siamo in fase di elezioni. Noi speriamo che i giorni come quelli di Darfur siano ormai veramente finiti. Dobbiamo continuare però a parlarne perché ci sono tante altre cose terribili che avvengono anche nel Sudan, dove io mi sono recato solo due mesi fa. In Ciad la situazione è terribile così come anche nella parte orientale e nel Sud di quella zona. Noi speriamo che tutti i governi facciano ciò che in realtà in teoria affermano di voler fare: ovvero mettere a disposizione fondi per poter proteggere almeno le forze ONU in loco, così da poter procedere in maniera protetta anche come caschi blu in Darfur. Noi stiamo facendo questo. L’unica Nazione che ha fornito gli elicotteri è stata l’Etiopia, purtroppo. Non ci sono state altre manifestazioni in questo senso, però spesso io ho avuto modo di parlare con Veltroni: abbiamo un interesse comune verso l’Africa ed è stato di grande aiuto proprio per cercare di portare avanti alcune di queste azioni in Italia. Io mi sono anche incontrato con altri eminenti esperti … in Francia ed altri, proprio a questo fine, quindi mi auguro che finalmente si sia giunti al momento in cui queste azioni faranno la differenza”.

    Sia che voglia far ridere o che voglia far commuovere, l’insofferenza alle regole c’è sempre, soprattutto verso il controllo istituzionale. Mi interessava sapere a livello personale e cinematografico come mai ha questa piccola ossessione. E, riguardo invece all’Italia, come mai dopo tanti anni è ancora così legato a Como? Proseguirà la sua battaglia ambientale sia a Como che all’esterno?

    G. CLOONEY: “Abbiamo bisogno di regole, si, ma mi piace vedere che le persone riescono a violarle costantemente e questa è la cosa divertente… Ma mai in Italia, solo in certi posti come la Francia, la Germania ovviamente, ma mai mai in Italia.
    Io ho un grosso legame con Como. Forse è la cosa migliore che abbia mai fatto in vita mia, il fatto di venire in questo Paese, e tutte le volte che atterro qui, sono veramente contento. Per quanto riguarda l’ambiente, sappiamo che il lago deve essere ripulito e speriamo che si riesca a fare…”.

    Recentemente ti sei dimesso dall’associazione degli sceneggiatori americani che non hanno accolto la tua richiesta di essere riconosciuto come co-sceneggiatore del tuo nuovo film. Una decisione forte e anche coraggiosa. La domanda è questa: non sei pentito neanche un po’ di questa tua scelta? E se non sei pentito, perché?

    G. CLOONEY: “E’ un qualcosa che io ho deciso di fare privatamente con la mia associazione, perché questa all’epoca stava per iniziare il suo sciopero e adesso, non so come sia successo, ma è diventata di dominio pubblico. Spesso sono dispiaciuto di molte delle cose che ho fatto ma non di questa mia scelta. Non lo sono”.

    A George Clooney volevo chiedere: ‘Questo film parla di una storia d’amore che si conclude con un matrimonio. Volevo chiederle se anche la sua storia d’amore si concluderà con un matrimonio. Mentre a Renée Zellweger chiedo ‘Lei impersona una giornalista, volevo sapere che cosa pensa dei giornalisti

    G. CLOONEY: “Passiamo alla prossima domanda (Scherza). Dovunque io vada mi si dice ‘il film finisce con il matrimonio’. Quando ho girato Syriana io non volevo diventare un agente della CIA, quindi, sapete, più o meno direi di passare alla domanda successiva. Non vorrei assolutamente trasformarmi in quello che è poi il finale dei miei personaggi nei film. La realtà e il film nel mio caso personale non si sono ancora incontrati”.

    R. ZELLWEGER: “Io non vorrei fare il vostro lavoro. E vi dico anche il perché: ‘Non vorrei avere la responsabilità di dover negoziare il modo in cui noi dobbiamo porre le informazioni sui mezzi di comunicazione internazionale. Anche se questa professione mi affascina - per esempio se c’è qualcuno che ha una buona idea - però oggi purtroppo sappiamo che non bisogna substanziare l’informazione. Molte volte ci sono compromessi sull’integrità delle parole scritte per fare dei soldi e questo mi crea dei problemi, come membro della società, come persona pubblica: perché se noi non diamo valore alla verità a che cosa diamo valore veramente? E io non vorrei nemmeno avere la responsabilità di prendere delle decisioni a livello personale, di avere un impatto molto negativo sulla vita di qualcun altro perché la mia responsabilità è quella di dire la verità. Non mi piacerebbe prendere questa decisione. E’ un lavoro molto difficile, soprattutto adesso. La mia opinione sui giornalisti? Bene. Voi dovete sempre porre delle domande difficili, vi ammiro, e sono grata a tutti voi, spero che non abbiate paura e che continuerete a lavorare perché il vostro lavoro è veramente molto importante. Ecco ciò che veramente penso dei giornalisti”.

    A Clooney: ‘Durante il College ha mai dovuto fare a botte con qualcuno per una donna?’ E a Renèe: ‘E’ stata mai contesa tra due uomini?’

    G. CLOONEY: “Non ci sono stato a sufficienza per ricordarmi bene di che cosa sia successo in quegli anni… Sono stati i sette anni migliori della mia vita. Per essere seri, devo dire che non mi sono mai trovato in questa situazione”.

    R. ZELLWEGER: “Se è successo non me l’hanno detto (scherza). Mi piacerebbe da morire”.

    Già in ‘Good Night and Good Luck’ c’era il militare che scatenava un po’ tutta la reazione. Anche in questo film in un certo senso è sempre un militare che fa scatenare tutto quello che viene fuori nel film. E anche qui, come nel precedente, c’è la ricerca della verità prima di qualsiasi altra cosa. Volevo chiederle se la presenza del militare in entrambi i casi è casuale o se sta un po’ diventando il suo marchio di fabbrica

    G. CLOONEY: “No, non ci ho pensato affatto. Questa è una commedia, non è assolutamente un appello alla pace, ma in generale, l’idea del militare… Il personaggio di questo film è piuttosto come un senatore con cui si litiga sul Paese. C’è per esempio un film (…) su ‘come fare degli eroi e come proteggerli’… sono sempre cose interessanti da analizzare ma non è quello che volevamo fare noi qui con questo film che, fondamentalmente, resta una commedia, un film leggero”.

    Volevo farle una domanda sulla sua carriera di regista. Ha fatto tre film tutti incentrati su tre elementi fondamentali di quello che è l’immaginario collettivo americano: da un lato il giornalismo d’inchiesta in ‘Good Night and Good Luck’, la CIA e tutto quello che sta dietro anche il mondo dei servizi segreti, e oggi il football con ‘In amore niente regole’. Cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo film? Quale altro elemento della cultura americana l’affascina così tanto?

    G. CLOONEY: “Non ne ho la più pallida idea. Ci sarà probabilmente un film che prenderà avvio all’inizio del prossimo anno e che si basa su un’opera teatrale che aprirà tra poco a New York e che riguarda anche il mondo nel momento delle elezioni. Potrebbe essere un qualcosa di interessante, anche perché entrambi i Paesi, gli Stati Uniti e l’Italia, in questo momento sono proprio in una fase pre-eletttorale. Certo, noi abbiamo tre potenziali Presidenti, potrà essere un Presidente anziano, un afro-americano o una donna, ma la cosa interessante è capire invece che cosa c’è dietro le scene, cosa fanno i consulenti dei politici, ma qui mi fermo”.

    ’In amore niente regole’ è un film che parla di football. Qual è il vostro rapporto con questo sport? In America ormai è diventato chiaramente lo sport nazionale, anche più del baseball (…) Siete tifosi di una squadra?

    G. CLOONEY: “Sono cresciuto nel Kentucky e nell’ultimo periodo è stata considerata una delle squadre peggiori e io sicuramente sono un fan. Però è molto interessante anche il basketball. Sappiamo che in molte partite parecchi giocano anche se non guadagnano molto, soprattutto nei college. E’ un po’ come il rugby, ci sono tanti tifosi così come per il calcio. Secondo me è una cosa comunque molto divertente”.

    R. ZELLWEGER: “Io vengo dal Texas e noi siamo geneticamente predisposti ad amare il football. In effetti siamo sempre lì a vedere le nostre squadre, per esempio a me piacciono i Cowboy (…)”.

    Il signor Clooney ha dichiarato che il personaggio di Dodge è molto vicino alla sua personalità. Conferma? Volevo poi chiedere alla signora Zelleweger se per lei è lo stesso nei confronti del personaggio di Lexie o, altrimenti, quali dei personaggi delle vostre carriere sentite più vicini al vostro carattere?

    G. CLOONEY: “(…) Non lo so. Diciamo che sono stato molto fortunato fino ad ora ad avere dei ruoli molto interessanti. Questo è stato un ruolo simpaticissimo. Il primo film che mi è piaciuto molto è stato ‘Out of Sight’. Mi è piaciuto molto il personaggio che ho interpretato”.

    R. ZELLWEGER (rivolta a Clooney): “Mi è piaciuto moltissimo guardarti giocare a football ogni giorno, ma la cosa più bella è stata vedere quanto ti sei divertito nel corso delle riprese. Io vorrei dire davanti a tutti voi che sono rimasta straordinariamente colpita dalla bravura della tua regia e dalla gentilezza della tua regia”.

    (…)

    (*) Il conflitto del Darfur (talvolta chiamato genocidio del Darfur) è un conflitto armato attualmente in corso nella regione del Darfur situata nell'ovest del Sudan, stato dell'Africa centro-orientale delimitato da Ciad, Egitto, Etiopia, Libia, Repubblica Democratica del Congo, Uganda, Repubblica Centroafricana e Kenia. Il Darfur rappresenta la più impellente ‘emergenza umanitaria’ del pianeta.


     
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