RACCONTI DA STOCCOLMA: INTERVISTA al regista ANDERS NILSSON (A cura di CATERINA D'AMBROSIO)
26/04/2008 -
24 aprile 2008 Roma – Cinema Eden. Il regista svedese ANDERS NILSSON ha incontrato la stampa per presentare il suo nuovo film RACCONTI DA STOCCOLMA.
Come è nata l’idea di questo film?
“Il film è ispirato, purtroppo, a fatti realmente accaduti nel mio Paese. Ho cominciato giovanissimo, all’età di 13 anni, con film di genere: thriller, polizieschi. Quando io e il mio co-sceneggiatore abbiamo visto quello che era accaduto, abbiamo deciso di raccontare quegli specifici e drammatici fatti di cronaca con lo strumento che ci era più congeniale, vale a dire il thriller, soprattutto per non fare un documentario e raggiungere così
un pubblico il più vasto possibile”.
Si tratta però di un film molto diverso…
“Sì certamente. I fatti di cronaca cui facevo cenno e che fanno parte del film hanno suscitato un grande dibattito in Svezia, hanno fatto calare un velo su quello che succede realmente dietro le mura domestiche. E in questo non è diverso da quello che succede in altre culture. Volevamo raccontare tutto ciò dalla parte della vittima, utilizzando quello che è sempre stato caro a un grande maestro come Hitchcock, vale a dire il thriller visto con gli occhi della vittima. E per far ciò abbiamo, ad esempio, usato molto anche la steady-cam”.
Il film è diviso in tre episodi anche diversi tra loro. Qual è il collegamento?
“Ci siamo chiesti: cosa può far scattare la violenza? E ci siamo dati una risposta: l’onore, la perdita del rispetto. Una volta venuto meno ciò si ha una perdita di controllo che porta a conseguenze nefaste. Nei primi due episodi del film è molto più evidente, nell’ultima storia ci si arriva seguendo un filo più sottile, una sottotraccia”.
E’ incredibile però… Tutti noi pensavamo che la Svezia fosse totalmente affrancata da questo tipo di fenomeni. Cosa è successo?
“Io credo, e purtroppo le statistiche di Amnesty mi danno ragione, che la violenza entro le mura domestiche sia un fatto tragico comune ad ogni cultura. Soprattutto nella prima storia da noi raccontata che ha per protagonista una giornalista picchiata per 15 anni dal marito anch’egli giornalista ci ha messo di fronte a una contraddizione enorme: il silenzio. E anche quando la protagonista ha deciso di parlare ha trovato un muro impensabile. Nessuno dei colleghi voleva crederle, forse perché significa ammettere che anche loro come tutti potevano trasformarsi in carnefici”.
Quali sono le dimensioni del fenomeno?
“Stando a quando fornito da Amnesty International, almeno il 50% delle donne in Svezia sono state vittime almeno una volta di abusi e maltrattamenti. In Italia, un terzo delle donne intervistate (dati Istat, ndr) hanno detto di aver subito violenza. Il problema vero è il silenzio: la vittima si colpevolizza e pensa di essere lei stessa la causa della violenza, non è così! Bisogna denunciare i propri aguzzini. Il 70% degli stupri avviene in famiglia e solo il 6% ad opera di sconosciuti. Per questo ho definito il mio film hitchcockiano: denuncia gli eventi con gli occhi della vittima”.
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