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    PINOCCHIO

    Quando il NATALE era davvero NATALE!!! - Omaggio alla memoria di GIGI PROIETTI qui nei panni di Mangiafuoco - Berlinale 2020 - Gala - Tra i più attesi!!! - RECENSIONE - Dopo anni di silenzio cinematografico Roberto Benigni torna al cinema confrontandosi nuovamente con il Pinocchio di Collodi, classico della letteratura italiana e mondiale, questa volta indossando i panni di Geppetto - Dal 19 Dicembre

    "Girare finalmente Pinocchio e dirigere Roberto Benigni sono due sogni che si avverano in un solo film. Con il burattino di Collodi ci inseguiamo da quando, bambino, disegnavo i miei primi storyboard. Poi, negli anni, ho sempre sentito in quella storia qualcosa di familiare. Come se il mondo di Pinocchio fosse penetrato nel mio immaginario, tanto che in molti hanno ritrovato nei miei film tracce delle sue Avventure... Con il racconto ho iniziato a esplorare un territorio dove si mescolava il reale e il soprannaturale. Questo film è davvero una storia a sè: ogni fotogramma mi appartiene ma abbiamo cercato di fare un film popolare, così come il grande capolavoro di Collodi. La sfida era fare un film che potesse sorprendere e incantare di nuovo il pubblico nel vederlo. E ora aspetto con ansia il vostro giudizio... È una storia che può essere letta in mille modi diversi. Per me è soprattutto una grande storia d'amore tra un padre e un figlio. È come se dopo una serie di errori si capisca attraverso la redenzione il voler ritornare ad amare il padre. Sono personaggi italiani ma universali anche nel messaggio. Un film che andava fatto nel nostro Paese e con le facce di attori italiani che hanno saputo dare tutti quelle sfumature che mi auguro Collodi avrebbe amato".
    Il regista e sceneggiatore Matteo Garrone

    "C'è stato un percorso insieme e ho seguito il sentiero di Matteo che sembra Rossellini: fa cinema con la penna biro, lo scrive attimo per attimo. E ho pensato solo a cosa potesse sentire un padre invecchiato, segnato dalla povertà che è la parola che più si ripete nel libro di Collodi. Non è dignitosa, che sarebbe piccolo borghese, ma una povertà meravigliosa, che ti fa sembrare la vita un miracolo qualsiasi cosa accada. C'è l'esempio di Chaplin dietro tutti noi: questa povertà che diventa una grande ricchezza interiore. E sono rimasto me stesso: quando mi ha portato la foto di come avrei dovuto essere sembravo mio nonno. Erano le mie radici: uguale ma profondamente diverso"
    L'attore Roberto Benigni

    (Pinocchio; ITALIA/REGNO UNITO/FRANCIA 2018; Fantasy; 120'; Produz.: Archimede con Rai Cinema e Le Pacte in associazione con Recorded Picture Company; Distribuz.: distribuzione italiana: 01 Distribution; distribuzione statunitense: Roadside Attractions)

    Locandina italiana Pinocchio

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    See Short Synopsis

    Titolo in italiano: Pinocchio

    Titolo in lingua originale: Pinocchio

    Anno di produzione: 2018

    Anno di uscita: 2019

    Regia: Matteo Garrone

    Sceneggiatura: Matteo Garrone

    Soggetto: Dalla classica fiaba omonima di Carlo Collodi.

    Cast: Federico Ielapi (Pinocchio)
    Roberto Benigni (Geppetto)
    Rocco Papaleo (Gatto)
    Massimo Ceccherini (Volpe)
    Marine Vacth (Fata Turchina)
    Gigi Proietti (Mangiafuoco)
    Alessio Di Domenicantonio (Lucignolo)
    Davide Marotta (Grillo Parlante)
    Paolo Graziosi (Mastro Ciliegia)
    Maria Pia Timo (Lumaca)
    Massimiliano Gallo (Corvo/Direttore del circo)
    Gianfranco Gallo (Civetta)
    Marcello Fonte (Pappagallo)
    Teco Celio (Giudice Gorilla)
    Nino Scardina (Omino di burro)
    Cast completo

    Musica: Dario Marianelli

    Costumi: Massimo Cantini Parrini

    Scenografia: Dimitri Capuani

    Fotografia: Nicolai Brüel

    Montaggio: Marco Spoletini

    Effetti Speciali: Fabio Traversari (supervisore effetti speciali); Theo Demiris e Rachael Penfold (supervisori effetti visivi)

    Makeup: Mark Coulier

    Casting: Francesco Vedovati

    Scheda film aggiornata al: 09 Dicembre 2020

    Sinossi:

    In breve:

    Adattamento live-action della classica storia di un burattino di legno di nome Pinocchio che prende vita.

    Short Synopsis:

    Live-action adaptation of the classic story of a wooden puppet named Pinocchio who comes to life

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    Pinocchio, una favola senza tempo, senza limiti e confini, su cui vale sempre la pena tornare. Ecco la scelta ‘diamantina’ di Matteo Garrone con il suo ‘Pinocchio’ odierno:

    Eppure, soprattutto noi italiani, e in particolare in quel di Toscana, dovremmo conoscerla bene la favola di Pinocchio. Una favola che, d’altra parte, e non a caso, ha fatto il giro del mondo. E che ha fatto pure diverse incursioni sul piccolo e grande schermo, con non poche licenze sulla narrazione originaria. Com’è noto, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è un romanzo per ragazzi scritto da Carlo Collodi, pseudonimo del giornalista e scrittore fiorentino Carlo Lorenzini. Romanzo nato in puntate tra il 1881 e il 1882 e completato poi nel libro per ragazzi uscito a Firenze nel febbraio 1883. Ma se la storia di questa ‘discola’ marionetta animata ha attratto bambini e ragazzi di ogni età nel mondo, è proprio

    perché Pinocchio è molto più che una favola: è un sincero e accorato specchio dell’esistenza. O, per meglio dire, una affascinante, eppur tragica, metafora della condizione umana, universalmente riconoscibile dal filtro di ogni epoca. Per questo ne sono affascinati anche gli adulti, ‘pinocchietti’ da una vita, per certi versi, quando non ‘volpi’ e ‘gatti’. E allora si mette davvero male. E’ dunque per questo che Pinocchio si è variamente prestato a diversi rimaneggiamenti ed ‘attualizzazioni’. Ma il regista Matteo Garrone (Tale of Tales, reduce dal clamoroso successo con il drammatico Dogman) che cosa ha fatto di Pinocchio? Ha fatto la cosa più bella e giusta che potesse fare. Tornare alle origini della ‘fiaba’, accordandosi su una veste rustica e brumosa, senza sconti alle venature più goticamente ‘dark’ (vedi la scena dell’ammaraggio del somaro ad esempio). Veste grazie alla quale abbiamo il piacere di rivivere luci ed ombre del secolo che

    fu, riscoprendo i valori veri, la morale più ruspante, e la commozione che, ‘a una certa...!', non pensavamo di ritrovare su queste frequenze.

    Come ha concretamente confezionato Garrone questa ennesima, ‘nuova’ versione? Quale vero gioiello, capolavoro palpitante di emozioni ruspanti, senza un filo di retorica, dalla venatura surreale che giustifica la magia fiabesca?

    In risposta a questa domanda, Garrone è riuscito nella difficile impresa chiamando in causa un ‘realismo’ d’epoca così lenticolare ed intimista da far venire le lacrime agli occhi agli adulti che, per l’appunto, proprio non avrebbero immaginato di potersi commuovere con Pinocchio, mentre di tanto in tanto guadagnano altresì l’occasione di un sorriso condivisibile con i bambini, sulla cresta di centellinate battute umoristiche. Garrone ha qui fatto ricorso alle sue armi migliori: i filtri culturali più autentici ed emozionanti che la pittura - da cui muove i primi passi della sua personale formazione - dai macchiaioli toscani al

    realismo magico ed oltre, passando per nature morte e pastorali, potesse offrirgli. Il riferimento alla ruralità dei paesaggi, dipinti dai macchiaioli è autodichiarazione dello stesso regista, che porge la sua ‘tavolozza’ al direttore della fotografia danese Nicolai Brüel (già al fianco di Garrone per Dogman). Ma tra realtà ed immaginario, in un corollario cromatico che privilegia i colori caldi e brumosi, sull’oscurità delle molte ed intense ombre, mentre si aprono le tante finestre del nuovo ‘realismo magico’, occhieggia la carta non svelata che ci riporta alla ruralità dipinta dal cosiddetto ‘primitivismo toscano’. Ma anche il nostrano ‘neorealismo’ televisivo e cinematografico (De Sica, Pasolini), e la povertà rurale più autentica di fine Ottocento che gli scorci ambientali, in interno ed esterno, potessero mai ispirarlo nella rievocazione. A rendere poi regale il ricco abbecedario culturale garroniano, la memoria ricreata dei piccoli teatri ambulanti di strada a conduzione familiare, le origini del cabaret

    circense, con burattini - vere e proprie sculture in legno agghindate alla moda d’epoca - animati da fili, freak e spettacoli di magia popolare, inscenati sui palcoscenici di paese. Non possiamo infine non scorgere i rigurgiti del barocco settecentesco, i cui taluni costumi e scenografie ci richiamano alla memoria il teatro goldoniano, mentre un barocchismo edilizio decadente tradisce ad esempio il palazzo della Fata Turchina. Ma, davvero insuperabile, anima pulsante del Pinocchio di Matteo Garrone, è quella povertà vissuta e sofferta a pelle nelle scansìe di un lavoro artigianale da cui è nato il detto ‘uscio e bottega’, quando non vi era distinzione alcuna tra casa, ‘laboratorio’ e vendita al pubblico. E il Pinocchio di Matteo Garrone ha reso questa ‘povertà’ la prima protagonista in ogni poro della pellicola. Garrone ha così rispettato l’anima della fiaba originaria, usando la chiave elettiva per arrivare al cuore della sua stessa morale: spalancare

    le porte alla più nobile ed autentica ‘metafora della condizione umana’ di cui Pinocchio è, in effetti, sempre stato portavoce. Ne nasce così un piccolo grande miracolo per gli occhi e per il cuore.

    E’ il trionfo della povertà come bellezza interiore ad aprire la storia, dove ritroviamo, con immensa gioia ed immutato affetto, un Roberto Benigni finalmente tornato al cinema e per l’appunto con un’interpretazione letteralmente ‘stratosferica’:

    Le note musicali di Dario Marianelli, lievi e melodiose, alleggeriscono l’atmosfera greve e umbratile di un piccolo laboratorio di falegname: gli attrezzi del mestiere in primo piano, simboli elettivi di un lavoro che nobilita l’uomo con il sudore della fronte, a patto che il lavoro ci sia e che sia pagato. Una perla davvero rara. E’ lì che fa la sua prima comparsa, il Geppetto di Roberto Benigni, specchio di un’umanità interiore senza limiti e confini, tanto quanto il vuoto del suo stomaco, stretto

    nel languore della fame, grande, inesorabile, non detta, ma evidente. Il suo volto scavato, nel miglior make up neorealista che i nostri tempi potessero rievocare, esprime più di mille parole. E ricorderemo a lungo, le sequenze di inizio in osteria, in cui Benigni ritrova note altre dopo La vita è bella, ma pur sempre di marca chapliniana, per ritrarre una miseria in carne, di contro alle ossa del corpo smagrito dell’affamato. Ma la povertà nobile, quella che pulsa di autentica bellezza interiore non chiede, non mendica. Raggira piuttosto l’ostacolo con eleganza e schietta disperazione malcelata. L’oste - tutti si conoscono in un paese si sa - gli risponde nella sua stessa lingua, che odora di tenerezza, comprensione e solidarietà. Ecco, l’incipit del film ne stabilisce la temperatura. Una temperatura umile e potente, capace di spiazzare soprattutto gli adulti di oggi e gli adulti di domani, assuefatti dalla fredda tecnologia, sempre

    più avara di contatti ‘Umani’ con U maiuscola. Rivedetevi il Roberto Benigni ospite da Fabio Fazio a ‘Che tempo che fa’ su questo registro - il registro della povertà - perché vale davvero la pena, e scoprirete anche perché è così vera questa sua interpretazione, con chi e quali siano state le sue fonti di ispirazione. La sua, versata in Geppetto come linfa vitale allo stato puro, è una potenza interiore espressa per sottrazione, e, paradossalmente proprio per questo, in grado di deflagrare ed irradiarsi nell’intorno come una vera esplosione. L’esplosione d’amore per un figlio inaspettato, per quanto con la ‘testa di legno’, nel senso più pieno del termine.

    L’amore tra un padre e un figlio è un amore allo stato puro, viscerale, che fa battere il cuore

    Persino Steven Spielberg in A. I. Intelligenza Artificiale ha trovato ispirazione dal Pinocchio di Collodi per il suo mecca infante col desiderio di diventare

    un bambino vero. Un desiderio condiviso, strada facendo, dal nuovo Pinocchio di Matteo Garrone, interpretato da Federico Ielapi (Quo Vado?). Ma non basta avere l’ardente desiderio di essere amati, l’amore bisogna meritarselo, facendo il proprio dovere, andando a scuola, studiando per trovare ognuno la propria formazione di persona vera. Quando si persegue il bene (non sempre purtroppo, ma così dovrebbe essere) si è amati e rispettati. Nello spielberghiano AI il bambino mecca David considera l’amore come vero e proprio premio partita: “così la mia mamma mi vorrà beneâ€). Per inciso, da questo punto di vista, il Pinocchio di Garrone sembra giungere a proposito per ricordarci quanto la condizione umana odierna, molto spesso galleggiante a bagno nell’ignoranza di una pseudo cultura, sia molto più simile al mecca/burattino di legno, dai fili invisibili ma reali, tirati da burattinai di cui non sempre si conosce l’identità, ma sempre all’opera e con un copione

    già scritto alla mano, per uno spettacolo di cui facciamo parte non sempre consapevoli e per lo più non senzienti. Ma qui si entrerebbe in un ‘ginepraio’ - per dirla con Benigni - che ci porterebbe troppo lontano e, semmai, più nei paraggi del Gatto (Rocco Papaleo in un ruolo risicato a poco più di un cameo) e della Volpe (un ruspante Massimo Ceccherini). L’amore di un padre invece, e Benigni lo traduce alla perfezione nel suo Geppetto, è incondizionato, mentre quello del figlio - il Pinocchio di Ielapi - deve prima arrivare a scoprire il suo cuore grande, facendosi largo tra i mille guai che tutti conoscono a menadito e che non stiamo certo qui a ripercorrere. Il fulcro di questo amore muove d’altra parte ancor prima della ‘nascita’ di Pinocchio, nella bottega di Mastro Ciliegia (Paolo Graziosi), dove Geppetto va ad elemosinare un pezzo di legno, per poi

    sbocciare nella stupenda sequenza in cui, a metà dell’opera, scopre in quello stesso pezzo di legno non ancora finito, un battito cardiaco simile al cigolio di un’antica porta sui cardini arrugginiti. Un momento semplicemente meraviglioso! Per il padre Geppetto/Benigni così come per lo spettatore. E ne seguiranno molti altri, tra cui il nobilissimo restauro di Pinocchio, dove il primissimo piano di Geppetto/Benigni con il pennello in mano, mentre tradisce l’anima del pittore che ‘conforta’ delle necessarie cure l’opera nata dal propria capacità e volontà di amare la propria creazione - Garrone sembra andare in auto citazionismo - esprime lo sconfinato amore paterno che può anche saper aspettare una vita prima di poter anche solo sperare di essere corrisposto, senza per questo venir mai meno.

    Verismo e surreale uniti in un matrimonio di lunga durata, pescando dalla ricca cornucopia dell’arte toscana. Un presepe a cielo aperto:

    Così se il Pinocchio di Luigi

    Comencini, il più aderente alla versione collodiana di Pinocchio di fine Ottocento, ha fatto da apripista, il Pinocchio di Matteo Garrone sembra averlo elegantemente sorpassato, in punta di un verismo più schietto - a cominciare dalle venature lignee del volto di Pinocchio burattino - e meno ‘cotonato’. E laddove i costumi potevano richiedere una certa ‘ampollosità’ da copione, Garrone ha svicolato facendo appello alle cromie ‘pastello’, a tratti quasi monocrome, per spegnere i toni. La stessa Fata Turchina (una raffinata e delicata Marine Vacht) o la grande e lenta lumaca (Maria Pia Timo), palpitano di vita vera dai loro trucchi e parrucchi, cipriosi ma in un certo qual modo contenuti. Mentre restiamo ammaliati dal magico realismo naturista degli incantevoli scorci cittadini e paesaggistici di marca toscana, di cui si mantiene il tocco dialettale di marca fiorentina, Garrone non manca di introdurci negli altrettanto incantevoli anfratti degli interni, riproducendone ogni minimalista

    sfumatura e dettaglio: in termini tanto veristici quanto surreali sono il ventre del pescecane, o il volto animato del tonno che, a sua volta, sembra imprestato da qualche protome scultorea delle innumerevoli cattedrali romaniche che il mondo intero invidia alla Toscana. I pasti nelle osterie poi, le greggi all’aperto, le stalle, tra cui quella in cui alloggiano Lucignolo (Alessio Di Domenicantonio) e Pinocchio/Ielapi nel Paese dei Balocchi e che li vedrà presto tradotti in somari, e il vasto corollario di tutti i protagonisti che passano sulla strada del burattino e che tutti ben conosciamo, ogni personaggio, risponde alla personale unione in matrimonio tra realismo e surreale: dal grillo parlante, al Mangiafuoco di Gigi Proietti - ispirato all’iconica immagine elaborata dai disegni di Enrico Mazzanti per Collodi -, dal severo Maestro a scuola, ligio ad applicare le esemplari punizioni dell’epoca (i nonni ricorderanno bene quanto siano vere!). Mentre di un realismo

    per così dire ‘pasoliniano’, sono i protagonisti di una società permeata da una ruralità assoluta, quando la solidarietà tra poveri era un valore aggiunto. Amicizia e solidarietà si respirano anche tra tutti i freak che percorrono svariati metri di celluloide in questo Pinocchio, straordinariamente avvolgente dell’umanità migliore. Ed è proprio verso questa umanità, che Pinocchio continua a spingerci, continuando a mostrare la via alle nuove, così come alle vecchie generazioni. Magari dal languore diroccato di una chiesa campagnola abbandonata nel cuore di una distesa di grano. Location elettiva non a caso scelta per il ‘miracolo’ finale. Straordinario anche l’imprinting pittorico delle illustrazioni che salutano personaggi e protagonisti sui titoli di coda. Una sorta di corto con autonoma dignità iconografico-iconologica, evocativa e celebrativa delle illustrazioni negli stessi libri di fiabe di fine Ottocento.

    Intanto, il Pinocchio di Matteo Garrone sembra essersi guadagnato la strada verso la Berlinale 2020 (Berlinale Special Gala)

    e non potremmo essere più felici per questo raro riscatto artistico di italianità nel mondo.

    Secondo commento critico (a cura di La parola al film)

    trailer ufficiale:



    clip 'Creazione':



    clip 'Ti sta crescendo il naso':



    conferenza stampa integrale:

    Pressbook:

    Pressbook breve di Pinocchio

    Links:

    • Matteo Garrone (Regista)

    • Roberto Benigni

    • Rocco Papaleo

    • Massimo Ceccherini

    • Gigi Proietti

    • Marine Vacth

    • Federico Ielapi

    • CARS 2 - INTERVISTA all'attrice SOPHIA LOREN (doppiatrice di Mamma Topolino) (Interviste)

    • LE AVVENTURE DI TINTIN - IL SEGRETO DELL'UNICORNO - INTERVISTA al fumettista esperto di Tintin GIANFRANCO GORIA (Interviste)

    • PINOCCHIO di MATTEO GARRONE - CONFERENZA STAMPA : ROBERTO BENIGNI (Interviste)

    • Pinocchio (BLU-RAY + DVD)

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    Galleria Video:

    Pinocchio - trailer

    Pinocchio - clip 'Creazione'

    Pinocchio - clip 'Ti sta crescendo il naso'

    Pinocchio - featurette 'Conferenza integrale con Roberto Benigni, Matteo Garrone' - 1° Parte

    Pinocchio - featurette 'Conferenza integrale con Roberto Benigni, Matteo Garrone' - 2° Parte

    Pinocchio - featurette 'Conferenza integrale con Roberto Benigni, Matteo Garrone' - 3° Parte

    Pinocchio - featurette 'Conferenza integrale con Roberto Benigni, Matteo Garrone' - 4° Parte

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