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    Home Page > Movies & DVD > The End of the Tour-Un viaggio con David Foster Wallace

    THE END OF THE TOUR-IN VIAGGIO CON DAVID FOSTER WALLACE

    Dal Sundance Film Festival 2015 - RECENSIONE - Dall'11 FEBBRAIO

    (The End of the Tour; USA 2015; Biopic drammatico; 106'; Produz.: Modern Man Films/Anonymous Content/Kilburn Media; Distribuz.: Adler Entertainment)

    Locandina italiana The End of the Tour-Un viaggio con David Foster Wallace

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    See SHORT SYNOPSIS

    Titolo in italiano: The End of the Tour-Un viaggio con David Foster Wallace

    Titolo in lingua originale: The End of the Tour

    Anno di produzione: 2015

    Anno di uscita: 2016

    Regia: James Ponsoldt

    Sceneggiatura: David Lipsky

    Soggetto: The End of the Tour è basato sul libro del giornalista David Lipsky Come diventare se stessi

    Cast: Jesse Eisenberg (David Lipsky)
    Anna Chlumsky (Sarah)
    Jason Segel (David Foster Wallace)
    Mamie Gummer (Julie)
    Joan Cusack (Patty)
    Ron Livingston (Editor di David Lipsky)
    Mickey Sumner (Betsy)
    Becky Ann Baker (Bookstore Manager)

    Musica: Danny Elfman

    Costumi: Emma Potter

    Scenografia: Gerald Sullivan

    Fotografia: Jakob Ihre

    Montaggio: Darrin Navarro

    Makeup: Karri Farris (direttrice); Julie Strating

    Casting: Avy Kaufman

    Scheda film aggiornata al: 29 Febbraio 2016

    Sinossi:

    IN BREVE:

    The End of the Tour è basato sul libro del giornalista David Lipsky Come diventare se stessi. Nell’inverno del 1996 due uomini giovani e ambiziosi si imbarcano senza conoscersi in un viaggio di cinque giorni, nei quali emerge che ognuno di loro sta cercando intensamente e nervosamente di capire che posto occupare nella propria vita. Il primo era il giovane giornalista di Rolling Stone, David Lipsky. Il secondo era David Foster Wallace, la “rockstar della letteratura americanaâ€, 34 anni, da poco lanciato come il più brillante degli scrittori, osservatore e voce della sua generazione.

    SHORT SYNOPSIS:

    The story of the five-day interview between Rolling Stone reporter David Lipsky and acclaimed novelist David Foster Wallace, which took place right after the 1996 publication of Wallace's groundbreaking epic novel, 'Infinite Jest.'

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    CINQUE GIORNI, QUATTRO NOTTI PER UN TOUR INTROSPETTIVO 'ON THE ROAD' TRA UNO SCRITTORE AUTORE GIA' DI CULTO (IL DAVID FOSTER WALLACE DI JASON SEGEL) E UN GIORNALISTA ASPIRANTE SCRITTORE (IL DAVID LIPSKY DI JESSE EISENBERG). DUE ENCOMIABILI PERFORMANCE NEL CUORE DI UNA PELLICOLA 'INDIPENDENTE'

    Non poteva che passare dal Sundance Film Festival un film come questo. Un inconsueto 'road movie' a due: un purosangue e un ronzino, per così dire, a spasso nella selva della scrittura, del giornalismo e di se stessi. Protagonisti il David Lipsky di Jesse Eisenberg (The Social Network), giornalista (in prova presso la redazione "Rolling Stone") ed aspirante scrittore alle prime armi o poco più, e il David Foster Wallace di Jason Segel (I fantastici viaggi di Gulliver, Sex Tape-Finiti in rete), lo scrittore che ha invece già raggiunto fama e gloria e già ne sente tutto lo schiacciante peso. Cinque giorni e quattro notti per

    un incontro ravvicinato che nella realtà ha prodotto il libro Come diventare se stessi. David Foster Wallace si racconta (edito in Italia da Minimum Fax) e che ora è diventato un film per la regia di James Ponsoldt (già nominato un paio di anni fa proprio al Sundance al Gran Premio alla Giuria per The Spectacular Now, oltre che premiato per le interpretazioni di Miles Teller e Shailene Woodley).

    La tastiera di un computer non fa tutto quel ticchettìo. E invece è lì, che riecheggia dal fondo buio dello schermo lasciando pensare ad un cimelio di macchina da scrivere. Ed è il cliché di inizio storia più battuto al cinema quando in qualche modo è protagonista la scrittura. Eppure, dopo aver constatato che trattasi ovviamente di computer, e dopo aver captato i primi segnali di un prologo-epilogo che apre la storia sui dodici anni che lo hanno preceduto, ci pare che

    quel ticchettìo sia stato volutamente amplificato perché calato nella veste simbolica di una sorta di ossessione: la scrittura come simbolo elettivo della vita, oltre che solitario e angosciante fantasma, nella mente e nella coscienza, dei due protagonisti, riuniti quasi per caso e con tutta la riluttanza possibile. Wallace/Segel, in tour promozionale per un best seller di poderoso successo, come Infinite Jest, non accoglie esattamente a braccia aperte il rampante trentenne Lipsky/Eisenberg, piombato all'improvviso sul suo percorso per un'intervista-live da redigere per la rivista "Rolling Stone". Quel che si dice un trampolino di lancio su cui giocarsi la camicia di una carriera giornalistico-scrittoria. Cinque giorni e quattro notti per far breccia nel cuore e nella mente di un autore di culto internazionale, seguendo la pista di quel che si può definire, giocando di proposito per l'appunto con le parole, la 'famelica fame di fama'.

    Queste almeno erano le chiare intenzioni del giovane

    Lipsky di Eisenberg, appena un librucolo al suo attivo, ben nutrito da una massiccia dose di frustrazione perché perfino la sua ragazza adora la scrittura dell'autore che lui si è prefisso di intervistare seguendolo nel tour (occasione per un risicato cameo neppure di focale importanza per la povera Joan Cusack). Non è certo una novità che dietro le cortine di un processo creativo si possano trovare risvolti di medaglia killer non di rado letali. Ed è per l'appunto il caso di Wallace, già passato dal giogo della depressione e dall'abuso di alcool - ad uso anestetico, come dice lui - schiacciato letteralmente dalla fama e da quella opprimente solitudine di cui non fa certo mistero il suo alter ego nella finzione del film. Per questo ritratto intimo e malinconico la regia di James Ponsoldt affida pennelli e colori ai due protagonisti Segel e Eisenberg sempre sul campo, limitandosi ad osservare

    il reciproco osservatorio di una graduale conoscenza tratteggiata da qualche verbosità di troppo su teoria e pratica di vita dello scrittore, declinato ad ogni angolo di strada sull'orpello-tormentone dell'attenzione accordata dal pubblico ad un autore di fama internazionale. Tra attrazione e paura nei confronti dell'agognata fama, intimamente connessa, lo si voglia o no, con una spietata competizione sociale.

    La generosa sceneggiatura del debuttante Donald Margulies sparge dialoghi a piene mani e rincara la dose di un'interazione piena tra i due protagonisti pilastri portanti dell'intero film. Una sorta di gioco a scacchi, in cui i due si studiano con velata ma palpabile diffidenza, scoprendo le rispettive mosse a metà, con il desiderio di svelare e condividere, ma anche con la paura di farlo fino in fondo, senza freni inibitori.

    The End of the Tour è un 'indipendent movie' di strada che, attraverso lo sguardo incrociato di reporter Lipsky/Eisenberg e intervistato Wallace/Segel, torna

    a parlare di fragilità umane, di una genialità spesso coniugata con egocentrismo ansiogeno, malinconico e così disperatamente solitario da cercare rifugio in una qualche alcova di dipendenza. Un'alcova che non scalda e non consola come il contatto umano reale. Come quello che i due hanno condiviso in quei cinque giorni e quattro notti in cui hanno viaggiato in auto e in aereo, fumato, bevuto, divorato cibo-spazzatura, incontrato lettori, amiche (altri due sciapi camei tra cui la figlia della Streep Mamie Gummer) o visto film al cinema, ma, soprattutto, parlato, parlato e riparlato. Non sempre al top della comprensione e dell'armonia. Dove possano condurre le alcove-rifugio in dipendenze di vario tipo, in sostituzione di autentici e importanti contatti umani, ce lo racconta del resto la realtà dei fatti. Prova ne è stata il suicidio con cui l'"Emile Zola post-millennio" Wallace ha messo fine alla propria vita, silenziando per sempre quella scomoda

    ed opprimente signora chiamata fama, con tutto il suo seguito.

    "... lui voleva qualcosa in più di quello che aveva, io invece volevo quello che lui aveva già... vivere quei giorni insieme a lui mi ha fatto sentire molto meno solo... I libri sono un progetto della vita ma non un qualcosa che può far sentire meno soli"

    Ah, dimenticavo! Un consiglio: aspettate la fine dei titoli di coda se non volete perdervi il vero finale! Un finale tanto delicato e sottile da aprirsi sull'immensità di un oceano.

    Bibliografia:

    Nota: Si ringraziano Adler Entertainment e lo Studio Punto&Virgola

    Links:

    • Jesse Eisenberg

    • Mamie Gummer

    • Ron Livingston

    • Jason Segel

    1

    Galleria Video:


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