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    DETROIT

    Tra i più attesi!!! - Dalla XII. Festa del Cinema di Roma - La regista di Point Break e Strange Days Kathryn Bigelow, prima e unica donna ad ottenere il premio Oscar® per la miglior regia con The Hurt Locker, torna dietro la macchina da presa, a cinque anni dall’uscita di Zero Dark Thirty, per firmare un’opera di straordinaria intensità sugli scontri di Detroit del 1967 - RECENSIONE - Dal 23 Novembre

    "(Il mezzo cinematografico) parla al subconscio, chiedendo allo spettatore quasi un coinvolgimento attivo... In questo caso, volevo mettere lo spettatore dentro il Motel Algiers, così da fargli vivere l’esperienza quasi in tempo reale... Quando stai realizzando una storia su un evento di vita reale e incontri i testimoni di quell’evento, vuoi essere sicura che queste esperienze non siano accadute invano, che puoi trasferire la risonanza della loro storia e rivelarla al pubblico"
    La regista Kathryn Bigelow

    "Nel corso del processo di ricerca, ho trovato dei filmati della ribellione che si mescolavano così perfettamente con il lavoro di Barry (Ackroyd, direttore della fotografia), da poter essere inseriti nel film, dando un’autenticità quasi tattile. I film storici possono risultare leggermente antisettici, specialmente se sono passati cinquant’anni. Solo quando incontri le persone che sono state realmente coinvolte, inizi ad apprezzare che i fatti storici in realtà sono la storia di persone vere. E questo è diventato il fulcro della mia sceneggiatura... Larry si è trovato trascinato in questa vera storia criminale che ha modificato il corso della sua vita; questo, nella mia testa, è ciò che avrebbe formato la spina dorsale del film... Quando scegli di raccontare una storia vera come questa, devi approcciarti con un senso di responsabilità personale, alla storia stessa e ancor più agli individui in essa coinvolti, alcuni dei quali sono sopravvissuti e altri no. Anche se stavamo facendo un film di finzione e non un documentario, avevamo il carico della responsabilità di onorare il passato, in un modo che fosse premuroso e rispettoso"
    Lo sceneggiatore Mark Boal

    (Detroit; USA 2017; Noir; 144'; Produz.: Annapurna Pictures/First Light Production/Metro-Goldwyn-Mayer (MGM)/Page 1; Distribuz.: Eagle Pictures)

    Locandina italiana Detroit

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    See Synopsis

    Titolo in italiano: Detroit

    Titolo in lingua originale: Detroit

    Anno di produzione: 2017

    Anno di uscita: 2017

    Regia: Kathryn Bigelow

    Sceneggiatura: Mark Boal

    Soggetto: La storia è ambientata sullo sfondo dei devastanti scontri che ebbero luogo a Detroit nell'arco di cinque allucinanti giornate estive nel 1967.

    Detroit rievoca infatti uno dei più tragici e sanguinosi episodi della storia statunitense, la sommossa che ha attraversato le strade della metropoli americana esattamente cinquant’anni fa, fra il 23 e il 27 luglio 1967.

    Cast: Will Poulter (Krauss)
    Algee Smith (Larry)
    John Boyega (Dismukes)
    Hannah Murray (Julie)
    Kaitlyn Dever (Karen)
    Anthony Mackie (Greene)
    John Krasinski (Attorney Auerbach)
    Jack Reynor (Demens)
    Ben O'Toole (Flynn)
    Nathan Davis Jr. (Aubrey)
    Peyton 'Alex' Smith (Lee)
    Jason Mitchell (Carl)
    Joseph David-Jones (Morris)
    Darren Goldstein (Detective)
    Malcolm David Kelley (Michael)
    Cast completo

    Musica: James Newton Howard

    Costumi: Francine Jamison-Tanchuck

    Scenografia: Jeremy Hindle

    Fotografia: Barry Ackroyd

    Montaggio: William Goldenberg e Harry Yoon

    Effetti Speciali: John Ruggieri (coordinatore)

    Makeup: Whitney James (direzione); Jeri La Shay, Carmen Lopez, Angela Marinis e Joe Rossi

    Casting: Richard Hicks e Victoria Thomas

    Scheda film aggiornata al: 09 Luglio 2020

    Sinossi:

    In breve:

    La storia è ispirata alle sanguinose rivolte che sconvolsero Detroit nel 1967. Tra le strade della città si consumò un vero e proprio massacro ad opera della polizia, in cui persero la vita tre afroamericani e centinaia di persone restarono gravemente ferite. La rivolta successiva portò a disordini senza precedenti costringendo cosi', ad una presa di coscienza su quanto accaduto durante quell'ignobile giorno di cinquant'anni fa.

    In dettaglio:

    La storia è ispirata alle sanguinose rivolte che sconvolsero Detroit nel 1967. Tra le strade della città si consumò un vero e proprio massacro ad opera della polizia, in cui persero la vita tre afroamericani e centinaia di persone restarono gravemente ferite. La rivolta successiva portò a disordini senza precedenti costringendo così ad una presa di coscienza su quanto accaduto durante quell’ignobile giorno di cinquant’anni fa. Il nuovo film della regista Premio Oscar® Kathryn Bigelow (Point Break, Strange Days, The Hurt Locker, Zero Dark Thirty) trascina lo spettatore in uno degli episodi più sanguinosi della moderna storia americana che però riporta a un presente quanto mai attuale.

    Synopsis:

    Amidst the chaos of the Detroit Rebellion, with the city under curfew and as the Michigan National Guard patrolled the streets, three young African American men were murdered at the Algiers Motel.

    A police raid in Detroit in 1967 results in one of the largest RACE riots in United States history. The story is centred around the Algiers Motel incident, which occurred in Detroit, Michigan on July 25, 1967, during the racially charged 12th Street Riot. It involves the death of three black men and the brutal beatings of nine other people: seven black men and two white women

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    Non sono certo le didascalie, per quanto estremamente opportune, a determinare lo stile reportage ricorrente nel cinema di Kathryn Bigelow. Il suo è un approccio vicino, anzi vicinissimo, ad eventi e persone coinvolte. Un incontro ravvicinato particolarissimo, che non ammette sguardi fugaci, né occhiate distratte. Al contrario, in tempi serrati o dilatati, a seconda dei momenti, raccoglie tutta l'attenzione possibile per uno sguardo endoscopico spinto verso le profondità. Lo spettro, con l'eco visiva, di quel genere di testimonianza storica che puoi raccogliere solo, gambe in spalla, con la camera a mano. Lo è stato per lo sguardo sul terreno iracheno di The Hurt Locker così come per l'incursione direttamente all'interno dell'area di Osama Bin Laden di Zero Dark Thirty. E lo è ancora oggi con Detroit, testimone oculare del drammatico squarcio prodotto delle sanguinose sommosse tra afroamericani e polizia consumate nell'estate del 1967, in cinque giornate (dal 23 al 27

    luglio) 'da dimenticare', ma non prima di averle ricordate come si deve. A soccorrere una 'memoria smemorata' che ha preferito relegare quegli eventi - dai tratti quasi surreali tanto sono assurdi - nei fondali di una nota storica a piè di pagina, è sopraggiunta la pellicola sagace e determinata di Kathryn Bigelow, ancora una volta in tandem - ormai è una tradizione oltre che un marchio di fabbrica! - con lo sceneggiatore e produttore Mark Boal. Per Detroit si è tornati sui passi di una documentazione in parte inedita e disseppellita da sotto la polvere, depositatasi negli anni su quell'incredibile calderone, portato in ebollizione dai disordini civili conditi da abusi di potere da non credere, che in quegli anni sono andati lacerando la città di Detroit. Tutto succede per una ragione, come rivelato dalla generosa didascalia in apertura, testimonianza storico-politica nitida come il nervo scoperto di un dente in avaria.

    Necessaria come il provvidenziale intervento chirurgico sanatorio.

    Come rinunciare dunque all'inserimento di acuminate schegge di filmati d'archivio nel film? Quel che si dice una necessità. Come le spine sullo stelo di una rosa, quelle schegge aderiscono come un guanto all'epidermide di fatti e persone che nella finzione fanno risorgere una realtà morta e sepolta, quando non se ne è persino ignorata del tutto l'esistenza. L'obiettivo è dichiarato: il film "parla al subconscio, chiedendo allo spettatore quasi un coinvolgimento attivo... volevo mettere lo spettatore dentro il Motel Algiers, così da fargli vivere l’esperienza quasi in tempo reale". Questa è la ragione che spiega il ricorso allo stile filmico da documentario e reportage, pienamente condiviso con la regia dal direttore della fotografia Barry Ackroyd e dal responsabile del montaggio Billy Goldenberg. E questo è lo stile di Kathryn Bigelow, sempre al timone di una narrativa carica di quella tensione del tipo "ci

    sei dentro". Ma dentro dove? Dentro il calderone in ebollizione dei disordini civili di cui sopra, dentro negligenze e promesse mancate, dentro le pieghe di una sediziosa violenza e della inconsulta risposta militare alle sommosse, tale da alimentare le fiamme della discordia, dentro quell'intricata matassa di caos e potere che vede il consumarsi di abusi inimmaginabili. Dentro, fino a non riuscire più a distinguere la linea di demarcazione tra vittime e colpevoli. Dentro le pieghe più oscure di quella terrificante notte al Motel Algiers, che prende tanto di quel tempo e tensione emotiva da risucchiarci fino ad inghiottirci. Così come si è inghiottito il destino di uno dei malcapitati di quella notte, paradossalmente finito in quel motel per ripararsi dai disordini esterni. E' anche e soprattutto dentro persone come lui che ci porta il Detroit di Kathryn Bigelow.

    Sin dal 2014, Boal e il suo team di ricercatori hanno preparato il

    terreno: passando per le interviste a dozzine di partecipanti coinvolti nelle reali sommosse, dagli afro-americani residenti della comunità, alla polizia e al personale militare, il team di sei ricercatori a tempo pieno, capitanati dal reporter di Detroit David Zeman (vincitore del Premio Pulitzer) ha scoperto una collezione di materiali, tra cui giornali, reportage radio e tv, documenti del tribunale, materiale investigativo dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia, resoconti contemporanei e ricerche sociologiche, così come altri documenti che non erano mai stati pubblicamente rilasciati dal Dipartimento di Polizia di Detroit e dall’Università del Michigan. Ma il materiale che forse ha fatto davvero Ma tra tutta la messe di questo scottante materiale quel che veramente ha fatto la differenza è quella storia individuale in particolare tra le dozzine raccolte che fa capo alla cronaca storica di Larry Reed (magnificamente interpretato dall'attore e a sua volta cantante rap e hip hop Algee Smith),

    il cantante del nascente gruppo musicale dei Dramatics, che, per l'appunto e paradossalmente, per levarsi dalle strade durante il coprifuoco con i disordini in corso, aveva prenotato per sé e per il suo caro amico, Fred Temple (Jacob Latimore), una stanza per la notte al Motel Algiers. Motel dove in quella fatidica notte estiva del 1967 si è consumato un vergognoso capitolo di storia criminale proprio da parte della polizia ai danni del protagonista e di altri afroamericani ivi alloggiati. Una storia che è diventata la "spina dorsale" del corpo del film Detroit.

    Dell'originalità e dello stile del racconto dicono svariate sequenze, ma in definitiva l'intero film. Una in particolare mi è restata incollata addosso come una veste bagnata. Ed è quando incombe ovunque la sindrome da caccia al cecchino. La polizia nelle strade tiene sotto tiro ogni possibile fessura di pericolo soprattutto ai piani alti ma non solo. Vede cecchini

    da tutte le parti e verso ogni dove difatti spara. Una sequenza ritrae una bambina avvinghiata al suo pupazzo in camera da letto e sentendo sparare si avvicina incautamente alla finestra. Il linguaggio cinematografico asciutto della Bigelow risolve tutto in uno sparo più grande in direzione della finestra ma della bambina non sapremo più nulla né sarà mai più inquadrata. Eppure, forse proprio per questo non la si dimentica, e si ha al contempo la misura della follia in corso. C'è un passaggio della sceneggiatura che sottolinea il reale respiro di quei momenti "Diresti che siamo negli Stati Uniti? Sembra il cazzo di Vietnam!". Kathryn Bigelow non tradisce originalità e stile neppure col finale. Un finale non certo 'preconfezionato' od orecchiato come spesso capita di vedere in analoghi contesti. Si direbbe un 'finale sandwich', dove il pane è dato dalle due didascalie che scandiscono la realtà dei fatti sul destino

    di Larry, con nel bel mezzo il sostanzioso ripieno condito con l'intenso sguardo del protagonista qui ricreato per il grande schermo dall'intenso interprete Algee Smith, a celebrare il sacrificio di un talento mortificato e vilipeso, una carriera mancata per colpa del sanguinoso massacro fisico e morale di quei tragici giorni di rivolte a Detroit. L'ambizione bollente di un eccellente cantante spenta per sempre da quel genere di ritorsioni razziali in cui non tutti possono tornarsene a casa, per quanto torchiati in modo indegno. Quanto basta a declinare l'offerta dell'agognato contratto per poi ripiegare sul coro di una chiesa e restarci fino ad oggi. Son storie queste che meritano qualcosa di più di una nota storica a piè di pagina e il Detroit di Kathryn Bigelow sta a testimoniare che non è mai troppo tardi per reclamare 'giustizia'. Una parola di cui in molti allora - ma che dire di certi

    episodi dell'oggi? - dovevano aver smarrito il significato, persino in tribunale.

    Secondo commento critico (a cura di )






    Detroit - trailer:



    Detroit - clip 'Interrogatorio':



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    Pressbook:

    PRESSBOOK ITALIANO di DETROIT

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