MY OLD LADY: IL TEATRO MIGRA ANCORA UNA VOLTA SUL GRANDE SCHERMO PER MANO DEL DRAMMATURGO ISRAEL HOROVITZ E DI UN TRITTICO DI ATTORI COME KEVIN KLINE, MAGGIE SMITH E KRISTIN SCOTT THOMAS, CUI NON FA DIFETTO IL PALCOSCENICO NE' LA CELLULOIDE
RECENSIONE - Dal 20 NOVEMBRE
(My Old Lady; REGNO UNITO/FRANCIA/USA 2014; Dramedy; 106'; Produz.: BBC Films/Cohen Media Group/Deux Chevaux Films/FullDawa Films/Krasnoff/Foster Entertainment/Le Premier Productions/Specialty Films; Distribuz.: Eagle Pictures)
Parigi. Inverno quasi alle porte. Pioggia e freddo. Lo squattrinato sessantenne Mathias Gold (Kevin Kline) sbarca a Parigi da New York senza un soldo in tasca e senza neanche una parola di francese.
Mathias ha ereditato un lussuoso appartamento panoramico nella zona del Jardin du Luxembourg. Vendere l’appartamento gli darebbe la possibilità di tornare negli Stati Uniti e pagare finalmente i debiti contratti nel tempo.
Mathilde, ormai vedova da tempo, era sposata con un francese. Da giovane aveva aperto una scuola di inglese a Neuilly. Mathilde spiega a Mathias che l’appartamento è un viager, e cioè che, secondo la legge francese, Mathias dovrà attendere la morte dell’attuale inquilina per prendere finalmente possesso dell’appartamento. Max Gold, il padre di Mathias, aveva comprato la nuda proprietà da Mathilde circa quarant’anni prima, corrispondendole una quota mensile di €2400 al mese… Peccato che ora Max sia morto! Una cosa è certa: Mathias comincia a capire di aver ereditato un debito mensile di €2400.
Mathilde ormai non insegna più a scuola, ma riesce a barattare qualunque cosa in cambio di lezioni di inglese: una cena al ristorante, una visita dal dottore, pulizie in casa, libri…
Mathias non ha un soldo, neanche per pagarsi il biglietto di ritorno in America, e contava sulla vendita dell’appartamento per appianare i debiti contratti. Così Mathilde gli offre di restare nell’enorme appartamento di 500 mq, ancora in gran parte inutilizzato. In cambio delle chiavi di casa, Mathias le lascia un bell’orologio d’oro.
Ecco che Mathias comincia a vagabondare per le strade di Parigi, triste e sconsolato.
Mathias contatta Auguste Lefebvre (Dominique Pinon), agente immobiliare di zona, e gli spiega che ha un appartamento di 500 mq da vendere, con una vista spettacolare sul Jardin du Luxembourg. L’entusiasmo iniziale di Lefebvre si smorza quando Mathias gli dice che è un viager: “No, no, molto male.†Ma quando Mathias gli spiega che Mathilde ha già 90 anni, allora l’agente torna alla carica: “Beh, mica tanto male!â€
Mathias va da François Roy e rifiuta di vendergli l’appartamento. Mathias scopre che Lefebvre vive in una chiatta sulla Seine, anch’essa comprata come nuda proprietà tanti anni prima. Lefebvre racconta a Mathias che il proprietario è morto poco dopo aver firmato il contratto. Mathias risponde che questo meccanismo è folle… Scommettere sulla morte di qualcuno! Ma Lefebvre replica: “E’ il destino che gioca… Se la persona muore presto, il destino vince.†Mathias chiede: “E che succede, invece, se non muore presto?†La risposta di Lefebvre è lapidaria: “In quel caso è il destino paga… per aiutarli a vivere.â€
An American inherits an apartment in Paris that comes with an unexpected resident.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Teatro e Cinema. Un matrimonio che può anche risultare discutibile, o quanto meno non sempre riuscito. Tutto dipende da che cosa ci aspettiamo. E naturalmente dall'abilità della regia nel saper bilanciare il rispetto della pièce originale - il più delle volte è il teatro a prestare al cinema una storia piuttosto che non il contrario - e le variabili necessarie alla trasposizione della stessa sul grande schermo. Che dire allora del caso My Old Lady? Il vizio di forma è certamente qui radicato più che in altri, se solo si pensa che non solo nasce come piece, peraltro di grande successo, ma che nasce a firma di un grande drammaturgo come l'ultrasettantacinquenne ebreo americano Israel Horovitz. Ed così che dopo una vita intera dedicata al teatro Horovitz decide di portare questa sua piece sul grande schermo, inaugurando un tardivo e impensato esordio alla regia cinematografica.
Se dunque la versione in
celluloide di My Old Lady mantiene un sapore prettamente teatrale, non c'è da stupirsi. La scrittura è solida e la sceneggiatura brillante, spruzzata qua e là da quell'umorismo british che doveva assicurare il protagonismo all'inglesità . L'inglesità che non si perde neppure cambiando luogo di origine e che è propria della novantenne (anzi se la vogliamo dire tutta, 92) Mathilde Girard (Maggie Smith) trapiantata a Parigi, e di sua figlia Chloe (Kristin Scott Thomas), ma in un certo senso anche dello spiantato americano Mathias (Kevin Kline) che giunge armato di tutte le più illusorie speranze di rifarsi dalla banca rotta avendo ereditato un appartamento proprio a Parigi. E si dà il caso che sia quello di Mathilde. Ma le speranze non tardano a frantumarsi sugli scogli di una insospettabile realtà e di una consuetudine di compravendita immobiliare alquanto curiosa e molto francese, additata come 'viager': vale a dire un 'vitalizio ipotecario
varie cose, tra cui anche l'inserto romantico con il duetto lirico sulle sponde della Senna e persino il verso di Samuel Beckett scritto sulla lapide del padre di Mathias.
Qualcuno si è persino scomodato ad immaginare come sarebbe stato il My Old Lady di Horovitz nelle mani di Roman Polanski. Il richiamo corre sulla duplice onda del motivo di estraniazione dell'americano sopraggiunto a Parigi - ricordate il Dr. Walker di Harrison Ford in Frantic? Ma quella era tutta un'altra storia sul filo del thriller di marca hitchcockiana e va da sè che i ritmi fossero ben diversi - e dei toni usati nella trasposizione di una storia dal teatro al cinema. Beh, a me pare che lo stesso Polanski non abbia operato in modo tanto diverso da Horovitz ad esempio in Carnage, dove i protagonisti, chiamati a campeggiare l'intero film in un'unica stanza, il nuovo palcoscenico, sono dei grandi
attori, essi stessi sia di teatro che di cinema, ed è principalmente sulle loro spalle che viene riposta la responsabilità di una felice risoluzione. E se Carnage ha per lo più funzionato, in virtù della spiccata vitalità artistica degli interpreti e della sceneggiatura, lo stesso d'altra parte non può dirsi dell'analogo esperimento raccolto da Polanski con Venere in pelliccia. Il teatro resta per lo più teatro anche al cinema, soprattutto quando, e normalmente è così, a fare la trasposizione è qualcuno innamorato dell'espressione culturale che a vario titolo vive sul palcoscenico di un teatro. Ed è terrorizzato dall'dea di tradirla.
Si direbbe che per My Old Lady, Horovitz abbia preso a pretesto il cinema allo scopo di amplificare, rivolgendosi al grande pubblico, il suo canto d'amore per il teatro, concedendosi un vezzo prettamente cinematografico là dove meno ce lo saremmo aspettato: vale a dire al seguito dei titoli di coda
e della parola 'fine'. Una sequenza oltre le righe, campeggiata dal Mathias di Kevin Kline, a sottoscrivere un epilogo che, d'altra parte, arrivati a quel punto, non era certamente più un mistero!