CRISTIADA: UNA DRAMMATICA PAGINA DI STORIA DELL'AMERICA LATINA COME LA GUERRA CIVILE MESSICANA (1926-1929) RIVIVE SUL GRANDE SCHERMO
RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dal 12 DICEMBRE
(For Greater Glory: The True Story of Cristiada; MESSICO 2012; Dramma storico di guerra; 143'; Produz.: Dos Corazones Films/NewLand Films; Distribuz.: Dominus Production)
Titolo in lingua originale:
For Greater Glory: The True Story of Cristiada
Anno di produzione:
2012
Anno di uscita:
2014
Regia: Dean Wright
Sceneggiatura:
Michael Love
Soggetto: La pellicola narra di una pagina drammatica della storia dell'America Latina che vive ancora oggi nella memoria del Paese: la guerra civile Messicana (anni 1926-1929).
combatte la guerra dei Cristeros, che ha fatto decine di migliaia di vittime, una storia vera, potentissima, tragica e dimenticata: l’allora presidente Plutarco Calles adotta delle misure che limitano la libertà di culto. È rivolta. Basterebbe questo per fare un film interessante, e il problema sta tutto qui: in Cristiada, di Dean Wright, direttore degli effetti speciali di Titanic, Il signore degli anelli e Le cronache di Narnia (e si vede: sparatorie in puro stile selvaggio West, o meglio brutta copia di Tarantino, esplosioni condite con palate di fosforo – evidentemente c’era una svendita… - e una frotta di combattenti a cavallo pronta per ogni collina fino all’orizzonte e oltre), c’è troppo. In primis, troppa lunghezza (centoquarantasei minuti! Ma come si fa, buon Dio…! Se lo volete fare lungo, il film, fate C’era una volta in America: altrimenti, sintesi! Per pietà …!) e troppa retorica, fin nelle musiche. D’altronde, lo sceneggiatore
si chiama Michael Love: con rispetto parlando, ha ampolloso anche il cognome, figuriamoci i dialoghi…! Gli scenari sono stupendi, anche se ci si aspetta sempre da un momento all’altro che in mezzo alla piazza principale del pueblo, nerovestito e balzellante come solo lui sa essere, spunti Don Diego De La Vega, più conosciuto come Zorro, e ben fotografati da Eduardo MartÃnez Solares, ma si perde il conto di quante volte i ribelli - che, almeno in teoria, vorrebbero solo poter pregare, ma non si tirano certo indietro se c’è da scaricare qualche caricatore, anche alle spalle di qualche povero disgraziato disarmato (del resto le ipocrisie, le sconcezze e le vigliaccherie sono salomonicamente distribuite da ambo le parti) – declamino il loro motto “Viva Cristo Re!â€. Il che, a chi è di Roma, località in cui il film uscirà per ultimo, il 5 novembre, dopo Milano, Genova, Torino, Bologna e diverse
altre piazze, per scelta del distributore, più che altro ricorda un ospedale: che gli attori – il solito cast da produzione hollywoodiana, in cui per attirare pubblico si mette in locandina l’universo mondo, salvo poi concedere alla gran parte di loro poco più di una posa, com’è stato, tanto per fare un nome, per la Redgrave in The Butler, che appare trenta secondi e fa pure, lei, la “rossa†per eccellenza, la schiavista, sia pur un po’ umana – siano tutti parenti di portantini a cui hanno rinnovato il contratto?
Gli effetti sono dunque involontariamente comici, tanto che a sentire Catalina Sandino Moreno, che ha incantato tutti in Maria full of Grace, urlare “No, Anacleto no!†quando le squadracce del governo fanno fuori il suo amato, anche se Eduardo Verà stegui, fascinosissimo, è inquadrato, il primo Anacleto che viene in mente a chi guarda il film non è il personaggio di
lui, che di cognome fa Gonzales Flores ed è uno dei capi dei ribelli, ma il suo omonimo gufo della Spada nella roccia. Oscar Isaac combatte dalla parte “giustaâ€, ma è insopportabile, Santiago Cabrera ha un volto assai cinematografico e un ruolo originale, Eva Longoria è bella come il sole ma compare un attimo, Nestor Carbonell, ormai sempre più somigliante ad Adam Levine, è un moderno Pilato più corrotto, il piccolo Mauricio Kuri è un 'Marcellino pane e tequila', e la sua salita al calvario non ha nemmeno la grazia ironica di quella di Battiston nella Passione di Mazzacurati, e Andy Garcia, che non azzecca più un film dai tempi di Amarsi, quando le labbra di Meg Ryan erano ancora normali, è pronto per sostituire Tom Selleck in Blue Bloods qualora il collega fosse febbricitante. Non è solo similitudine, è praticamente la copia in carta carbone. Commovente sul serio, invece,
Peter O’Toole, che impartisce in quattro sequenze una lezione di stile memorabile.
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Dominus Production e l'Ufficio Stampa Lucherini Pignatelli.