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    COSMOPOLIS: DALLE PAGINE DI DON DELILLO, IL REGISTA CANADESE DAVID CRONENBERG TRAE UN NUOVO ESEMPLARE DIAGRAMMA ANALITICO DI FALLIMENTO UMANO E SOCIALE. ROBERT PATTINSON, PAUL GIAMATTI, JULIETTE BINOCHE, SAMANTHA MORTON SONO CHIAMATI AD ASSISTERE ALLA FINE DEL CAPITALISMO... IN CELLULOIDE, NATURALMENTE!

    65. Festival del Cinema di CANNES (16-27 Maggio 2012) IN CONCORSO - RECENSIONE ITALIANA e PREVIEW in ENGLISH by JUSTIN CHANG (www.variety.com) - Dal 25 MAGGIO

    "In pratica, ho iniziato a trascrivere tutti i dialoghi del libro sul mio computer, senza modificare o aggiungere nulla. Mi ci sono voluti tre giorni. Ho poi trascorso i tre giorni successivi a riempire il vuoto tra un dialogo e l'altro e ho ottenuto il copione. Poi, è soprattutto nelle cose pratiche, nella scelta delle impostazioni e degli oggetti in scena, che si forma il film...
    Per rendere la storia attuale, ho dovuto cambiare poche cose; forse l'unica differenza è che al posto dello yen abbiamo dovuto usare lo yuan. DeLillo ha avuto una visione molto percettiva di ciò che sta succedendo adesso e di come andranno a finire le cose. Possiamo affermare senza ombra di dubbio che, mentre il libro è stato profetico, il film è contemporaneo
    ".
    Il regista e sceneggiatore David Cronenberg

    "Ascoltare i dialoghi diventati improvvisamente voce, è stata la cosa più strana. Sono parole mie ma assumono un'altra vita. Ho scritto io ad esempio la conversazione sull'arte che hanno Packer e il personaggio interpretato da Juliette Binoche ma in qualche modo per me è stato come scoprirla (e comprenderla) per la prima volta".
    Lo scrittore Don DeLillo

    (Cosmopolis; FRANCIA/CANADA/PORTOGALLO/ITALIA 2012; drammatico; 108'; Produz.: Alfama Films/Prospero Pictures/Kinology/France 2 Cinéma/Talandracas/Téléfilm Canada/Leopardo Filmes/Canal+ con il sostegno di Rai Cinema e Radiotelevisão Portuguesa (RTP); Distribuz.: 01 Distribution)

    Locandina italiana Cosmopolis

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    Celluloid Portraits:




    Titolo in italiano: Cosmopolis

    Titolo in lingua originale: Cosmopolis

    Anno di produzione: 2012

    Anno di uscita: 2012

    Regia: David Cronenberg

    Sceneggiatura: David Cronenberg

    Soggetto: Dal romanzo di Don DeLillo.

    Cast: Robert Pattinson (Eric Packer)
    Kevin Durand (Torval)
    Paul Giamatti (Benno Levin, lo stalker che perseguita Eric Packer)
    Jay Baruchel (Shiner)
    Juliette Binoche (Didi Fancher, l'amante storica di Eric Packer)
    Samantha Morton (Vija Kinsky)
    Sarah Gadon (Elise Shifrin)
    Mathieu Amalric (Andre Petrescu)
    Emily Hampshire (Jane Melman)
    Maria Juan Garcias (Nina Brooks)
    Anna Hardwick (Jenn la fotografa)
    Patricia McKenzie (Kendra Hays)
    Jadyn Wong (Cathy Lee)
    Gouchy Boy (Kosmo Thomas)

    Musica: Howard Shore

    Costumi: Denise Cronenberg

    Scenografia: Arvinder Grewal

    Fotografia: Peter Suschitzky

    Montaggio: Ronald Sanders

    Casting: Deirdre Bowen

    Scheda film aggiornata al: 25 Novembre 2012

    Sinossi:

    New York e' una città in subbuglio, l’era del capitalismo si avvicina alla conclusione.
    Eric Packer, un “golden boy†dell’alta finanza, entra in una limousine bianca.
    Mentre la visita del Presidente degli Stati Uniti paralizza Manhattan, Eric Packer ha un'unica ossessione: farsi tagliare i capelli dal suo barbiere, che si trova dall'altra parte della città.
    Durante la giornata, il caos esplode e Packer osserva impotente il crollo del suo impero. Inoltre, e' sicuro che qualcuno voglia assassinarlo.
    Quando? Dove? Saranno le 24 ore più importanti della sua vita.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    'SONO ORMAI UN ENIGMA PER ME STESSO E QUESTO E' IL MIO MALESERE!' L'EPICENTRO DEL TERREMOTO CRONENBERGHIANO PASSA ANCHE, MA NON SOLO, PER SANT'AGOSTINO E PER UN MONITO CRUCIALE 'STAI DETERMINANDO LA TUA ROVINA'!

    Ricordo ancora i primi momenti all'uscita dal cinema a Venezia alla prima di Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick. Per il Cosmopolis di David Cronenberg presentato il 25 Maggio alla 65. edizione del Festival del Cinema di Cannes - in uscita lo stesso giorno anche al cinema in Italia - ho provato un'esperienza analoga, ma amplificata di segno. Con alcuni film spiccatamente autoriali (l'Antichrist di Lars Von Trier è un altro esempio calzante) ci si sente come storditi e sembra rendersi necessario far depositare quel 'pasto nudo' e crudo di existenz(e) 'particolari', il tempo minimo per metabolizzare quel che si dice un cibo pesante. Se generalmente si tratta di punte di intellettualismi più o meno virtuosi o

    virtuosistici - il giudizio varia a seconda dei palati - nel caso di Cronenberg possiamo pure appellarci all'iperintellettualismo che, mentre non nega il legame con il 'virtuale' (il cyber capitale che crea il futuro, il tempo come bene aziendale) riafferma quello con i classici. A cominciare dall'Ulisse di James Joyce: come nell'Ulisse di James Joyce difatti, Cosmopolis copre all'incirca lo spazio di una giornata e ne include talvolta le tipiche sottigliezze. Ma in Cosmopolis si ricorre persino ad una citazione da Sant'Agostino: "Sono ormai un enigma per me stesso e questo è il mio malessere". Un iperintellettualismo che si coglie d'altra parte fin dalle prime pagine dello scrittore italo americano Don DeLillo - là dove il reiterato andamento dei pensieri corre su una linea temporale disgiunta - da cui Cronenberg trae un'ispirazione piuttosto fedele, senonché tradotta in un'iperbole meta-cinematografica, più figlia del teatro contemporaneo che della

    pura celluloide. Teatro il cui palcoscenico primario è stato allestito su una futuribile e superaccessoriata limousine bianca, una sorta di miniappartamento che paradossalmente, tutto trasmette men che un senso di spaziosità. E la morsa claustrofobica dell'interno di quell'auto, unico scenario metafisico-kubrickiano dominante per l'intero film, non è che la miglior metafora dell'abisso in cui il nuovo Icaro contemporaneo sta per sprofondare: "un uomo riesce a distinguersi ed emergere con una parola ma riesce a cadere con una sillaba". E se DeLillo immagina tutto questo in uno scorcio di futuro, Cronenberg realizza un film contemporaneo, attestato anche dalla recente formazione del movimento 'Occupy Wall Street' nato nell'autunno del 2011 per contrastare l'abuso del capitalismo finanziario. Eppure, il respiro visionario ed estraniante, avvolgente una paranoia elevata all'ennesima potenza, sembra condiviso da entrambi ed ha un sapore vagamente dickiano: la fervida immaginazione allucinatoria della narratività di Philip Dick ha fatto proseliti ben

    oltre la 'wunderkammer' di Blade Runner, ma certamente era più abbordabile dei 'labirinti verbosi' di DeLillo trasposti sulla celluloide da Cronenberg in Cosmopolis.

    Qui si 'celebra' il tempo di una giornata per una 'traversata' in una New York in subbuglio per molte ragioni: l'arrivo del presidente degli Stati Uniti, il funerale di una celebrità, le agitazioni di manifestanti, il terremoto finanziario con l'impennata monetaria dello yuan che preannuncia la fine dell'era del capitalismo: "Il denaro parla a se stesso ormai: ha perso la sua forza narrativa come la pittura". Ma questo genere di elementare sintesi semplicistica non appartiene né alle pagine di DeLillo nè ai fotogrammi di Cronenberg, là dove l'insolito viaggio diventa una vera e propria 'odissea nell'apocalisse' consumata per lo più nell'interiorità del protagonista. Non sono pochi i punti di contatto in fatto di argomentazioni economiche con Wall Street - Il denaro non dorme mai e con

    Margin Call sull'onda delle ansie da tracollo: in fondo il protagonista di Cosmopolis Erick Packer (Robert Pattinson) non è che un 'golden boy' dell'alta finanza, per l'appunto alle prese con il tracrollo del suo impero finanziario, destabilizzante da ogni punto di vista! La cosa buffa è che più Pattinson cerca di scrollarsi di dosso l'icona da vampiro, troppo a lungo indossata nella saga Twilight, e più questa sembra aderirgli perfettamente alla pelle nelle sue più svariate declinazioni: così dopo il vampirismo affettivo-finanziario espresso nel recente Bel Ami, eccolo di nuovo alle prese con un'altra 'mutazione' vampiresca: il personaggio di Eric Packer di Cosmopolis non si scosta sostanzialmente di molto da Bel Ami, almeno sul piano del matrimonio d'interesse e della famelica voracità finanziaria. Forse è per questo che questo nuovo viscido rettile quale si qualifica il personaggio Eric Packer, sembra trovare in Pattisnon l'habitat interpretativo ideale. Ciò nonostante - è

    probabile che Cronenberg non sia un fanatico dell'attore feticcio - ci viene da pensare che Viggo Mortensen (diretto da Cronenberg in A History of Violence e La promessa dell'assassino) sarebbe stato indubbiamente all'altezza del ruolo.

    Se ci era sembrato troppo tecnico il linguaggio di Margin Call in termini di finanza, al confronto con Cosmopolis, intessuto e arricchito ulteriormente con filosofiche dissertazioni parallele, ci appare ora come un bignami di economia. Tutta la prima parte del film di Cronenberg si muove nell'asfissiante dedalo di 'stranite' e talora impenetrabili conversazioni, condotte dal nostro protagonista con gli interlocutori più diversi, per lo più fantomatici e logorroici collaboratori. Ma è anche vero che è proprio su questa estraneazione che Cronenberg accorda il suo imprimatur registico. Sequenze inframezzate anche da molto sesso compulsivo di un'ossessione (Juliette Binoche serve uno dei paragrafi più incisivi in tal senso), non disgiunto da discussioni per lo più a carattere

    economico o sulla natura primitiva del desiderio sessuale, quando non sublimate da check up medici quotidiani: così, il genere di discussioni normalmente condotte a tavolino, qui prende vita nell'abitacolo, a suo modo 'funereo', di una limousine, magari in contemporanea ad un'esplorazione rettale sortita di lì a poco nel responso di una prostata asimmetrica, così come risulterà la sua capigliatura al termine di quella agognata seduta dal parrucchiere di vecchia data, motivo primigenio dell'impervia 'traversata' nel paralizzato traffico metropolitano. Ed ecco servita un'altra metafora appuntata su un bilancio ormai sconnesso, asimmetrico, appunto, responsabile della perdita di equilibrio con il conseguente trionfo della completa destabilizzazione, anche sul piano privato: la giovane e bionda moglie ultramiliardaria sfoggia un grado di umanità inferiore a quella di un computer e non sembrano da meno altri interlocutori, tra cui il personaggio di Samantha Morton.

    Fatto sta che dobbiamo passare da questo giogo asettico e impermeabile ad

    ogni reale emozione (neppure quando c'è gente là fuori che si sta appiccando il fuoco) - fatevene una ragione - prima di raggiungere il risveglio di un'anima, proiezione di una coscienza riesumata dai cavernicoli di un'umanità che sembrava scomparsa, e che invece ora emerge in superficie per controbattere l'affossamento, promosso peraltro con un certo successo, dal potere e da un manipolo di magnati detentori di una ricchezza accumulata sul dolore e sull'altrui disperazione. E' lì che si annida lo straordinario ruolo di Paul Giamatti - un attore che ormai non si può più perdere di vista, in grado di fare la differenza - quello che dà senso al tutto, in uno dei confronti più belli e più forti della storia del cinema. Cosmopolis vale anche solo per questo: per ascoltare quanto ha da dirci, da che 'pulpito' va declamando il suo 'sermone', la posizione in cui si trova mentre libera

    il suo accorato semi-monologo, e per poterne assaporare appieno le vibranti frequenze di trasmissione mentre apostrofa Eric/Pattinson, su note che, ancora una volta, ci suonano vagamente dickiane/scottiane (e questa volta pensiamo proprio a Blade Runner), sull'onda di un'insolita 'stigmatizzazione' che finalmente ritrova un palpito di umana emotività che non garantisce 'resurrezione'.

    Secondo commento critico (a cura di JUSTIN CHANG, www.variety.com)

    An eerily precise match of filmmaker and material, "Cosmopolis" probes the soullessness of the 1% with the cinematic equivalent of latex gloves. Applying his icy intelligence to Don DeLillo's prescient 2003 novel, David Cronenberg turns a young Wall Street titan's daylong limo ride into a coolly corrosive allegory for an era of technological dependency, financial failure and pervasive paranoia, though the dialogue-heavy manner in which it engages these concepts remains distancing and somewhat impenetrable by design. While commercial reach will be limited to the more adventurous end of the specialty market, Robert Pattinson's excellent performance reps an indispensable asset.

    The first film based on a DeLillo tome, as well as Cronenberg's first feature-length script since 1999's "eXistenZ," "Cosmopolis" is an uncommonly straightforward adaptation by a filmmaker who, in movies like "Naked Lunch" and "Spider," found an inventive visual syntax for the psychological and intellectual conceits at work. Working here with a

    spare, episodic narrative and dialogue that teems with heady ideas, Cronenberg adopts a direct, scene-by-scene approach that crucially nails the novel's tone of archly stylized pessimism.

    Already an unholy pillar of capitalism at 28, handsome, sharply attired Eric Packer (Pattinson) decides he needs a haircut and sets out on the crosstown journey in his white stretch limousine, the interior of which is equipped with screens and gizmos that seem far more futuristic than the cold, gray Manhattan outside its windows. A presidential motorcade has slowed traffic to a crawl, giving this billionaire assets manager plenty of time for in-limo consultations with his chief of technology (Jay Baruchel) and currency analyst (Philip Nozuka), who warns his Eric he's borrowing too aggressively against the Chinese yuan.

    Escorted by security head Torval (Kevin Durand), Eric need not leave these leather-seated confines to have vigorous sex with a g.f. (Juliette Binoche), or to receive

    a lengthy prostate exam while chatting away with his finance chief (Emily Hampshire). Occasionally he'll get out for bewilderingly frequent meetings with his demure, distant wife, Elise (Sarah Gadon). As day darkens into night, the limo moves past a rap star's funeral procession and into a throng of protesters wielding fake rats as their monetary mascot.

    Until the guns come out in the final act, each of Eric's one-on-one meetings has essentially been a verbal sparring match. The initial discussions of technological and financial vulnerability give way to discussions of more abstract concepts: the primitive nature of sexual desire; the expendability of the masses for the sake of a visionary idea; the dizzying speed of human progress and the inability of language to keep up with it. Yet language is precisely what "Cosmopolis" has in abundance as it confronts the viewer with reams and reams of bluntly articulated, hyper-intellectual discourse.


    Cronenberg lets DeLillo's ideas speak for themselves but accents them visually, particularly in the way the camera plays up Eric's monstrous callousness and arrogance by emphasizing his physical distance from the hovering crowds. Rarely venturing outside its protagonist's ivory-tower-on-wheels, the film generates a mood of unsettling intimacy and isolation despite the chaotic swirl of human activity in the streets; it's mass misery observed through a glass darkly -- quite literally in the case of the limo's tinted windows.

    Charges that this study in emptiness and alienation itself feels empty and alienating are at once accurate and a bit beside the point, and perhaps the clearest confirmation that Cronenberg has done justice to his subject. In presenting such a close-up view of Eric's inner sanctum, the film invites the viewer's scorn and fascination simultaneously; to that end, the helmer has an ideal collaborator in Pattinson, whose callow yet charismatic features take

    on a seductively reptilian quality here. It's the actor's strongest screen performance and certainly his most substantial.

    The other thesps make only fleeting impressions, though Samantha Morton gets some mileage out of her one-scene turn as Eric's articulate chief of theory, and Mathieu Amalric gets a brief, hilarious appearance as a "pastry assassin" whose antics bring Rupert Murdoch's 2011 pie-thrower incident to mind. In a role effectively tightened from the book, Paul Giamatti is superb as a sad sack who represents Eric's antithesis in every particular.

    Craft contributions are at the director's high standard, from the crisp rhythms of Ronald Sanders' editing and the cold, slightly metallic cast of Peter Suschitzky's lensing to the unostentatious detail of Arv Greywal's production design. Howard Shore supplies one of his subtler scores, at times registering as little more than an ominous background rumble.

    Pressbook:

    PRESSBOOK in ITALIANO di COSMOPOLIS

    Links:

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    • 65. Festival del Cinema di CANNES (16-27 Maggio 2012) DAILY 25 MAGGIO - LA SCELTA DI 'CELLULOIDPORTRAITS': 'COSMOPOLIS' di DAVID CRONENBERG. LA FINE DEL CAPITALISMO SECONDO L'OTTICA CRONENBERGHIANA (Speciali)

    • 65. Festival del Cinema di CANNES (16-27 Maggio 2012) - DALLE PAGINE DEEL'ITALO-AMERICANO DELILLO ALLA CELLULOIDE DI DAVID CRONENBERG ARRIVA AL CINEMA IL 25 MAGGIO, DOPO AVER FATTO TAPPA SULLA CROISETTE, 'COSMOPOLIS', QUEL CHE SI DICE 'UNA GIORNATA PARTICOLARE' (Anteprime)

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