Una mina esplode in mezzo al deserto del Marocco e, qualche anno dopo, un proiettile vagante gli si conficca nel cervello... Bazil non ha grande fortuna con le armi: la prima l’ha reso orfano, la seconda avrebbe potuto ucciderlo all’istante. Quando viene dimesso dall’ospedale, Bazil viene adottato da una banda di feroci rigattieri, dai talenti e dalle aspirazioni tanto sorprendenti quanto diversificati, che vivono in una sorta di caverna di Ali Babà . Un giorno, passeggiando accanto a due enormi edifici, Bazil riconosce il logo dei fabbricanti di armi, che hanno causato tutte le sue sofferenze e, aiutato dalla fedele combriccola di strambi compagni, decide di prepararsi per la vendetta. Soli contro tutti - perdenti che lottano contro spietati giganti industriali - rivivono, con un’immaginazione e una fantasia degne di Buster Keaton, la celebre battaglia di Davide contro Golia...
SYNOPSIS:
Avid movie-watcher and video store clerk Bazil has had his life all but ruined by weapons of war. His father was killed by a landmine in Morocco and one fateful night a stray bullet from a nearby shootout embeds itself in his skull, leaving him on the verge of instantaneous death. Losing his job and his home, Bazil wanders the streets until he meets Slammer, a pardoned convict who introduces him to a band of eccentric junkyard dealers including Calculator, a math expert and statistician, Buster, a record-holder in human cannonball feats, Tiny Pete, an artistic craftsman of automatons, and Elastic Girl, a sassy contortionist. When chance reveals to Bazil the two weapons manufacturers responsible for building the instruments of his destruction, he constructs a complex scheme for revenge that his newfound family is all too happy to help set in motion.
Nota: Si ringrazia Marianna Giorgi (Eagle Pictures)
che non hanno altra scelta che ribellarsi al potere precostituito. Ed in questo l’opera di Jeunet si rivela estremamente politica (e attuale). L’ironia con la quale egli affronta la corruzione delle stanze dei bottoni e dei fabbricanti di armi, nascosti nelle loro belle case borghesi e nella loro fredda indifferenza, è sottile e taglia come una lama di coltello ben affilata. Sinonimo di una grande coscienza non solo morale e artistica, ma anche di eleganza e buon gusto (oggi raro). Il regista francese si rivela, inoltre, maestro del grande uso e riuso degli elementi diegetici ed extra-diegetici, sempre funzionali e divertenti, della settima arte: omaggia i melodrammi e i noir della Warner riutilizzando la musica più classica dell’incredibile Max Steiner, inframmezzata con un bianco e nero (per pochissimo tempo) e a dei titoli di testa in perfetto stile anni Quaranta (inoltre la scena in cui il protagonista, commesso di videoteca,
guarda Il grande sonno di Howard Hawks e mima i dialoghi dei protagonisti è da antologia). Non mancano anche i meccanismi dei cartoni animati di Tex Avery. Ma è al cinema muto che senza dubbio si guarda con fare malinconico, trovando migliore riferimento in tal senso nella caratterizzazione dei personaggi. Simili ai protagonisti di quelle comiche che ebbero tanta fortuna a cavallo degli anni Dieci e Venti del secolo scorso, non solo attraverso la figura di Charlot creata da Chaplin, ma anche da quelle di Buster Keaton o dello sfortunato Fatty Arbuckle (l’inventore delle torte in faccia). Ed in questo caso il merito non sta solo nel lavoro compiuto dalla regia e dalla sceneggiatura, ma anche da un cast perfettamente armonizzato in questa visione recitativa e creativa, della quale si rivela misurato e attento in particolare il protagonista Dany Boon, che mai cede ad una facile caricatura. Essenziale per la
veridicità di un realismo magico. Necessaria anche per un’ambientazione volutamente stilizzata (in questo Jeunet è a dir poco geniale), realizzata con materiali da riciclo (elemento che acquisisce una doppia valenza), che allo stesso tempo mette a confronto il mondo della vita e dell’arte.