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    LA CITTA' INVISIBILE: TRA LE TENDOPOLI AQUILANE ALEGGIA UN FILO DI SPERANZA

    RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dal 30 LUGLIO

    "Il film è sostanzialmente una fiaba".
    Il regista, sceneggiatore e produttore Giuseppe Tandoi

    (La città invisibile ITALIA 2010; commedia; 90'; Produz.: La Fabbrichetta/Esprit Film/Casillo Partecipazioni S.r.l.; Distribuz.: Iris Film)

    Locandina italiana La città invisibile

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    Titolo in italiano: La città invisibile

    Titolo in lingua originale: La città invisibile

    Anno di produzione: 2010

    Anno di uscita: 2010

    Regia: Giuseppe Tandoi

    Sceneggiatura: Giuseppe Tandoi, Mario Rellini e Emanuele Nespeca

    Soggetto: Giuseppe Tandoi, Mario Rellini e Emanuele Nespeca

    Cast: Alan Cappelli (Luca)
    Barbara Ronchi (Lucilla)
    Roberta Scardola (Valeria)
    Riccardo Garrone (Nonno Carmine)
    Gabriele Cirilli (Don Juan)
    Nicola Nocella (Remo)
    Leon Cino (Sorin)

    Musica: Stefano Fonzi

    Costumi: Dejana Sremcevic

    Scenografia: Mauro Vanzati

    Fotografia: Gianluca Ceresoli

    Scheda film aggiornata al: 25 Novembre 2012

    Sinossi:

    La terra trema... E il mondo non è più lo stesso. Tutto cambia. Cambiano i paesaggi, cambiano le persone, cambia la vita. Spesso i cambiamenti sono solo l'inizio di una nuova vita. Una vita che può sorgere dalle ceneri di una città distrutta, dalle rovine di una città come l'Aquila. Questo è ciò che accade a Luca e Lucilla. Entrambi vittime, come i loro familiari e i loro amici, di una tragedia forse annunciata, ma al contempo forse inevitabile. Tutto sembra essersi interrotto quella fatidica notte del 6 aprile 2009, eppure la vita deve continuare: Luca e Lucilla studiavano medicina all’Università dell’Aquila, il primo con la speranza di sfondare nella musica rock, lei con la passione di aiutare il prossimo. Entrambi scelgono di non abbandonare la loro città e continuare la loro professione di studenti all’interno di una emergenza (post terremoto) nella quale si sentono di essere parte attiva. I loro sogni, i loro desideri, le loro paure e ansie non sono state abbattute dal terremoto, anzi si sono rafforzate. Luca non crede in Dio, Lucilla è guidata da una fede incrollabile. Luca suona in un gruppo rock, mentre Lucilla ama la musica sacra. Luca e Lucilla sono due ragazzi apparentemente distanti, lontani eppure il crollo della città, delle case, delle pareti, ha aperto nei loro cuori la possibilità di incontrarsi e stare vicini per percorrere insieme la via che porta alla loro città invisibile. Attorno a loro, la comunità delle tendopoli, i sopravvissuti, coloro che si muovono tra le varie città che l'Aquila è stata e potrebbe essere, come "le città invisibili" descritte da Marco Polo a Kublai Kan nel romanzo di Calvino che si mescolano alle loro storie come i fili della tela di un ragno, lasciandone intravedere la trama senza mai svelarla davvero. Un viaggio alla ricerca della fede, quella vera che nasce dal perdono e dalla ricerca di domande e risposte che diano un senso a tutto ciò che è la vita.

    Commento critico (a cura di SONIA CINCINELLI)

    Dopo il terremoto dell'Aquila, c'è stato poco da ridere in Italia, ma il regista Giuseppe Tandoi ha pensato bene di fare un film dove la tragedia fosse stemperata dalla commedia.
    La città invisibile è l'opera prima di Giuseppe Tandoi, appunto, che uscirà dal 30 luglio 2010 al cinema.
    Il film, presentato il 28 luglio alla Casa del cinema è un tentativo poco riuscito (“apolitico”?) di parlare del post terremoto.
    La pellicola a tratti può sembrare il contraltare di Draquila - L'Italia che trema (2010) di Sabina Guzzanti, in effetti alcune battute della sceneggiatura sono ambigue sotto questo punto di vista.
    Una troupe di under 35 ha girato la pellicola ed il 10% degli incassi sarà devoluto al restauro della chiesa di S.Maria degli angeli all'Aquila.
    Nel film è stato trattato anche il tema dell'immigrazione. In proposito Roberta Scardola racconta che in effetti in questo contesto il razzismo è una realtà tangibile.
    Peccato che l'interpretazione improbabile della

    Scardola risulta troppo sopra le righe, come del resto altri personaggi. Il nonno Carmine, interpretato da Riccardo Garrone è una specie di fool shakespeariano, ma è un personaggio che rimane abbastanza scollato dalla storia senza dare omogeneità all'opera. Il ragazzo rumeno (che è comunitario e non extracomunitario come dichiara il regista) è una bella figura, ma la sua storia con Daniela sembra dettata da un desiderio di integrazione, più che da un reale sentimento nei confronti di barbie girl (aspirante velina?), troppo intelligente per fare quel tipo di scelta. Nel complesso il film è un'operetta dallo scarso valore visivo (a parte qualche interessante citazione alla videoarte), che ha il pregio indiscusso di portare un po' di speranza tra le tendopoli e l'Italia intera, però annacquata da una apoliticità assurda (quindi disimpegno) che pone l'accento su temi come il terremoto dell'Aquila e l'immigrazione, dove è impossibile non parlare di politica. Allora

    dobbiamo tornare al racconto puro: cioè la commedia? Bé il teatro, che è la pura messa in scena del racconto, senza il conflitto non esisterebbe.

    Commenti del regista

    "L'Aquila ha bisogno di ricostruzione e di tornare viva, questo film dallo sguardo fresco e giovanile uscirà all'Aquila solo dal 27 agosto, durante la Festa della Perdonanza. Io ho vissuto in questa città durante i miei studi all'Accademia dell'Immagine, era già una settimana che si parlava di quella scossa fatidica e dopo il terremoto, sono ritornato nel mio paese natale, Corato in Puglia. Mi reputo fortunato perché sono vivo e la mia casa ha retto. I primi tempi avevo avversione di tornare all'Aquila e avevo rigetto della città distrutta, ma poi con alcuni miei amici abbiamo pensato di mettere a disposizione le nostre capacità facendo laboratori nelle tendopoli. Poi è nata l'idea del film, io non volevo fare un film sul dolore. Inizialmente ho coinvolto i miei genitori che mi hanno aiutato economicamente e volevo girare la pellicola direttamente nelle tendopoli. Successivamente è subentrato anche il contributo economico di Molino Casillo e poi ho proposto il progetto alla casa di produzione La Fabrichetta, in più è arrivato il finanziamento del Ministero per i beni e le attività culturali. Solo in due settimane abbiamo girato all'Aquila, il resto a Roma, soprattutto per gli interni".

    "Nel mio film non ci sono intenti politici e non è il contraltare di Draquila. In realtà gli aquilani stanno protestando ed è giusto che si diano da fare per cambiare le cose, perché altrimenti i tempi della ricostruzione saranno lunghissimi. Non volevo fare un film politico, ma mi volevo concentrare sulla speranza. Mantenendo viva la speranza qualcosa cambia e cambierà. Non posso e non voglio credere che le cose non cambino e mi auguro che giustizia sarà fatta, ma personalmente non credo negli schieramenti politici".

    "Nelle tendopoli ci sono famiglie di diversa estrazione sociale che convivono tra cui anche molte famiglie extracomunitarie e gli italiani sono razzisti nei confronti di queste persone, da lì nasce l'idea del “muro” di panni, da una reale vicenda in cui alcuni italiani nel campo volevano fare un divisorio di tende. Nel film Daniela è razzista nei confronto del rumeno Sorin che realmente esiste. Daniela è una ragazza che vuole mantenere una visione del mondo ancora adolescenziale, ma la cruda realtà la cambierà facendola crescere".

    Commenti dei protagonisti:

    ROBERTA SCARDOLA (Valeria): “Nel periodo che ho vissuto all'Aquila, durante le riprese, ho visto ragazzi che avevano perso la speranza e questo film è una commedia leggera, divertente e commovente che ha la capacità di portare la speranza a chi ormai l'ha persa, per questo è importante vederlo”.

    NICOLA NOCELLA (Remo): “Mi sono divertito tantissimo a vestire i panni di questo personaggio sopra le righe che fa il verso a John Belushi, ho accettato di interpretare il film proprio per il ruolo che mi era stato proposto. Mi ha convinto il personaggio ed il finale alla 'American Graffiti'. Il regista non voleva fare un film di denuncia, ma voleva dare solo una speranza. Per me il film di Sabina Guzzanti è stupendo, ma non ti dà la speranza finale”.

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