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DUE PARTITE: LA COMMEDIA TEATRALE DOLCE-AMARA SUL MONDO FEMMINILE DI CRISTINA COMENCINI RAGGIUNGE IL GRANDE SCHERMO
"'Due partite' è una commedia di Cristina Comencini che ha avuto un grande successo a teatro. Racconta due gruppi di donne (quattro mamme e le loro quattro figlie) in due momenti storici diversi: gli anni ‟60 e i nostri tempi. I desideri, la vita, i figli, le difficoltà , i rapporti con gli uomini, con il lavoro e la famiglia sono raccontati con una leggerezza che nasconde un malessere di fondo che si trasmette dalle mamme 'angeli del focolare' dei 'favolosi' anni '60 alle figlie 'in carriera' dei nostri giorni. Scava nel sentimento di maternità , nel ruolo di madre, così naturale e scontato in passato e così difficile da affrontare oggi. E del mutamento del ruolo delle donne...".
Il regista Enzo Monteleone
(Due partite ITALIA 2008; commedia; 94'; Produz.: Cattleya e Rai Cinema; Distribuz.: 01 Distribution)
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Titolo in italiano: Due partite
Titolo in lingua originale:
Due partite
Anno di produzione:
2008
Anno di uscita:
2009
Regia: Enzo Monteleone
Sceneggiatura:
Enzo Monteleone e Cristina Comencini
Soggetto: Tratto dalla commedia teatrale di Cristina Comencini (edita da Feltrinelli).
Cast: Isabella Ferrari (Beatrice) Margherita Buy (Gabriella) Marina Massironi (Claudia) Paola Cortellesi (Sofia) Carolina Crescentini (Sara) Valeria Milillo (Valeria Milillo) Claudia Pandolfi (Rossana) Alba Rohrwacher (Giulia)
Musica: Giuliano Taviani
Costumi: Marina Roberti
Scenografia: Paola Comencini
Fotografia: Daniele Nannuzzi
Scheda film aggiornata al:
27 Novembre 2013
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Sinossi:
Una commedia dolce-amara sul mondo femminile. Due epoche, due modi di essere donne.
Anni Sessanta: una partita a carte per stare insieme. Ogni giovedì pomeriggio quattro amiche si raccontano amori e tradimenti, teorizzando la maternità , la vita e i problemi del matrimonio. Litigano, ridono, parlano con complicità e un po' di cinismo.
Trent'anni dopo: le figlie si ritrovano al funerale di una delle madri. Sono le stesse bambine che, durante le partite a carte, giocavano nella stanza accanto. Come le loro madri, si confidano sogni e paure, il tempo che passa, il rapporto con il lavoro, il desiderio di maternità .
Sono passati decenni ma l'identità femminile sembra inalterata, nonostante la carriera e l'emancipazione; essere donna significa oggi come allora energia, allegria, fatica e dolore.
Commento critico (a cura di ERMINIO FISCHETTI)
Due generazioni femminili a confronto. Quella del 1966, precedente alla rivoluzione sessuale, quando quattro donne si incontrano, come accade ogni settimana, per giocare a carte. Sono frustrate per aver dovuto anteporre il marito e i figli alla propria vita. Quella del 1996, quando il mondo è nettamente cambiato, parla delle loro figlie, riunitesi nello stesso salotto dopo che la madre di una di loro si è suicidata. Sono frustrate perché non riescono a conciliare tutta la loro vita. I problemi sono poi così diversi? Le figlie diventano lo specchio delle nevrosi delle proprie madri, a loro volta vittime delle loro. Un circolo vizioso dal quale, a quanto pare, non se ne esce mai. Cristina Comencini fa adattare fedelmente (quasi come un lavoro di ricopiatura) ad Enzo Monteleone, regista conosciuto per una pellicola dalla coralità maschile come El Alamein, la propria piece teatrale, in cartellone qualche stagione fa, che |
parla “delle donneâ€. Non che lei abbia fatto questa grande scoperta, anzi. L’opera cinematografica riprende il cast originale, ma con un cambiamento fondamentale: mentre lì, sia nell’atto storico che in quello contemporaneo, sono le stesse attrici ad interpretare le generatrici e le loro generate, qui si segue la tradizione di una scelta diversificata. E si perde così anche quel piccolo barlume di originalità che serviva a mettere a confronto ulteriormente l’uguaglianza di momenti diversi.
Il film si divide nettamente in due atti: le madri in crisi perché non possono dividersi fra una vita di lavoro e una di affetti, mentre le loro figlie non riescono a gestire entrambe le cose. La scrittura dei due tempi è fatta di riferimenti e paragoni delle donne attraverso frasi, atteggiamenti, azioni, comportamenti. Per la serie, la mela non cade mai lontano dall’albero. Insomma, niente di nuovo, direte voi. Ebbene si, nulla di nuovo, |
dico io. In questi casi, quando si racconta qualcosa di cui si conoscono bene le dinamiche e si sono già visti lavori simili sia in questo che in altri mezzi di comunicazione paralleli, l’unico modo tramite il quale potersi esprimere è la perfezione delle forme artistiche e tecniche, in particolare, per quanto riguarda un film corale è vedere l’impeccabile recitazione di straordinarie attrici. Ma ahimè, non c’è di che stupirsi se questa cosa arriva solo parzialmente al pubblico, sia attraverso le performance dell’assortimento delle otto protagoniste sia in altri campi. Infatti, le quattro interpreti del primo atto appaiono “finteâ€, assolutamente prive di alcuna analisi psicologica. Gabriella, Beatrice, Claudia e Sofia non ci sono. Vediamo, secondo copione, l’ansia di Margherita Buy, le labbra di Isabella Ferrari, la vocetta di Marina Massironi e le faccette di Paola Cortellesi. Il secondo atto, nonostante i nomi meno altisonanti, convince di più quanto a recitazione |
perché perlomeno si prova a “fare†qualcosa. Nella prima parte, inoltre, la messa in scena sembra più quella dei tardi anni Cinquanta che del 1966, con alla base sempre gli stessi sottofondi musicali dell’epoca (da Se Telefonando di Mina alle splendide note di Scandalo al sole, scritte da Max Steiner), mentre in entrambi i periodi vengono seguiti i soliti stereotipi femminili che sfruttano cliché a più non posso. Approssimativo, dimenticabile. Se fosse stato fatto bene, però, sarebbe potuto essere un piccolo gioiello. E questo la dice lunga sul livello qualitativo generale del cinema italiano.
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Pressbook:
PRESSBOOK Completo in ITALIANO di DUE PARTITE
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