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IL MATRIMONIO E' UN AFFARE DI FAMIGLIA: SENTIMENTI OSCURI RACCONTATI CON... ALLEGRIA
"Credo che ciascuno di noi si rendesse conto delle qualità della sceneggiatura. Conteneva passione, personaggi intensi e diversi livelli emotivi. Amo realizzare film che esplorano sentimenti oscuri, ma volevo fare un film che portasse agli spettatori anche allegria. Alla fine de 'IL MATRIMONIO E’ UN AFFARE DI FAMIGLIA' si esce dalla sala e ci si sente bene".
La produttrice Rosemary Blight
(Clubland AUSTRALIA 2007; commedia; 105'; Produz.: Essential Pictures/Essential Viewing Group/Film Finance/New South Wales Film & Television Office/R. B. Films; Distribuz.: Lucky Red)
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Titolo in italiano: Il matrimonio è un affare di famiglia
Titolo in lingua originale:
Clubland
Anno di produzione:
2007
Anno di uscita:
2007
Regia: Cherie Nowlan
Sceneggiatura:
Keith Thompson
Cast: Brenda Blethyn (Jean) Rebecca Gilbney (Lana) Khan Chittenden (Tim) Richard Wilson (Mark) Russell Dykstra (Shane) Emma Booth (Jill) Katie Wall (Kelly) Philip Quast (Ronnie Stubbs) Frankie J. Holden (John) Tracie Sammut (Tori) Justin Martin (Brett) David Webb (Colin) Susan Kennedy (Sharon)
Musica: Martin Armiger
Costumi: Emily Seresin
Scenografia: Nell Hanson
Fotografia: Mark Wareham
Scheda film aggiornata al:
25 Novembre 2012
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Sinossi:
Brenda Blethyn interpreta Jean Dwight, una cabarettista irriverente e un po’ osée la cui carriera è in lento declino. I suoi figli, Tim (Khan Chittenden) e Mark (Richard Wilson), mentalmente disabile, vivono in una casa nella quale regna il caos.
Il padre (Frank Holden), che 25 anni prima ha avuto un unico sorprendente successo, ora lavora come agente di sicurezza e spera in una nuova grande occasione. E, quando Tim incontra la bellissima Jill (Emma Booth) innamorandosene, sua madre teme che questa intrusa possa “dividere” la famiglia, e quello che già non era un tranquillo ambiente familiare diventa un campo di battaglia nel quale le due donne si battono per il suo affetto.
Dal >Press-Book< de Il matrimonio è un affare di famiglia
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
UN FILM DA NON PERDERE: CON BRENDA BLETHYN ALL’ALTEZZA DELLA SUA FAMA IN QUESTO RUOLO ESTREMAMENTE COMPLESSO SUL PIANO INTROSPETTIVO, DOTATO DI UNO SPESSORE UNICO COSI’ COME UNICO E’ IL TOCCO DI REGIA: L’AUSTRALIANA CHERIE NOWLAN CONIUGA CON STILE INEDITO DRAMMA E COMMEDIA E SCOPRE LE DIMENSIONI PERSONALI DEI SUOI PERSONAGGI CON DELICATA GRADULITA’, DISTILLANDO GOCCIA A GOCCIA GLI INGREDIENTI NASCOSTI DIETRO OGNI FRAGRANZA. UN PICCOLO CAPOLAVORO DOVE SONO PROTAGONISTE AMBIZIONI E FRUSTRAZIONI DI UNA DONNA NON PIU’ GIOVANE, GIA’ ALLA RIBALTA NEL MONDO DELLO SPETTACOLO, FALLITA COME MOGLIE E DETRONIZZATA COME STAR, NONCHE’ SULL’ORLO DEL DISASTRO COME MADRE, ALLE PRESE, SUO MALGRADO, CON ELEMENTARI DINAMICHE DI SOPRAVVIVENZA QUOTIDIANA E CON I FIGLI (DI CUI UNO DISABILE) CHE CRESCONO CON L’IMPROROGABILE ESIGENZA DI UNO SPAZIO PROPRIO
Tutto ruota intorno a lei, o, se, preferiamo, lei ruota attorno a tutto. Insomma, l’attempata cabarettista Jean Dwight, la cui irriverenza e il tocco |
osée alquanto kitsch non la salvano dall’orlo del fallimento - anzi, si direbbe contribuiscano persino a darle una spintarella per la caduta libera - è più cocciuta di un mulo, ostinata ed egocentrica con l’ossessione della performance e del plauso del pubblico, in piena sindrome da star detronizzata. Ma Jean Dwight, nelle mani di Brenda Blethyn (L’erba di Grace, Segreti e bugie, Orgoglio e pregiudizio), non a caso tra le più apprezzate attrici inglesi di cinema, televisione e teatro, non si limita di certo a questo. L’apertura è su un universo femminile vasto e complesso, lastricato di successi nello show business di gioventù, quanto di dolori e fallimenti personali successivi, a cominciare dal suo matrimonio e da un rapporto materno ossessivo, da paranoia distruttiva, con i propri figli. Errori ed egoismi che la regia di Cherie Nowlan, sofisticatamente distilla in un interessante e intelligente goccia a goccia dall’inizio alla fine |
della pellicola, dando così corpo ad un lento processo di approfondimento nella graduale scoperta della prorompente, patetica, e allo stesso tempo straordinaria, personalità della nostra protagonista, così come dei piccoli poli satellitari che le gravitano intorno: dai suoi due figli, sempre in primo piano, di cui uno lievemente disabile - personaggio peraltro simpaticissimo e a tratti irresistibilmente umoristico - all’ex marito, o all’impietoso manager imprenditoriale sempre pronto a blaterare di successo e di talento. Ma la vita vera, quella reale e non immaginata sotto i riflettori di languidi palcoscenici di provincia, di Jean/Brenda è un po’ diversa: prima degli spettacoli serali cè il lavoro in mensa diurno, anche se già di primo mattino si alza con la musica e la voglia di esibirsi, appagata durante le semplici manovre di igiene personale in bagno. Il suo grande problema è quello di riuscire ad accettare che nel suo percorso, le cose sono |
cambiate e che è necessario guardare in faccia la realtà, anziché tenersi tutti stretti e schiavizzati per non voler lasciare andare le briciole rimaste, dal sapore ormai rancido. Inutili e patetici i tentativi di riversare le colpe eventuali sui figli, sulle opportunità perdute, così come estremamente deleterio il suo comportamento, irritante e impietoso, per incontrollabile gelosia congiunta alla paura di subire la detronizzazione anche in famiglia oltre che sul palcoscenico, con la nuova ragazzina del figlio, comparsa all’improvviso all’orizzonte e per lei già assimilabile ad una spina nel fianco. Jean è fondamentalmente una donna molto triste, al di là del sorriso stampato perennemente sulle labbra e la battuta sempre pronta. Ma, come già anticipato, questo è l’assunto di una storia centellinata come il vino d’annata, assaporata a fondo con i tempi lunghi di riflessioni che non annoiano perché costantemente irrorate da uno humour ‘british’ che, d’altra parte, non accantona note |
piuttosto drammatiche. E humour e dramma vanno qui avanti di pari passo, a tratti straordinariamente interattivi tra loro. In questo spaccato di quotidianità, di affetti e dimensioni personali, di amori perduti e di amori nascenti, di interrelazione tra genitori e figli, c’è uno sguardo inedito e profondo tale da rendere questa commedia innervata dei suoi drammi, un piccolo capolavoro, là dove si appunta come fiore all’occhiello la performance di Brenda Blethyn che, nello show finale, questa volta non per il pubblico ma per i ‘fiori d’arancio’ del figlio, ricorda, per livello di talento canoro, quello di Meryl Streep con Radio America di Robert Altman.
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