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UNA CASA ALLA FINE DEL MONDO PER L’IMPAGABILE TESORO DI UNA FAMIGLIA E IL RECUPERO DI GRANDI AFFETTI PERDUTI
“La bella ma complicata amicizia raccontata nel libro mi ricorda quelle che ho avuto io e l’idea di creare una famiglia contro ogni aspettativa mi riguarda da vicino. Ricordo di aver pensato subito che sarebbe stato un bellissimo film…â€.
Michael Mayer
(USA, 2004; Romanzo drammatico; 95’; Produz. Killer Films; Distribuz. Pandora–Mediafilm Cinema)
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Titolo in italiano: Una casa alla fine del mondo
Titolo in lingua originale:
A Home at the End of the World
Anno di produzione:
2004
Anno di uscita:
2004
Regia: Michael Mayer
Sceneggiatura:
Michael Cunningham
Soggetto: Michael Cunningham
Cast: Colin Farrell (Bobby Morrow, 1982) Dallas Roberts (Jonathan Glover) Robin Wright Penn (Clare) Sissy Spacek (Alice Glover) Matt Frewer (Ned Glover) Ryan Donowho (Carlton Morrow) Erik Smith (Bobby Morrow, 1974) Harris Allan (Jonathan Glover, 1974) Andrew Chalmers (Bobby Morrow, 1967) Ron Lea (Burt Morrow) Wendy Crewson (Isabel Morrow) Asia Vieira (Emily) Michael Mayer (assistente di Jonathan)
Musica: Duncan Sheik
Costumi: Beth Pasternak
Scenografia: Malcom Byard, Mark Steel
Fotografia: Enrique Chediak
Scheda film aggiornata al:
25 Novembre 2012
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Sinossi:
L’infanzia di Bobby (Colin Farrell) viene traumatizzata dalla precoce morte di suo fratello, cui resterà inconsciamente e indissolubilmente legato nel profondo dell’anima per il resto della sua vita. Studente appena adolescente scopre un legame d’amicizia profondo con Jonathan (Dallas Roberts), un coetaneo studente omosessuale della medesima scuola. Il coinvolgimento di Bobby in quel genere di relazione sembra tamponare il vuoto profondo e il senso di solitudine che solitamente tenta di lenire con spinelli quotidiani, malgrado l’apparente sicurezza di sé che lo rende attraente e degno di particolare ammirazione dal compagno alquanto assoggettato alla famiglia, alla figura della madre in particolare. L’uno sembra compensare i vuoti e i disagi dell’altro ed è ciò che li rende inseparabili. Dopo un periodo di separazione, i due si ritrovano a New York questa volta con una nuova presenza femminile altrettanto anticonformista, Clare (Robin Wright Penn), e dalla loro convivenza scaturisce un inconsueto nucleo familiare, anche se destinato a non durare nel tempo, ma tale da far crescere ognuno nella propria individualità e a far tesoro di questa intensa e vorticosa esperienza, prima di imboccare ognuno il proprio destino.
Commento critico (a cura di Patrizia Ferretti)
IL SINCERO E CALOROSO AFFRESCO ANTICONFORMISTA DI MAYER GUARDA AGLI AFFETTI E AL SENSO DI ‘FAMIGLIA’ COME A UN BENE IRRINUNCIABILE PER LA VITA DI QUALSIASI INDIVIDUO
Acclamato regista teatrale, al suo debutto come regista cinematografico, con Una casa alla fine del mondo Michael Mayer tratteggia un sincero e ‘caloroso’ affresco che mette a fuoco con delicatezza le nuances di una relazione affettiva non convenzionale, il senso di appartenenza ad una famiglia e il bisogno di creare ognuno la propria personale oasi di felicità (uno sguardo al di là del proprio ristretto ambito di appartenenza sul filo di un’amicizia profonda, pronta a sfociare in qualcosa di diverso e più intimo per Jonathan, la paura della solitudine, il bisogno vitale di amicizia e di affetti familiari per il bisessuale Bobby, il desiderio di un figlio per Clare). La m.d.p. si insinua con delicatezza, pur indagando in profondità sull’argomento, nelle vite |
dei due giovani protagonisti fin dalla loro giovinezza, momento in cui, entrambi studenti in una scuola periferica dell’Ohio, si incontrano stabilendo a pelle un legame molto profondo, che li rende inseparabili: per Jonathan, Bobby rappresenta un po’ l’immagine vivente dell’anticonformista per eccellenza, in grado di contagiare, dotato di un innocente carisma, anche la madre del compagno; d’altro canto per Bobby la famiglia di Jonathan, e in particolare la madre di lui Alice, rappresenta il genere di stabilità ideale che non ha mai conosciuto nella propria famiglia. Il fratello perduto precocemente in un tragico incidente di cui è involontario spettatore, e più tardi la morte del padre che farà crollare Bobby in un pianto di disperata desolazione, sono tutti elementi che ci accompagnano in una comprensione profonda, conducendoci alle radici di quel genere di rapporto che fa sempre ritrovare i protagonisti, malgrado talvolta il proprio destino li avvii su percorsi diversi. |
Un legame che anche Clare, nella grande interpretazione di Robin Wright Penn, già a suo agio nelle vesti di spirito libero elettivo con Forrest Gump, si ritrova a condividere e a comprendere a fondo, a giustificarlo, a non soffocarlo e persino a fornire ossigeno per lasciarlo sopravvivere e respirare liberamente e pienamente. Il fatto che la storia muova i primi passi passando attraverso l’infanzia di Bobby, è dunque l’opzione, premessa fondamentale, per far capire molti aspetti del comportamento e della psicologia del personaggio da adulto. La sensibilità con cui poi il regista tratta l’argomento, con una capacità di trasmetterla piuttosto rara, trova forse la più logica spiegazione nella personale esperienza di vita direttamente vissuta in passato, oltre che, professionalmente parlando, in quella teatrale, che si scopre sempre più di frequente, alimento particolarmente nutriente per il cinema.
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Links:
• Una Casa alla Fine del Mondo (Interviste)
Galleria Fotografica:
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